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Cantina del Tufaio: due generazioni a confronto e… due nuovi progetti enoici

Claudio e Nicoletta Loreti
Claudio e Nicoletta Loreti

Conosco Claudio Loreti da 15 anni, la sua è una delle cantine laziali che ho nel cuore, perché il vignaiolo e il vino acquistano un valore superiore quando ne percepisci la perfetta fusione. Se i vini rispecchiano il carattere di chi li fa, vuol dire che hanno un’anima, a prescindere dalla loro bontà (che però, quasi sempre si manifesta). Mentre trascorrono le vendemmie, Claudio non è più solo, ma lo affianca la figlia Nicoletta, sorridente, piena di energia e di voglia di sperimentare e sperimentarsi. Claudio non è uno di quegli uomini che entrano subito in contrasto con i figli, al contrario magari accetta una propositiva competizione, ma mai impedire alla figlia di fare il suo percorso e dare nuovi spunti e idee all’azienda.
È un passaggio che, se seguito con attenzione e sostenuto, può portare solo buone nuove e risvegliare la curiosità dei tanti che seguono questa storica realtà situata nelle campagne di Zagarolo, a sud di Roma.
Sono andato a trovarli sabato 10 novembre, verso le 10.30, quaranta minuti di viaggio senza problemi, nonostante il tempo piuttosto instabile.
Per chi non ci fosse mai stato l’azienda si trova in Via Cancellata di Mezzo, 32, con google maps ci si arriva senza problemi. Mi accoglie Nicoletta dicendomi “Ben arrivato, sei il primo!”, già, perché non vi ho detto che è stata lei a organizzare questo piccolo evento per fare assaggiare le novità della cantina, ma anche, per chi lo volesse, gli altri vini che la contraddistinguono. Non mi sono fatto pregare, ci sono andato volentieri e devo dire che ne è valsa la pena.
Faccio un passo indietro per accennarvi qualcosa dei vini di Claudio: primo fra tutti il Tufaio Brut, uno spumante metodo classico pas dosé, ottenuto da malvasia del Lazio, pinot bianco e chardonnay, ma non è un parametro fisso, in passato ne hanno fatto parte anche il sauvignon e il bombino bianco, credo dipenda da scelte squisitamente vendemmiali. Per me è uno dei migliori della regione, tanto da averlo scelto per il mio recente ricevimento di matrimonio.
Ma non è tutto qui, Claudio produce anche un ottimo Tufaio Bianco da malvasia del Lazio al 60%, grechetto 20%, sauvignon e trebbiano giallo ciascuno 10%; un sauvignon in purezza dal simpatico nome “anNiké”, dedicato proprio alla figlia Nicoletta; l’AmmiRose, un rosato metodo classico pas dosé da uve merlot in purezza; poi ci sono due rossi: il Casale Tiberio, da uve merlot all’80% e cabernet sauvignon 20%; l’amMarìa, ottenuto da cabernet sauvignon in purezza e dedicato alla moglie. Infine il Tufaio passito, ottenuto da uve sauvignon, vino sorprendente per originalità di profumi e persistenza.
Questa la carrellata “tradizionale”, ma ora si aggiungono altri due vini, frutto del contributo di Nicoletta, folgorata dalla visita all’azienda biodinamica di Virginie Joly (figlia di Nicolas), che è stata la prima ad assaggiare i suoi vini.
Come lei stessa racconta: “È stato faticoso…non proprio una passeggiata. Un anno di difficoltà e doverosi dubbi…ma eccomi qui, orgogliosa, a ringraziare tutte le persone che mi hanno dato fiducia, supportata e ispirata”. Oltre a Virginie, ci sono Gianluca Petrassi (graphic designer), Fran Fernández (calligrafo, musicista e artista) e Carlo Roveda, l’enologo che da sempre offre la sua esperienza ai Loreti, che si è trovato costretto a lavorare in modo del tutto diverso da quello a cui era abituato. Ovviamente papà e mamma sono stati fondamentali per supportare il progetto di Nicoletta.
Due i vini: Prima Nicchia, uno Spumante, Metodo Ancestrale, da uve Pinot Bianco, sempre pas dosé; vino che nei prossimi anni subirà con tutta probabilità una modifica sostanziale nell’uvaggio, poiché Claudio e Nicoletta hanno piantato l’anno passato nuovi filari di trebbiano giallo, che, ne sono convinti, sarà in grado di offrire uno spumante ancora più convincente.
L’altro vino si chiama 6 Gemme, dove il numero indica le generazioni di vignaioli di famiglia che da fine ‘800 fanno vino al Tufaio; “gemme” vuole evidenziare quanto fossero preziosi i suoi avi, con la loro storia e le loro tradizioni, ma anche “sei gemme a frutto, il metodo di potatura scelto per quelle viti piantate da mio nonno negli anni 40 che hanno contribuito alla preziosità di questi vini”.
È un vino fermo ottenuto da viti storiche di malvasia puntinata (oltre 60 anni di età) portata in sovra maturazione.
Tutti e due i vini sono ottenuti con fermentazioni spontanee e macerazioni presenti ma non invadenti. Non subiscono filtrazioni e ha una quantità di solforosa molto ridotta.
Ho respirato l’entusiasmo di Nicoletta, mi sono divertito nel vedere come si pizzicava con il padre su chi dei due faceva in pratica i vini, è ovvio che uno ha bisogno dell’altra, ma la competizione è sana e c’è nuova energia nell’aria, sentirete parlare sempre di più della Cantina del Tufaio, perché la strada intrapresa segna un nuovo viaggio nell’appassionante mondo del vino, un viaggio che non rinnega nulla del passato, ma ne trae forza per ulteriori passi in avanti.

A questo punto mi sembra giusto raccontarvi le mie impressioni, ma voglio farlo a modo mio, non degusterò solo i due vini nuovi, ma anche due classici di casa Loreti, un bianco e un rosso di due annate uscite qualche anno fa, con l’obiettivo di mostrarvi le reali potenzialità di questi vini.

Tufaio Bianco 2015 – 13% vol.
Qui il trebbiano giallo ancora non c’era o, perlomeno, era in quantità irrisorie, le uve protagoniste sono malvasia del Lazio, grechetto e sauvignon, in percentuale digradante.
Nasce su suolo composto di argilla al 60% e silicio al 40%, subisce 14 giorni di fermentazione di cui 4 a contatto con le bucce.
Devo dire che i 3 anni in più di bottiglia da quando è andato in commercio non gli hanno fatto male, anzi, la parte vegetale del sauvignon è perfettamente integrata nel frutto, si colgono piacevoli toni di salvia e mentuccia, leggera foglia di pomodoro e sambuco, più presenti invece la pesca e l’arancia gialle, poi la susina (sempre la varietà gialla), una punta di pompelmo e quella base minerale e gessosa che non di rado appare in zone tufacee.
La bocca è tutt’ora fresca, slanciata, con una bella sapidità, un finale convincente, lungo e di buona complessità, tutti segni di un percorso tutt’altro che terminato.
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Sauvignon Blanc anNiké 2013

Sauvignon Blanc anNiké 2013 – 13% vol.
Nicoletta può essere decisamente contenta di questa dedica, perché ci troviamo di fronte a un vino affatto banale, anche qui la permanenza in bottiglia sembra avergli ampiamente giovato. Qui i giorni di fermentazione sono 12, senza contatto con le bucce, l’affinamento si svolge in acciaio per 6 mesi con le fecce fini.
Il colore dorato intenso con riverberi verdognoli non lascia dubbi sul tipo di vinificazione, accostato al naso il vitigno è ben riconoscibile, ma il suo linguaggio non è paragonabile a quello di un neozelandese o di un sauvignon d’oltralpe; qui la materia vegetale è più mascherata, le note di foglia di pomodoro e salvia sono appena accennate, anche il pompelmo non è un elemento che spicca, molto più evidente una traccia salino-iodata, il frutto maturo che vira più sul mango e la papaya, pur mantenendo lodevoli tracce agrumate.
Impressiona per freschezza all’assaggio, ha quasi la spinta di un riesling alsaziano, se non fosse per il frutto maturo che lo accompagna e quegli influssi quasi marini che lo contraddistinguono, verrebbe naturale pensare che sia un vino messo in commercio da poco. Un altro segno delle potenzialità dei vini di Cantina del Tufaio…
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amMarìa Rosso 2012

amMarìa Rosso 2012 – 14,5% vol.
Un anno abbondante di botte per questo rosso, che nell’annata 2012 era composto da cabernet sauvignon per l’80% e merlot per la rimanente parte. Messo in vendita a fine 2014, lo stappiamo a cinque anni di distanza per vedere come si è comportato.
Ha un colore rubino luminoso con bagliori granati all’unghia, si schiude quasi subito, bastano pochi secondi d’aria ed eccolo presentare un bouquet giocato su note di frutta composita, non senza qualche ricordo floreale di viola e rosa dai petali molto scuri, ma sono il ribes nero e la prugna ad avere il maggiore slancio espressivo, non in solitudine, infatti si affiancano subito toni di tabacco, ematite, leggeri influssi balsamici e mentolati, poi cioccolato e olive nere, un fondo di cenere e catrame sul finale.
Il sorso è ancora in piena tensione, non ha minimamente sofferto gli anni, mostrando una verve acido-tannica rassicurante e un bagaglio fruttato maturo ma non spinto verso la confettura, segno di un vino pienamente vitale, dinamico, perfetto per la tavola, da provare con piatti classici come pappardelle al sugo di cinghiale e agnello a scottadito.
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Prima Nicchia Metodo Ancestrale 2015 Cantina del Tufaio

Prima Nicchia Spumante Metodo Ancestrale 2015 – 12,5% vol.
Ed eccoci al primo dei due vini nati dall’idea di Nicoletta, che desiderava poter produrre uno spumante “come lo faceva nonno Gigi negli anni ‘60”. Detto fatto, ecco il “metodo ancestrale”, ovvero della rifermentazione in bottiglia che avviene in modo spontaneo in primavera con i lieviti e gli zuccheri che sono rimasti dopo l’interruzione prodotta dalle basse temperature invernali. Si tratta di un pinot bianco che sosta per 36 sui lieviti, l’affinamento avviene nella grotta tufacea situata sotto la dimora di famiglia, andatela a vedere perché ne vale la pena.
Versato nel calice mostra una spuma intensa e persistente, che lascia poi intravedere numerose colonnine che caratterizzano il fine perlage.
Profumi giovani ma già interessanti, principalmente agrumati di arancia gialla e mela golden, sfumature di pompelmo e bergamotto, anche leggera mandorla, poi lievito e pane bianco.
Al palato si coglie l’estrema giovinezza, è uno spumante tutto in divenire, ma ricco e intenso nel sapore, con una bella persistenza, segno che avrà un’evoluzione di notevole impatto e fascino, basta avere la pazienza di aspettare, fra 6-12 mesi sono sicuro che vi conquisterà.
Non perdetevi questa versione perché, come vi ho accennato prima, in futuro verrà prodotto con il trebbiano giallo, quindi avrete così modo di fare un confronto.
La valutazione è relativa alla condizione attuale, ma fra un anno ne riparliamo, sono sicuro che sarà ancora superiore. Brava Nicoletta!
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6 Gemme Bianco 2018

6 Gemme Bianco 2018 – 12,5% vol.
Da un vigneto con piante di oltre 60 anni, 6 gemme a frutto di malvasia puntinata con una quota di trebbiano giallo. Effettua una lunga fermentazione sulle bucce e affina 9 mesi in bottiglia.
Mi ha molto colpito questo vino, ha un colore oro vivo e un bouquet intenso ed elegante, si colgono la rosa alba maxima e la fresia, poi un fruttato piacevole di arancia gialla, susina, litchi e leggero cedro, non senza qualche richiamo alle erbe di campo.
Al palato è intenso, direi succoso, con una buona vena acida e una sapidità vivace, il frutto è maturo al punto giusto, ovvero da mangiare, la sensazione generale è di un vino molto territoriale, di carattere, con un bell’allungo.
Anche questo bianco non teme l’evoluzione, anzi, ne trarrà sicuramente ulteriore complessità.
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Roberto Giuliani

Cantina del Tufaio
Via Cancellata di Mezzo, 30 – 00039 Zagarolo (RM)
Tel: (+39) 06 9524502
Cell: (+39) 328 3139537
Sito: www.cantinadeltufaio.it
Email: info@cantinadeltufaio.it

Roberto Giuliani

Figlio di un musicista e una scrittrice, è rimasto da sempre legato a questi due mestieri pur avendoli traditi per trent’anni come programmatore informatico. Ma la sua vera natura non si è mai spenta del tutto, tanto che sin da ragazzo si è appassionato alla fotografia e venticinque anni fa è rimasto folgorato dal mondo del vino, si è diplomato sommelier e con Maurizio Taglioni ha fondato Lavinium, una delle prime riviste enogastronomiche del web, alla quale si dedica tutt’ora anima e corpo in qualità di direttore editoriale. Collabora anche con altre riviste web e ha contribuito in più occasioni alla stesura di libri e allo svolgimento di eventi enoici. Dal 2011 fa parte del gruppo Garantito Igp.

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