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Barolo e i suoi Crus

LE ORIGINI E IL TERRITORIO

Panorama dei vigneti intorno a Barolo

A tutt’oggi sono ancora incerti l’origine e il significato del nome “Langhe”, potrebbe provenire da una mescolanza di termini, parte italiani parte tedeschi e francesi. “Landa Ligurum” identificava il paese dei liguri e “Liguri Langates o laghensens” erano i suoi abitanti, “Land” per i tedeschi significa terreno incolto e “Länge” longitudine, e in langarolo “andar per langa” significa camminare sulla cresta delle colline; infine le “Langues” non sono altro che delle lingue di terra che si estendono in un vivace gioco di profili, modulati dal mutare delle stagioni. Dal punto di vista geologico, le Langhe hanno origine nell’Era Terziaria o Cenozoica, iniziata quasi 70 milioni di anni fa. Ma mentre per il Roero si parla di Pliocene (epoca più recente, con terreni sabbiosi e poco compatti), la zona del Barolo è più antica (Miocene) ed ha terreni calcareo-argillosi, più compatti e adatti a produrre vini complessi, strutturati e corposi. Per alcuni le Langhe sono le ramificazioni di Alpi e Appennini, per altri hanno diversa e distinta costituzione geologica e rivelano subito l’origine marina. Di fatto si tratta di un aggruppamento collinare, appena accennato, suddiviso in tre catene che si spingono da sud a nord, la cui parte occidentale, che corrisponde alla spina dorsale, è costellata di importanti paesi come Montezemolo, Murazzano, Serravalle, Bossolasco, Benevello, Albaretto, Mango, Castiglion Tinella, Valdivilla, su un’altitudine che digrada dai 700 metri dei primi 50 km. fino ai 500 metri mappa del rimanente tratto di 20 km., mostrando a chi l’attraversa una delle più belle e pittoresche vedute. I confini delle Langhe, a prescindere dal criterio puramente geografico, hanno subito varie assegnazioni, dovute prevalentemente ai diversi criteri storici e demografici avvicendatisi nei secoli. Noi ci limitiamo a segnalarvi i confini che oggi vengono accettati più o meno da tutti: a nord la linea tracciata dal fiume Tinella che va da Neive a Canelli e prosegue fino a Bistagno; a est la Bormida di Spigno che va da Cairo a Bistagno; a ovest il confine è tracciato dal Tanaro, da Ceva a Neive; infine a sud, partendo sempre da Ceva, la linea si distende verso Millesimo e si ricongiunge a Cairo. Si forma così una specie di poligono il cui perimetro raggiunge circa 200 chilometri. Un’ulteriore distinzione è data dall’Alta e dalla Bassa Langa, che si estendono, a dispetto del nome, dalla parte sud-orientale a quella nord-occidentale, tra l’Alto Monferrato e Alba e il Tanaro. E’ qui, in Bassa Langa che nasce il Barolo.
La Langa è in grado di suscitare forti emozioni visive, anche in pieno inverno, quando la neve si distende assecondando i profili gibbosi. E in estate, i toni verdi delle colline mettono in risalto i disegni geometrici dei filari curati con grande amore dai vignaioli. Il Barolo è un vino concepito proprio per dar calore all’uomo, nei mesi freddi, quando la cucina langarola si arricchisce dei tipici e pregiatissimi tartufi. A inverni freddi si succedono estati calde, a volte mitigate da qualche acquazzone. E poi c’è la nebbia, il vento e un sole che, pur non essendo cocente come quello siciliano, riesce a distribuire i suoi raggi lungo i pendii collinari in modo omogeneo, grazie anche alla disposizione accurata dei vigneti. Il Nebbiolo, si sa, è uno dei vitigni che maturano più lentamente, la vendemmia si inizia mediamente nella prima settimana di ottobre, ma può arrivare anche alla terza, con tutti i rischi che questo comporta. Certo è che quando la stagione lo consente, da queste terre non può che nascere un vino unico nel suo genere, potente, sontuoso, tannico, ricco di profumi, longevo, con variazioni piuttosto evidenti da zona a zona. Si, perché la vera discriminante della tipologia dei vini è data dalla composizione del terreno. Infatti l’origine delle marne calcareo-argillose del territorio del Barolo va distinta in “tortoniana” ed “elveziana”. Al periodo tortoniano appartengono i territori di Verduno, La Morra, Novello e Barolo, mentre a quello elveziano Monforte, Serralunga e Castiglione Falletto. Da ciò si evince la molteplicità di fattori che concorrono alla definizione di un grande vino, a parte la mano e l’esperienza dell’uomo, che hanno ovviamente un ruolo importante: l’era geologica del terreno, la combinazione chimica degli elementi, l’esposizione e il clima. E poi fondamentale, soprattutto per il Barolo, la giacitura, per l’individuazione dei poderi, dei bricchi (i sorì o soriti) dove l’uva matura meglio, cioè dove le nevi si sciolgono prima. Così ecco un’altra suddivisione: sorì del mattino (quelli di sud-est), sorì (sud) e sorì della sera (sud-ovest). Oggi si deve inevitabilmente aggiungere, come elemento di caratterizzazione del vino, il cambiamento culturale e di gusto, ed il diverso concetto che i vignaioli hanno delle pratiche di cantina. Nel primo caso si è passati da Barolo prodotti con uve provenienti da diversi poderi al privilegiare il crû o il piccolo vigneto, nel secondo caso si deve tener conto delle due filosofie: Barolo “antico”, tradizionale (tannico, di lenta evoluzione, che dà il meglio di sé dopo un lungo affinamento) e Barolo “moderno”, più fresco e immediato.

LE ORIGINI E LA STORIA

Comune di Barolo

“Bas-reul”, questo termine di origine celtica sembra calcato a pennello per questo antico borgo, situato infatti in posizione meno elevata rispetto alle colline circostanti, a 310 metri sul livello del mare. La storia di queste zone ci riporta alla preistoria, grazie ai reperti rinvenuti nei pressi del torrente Fava; ci sono anche chiare testimonianze di una civiltà romana. Il territorio fu più volte minacciato da invasioni barbariche, per questo motivo furono erette molte fortificazioni difensive. I vari castelli disseminati nelle Langhe, hanno quasi tutti origine attorno al X secolo, periodo delle incursioni saracene. Fu nel 1250 che una potente famiglia di banchieri, i Falletti, acquisto l’intero borgo di Barolo. Il loro patrimonio aumentò di generazione in generazione, fino a raggiungere un livello pari a quello dello Stato dei Savoia. Nel 1730 riuscirono anche ad ottenere il titolo nobiliare di marchesi. Il castello di Barolo, grazie ad una sottoscrizione popolare del 1970, fu recuperato da una disastrosa condizione di degrado e diventò proprietà pubblica; il lavoro di restauro fu lungo e difficile, ma l’apporto dei comuni limitrofi, in particolare Alba, i contributi delle amministrazioni regionali e provinciali, l’impiego di professionisti qualificati, hanno consentito un eccellente recupero di questo prezioso monumento. Oggi ospita l’Enoteca Regionale, il Museo Etnografico-Enologico e il Centro di formazione professionale alberghiera.

I GRANDI CRUS DI BAROLO

Chiunque abbia avuto modo di visitare le Langhe e fare un giro per le aziende vinicole, non può non essersi accorto della notevole frammentazione dell’intera proprietà fondiaria. La ragione è da attribuire ad un provvedimento voluto da Giuseppe Siccardi, ministro della giustizia, che nel 1950 presentò al parlamento piemontese; si trattava di una legge che aboliva i privilegi del clero (Cavour era appena diventato ministro dell’agricoltura). Così i terreni della chiesa vennero acquistati, frazionati e rivenduti da facoltosi uomini d’affari. Questo spiega perché ancora oggi, la superficie aziendale media, relativamente al Barolo, è di circa un ettaro. Di seguito vi elenchiamo i nomi delle sottospecificazioni geografiche che man mano sono state iscritte nell’Albo dei Vigneti e certificate dalla Camera di Commercio (perdonateci qualche dimenticanza):

Barolo: Bricco Viole, Brunate, Cannubi, Castellero, Cerequio, Fossati, Le Coste, Liste, Monghisolfo o Cannubi Boschis, Monrobiolo o Bussia di Barolo, Muscatel o Cannubi Muscatel, Paiagallo, Preda, San Lorenzo o Cannubi San Lorenzo, San Sebastiano, Sarmassa o Bricco Sarmassa, Valletta o Cannubi Valletta, Via Nuova, Vignane, Zuncai o Bricco Zuncai
Castiglione Falletto: Bricco Boschis, Codana, Fiasco o Bricco Fiasco, Lipulot, Meriondino, Monprivato, Parussi, Pernanno, Pira, Rivera, Rocche di Castiglione, Scarrone, Serra o Bricco Rocche, Vignolo, Villero
Diano d’Alba: Sorano
Grinzane Cavour: Castello
La Morra: Arborina o Arburine, Bricco Chiesa, Bricco San Biagio, Brunate o Brinate, Ca’ Nere, Capalotti o Capallotti, Cerequio, Conca dell’Annunziata, Fossati, Gancia e Luciani, Gattera o Monfalletto e Turna Lunga, Giachini o Giacchini, La Serra, Manzoni, Rive, Rocche dell’Annunziata, Roggeri, Roncaglie
Monforte d’Alba: Arnulfo, Bricco Cicala, Bussia Soprana, Bussia Sottana, Cerretta di Perno, Colonnello, Dardi o Dardi Le Rose, Gabutti della Bussia, Gavarini, Ginestra o Ginestre, Gramolere, Grassi, La Villa, Le Coste, Mosconi, Munie, Pianpolvere o Pian della Polvere, Pilone, Pressenda, Pugnane, Ravera, Romirasco, Santo Stefano di Perno, Visette
Novello: Ravera
Roddi: Bricco Sant’Ambrogio
Serralunga d’Alba: Arione, Badarina, Baudana, Bosco Areto o Boscareto, Briccolina, Broglio, Carpegna, Cerretta, Collaretto, Colombaio, Costabella o San Rocco, Cucco e Posteirone, Falletto, Francia, Gabutti, Gallaretto, Gattinera, La Rosa, Lazzarito e Lazzariasco o Lazzariasso, Marenca, Margaria e Le Turne, Ornato, Parafada e Delizia, Pra di Pò o Prapò, Rivette, San Bernardo, Santa Caterina, Serra, Sorano, Vigna Rionda, Voghera e Brea
Verduno: Breri, Massara, Monvigliero, Pisapolla, Riva, San Lorenzo

Roberto Giuliani

Roberto Giuliani

Figlio di un musicista e una scrittrice, è rimasto da sempre legato a questi due mestieri pur avendoli traditi per trent’anni come programmatore informatico. Ma la sua vera natura non si è mai spenta del tutto, tanto che sin da ragazzo si è appassionato alla fotografia e venticinque anni fa è rimasto folgorato dal mondo del vino, si è diplomato sommelier e con Maurizio Taglioni ha fondato Lavinium, una delle prime riviste enogastronomiche del web, alla quale si dedica tutt’ora anima e corpo in qualità di direttore editoriale. Collabora anche con altre riviste web e ha contribuito in più occasioni alla stesura di libri e allo svolgimento di eventi enoici. Dal 2011 fa parte del gruppo Garantito Igp.

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