Verticale Barolo Cascina Francia annate ’85, ’89, ’96, ’97, ’98, ’99 – Giacomo Conterno
Chi ha avuto occasione di conoscere Roberto Conterno, nipote di Giacomo, sarà rimasto sicuramente sbalordito dalla sua energia, dalla passione e dal dinamismo con cui esprime ciò in cui crede profondamente. Roberto non è un enologo, nè un agronomo, ma la sua competenza ed esperienza sul campo sono enormi. Per lui la vigna, il territorio, la tradizione rappresentano un bene prezioso, che va capito, rispettato, amato, tutelato. Qui, nell’azienda di famiglia, non c’è posto per rotovinificatori o concentratori, e nemmeno le barrique hanno speranza di affacciarsi in cantina, perché qui il Barolo deve raccontare la storia di queste terre, riportare tutti i tratti nobili e inimitabili di un’uva regale e mai abbastanza capita come il nebbiolo. I vini che provengono da Serralunga d’Alba, si sa, non sono facili e ammiccanti, semmai austeri, si concedono poco a poco, hanno bisogno di una lunga evoluzione.
E’ comprensibile che, in un momento in cui il mercato estero chiede vini pronti, morbidi, privi di asperità, rotondi, fruttati, grassi, molti produttori cedano alla tentazione di “forzare la mano” con tutti i mezzi leciti e non, per rimanere in corsa. E allora si fanno potature sempre più serrate, si aumentano i ceppi per ettaro, si riducono drasticamente le rese, si aggiungono uve “migliorative”, poi in cantina arrivano le barriques francesi, ben tostate, che cederanno i famosi toni balsamici, i tannini dolci, le numerose varianti aromatiche che non appartengono all’uva ma fanno tanto “moda”, i concentratori di mosti e le note pratiche di cantina che, volenti o nolenti, finiscono per omologare i vini.
Così oggi scopriamo improvvisamente che anche il Barolo può essere rubino-purpureo (strano, molto strano, se si pensa che il nebbiolo ha pochissimi antociani, a prescindere da qualunque pratica estrattiva venga adottata!), può avere un colore concentrato quanto un cabernet sauvignon, può sapere di frutta matura e legno tostato.
Bene. Il Barolo Cascina Francia non appartiene a questa categoria. Nel Barolo di Conterno c’è una continuità di gusto e una storia di vigna, il vino è in continua trasformazione e, incredibile ma vero, dopo anni e anni di affinamento ci regala i profumi del nebbiolo! Si, la viola e la rosa appassite, certe sensazioni mentolate che stavano già lì, nell’uva e avevano solo bisogno di tempo per emergere. E’ questo il bello del nebbiolo: è capace di esprimere negli anni una tale varietà di profumi e sfumature aromatiche da stupirci ogni volta. E’ come se quegli oltre 400 elementi presenti nell’acino, si rimescolassero continuamente per dare ogni momento una sensazione diversa e irripetibile. E così, proprio quando potrebbe sembrare che quel Barolo è in fase calante, improvvisamente, nel giro di pochi mesi, ci sbalordisce di nuovo mettendo in discussione tutte le nostre capacità interpretative. E tutto questo è fedelmente riportato nel Barolo Cascina Francia.
Intendiamoci, dietro un vino di così elevata classe ci sono due elementi fondamentali: il terroir e la mano dell’uomo. E il gioco sta nell’equilibrio. Potature attente, eliminazione di grappoli in eccesso, defogliazione per garantire il passaggio dei raggi solari e dell’aria, per ottenere una maturazione omogenea delle uve ed evitare ristagni di umidità, raccolta nel periodo migliore. Questi sono alcuni, indispensabili accorgimenti in vigna, ma senza mai forzare la mano. Qui, un’uva come il nebbiolo ha trovato da tempo il suo habitat naturale, pertanto non ha bisogno di pratiche estreme.
La vigna Cascina Francia è stata impiantata nel 1974, su una superficie di 14 ettari, esposti a sud/sud-ovest a 400-450 metri s.l.m. Fino al 2000, l’azienda produceva anche Freisa e Dolcetto, ma nel 2001 sono state estirpati i due vitigni e sostituiti da nebbiolo e barbera, che hanno dimostrato maggiori capacità espressive con questo terreno. La fittezza media degli impianti è di 4.000 ceppi/ha e, per quanto riguarda il nebbiolo, per ogni tralcio viene lasciato un solo grappolo d’uva, il cui peso è di circa 3 etti. I cloni di nebbiolo utilizzati sono una decina, di cui alcuni presenti in vigna da molto tempo. La tipologia di nebbiolo più utilizzata è “Lampia”. Nelle annate che lo consentono, da una parte della vigna Cascina Francia viene selezionata l’uva migliore e destinata alla produzione del Barolo Monfortino. La macerazione dell’uva per il Barolo dura 3-4 settimane, per garantire una buona estrazione fenolica (il tannino viene estratto solo dalle uve e non dal legno). La fermentazione avviene parte in legno e parte in tini di acciaio, mentre l’affinamento si svolge in botti di rovere di varia misura (fino a 106 ettolitri).
Il vino che nasce da questo eccezionale terreno, rappresenta un esempio per tutti di cosa significa credere e saper cogliere ed esaltare al massimo quello che la natura ci ha messo a disposizione, anno dopo anno, vendemmia dopo vendemmia, accettando i rischi e i limiti di stagioni non favorevoli, scegliendo la strada più difficile, che è sempre la più vera.
La Verticale
1999 (anteprima – campione non ancora in commercio): il vino proviene da un’annata ottima, le uve sono state vendemmiate il 12 ottobre, il colore ne conferma la gioventù con i suoi toni granato intenso e vivo. I profumi sono intensi ma caratteristici di un Barolo ancora acerbo, immaturo, eppure già di grande eleganza, con sfumature di frutta rossa, fra cui ribes e lampone, poi la rosa e la viola, accenni di tabacco e menta, caffè. Al gusto è ovviamente aggressivo, ma ricco di personalità, in parte più moderno, in parte fedele alla vigna. Il tannino è ben estratto, forte ma per nulla amaro, indice di una buona maturazione dei vinaccioli. E’ già incredibilmente equilibrato, con un’ottima presenza di acidità, notevoli possibilità evolutive e premesse di un futuro radioso (mentre assistiamo ad una revisione dei disciplinari, che in molti casi hanno ridotto la percentuale minima di acidità nel vino, passando da un valore medio di 5g/l a 4,5 g/l, frutto in gran parte delle moderne tecniche di vinificazione, con il Cascina Francia ci troviamo di fronte a medie che sfiorano i 6g/l). Assolutamente da riprovare. Molto lontano concettualmente dall’85, mette in evidenza la mano dell’uomo, la perfetta vinificazione e una notevole pulizia esecutiva, a tutto vantaggio di un futuro senza rischi di cattive sorprese.
Valutazione: @@@@@
1998: Le uve del Barolo ’98 sono state raccolte il 15 ottobre, in condizione di maturazione e concentrazione di zuccheri molto buona. Al contrario della ’99, stranamente più “leggibile”, qui ci troviamo di fronte ad un vino ancora scomposto, chiuso, austero. Il colore è un bel granato di buona concentrazione e luminosità, ottima la formazione di archetti e lacrime sulla parete del calice (la fittezza di archetti suggerisce una gradazione attorno ai 14°C). L’impatto al naso, come preannunciato, è ancora poco espresso, si percepiscono note di pellame, seguite da toni di erbe aromatiche, frutta rossa (ciliegia), note floreali di geranio e un fondo che ricorda il tabacco in foglia. All’assaggio è di corpo, ricco di acidità, mescolata a una piacevole sapidità, tannini sempre molto ben fatti e un’alcolicità perfettamente “mascherata”. Un vino forse non esplosivo ma che potrebbe riservare notevoli sorprese fra qualche anno. Certamente la grande struttura, l’acidità e i tannini ne fanno un vino da collezionare.
Valutazione: @@@@
1997: Questa annata è stata una delle più siccitose e calde, la vendemmia è stata infatti anticipata a fine settembre (ben 2 settimane prima del periodo tipico, uno dei rarissimi casi settembrini). Le uve sono maturate molto prima, ma i vinaccioli al loro interno non erano ancora pronti e si è giocato il tutto per tutto aspettando ancora qualche giorno. Ne è nato un vino straordinariamente caldo e morbido, rotondo, quasi dolce, sicuramente lontano dal tipico Barolo di queste zone, ma di enorme fascino e godibilità. I profumi affiorano poco alla volta, in progressione, mettendo in mostra un corredo olfattivo di notevole pregio: si parte da un bel frutto maturo, ciliegia sottospirito aromatizzata al cioccolato, prugna, mora, note di olive nere e funghi, tartufi, sentori misti di sottobosco, accenni di liquirizia dolce, cuoio e terra. Le componenti terziarie sono già in bella evidenza. Al gusto è forte, grasso, tannico ma “addolcito” dal ritorno del frutto, supportato da una piacevole sensazione pseudocalorica, poi affiorano eccellenti sfumature minerali. Un vino che può far discutere i tradizionalisti, ma di indubbia classe ed eleganza. Va servito a 18° con piatti rigorosamente ben conditi e a base di carni rosse e cacciagione. L’ottimo corredo di morbidezza ed equilibrio ne consentono già l’accostamento alla lepre e al fagiano in salmì.
Valutazione: @@@@@
1996: Fra le annate degustate, perlomeno di ultima generazione, questo appare subito riconoscibile come il Barolo più classico, quello che in una degustazione cieca non può far sbagliare. Alla vista appare del tipico colore granato non molto concentrato, con unghia leggermente più scarica. Al naso ci mostra subito un piacevole sentore di viola passita e rosa, i profumi sono un po’ ritrosi e mettono in evidenza l’austero lignaggio di questo grande vino. Man mano che si schiude ci offre un bel fruttato maturo di prugna cotta e mora in confettura, per lasciare poi spazio a note speziate, fieno e liquirizia, accenni di cacao. Al gusto è davvero eccellente, pieno, con tannini superbi, buona acidità e struttura. E’ già equilibrato, profondo, fine, con una persistenza lunga e pulita. Da servire a 18-19° con primi a base di sugo di selvaggina ben ristretto e concentrato, cinghiale stufato, brasato al Barolo.
Valutazione: @@@@@
1989: Ecco un esempio di cosa significa un grande vino da conservare a lungo. Questo Barolo ha sulle spalle 13 vendemmie eppure non ne ha risentito minimamente. A parte gli inevitabili cedimenti di colore (neanche tanto) dovuti alla scarsità di antociani del nebbiolo, il vino mostra un naso ancora giovanissimo e bisognoso di maturazione, con note che vanno dalla viola al chiodo di garofano, al pepe, al catrame, il fruttato è delicato e non surmaturo, accenni mentolati e minerali. Il corpo è sorprendentemente ancora vivacissimo, con una buona acidità e tannini fini e armonizzati con la polpa e le componenti alcoliche. Il gusto è intenso e avvolgente, tendente al morbido, la persistenza davvero notevole, priva di amaritudini. E’ un piacere berlo ora, ma sarebbe un grave errore pensare che sia già “arrivato” all’apice delle sue possibilità. Non è improbabile che fra una decina d’anni, se qualche ristorante ne ha fatto scorta, possa farci emozionare ancora di più. Servitelo a 18° con un bel tacchino ripieno, lepre in civet, capriolo e altre meraviglie.
Valutazione: @@@@@
1985: Per molte tipologie l’85 è stata un’annata storica, di quelle che hanno fatto alzare le quotazioni e creare grandi miti. Per il Cascina Francia non siamo arrivati a questo livello, ma si tratta senz’altro di un vino sorprendente, sicuramente maturo ma di incredibile eleganza e finezza. All’olfatto si esprime con note affumicate, ricordi di fiori passiti ed essiccati, evoluzioni verso il goudron, il cherosene. In bocca dà il meglio di sé, semplicemente perfetto, rotondo, morbido, appassionante. I tannini sono assolutamente levigati, qualche accenno surmaturo ne segna un po’ il passo, ma non è assolutamente un vino in discesa. Oggi è perfetto come vino da meditazione, può accompagnare formaggi molto stagionati, pietanze a base di selvaggina, soprattutto da pelo. Servitelo in calici generosi, molto ampi, versatene una buona quantità in modo da poterne apprezzare meglio i profumi.
Valutazione: @@@@
Roberto Giuliani