Dalla lunga serie di interviste che Winesurf ha fatto in questi giorni ai presidenti di molti consorzi italiani esce un quadro tra il desolante e il tragico. Visto che “La vigna non si può spegnere” e fra poco più di 4 mesi saremo in vendemmia, la stragrande maggioranza delle aziende vinicole italiane si ritrova ad avere la cantina piena, ordini zero e una nuova vendemmia in arrivo, con i conseguenti costi per (come negli anni scorsi) portare avanti il vigneto. Il problema è che negli anni scorsi i vini partivano e arrivavano i bonifici, che servivano (anche) per pagare la normale gestione aziendale. Tanto per fare un esempio, chi deve imbottigliare adesso o ha appena imbottigliato, con che soldi pagherà bottiglie, tappi, capsule ed etichette? Qualcuno, specie le grosse aziende o comunque quelle che si erano attrezzate da tempo, ha “un paracadute”, formato dalle vendite nella GDO e tramite canali internet (Tannico ha aumentato le vendite del 100%) ma non servono certamente a far quadrare i bilanci e a svuotare le vasche per metterci il vino nuovo. Si parla sempre più di distillazione, ma a che prezzi e di quali vini? Qualcuno parla invece di potatura verde e probabilmente tutti i consorzi abbasseranno la resa per ettaro, ma tutte queste misure serviranno solo a rimandare quello che ancora non ha una data ma che comunque io chiamo “il punto di non ritorno”. Quello che fa più paura ai nostri produttori non è tanto il portare avanti l’annata, il tirare la cinghia, ma per quanto durerà il blocco che costringe la catena bar- ristorante-enoteca-albergo-turista a rimanere ferma al palo. Senza chi compra e beve il vino tanti produttori moriranno, finanziariamente parlando, più o meno lentamente. Purtroppo dai discorsi fatti in questi giorni pare proprio che quando si ripartirà lo si farà per scaglioni e per tipologie. Qui purtroppo il mondo del vino ho paura si becchi il bastoncino più corto: infatti pare che il settore ristorazione sarà l’ultimo a riaprire i battenti. Ma appena riaperto quale ristorante ordinerà del vino e soprattutto quale ristorante lo pagherà praticamente al momento e non con la solita trafila a cui i produttori italiani sono abituati? Quindi il mondo del vino ripartirà per ultimo dopo gli ultimi e questa cosa andrebbe fatta presente ai politici locali, regionali, nazionali, perché questa situazione creerà, come detto una serie non certo breve di tracolli finanziari, a meno che lo stato e le banche non intervengano a supporto REALE delle aziende.
Le misure potranno essere diverse e io riporto quelle che i alcuni presidenti di consorzio hanno presentato nelle interviste: dal congelamento dei mutui e la loro riprogrammazione spalmata nei prossimi anni (diciamo 20-25), ai sostegni finanziari devoluti quasi “a pioggia” basati sul reddito dell’anno precedente, a finanziamenti quasi a fondo perduto o con rateizzazioni lunghissime. Purtroppo sui giornali nazionali o nei telegiornali quando si parla di categorie in crisi la parte del leone la fanno sempre la Confindustria, le aziende siderurgiche, meccaniche e i sindacati di questi i settori, mentre il comparto agricolo non è nemmeno relegato ai titoli di cosa, figuriamoci quindi il mondo del vino, salito alle cronache solo perché i Carabinieri hanno multato una persona che usciva dal supermercato con solo tre bottiglie di vino, ritenendo il suo acquisto non di beni di prima necessità. La mia paura è che da questa crisi ne usciranno con le ossa rotte soprattutto i più piccoli e così si perderà una “biodiversità” un modo comunque diverso di produrre lo stesso vino, portando ad una maggiore omologazione produttiva. Non per niente chi vende adesso è perché è posizionato nella GDO, non certo famosa per presentare e affiancare le piccole cantine particolari. Cari amici produttori, la situazione non sarà facile per tutti ma forse per voi sarà peggio. Per questo mi permetto di lanciare due piccole proposte. La prima è semplicissima: tutti noi conosciamo dei produttori e quindi alziamo la cornetta e ordiniamo almeno 6 bottiglie. Oramai tutti spediscono dappertutto e questo piccolo gesto, se fatto da molti, servirà almeno a dare un briciolo di speranza per il futuro. La seconda proposta è questa: tutte le manifestazioni con pubblico, che verranno fatte in Italia entro il 2020 (sperando naturalmente che a maggio si possa, lentamente ripartire) non dovrebbero prevedere costi di partecipazione per i produttori. La loro quota di partecipazione dovrebbe essere ammortizzata da una parte con un minor ricavo da parte degli organizzatori e dall’altra con l’aumento, anche del 100%, del biglietto d’ingresso. Così noi appassionati potremmo dare un’ulteriore mano alla ripartenza della viticoltura in Italia, aiutando quelli che ripartiranno per ultimi e dopo gli ultimi.
Carlo Macchi
Ha iniziato la sua attività in campo enogastronomico nel 1987. Ha collaborato con le più importanti guide e riviste del settore italiane ed estere. Ha scritto libri su personaggi importanti nel mondo del vino. Da oltre dieci anni gestisce il sito Winesurf.it ed è ideatore del gruppo Garantito Igp, oggi costituito da sette giornalisti di settore che condividono le loro esperienze sulle rispettive testate online.
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