Manhattan, i craft beer bar e il covid: The Jeffrey e il senso di comunità
Con taplist che fanno sognare qualunque beer geek amante di East Coast e non solo, e ogni sorta di cocktail, difficilmente si capita per caso al Jeffrey, dal 2013 uno dei migliori banconi di Manhattan.
Siamo all’inizio di Upper East Side, lontano dai vicoli del Village, più vicino ai grattacieli di Midtown: situato sotto il ponte di Roosevelt Island, il Jeffrey è un piccolo gioiello quasi nascosto ma molto amato. Merito non solo della splendida rotazione di birre (con 30 vie a disposizione qui ho bevuto, tra l’altro, il miglior Maine e Vermont), dei cocktail e del cibo, ma anche del rapporto che nel tempo il pub ha saputo creare con la clientela.
Perché diciamocelo, se è vero che in USA lo small talk al bancone fa quasi parte della bevuta, al contrario NYC non è statisticamente famosa per l’estrema loquacità né del publican, né tantomeno degli altri bevitori. Invece qua ammetto di aver sempre trovato molto più “calore” e identità, ancora più evidenti se inseriti in un quartiere affascinante ma decisamente più freddo di altri, tanto per restare in tema degli opposti.
Identità e calore che si sono manifestati in tutta la loro carica nell’emergenza covid, che, dopo aver messo in ginocchio la città nei mesi scorsi, ha colpito duramente, come altrove, anche i settori della ristorazione, dei bar e di tutta la filiera della birra artigianale.
E a proposito di questo, e di possibili previsioni per l’immediato futuro, qualche giorno fa ho fatto una chiacchierata con Colm Kirwan co-proprietario del locale e persona estremamente friendly, che, in prima linea in questi mesi con la gestione dell’emergenza (e degli aiuti, che vedremo), è stato felice di rispondere a qualche domanda.
Come vi siete organizzati durante il lockdown, siete rimasti aperti?
Sì, eccetto per una pausa di due settimane di quarantena ad aprile, avendo registrato casi di positività al covid tra i famigliari di un nostro impiegato, fortunatamente poi risolti senza contagi e con lo staff in ottima salute. Attivati subito take out e delivery, in circa due settimane abbiamo ampliato e adattato menu e offerta al “new normal”.
Secondo te, come sono cambiate le vendite durante la pandemia (le persone si sono rivolte all’e-commerce o si sono spostate verso birre da GDO), e come sono cambiate le tue?
La differenza più grande che abbiamo notato è stata la preferenza per le lattine rispetto alle birre alla spina. Immagino perché siano più facili da conservare nel frigorifero di casa (tra queste lattine io prendo regolarmente The Alchemist, per dire…NdH). Di recente abbiamo investito in una macchina per crowler che ci consente di servire birre alla spina da 32 once (1 litro), mossa che si è rivelata subito molto popolare, dato l’immediato aumento delle vendite. A marzo e aprile la gente ha ordinato delivery anche parecchi cocktail (molti locali di NY hanno venduto sacchetti di cocktail pronti o kit con ingredienti per prepararli come al bar, NdH).
Ora invece abbiamo più persone che si fermano al locale e bevono un drink al parco o passeggiando (Central Park è a pochi isolati, e NYC sul public drinking è piuttosto clemente, NdH).
Ritieni che l’e-commerce e la consegna da negozi e grossisti online possano avere un impatto anche sui consumi nei pub in futuro (magari i consumatori si stanno abituando e nelle prime fasi hanno paura di tornare al chiuso)?
Assolutamente sì. Infatti, anche quando riapriremo del tutto continueremo a offrire sia take out che delivery. Anche perché essendo estate, immagino che in molti sceglieranno di portare cibo e bevande al parco o sul lungomare invece di dover restare dentro un bar (confermo l’amore degli abitanti di Manhattan per il pic-nic en plen air, anche se quello equivalente per l’aria condizionata potrebbe quasi invertire la tendenza, NdH). Dal punto di vista dei prezzi non possiamo competere con birrifici e grossisti, il che rende le cose molto difficili, ma speriamo che sia temporaneo. In ogni caso, quando riapriremo, non ci aspettiamo che le persone tornino immediatamente.
Ti seguo sui social network, sei molto attivo e ho visto che il Jeffrey ha messo su un intenso programma per gli essential workers o primi soccorritori, e azioni a favore della comunità, descrivimi cosa ha significato per te questa esperienza.
Siamo molto orgogliosi di poter offrire il nostro supporto ai lavoratori in prima linea. Qui nell’Upper East siamo circondati da numerosi grandi ospedali e ci sono molti operatori che vivono in zona. Offriamo a ciascuno di loro una birra o un bicchiere di vino in omaggio senza fare domande. È il minimo che possiamo fare per ringraziare “the heroes who have been through hell and back”. È gratificante svolgere un piccolo ruolo nell’aiutare queste persone a rilassarsi dopo dure giornate. Loro ne sono grati ed è bello poter scambiare una parola con così tanti dottori, infermieri, in grado tra l’altro di aggiornarci su come stanno andando le cose. Tutto questo ci fa sentire coinvolti. Nei nostri impegni filantropici forniamo anche 50 pasti a settimana alle famiglie bisognose di New York, del resto apriamo la sera per asporto e consegna, e durante il giorno la cucina non era utilizzata. Proviamo un senso del dovere nei confronti della nostra comunità, vogliamo aiutare chi sta attraversando con maggiore difficoltà questo momento, abbiamo anche stretto una collaborazione con un ente di beneficenza che consegna quotidianamente i nostri pasti a queste famiglie, e anche in questo caso è molto gratificante sapere che loro possono consumare “a delicious hot and healthy meal prepared lovingly by our staff”. Riceviamo spesso messaggi di apprezzamento, che ci motivano a continuare. Oltre a questo, sosteniamo anche un paio di banche alimentari locali donando settimanalmente cibo e altre spese domestiche. In periodi come questo è importante che la nostra community sappia che per loro ci siamo.
La scelta abituale dei birrifici è stata influenzata dalla pandemia? La preferenza si è spostata maggiormente verso birrifici locali, in difficoltà o magari altro?
Sì, ci siamo spostati ancora di più verso nomi locali per diversi motivi: ora più che mai riteniamo sia importante supportare le nostre imprese, inoltre il prodotto è più fresco e spesso più accessibile rispetto ai birrifici fuori dello Stato. Molti nomi dello Stato di NY si distribuiscono in autonomia, il che rende più facile organizzare le consegne avendo ancora tempistiche piuttosto limitate.
Tra l’altro, a margine di quanto detto da Colm, mi sento di aggiungere una breve riflessione relativamente alla presenza dei birrifici in città, che sono numerosi e tra i migliori dello Stato, ma tutti posizionati fuori Manhattan. Da consumatore posso confermare come si sia rivelato affatto scontato, per un consumo casalingo, ordinare direttamente alla fonte, cioè al birrificio (e solo in seconda battuta al locale che diventa a tutti gli effetti quasi un intermediario). Questo non si è verificato in modo automatico anzitutto per due motivi pratici: nei primi mesi di lockdown per la mancanza effettiva di un servizio di delivery dei birrifici verso Manhattan (unica via il pick up in loco non facilmente raggiungibile, vista la distanza tra i quartieri, a meno di non avere un’auto, opzione non tanto comune da queste parti). Seconda motivazione, il prezzo: una volta organizzato il delivery, il prezzo per il trasporto sull’isola (da Brooklyn o Queens ad es.) si è spesso rivelato comunque piuttosto alto. Quindi ordinare birra dal locale, oltre a permettere una vastità di scelta (al contrario, per diversi birrifici l’ordine minimo richiesto è un 12 pack della stessa birra senza alcun tipo di mix), permette anche maggiore flessibilità sotto ogni punto di vista.
Come pensi questa situazione potrà incidere sui birrifici artigianali, in un settore in cui spesso piccole realtà (per quanto possano essere tali in USA) si piegano ai grandi gruppi industriali, sarà possibile che molti nomi indipendenti rimangano tali, anche dopo la pandemia?
Ho fiducia nella comunità della birra artigianale, che continueremo a sostenere attraverso la scelta di piccole e medie imprese locali prima ancora dei marchi più grandi. Mentre la città inizia nuovamente ad aprirsi, penso che la gente apprezzerà le interazioni oneste e personali che puoi ottenere solo con birrifici e bar piccoli e indipendenti. Sarà difficile per l’immediato futuro, ma a lungo termine penso che questa pandemia ci renderà più forti.
Il pub è contatto, socializzazione, soprattutto al bancone, come pensi che cambierà, come organizzerai The Jeffrey?
Quando ci sarà permesso di riaprire su una scala limitata, distanzieremo i nostri tavoli di 6 piedi (180 cm). Al momento non consentiremo ai clienti di sedersi al bar. Per il bene della città è importante iniziare nel modo corretto, non ha senso correre rischi inutili. Attualmente stiamo costruendo e ampliando la nostra birreria all’aperto (un incantevole beergarden nel cortile interno del locale, NdH). Abbiamo avuto la possibilità di modificare i nostri piani e la progettazione del layout per adattarci al mondo post covid. Installeremo un ingresso che collega la strada al giardino in modo che i clienti non debbano entrare al chiuso, se non lo desiderano. Stiamo anche installando più bagni e riprogettando le porte anteriori come un’entrata e un’uscita con lo scopo di mantenere il traffico dei clienti separato, evitando ogni contatto non necessario. Speriamo che questi sforzi combinati con un progresso nella scienza medica, e quindi un vaccino, possano ridarci la normalità con il nuovo anno. Teniamo le dita incrociate e non molliamo!
Ed è l’augurio che gli faccio anche io, nel frattempo, credo andrò a prendermi un crowler da portare al parco, per il bene comune questo e altro!
Hilary Antonelli