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Le Doc del Lazio: Terracina o Moscato di Terracina

Le Doc del Lazio: Terracina o Moscato di Terracina

Terracina o Moscato di Terracina D.O.C.
(Ultima modifica: D.M. 14/10/2014 – G.U. n.248 del 24/10/2014)

zona di produzione
● in provincia di Latina: comprende tutto il territorio amministrativo dei comuni di Monte San Biagio, Sonnino e Terracina;

base ampelografica
● secco, amabile, passito: moscato di Terracina min. 85%, possono concorrere altre uve a bacca bianca idonee alla coltivazione nella Regione Lazio max. 15%;
● spumante (secco o dolce): moscato di Terracina;

norme per la viticoltura
le forme di allevamento consentite sono quelle idonee per la tipologia di vitigno e per la zona, con particolare riguardo alla tradizionale spalliera semplice. Non sono ammessi impianti a tendone e/o pergola, né l’impianto delle viti secondo il sistema a “doppia posta”.
i sesti di impianto devono garantire un numero minimo di 3.500 ceppi per ettaro;
è ammessa l’irrigazione di soccorso;
la resa massima di uva in coltura specializzata e il titolo alcolometrico volumico naturale minimo devono essere di 11 t/Ha e 11,00% vol.;

norme per la vinificazione
le operazioni di vinificazione, ivi compresa la spumantizzazione, l’imbottigliamento e l’appassimento delle uve dei vini devono essere effettuate all’interno della zona di produzione;
è consentito l’arricchimento dei mosti e dei vini, nei limiti stabiliti dalle norme comunitarie e nazionali, con mosti concentrati ottenuti da uve dei vigneti iscritti all’Albo della stessa denominazione d’origine controllata, oppure con mosto concentrato rettificato o altre tecnologie consentite;
la tipologia “Passito” deve essere ottenuta con appassimento delle uve sulla pianta e/o in ambienti idonei, e può essere condotto con l’ausilio di impianti di condizionamento ambientale, purché operanti a temperature analoghe a quelle riscontrabili nel corso dei processi tradizionali di appassimento, escludendo qualsiasi sistema di innalzamento della temperatura, in modo in modo da assicurare un contenuto minimo di zuccheri riduttori di 260 grammi per litro.
Le uve destinate alla produzione della tipologia “Passito”, al termine dell’appassimento, devono assicurare un titolo alcolometrico volumico naturale minimo di 15,5% vol.;
il processo di lavorazione per la presa di spuma, per il prodotto “Moscato di Terracina” Spumante, da effettuarsi con il metodo della fermentazione naturale in autoclave (o metodo Martinotti), non può avere una durata inferiore a mesi uno compreso il periodo di affinamento. La resa massima dell’uva in vino, compresa l’eventuale aggiunta correttiva e la produzione massima di vino per ettaro, non deve essere superiore al 70% per tutte le tipologie della denominazione di origine controllata;
per la tipologia “Passito” la resa massima dell’uva in vino non deve essere superiore al 40%;

norme per l’etichettatura
nell’etichettatura dei vini, ad esclusione della tipologia Spumante, l’indicazione dell’annata di produzione delle uve è obbligatoria

legame con l’ambiente geografico
    ● Informazioni sulla zona geografica
       ▪ Fattori naturali rilevanti per il legame
La zona geografica delimitata ricade nella parte litoranea meridionale della regione Lazio, in Provincia di Latina. L’area, della superficie di circa 27.550 ettari, comprende le pianure costiere e la media collina, situate sulle pendici occidentali dei Monti Ausoni, laddove, principalmente nelle vallate, sono coltivati i vigneti del «Terracina» o «Moscato di Terracina».
Geologicamente gli Ausoni, assieme ai Lepini ed agli Aurunci, costituiscono un’unica piattaforma carbonatica, la cosiddetta dorsale dei Volsci, che rappresenta l’estrema propaggine dell’Appennino laziale – abruzzese. La formazione mesozoica è costituita da calcari e calcari dolomitizzati con ridotti affioramenti delle potenti dolomie poste alla base della serie (giurassico – cretacico – paleocene inferiore) e costituisce l’ossatura montuosa.
Meno estesa è la formazione cenozoica, costituita da sedimenti di differente età e natura; detti terreni affiorano principalmente nelle vallate e lungo i contorni montuosi. Si tratta di calcari marnosi, marnoso – arenacei, talora intercalati a conglomerati e, nella parte altra, a sedimenti alluvionali che si estendono nelle zone di fondo valle, lungo i corsi d’acqua e su pendici di alcuni rilievi. Le formazioni vulcaniche presenti nel massiccio, sono da ascriversi al complesso vulcanico situato nella media valle latina, e sono rappresentate da intercalazioni tufitiche e materiali piroclastici frammisti a terre rosse argillose.
Si possono distinguere quattro diverse tipologie di terreno: le sabbie calcaree cementate, spesso di colore rossastro, residuo di vecchie dune cosparse di bassure (pianura meridionale dell’Agro pontino); i terreni alluvionali ghiaioso-argillosi recenti formatesi per deposito alluvionale proveniente dalle pendici dei monti Ausoni ed Aurunci (piana di Fondi); i terreni sedimentari antichi provenienti da substrati calcarei ben stratificati (pendici degli Ausoni) ed i terreni derivati da materiale detritico di falda e terre rosse con struttura argillo-limosa e reazione sub-acida (valli interne).
L’altitudine dei terreni coltivati a vite è compresa tra gli 0 e i 863 m s.l.m. con pendenza variabile e l’esposizione generale è orientata verso ovest.
Il clima dell’area è di tipo mediterraneo ed è caratterizzato da precipitazioni medie annue comprese tra i 727 ed i 1133 mm, con aridità estiva prolungata da maggio ad agosto (pioggia 61-83 mm) con valori elevati solo nei mesi estivi. Temperatura media elevata compresa tra i 16,1 ed i 17,0°C: freddo poco accentuato concentrato nel periodo invernale, con temperatura media inferiore ai 10°C per 1-3 mesi l’anno e temperatura media minima del mese più freddo dell’anno piuttosto elevata che oscilla tra 5,5 e 6,6° C.
La combinazione tra natura del terreno e fattori climatici fanno della zona delimitata come DOC Terracina o Moscato di Terracina un territorio altamente vocato alla produzione di vini di pregio.
       ▪ Fattori umani rilevanti per il legame
Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino «Terracina» o «Moscato di Terracina».
All’epoca dei Romani il Cecubo si produceva principalmente nell’agro di Amyclae (antichissima colonia greca distrutta in tempi remoti, che era sita sul mare tra Terracina e Gaeta) e la coltivazione si estendeva nella pianura di Fundis (Fondi), Anxur (Terracina) e sui colli Cecubi che si elevano tra Sperlonga, Itri e Fondi. Orazio Flacco riporta nelle Odi che il vino Cecubo si produceva tra Amyclae e Fundis e sui colli Cecubi: Vitruvio Pollione loda il vino cecubo che si produceva tra Terracina e Fondi; Plinio conferma che nella zona di Amyclae lo si coltivava maritato al pioppo e Columella riporta che veniva coltivato oltre che a Fondi, anche a Gaeta e Formia.
L’agricoltura ed in particolare la viticoltura dell’areale di Terracina iniziò a declinare già ai tempi Plinio, spostandosi progressivamente verso le zone limitrofe più a sud (Gaeta, Formia); la formazione del latifondo e la diminuzione della popolazione colonica completarono la decadenza della viticoltura che per secoli si ridusse su superfici limitate anche a causa dei disboscamenti selvaggi che provocarono la formazione di zone acquitrinose e paludose e l’insorgere della malaria.
Le aree coltivabili rimasero nella fascia pedemontana o lungo la duna fossile, verso il litorale tirrenico (le aree più rilevate del territorio): gli interventi dell’uomo sempre più limitati fecero estendere la palude senza soluzione di continuità, longitudinalmente, nelle zone più depresse, dall’abitato di Cisterna fin quasi a Terracina.
Gli Statuta Antichissimae Civitatis Terracinae, approvati nel 1504 da Papa Giulio II e stampati su pergamena nel 1549, regolamentano anche l’agricoltura e la viticoltura.
Risalgono al Rinascimento i primi lavori di bonifica della palude pontina ad opera del papa Leone X che furono proseguiti da Sisto V e da Pio VI sul finire del Settecento: ciò permise di rendere coltivabili molti terreni contribuendo alla rinascita dell’agricoltura.
Nell’Ottocento inizia il recupero della viticoltura tanto che il Passy in Agricoltura e questioni economiche che la riguardano, (1860) Vol. 2 scrive «Si usano insieme negli Stati Romani due metodi di coltura affatto diversa: l’una, generalmente in uso nei dintorni di Roma e nelle paludi Pontine, consiste a sostenere il tralcio per mezzo di canne che si fanno espressamente crescere in grandissimo numero…».
La bonifica definitiva della palude risale agli anni trenta del secolo scorso, con il totale recupero dei terreni e ha permesso un nuovo sviluppo dell’agricoltura e della viticoltura.

    ● Interazioni fra l’ambiente, l’uomo e il vino
L’orografia collinare dell’areale di produzione, nella parte meridionale dell’Agro pontino, e l’esposizione ad ovest, sud-ovest, concorrono a determinare un ambiente arioso, luminoso e con un suolo naturalmente sgrondante dalle acque reflue, particolarmente vocato per la coltivazione dei vigneti del «Terracina» o «Moscato di Terracina». Da tale area sono peraltro esclusi i terreni ubicati a quote troppo basse non adatti ad una viticoltura di qualità.
Anche la tessitura e la struttura chimico-fisica dei terreni interagiscono in maniera determinante con la coltura della vite, contribuendo all’ottenimento delle peculiari caratteristiche fisico chimiche ed organolettiche del «Terracina» o «Moscato di Terracina».
In particolare, i terreni, riconducibili ai calcari e calcari dolomitizzati, ai calcari marnosi, marnoso – arenacei, e da depositi formatisi in ambiente fluvio-palustre costituiti da alternanze di livelli sabbiosi, sabbioso-argillosi si distinguono quattro diverse tipologie di terreno: le sabbie calcaree cementate, spesso di colore rossastro, residuo di vecchie dune cosparse di bassure; i terreni alluvionali ghiaioso-argillosi recenti, formatesi per i terreni sedimentari antichi provenienti da substrati calcarei ben stratificati ed i terreni derivati da materiale detritico di falda e terre rosse con struttura argillo-limosa e reazione sub-acida (valli interne). Presentano un normale contenuto di elementi nutritivi e che sono idonei ad una vitivinicoltura di qualità conferendo ai vini particolare equilibrio e complessità.
Anche il clima dell’areale di produzione, caratterizzato da precipitazioni sufficienti (mediamente 900 mm), con scarse piogge estive (67 mm) ed con aridità estiva prolungata da maggio ad agosto con valori elevati solo nei mesi estivi, da una elevata temperatura media annuale (17,0 °C), unita ad una temperatura relativamente elevata, un’ottima insolazione nei mesi di settembre ed ottobre ma con una elevata escursione termica tra notte e giorno, consente alle uve di maturare lentamente e completamente, contribuendo in maniera significativa alle particolari caratteristiche organolettiche del vino «Terracina» o «Moscato di Terracina».
In particolare, la combinazione tra le caratteristiche del terreno ed i fattori climatici, determina per i vini bianchi, la produzione di significative quantità di precursori aromatici che consentono di esaltare le caratteristiche organolettiche e i sentori tipici del vitigno.
La millenaria storia vitivinicola riferita alla terra dell’antica «Anxur», dall’epoca romana, al medioevo, fino ai giorni nostri, attestata da numerosi documenti, è la generale e fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del «Terracina» o «Moscato di Terracina».
Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere i rinomati vini «Moscato di Terracina», le cui peculiari caratteristiche sono descritte all’art. 6 del disciplinare.
In particolare la presenza della viticoltura nella zona del «Terracina» o «Moscato di Terracina» è attestata fin dall’epoca romana, in molti reperti dei georgici latini.
Gli Statuti di Terracina, emanati nel 1504, regolavano l’ordinamento della Comunità su cui era basata la vita sociale, economica, religiosa, agricola e pastorale. Diversi capitoli degli statuti trattano della vite e del vino a testimonianza dell’importanza che anche allora rivestiva la vitivinicoltura.
A causa dei disboscamenti selvaggi che provocarono la formazione di zone acquitrinose e paludose e l’insorgere della malaria, le aree coltivabili rimasero nella fascia pedemontana o lungo la duna fossile, verso il litorale tirrenico (le aree più rilevate del territorio): ciò comportò anche la decadenza della viticoltura che per secoli si ridusse su superfici limitate. Comunque, a partire dal Rinascimento con le prime opere di bonifica, l’agricoltura e la viticoltura dell’area iniziano un lento recupero.
Infatti il Lombardo nella pubblicazione Camera Urbis Dohana Ripe e Ripecte – Liber introis 1428 (1878) riporta «A Roma soltanto dall’aprile al giugno 1428 arrivarono via mare oltre 123.000 litri di vino greco e oltre 121.000 litri di vino di Terracina»; nel 1551 l’Alberti, nell’opera Decrittione di tutta Italia, descrivendo il territorio di Terracina riporta “…ha questa città fertile e dilettevuole territorio ornato di vigne, di naranci…”, e il Theuli, nel Theatro historico di Velletri (1644), parlando degli antichi popoli riporta “habitata dai Volsci, e se ne vedono li vestigi d’antiche rouine sotto le vigne di Sonnino“. Anche lo Scotto in Itinerario d’Italia (1747) che riporta “E’ il paese di Terracina, benché di mal’aria, abbondante di biade, vino, ed olio…”».
Nell’Ottocento continuano le testimonianze della ripresa viticola come riporta il De’ Giovanni nella Difesa del popolo romano sull’abbandono della campagna (1848) che afferma «La vite è pressoché indigena in tutte le provincie, e vi si fanno distinguere i vini di Orvieto… ed i nuovi di S. Felice, di Terracina, prodotti da nuove specie di viti, e da nuovo genere di coltura».
L’Alfano nell’Istorica descrizione del Regno di Napoli (1823) riporta per Monticelli (l’attuale Monte san Biagio) produce «…frutti, vini…», come il Rampoldi nella Corografia dell’Italia vol. 2 (1833) che scrive per Monticelli «Sta sopra un ameno colle rivolto a scirocco, circondato da ubertosi vigneti e boschetti di olivi». Il Marocco nel 1834 nell’opera Monumenti dello Stato pontificio e relazione topografica di ogni paese scrive «il territorio di Sonnino produce olio, vino…».
Negli Atti della Giunta per la Inchiesta Agraria e sulle condizioni della classe agricola (1883) è riportato «esportazioni del circondario di Velletri vino, fornito da Terracina...».
Il recupero della viticoltura dell’area culminò intorno al 1917, quando nella zona si coltivavano 1.500 ettari di Moscato di Terracina con una produzione di oltre 120.000 quintali destinati principalmente al consumo fresco.
La storia recente è caratterizzata da un’evoluzione positiva della denominazione, con l’impianto di nuovi vigneti, dalla nascita di nuove aziende e dalla professionalità degli operatori che hanno contribuito ad accrescere il livello qualitativo e la rinomanza del «Terracina» o «Moscato di Terracina».

Roberto Giuliani

Figlio di un musicista e una scrittrice, è rimasto da sempre legato a questi due mestieri pur avendoli traditi per trent’anni come programmatore informatico. Ma la sua vera natura non si è mai spenta del tutto, tanto che sin da ragazzo si è appassionato alla fotografia e venticinque anni fa è rimasto folgorato dal mondo del vino, si è diplomato sommelier e con Maurizio Taglioni ha fondato Lavinium, una delle prime riviste enogastronomiche del web, alla quale si dedica tutt’ora anima e corpo in qualità di direttore editoriale. Collabora anche con altre riviste web e ha contribuito in più occasioni alla stesura di libri e allo svolgimento di eventi enoici. Dal 2011 fa parte del gruppo Garantito Igp.

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