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Le Doc del Lazio: Bianco Capena

Le Doc del Lazio: Bianco Capena


❂ Bianco Capena D.O.C.
(Approvato con D.P.R. 19/5/1975 – G.U. n.292 del 5/11/1975; ultima modifica D.M. 7/3/2014, pubblicato sul Sito ufficiale del MIPAAF, Sezione Qualità e Sicurezza Vini DOP e IGP)


zona di produzione
● in provincia di Roma: comprende tutto il territorio amministrativo comunale di Capena e in parte quello di Fiano Romano, Morlupo e Castelnuovo di Porto;

base ampelografica
● bianco, superiore: max. 55% malvasia bianca di Candia e/o Toscana e/o del Lazio, max. 25% trebbiano toscano e/o trebbiano giallo, possono concorrere le uve dei vitigni bellone e/o bombino (loc. uva di Spagna) max. 20%;

norme per la viticoltura
la resa massima di uva in coltura specializzata non deve essere superiore a 16 t/Ha e il titolo alcolometrico volumico naturale minimo deve essere di 10,50% vol. (11,50% vol. per il Superiore);

norme per la vinificazione
le operazioni di vinificazione devono essere effettuate all’interno della zona di produzione delimitata, tuttavia, tenuto conto delle situazioni tradizionali di produzione, è consentito che tali operazioni siano effettuate nell’intero territorio dei comuni, anche se solo in parte, compresi nella zona di produzione delle uve;

norme per l’etichettatura
sulle bottiglie ed altri recipienti contenenti il vino “Bianco Capena” deve figurare l’indicazione dell’annata di produzione delle uve;

legame con l’ambiente geografico
A) Informazioni sulla zona geografica
Fattori naturali rilevanti per il legame
La zona geografica delimitata ricade nella parte centrale della regione Lazio, a nord di Roma in Provincia di Roma: l’area, che si estende per circa 7.500 ettari, comprende i rilievi collinari posti tra la valle del fiume Tevere e il complesso del Vulcano Sabatino.
L’aspetto geolitologico e morfologico che caratterizza l’intera regione a nord-ovest di Roma, è rappresentato dalla attività vulcanica dell’apparato Sabatino (detto distretto vulcanico Sabatino). Nel corso del Pleistocene si sono succedute a più riprese intense manifestazioni vulcaniche esplosive ed effusive da parte di diverse bocche crateriche, le quali hanno dato origine a diversi prodotti piroclastici e lavici. Lungo la valle del Tevere ed in corrispondenza delle incisioni dei corsi d’acqua minori affiorano invece terreni sedimentari, sia di ambiente marino che continentale. In generale i termini affioranti nell’area delimitata si possono ricondurre a tre unita geolitologiche: alluvioni attuali, vulcaniti Sabatine, formazioni sedimentarie terrigene. La prima unità, più recente, si riscontra lungo le zone di fondovalle alluvionale e pertanto in corrispondenza dei maggiori corsi d’acqua. I depositi alluvionali sono in prevalenza limo-sabbiosi e limo-argillosi ad elevato contenuto organico. L’unita vulcanica Sabatina comprende termini sia tufaceo-ignimbritici che lavici, alquanto differenziati per composizione, chimica, addensamento, cementazione e fatturazione. La terza unità è costituita da sedimenti di ambiente continentale, deposti in facies salmastre e fluvio-lacustri nel Pleistocene inferiore (Siciliano-Calabriano). È una formazione argillosa a cui fanno seguito in continuità stratigrafica, le argille marnose plioceniche di ambiente marino. Quest’ultima formazione rappresenta il riferimento basale di tutta la regione in virtù dello spessore e della notevole estensione areale.
L’altitudine dei terreni coltivati a vite è compresa tra i 5 e i 400 m s.l.m.: l’esposizione generale è orientata verso ovest.
Il clima dell’area è di tipo mediterraneo di transizione ed è caratterizzato da precipitazioni medie annue comprese tra i 822 ed i 1110 mm, con aridità estiva non molto pronunciata (pioggia 84-127 mm) nei mesi estivi. Temperatura media piuttosto elevata compresa tra i 13,7 ed i 15,2°C: freddo poco intenso da novembre ad aprile, con temperatura media inferiore ai 10°C per 3-4 mesi l’anno e temperatura media minima del mese più freddo dell’anno che oscilla tra 3,4 e 4,0° C.
La combinazione tra natura del terreno e fattori climatici fanno della zona delimitata come DOC Bianco Capena un territorio altamente vocato alla produzione di vini di pregio.
Fattori umani rilevanti per il legame
Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino “Bianco Capena”.
La coltivazione della vite in Lazio ha origini antichissime, iniziata sicuramente dagli Etruschi, raggiunse un notevole progresso, favorito anche da evolute conoscenze tecniche e da materiale ampelografico di varia origine raccolto attraverso gli ampi rapporti commerciali di questo popolo.
Gli Etruschi, che i romani chiamavano Tusci, abitavano la riva destra del Tevere ed arrivando dal nord della penisola si erano insediati nelle città di Veji (Veio), Caere (Cerveteri), Capena, Falerii Novi (Civita Castellana), Lucus Feroniae (nei pressi di Capena), Pyrgi (S.Severa), Sabate (Trevignano).
La coltivazione della vite continuò ed ebbe maggiore espansione ad opera dei Romani, tanto che Virgilio, Orazione e Stradone, indicano il territorio sabino come terra d’elezione di boschi, oliveti e vigneti.
Gli Statuti di Castelnuovo di Porto, emanati nel 1548, contengono Capitoli che regolamentavano la coltivazione della vite e la produzione del vino, nonché pene per i trasgressori.
Nel corso dei secoli la viticoltura ha mantenuto il ruolo importante nell’economia agricola del territorio contribuendo allo sviluppo sociale ed economico dell’area, come testimonia la Sagra dell’uva di Capena, la cui prima edizione risale al 1927.
L’incidenza dei fattori umani, nel corso della storia, è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione:
▪base ampelografica dei vigneti: i vitigni idonei alla produzione del vino in questione, sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area geografica considerata: la Malvasia di Candia, la Malvasia del Lazio, il Trebbiano toscano ed il Trebbiano giallo;
▪le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti, sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata superficie fogliare ben esposta e di contenere le rese di produzione di vino entro i limiti fissati dal disciplinare (112hl/ha);
▪le pratiche relative all’elaborazione dei vini, che sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione di vini bianchi fermi, complessi ed equilibrati.
B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all’ambiente geografico
La DOC “Bianco Capena” è riferita a due tipologie di vino bianco (“Bianco Capena” e “Bianco Capena Superiore”) che dal punto di vista analitico ed organolettico presentano caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.
Nello specifico il “Bianco Capena” ed il “Bianco Capena Superiore”, che si differenzia solamente per una maggiore gradazione alcolica, è un vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino più o meno intenso, odore leggermente aromatico con note floreali e fruttate, sapore secco o leggermente abboccato Al sapore il vino presenta un’acidità normale, un amaro poco percepibile, poca astringenza e buona struttura, che contribuiscono all’equilibrio gustativo.
C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B)
L’orografia pianeggiante o dolcemente collinare dell’areale di produzione, e l’esposizione ad ovest, sudovest concorrono a determinare un ambiente arioso e luminoso, particolarmente vocato per la coltivazione dei vigneti del “Bianco Capena”.
Anche la tessitura e la struttura chimico-fisica dei terreni interagiscono in maniera determinante con la coltura della vite, contribuendo all’ottenimento delle peculiari caratteristiche fisico chimiche e organolettiche del “Bianco Capena”.
In particolare, i terreni, di origini vulcanica derivanti da depositi vulcanici sia tufaceo-ignimbritici che lavici, alquanto differenziati per composizione, chimica, addensamento, cementazione e fatturazione o di origine alluvionale limo-sabbiosi, limo-argillosi o argillosi marnosi pliocenici di ambiente marino, presentano caratteristiche tali da renderli idonei ad una vitivinicoltura di qualità.
Anche il clima dell’areale di produzione, caratterizzato da precipitazioni normali (mediamente 954 mm), con sufficienti piogge estive (127 mm) ed aridità non molto pronunciata nei mesi estivi, da una buona temperatura media annuale (14,2°C), unita ad una temperatura elevata ed a una ottima insolazione, consente alle uve di maturare completamente contribuendo in maniera significativa alle particolari caratteristiche organolettiche del vino “Bianco Capena” In particolare, la combinazione tra le caratteristiche del terreno ed i fattori climatici, determina per i vini bianchi, la produzione di significative quantità di precursori aromatici che consentono di esaltare le caratteristiche organolettiche e i sentori tipici dei diversi vitigni La millenaria storia vitivinicola riferita alla terra dell’antica “Capena”, dagli Etruschi passando per i Romani, al medioevo, fino ai giorni nostri ed attestata da numerosi documenti, è la generale e fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del “Bianco Capena”.
Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere i rinomati vini “Bianco Capena”.
In particolare la presenza della viticoltura nella zona del “Bianco Capena” è attestata fin dall’epoca degli Etruschi, in molti reperti dei georgici latini. Gli Statuti di Castelnuovo, emanati nel 1548, regolamentavano l’ordinamento della Comunità su cui era basata la vita sociale, economica, religiosa, agricola e pastorale. Diversi Capitoli degli Statuti trattano della vite e del vino a testimonianza dell’importanza che anche allora rivestiva la vitivinicoltura.
La coltura della vite passò indenne attraverso i secoli bui, tanto che nel 1703 il Piazza in La Gerarchia cardinalizia, riporta per Castelnuovo “l’amenità del sito, in un colle assai eminente al Territorio, che gli soggiace d’intorno; la fertilità del terreno di vino…”; nel 1857 il Palmieri nella Topografia statistica dello stato pontificio, riporta “l’olio di Fiano è squisito, e così il vino…”, Leprignano (l’odierna Capena) “ha un territorio feracissimo di grano, olio, vino eccellente..”, “Morlupo fornisce asssai grano, ed un esquisito e dolce vino, per la situazione delle vigne bellissime su tutte colline esposte al sole.”
Negli Atti della Giunta per la Inchiesta Agraria e sulle condizioni della classe agricola (1883), a conferma dell’importanza che la viticoltura ha nella zona delimitata, si riporta “a Leprignano la vigna nel colle vale 7000 lire l’ettaro contro le 70 di Farnese e nel piano 8000 come a Marino”.
La storia recente, a causa della chiusura della Cantina sociale Feronia, è caratterizzata da una situazione di stasi della denominazione, che nonostante l’impianto di nuovi vigneti e la nascita di nuove aziende non riesce ancora ha riconquistare appieno la notorietà passata.

Roberto Giuliani

Figlio di un musicista e una scrittrice, è rimasto da sempre legato a questi due mestieri pur avendoli traditi per trent’anni come programmatore informatico. Ma la sua vera natura non si è mai spenta del tutto, tanto che sin da ragazzo si è appassionato alla fotografia e venticinque anni fa è rimasto folgorato dal mondo del vino, si è diplomato sommelier e con Maurizio Taglioni ha fondato Lavinium, una delle prime riviste enogastronomiche del web, alla quale si dedica tutt’ora anima e corpo in qualità di direttore editoriale. Collabora anche con altre riviste web e ha contribuito in più occasioni alla stesura di libri e allo svolgimento di eventi enoici. Dal 2011 fa parte del gruppo Garantito Igp.

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