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La rivoluzione di Argiano

Argiano vista dalle vigne
Argiano vista dalle vigne

Quando l’amico giornalista Dario Pettinelli, responsabile della comunicazione ad Argiano, mi ha proposto di passare un fine settimana in una delle aziende che hanno fatto la storia del Brunello (fondata nel 1580) e che nel 1967 fu fra i fondatori del Consorzio, “perché da alcuni anni ha intrapreso una strada assolutamente innovativa a Montalcino”, ho accettato l’invito con molta curiosità.

La cantina
La cantina

Faccio un passo indietro perché ritengo che il passato rappresenti un ulteriore tassello per capire fino in fondo il salto di qualità di questa Tenuta.
Penso che chiunque segua il mondo del vino da almeno un decennio ricorderà sicuramente quell’inchiesta avviata nel 2007 dalla Procura di Siena che ipotizzava la presenza di uve non consentite nel Brunello di Montalcino di alcune importanti aziende (in particolare merlot, cabernet sauvignon e syrah). Fu un periodo complicato che trovò il suo apice a ridosso del Vinitaly con l’arcinoto articolo dell’Espresso dal furbissimo titolo “Benvenuti a Velenitaly”. Articolo che suscitò enorme scalpore (e anche qualche querela) e che aveva il grande torto di fare di tutta l’erba un fascio, in un meccanismo di autolesionismo che sembra essere squisitamente italiano. Infatti Velenitaly riguardava un’inchiesta che vedeva sotto accusa ben 700 mila ettolitri di vino a basso costo venduti in numerose regioni italiane, contenenti una miscela altamente pericolosa per la salute, di cui il vino occupava solo il 25%.

La torre di Sesti vista da Argiano
La torre di Sesti vista da Argiano

Quell’articolo creò un effetto boomerang anche sul caso Brunello (ribattezzato Brunellopoli), che nulla aveva a che vedere con quanto descritto dall’Espresso; nei vini indagati, relativi alle annate dal 2003 al 2007, non vi erano sostanze dannose per la salute, ma una percentuale di uve non consentite dal disciplinare del Brunello di Montalcino (che prevede solo la varietà sangiovese).
Per farla breve, alla fine dell’inchiesta le aziende dichiarate responsabili della frode accettarono un patteggiamento e declassarono i loro vini a IGT, si trattava di Antinori, Banfi, Casanova di Neri e Marchesi de’ Frescobaldi.

Villa Bell'aria
Villa Bell’aria

Argiano, che inizialmente figurava fra le aziende indagate, riuscì a dimostrare la correttezza del proprio lavoro e uscì indenne dall’inchiesta (come Biondi Santi e Col d’Orcia).  Ma il danno d’immagine dovuto a Brunellopoli lasciò comunque i suoi strascichi, anche sul piano commerciale. Un’immagine conquistata soprattutto negli anni ’90, con il passaggio di proprietà alla contessa Noemi Marone Cinzano (1992), che si appassionò realmente alla tenuta e alla sua storia e fece un lavoro di ammodernamento di vigneti e cantina, iniziò una proficua collaborazione con l’enologo di fama mondiale Giacomo Tachis, grazie al quale nacque il supertuscan Solengo.

Il parco a fianco della villa
Il parco a fianco della villa

Ma la storia di Argiano non poteva finire con la fase negativa di Brunellopoli, nel 2013 arriva una notizia che suscita un certo scalpore e anche qualche preoccupazione, l’azienda passa il testimone a un gruppo di imprenditori brasiliani, il Leblon Investment Fund Ltd con a capo Andrè Santos Esteves, un finanziere brasiliano fra i più ricchi al mondo. Cosa succederà? Sarà la fine di una delle più antiche realtà ilcinesi? Cosa c’entra un magnate brasiliano con Argiano e Montalcino? Tranquilli! Esteves è un finanziere “illuminato”, non ha acquistato la proprietà per “fare quattrini”, non ne ha bisogno, si è invece reso conto di avere a che fare con una realtà ricca di storia, da rispettare e, semmai, valorizzare il più possibile.

La chiesa all'interno del complesso
La chiesa all’interno del complesso

Del resto già il nome fornisce una chiave di lettura del prestigio di quest’azienda: Argiano deriva da Ara Jani, il tempio dedicato a Giano, il Dio bifronte, le cui due facce contrapposte rappresentano il legame con il passato e lo sguardo verso il futuro. Qui c’è l’impronta etrusca e romana che hanno lasciato segni evidenti e Andrès è persona di grande cultura, amante dell’arte, non a caso l’architetto da lui scelto sta ridando vita ai diversi ambienti facendo utilizzare i materiali già presenti, proprio per non perdere la memoria del passato, ma al contrario riportandola a nuova vita con un occhio all’originalità e unicità. Così nella parte dedicata all’accoglienza non potrete fare a meno di notare come dalle pareti agli oggetti presenti in ogni stanza emerga questo legame fra passato e futuro, così come nella spettacolare Villa Bell’aria, il cui restauro è quasi giunto al termine.

Susina, la mascotte di Argiano
Susina, la mascotte di Argiano

Da qui l’idea di riutilizzare le travi lignee del tetto, oggi materiale di scarto, per creare i nuovi arredi e gli interni dell’agriturismo, ovvero piantane, comodini, tavoli, librerie, trasformati in oggetti di design e di lusso, nella logica del recupero e riutilizzo. Ma non basta, l’architetto che si occupa della ristrutturazione, sta mantenendo quanto aveva fatto originariamente il suo predecessore, Pecci, secoli addietro, ovvero la perfetta simmetria di ogni edificio, ambiente, strada interna, sempre nell’ottica “bifronte”. Basta farsi un giro fra la villa e le dimore, in cantina e in vigna per rendersi conto che siamo di fronte a una vera e propria rinascita, in tutti i suoi aspetti.

Il corridoio che porta alla cantina
Il corridoio che porta alla cantina

Da questo momento inizia un percorso assolutamente rivoluzionario, che vede protagoniste tre persone più o meno sui quaranta anni che lavorano in azienda da tempo, l’enologo Bernardino Sani, in qualità di CEO, l’agronomo Francesco Monari come COO (direttore operativo e responsabile dei vigneti) e Riccardo Bogi, sales manager, l’unica persona che non ho potuto conoscere perché la sua attività lo tiene perennemente lontano dall’azienda, infatti in quei giorni si trovava nel sud-est asiatico; del resto con 57 ettari vitati e oltre 350 mila bottiglie prodotte c’è un bel lavoro da fare.

Le botti di cemento
Le botti di cemento

Di fatto tutto lo staff aziendale ha subìto una “investitura” in un progetto che ha portato a un passaggio epocale verso un’agricoltura moderna e totalmente rispettosa dell’ambiente, passando dal biologico al biodinamico, perseguendo l’obiettivo della riduzione al massimo di qualsiasi intervento.

La botte di cemento vista dall'interno
La botte di cemento vista dall’interno

Non solo, ma Argiano è diventata anche “plastic free”, la prima azienda a Montalcino ad avere eliminato l’uso della plastica usa e getta in tutti i settori, dalla produzione all’accoglienza, fino all’amministrazione, aderendo alla Campagna del Ministero dell’Ambiente. Niente più materiali monouso, ma solo biodegradabili, in ogni ambiente si fa raccolta differenziata, secondo il noto concetto di economia circolare, basata sulle famose 4R: Riduci, Riusa, Ricicla, Recupera (e qui torniamo alla scelta di ristrutturare utilizzando i materiali già presenti in azienda).

Una parte delle botti
Una parte delle botti

E in vigna non poteva essere diverso, ecco perché è nato il progetto “Argiano Buona Agricoltura”, per un’agricoltura consapevole e un lavoro ecosostenibile, nel rispetto delle biodiversità, per ottenere l’equilibrio naturale.
Non sono parole, ho potuto verificare in prima persona il fantastico lavoro che dal 2012 Francesco Monari sta perseguendo nei vigneti, andando oltre il biologico, il cui disciplinare consente comunque l’uso di alcuni pesticidi anche se naturali, ma imparando a osservare le piante e il suolo, a comprenderne le necessità e intervenendo in modo mirato con metodi più fisici che chimici.

Una delle sale dove si espongono i vini
Una delle sale dove si espongono i vini

I preparati biodinamici, l’inerbimento con graminacee (utili per attutire l’effetto del passaggio dei trattori) o leguminose a seconda delle necessità dei terreni, garantendo nutrimento ma anche l’umidità necessaria a non far seccare la terra, qui ricca di argilla; la lotta biologica attraverso la confusione sessuale e il lancio di insetti antagonisti, l’uso della “zeolite”, una sostanza naturale che, diffusa nel terreno, è in grado di trattenere l’acqua, l’azoto e il potassio (ma anche gli eventuali fertilizzanti) e ridistribuirli alle piante in base alle loro necessità; irrorata sull’apparato fogliare, crea una patina protettiva che respinge le radiazioni solari evitando bruciature nei periodi torridi, la sua particolare forma cristallina/cubica rende le superfici molto scabrose e scomode (tante lame taglienti) creando una vera e propria barriera protettiva contro insetti fitofagi e attacchi fungini.

Francesco Monari in vigna
Francesco Monari in vigna

In casi di caldo ancora più persistente c’è il “caolino”, derivato dalla caolinite, un minerale silicatico delle argille, lo stesso utilizzato per combattere la mosca dell’ulivo. Ha la proprietà, irrorato sulle foglie, di proteggerle fortemente dai raggi solari più dannosi, ovvero ultravioletti e infrarossi, riducendo fortemente il rischio di bruciature, fino al 70%. Come la zeolite, è molto utile nel contrastare gli insetti: ostacola l’infestazione del moscerino della frutta, Drosophila suzukii e della tignoletta della vite, Lobesia botrana. Limita inoltre fortemente la popolazione della cicalina verde (Empoasca vitis) e della ciacalina gialla (Zygina rhamni).

Lo stato di salute di una foglia di sangiovese
Lo stato di salute di una foglia di sangiovese

Un altro contributo importante alla salute di piante e suolo, lo forniscono le “micorrize” (il nome rivela subito il significato: mycos = fungo e riza = radice), siamo ancora in ambito totalmente naturale, basti pensare al legame fra il porcino e il castagno, fra il tartufo e la quercia; si tratta di un rapporto mutualistico fra il fungo e la pianta, in particolare la superficie radicale della vite diventa fino a 600 volte superiore a quella della singola radice, consentendo una maggiore capacità di esplorare più in profondità il suolo, con il vantaggio di trovare più facilmente acqua e minerali, sia grazie alla maggiore superficie di terreno esplorata sia mediante l’escrezione di particolari acidi organici. La pianta così trattata si irrobustisce e si difende sempre meglio dagli stress e dagli attacchi parassitari.

Grappoli di sangiovese
Grappoli di sangiovese

Tutti questi accorgimenti sono fondamentali per ottenere un vigneto sano e sempre più autosufficiente, senza uso di prodotti di sintesi o di metodi che potrebbero alterare l’equilibrio delle piante e dell’ecosistema.

Un nuovo clone di sangiovese, più piccolo e meno compatto
Un nuovo clone di sangiovese, più piccolo e meno compatto

Anche la “propoli” svolge un ruolo importante, Francesco la sta utilizzando sempre più spesso, anche in sostituzione del rame, infatti è un ottimo antifungino, un potente antisettico e antifermentativo naturale (totalmente ininfluente però sulle fermentazioni alcoliche dei mosti).

Il suolo trattato con zolfo a lento rilascio
Il suolo trattato con zolfo a lento rilascio

Svolge una spiccata azione di potenziatore delle difese delle piante verso attacchi fungini e batterici; agevola una rapida cicatrizzazione delle ferite dovute a traumi o a potature, proteggendo nel contempo la pianta dalla penetrazione di patogeni; favorisce l’impollinazione, avendo un’efficace azione attrattiva nei confronti delle api; migliora la conservazione in post-raccolta della frutta e riduce l’insorgenza di marciumi. Le api, fra l’altro, da quest’anno sono diventate parte integrante del vigneto, con i loro alveari.

La vendemmiatrice in azione
La vendemmiatrice in azione

E poi ci sono le alghe, il tannino del castagno, l’estratto di arancio e tanti altri prodotti che la natura ci offre per affrontare tutte le problematiche della gestione di un vigneto, del resto il lavoro di Francesco è sempre “in progress”, ogni annata ha le sue problematicità…
Spero di non avervi annoiato con queste descrizioni, io trovo appassionante e utile condividere informazioni, l’agricoltura è fondamentale per la nostra esistenza ed è bene che cresca il più possibile il numero delle aziende che lavorino in modo sano e non dannoso per la terra e per l’uomo.

L'uva vendemmiata e diraspata viene scaricata nelle vasche
L’uva vendemmiata e diraspata viene scaricata nelle vasche

Tutto questo lavoro serve, alla fine, ad ottenere uve sane e di ottima qualità; anche qui Francesco, dopo varie sperimentazioni, è arrivato alla conclusione che, in vigne praticamente pianeggianti, con i filari equamente distanziati, la vendemmia si può effettuare anche con macchinari preposti, in grado di scuotere le piante e selezionare solo i grappoli sani, lasciando in pianta quelli rovinati.

Michele, anche lui indispensabile per una buona riuscita della vendemmia
Michele, anche lui indispensabile per una buona riuscita della vendemmia

Ho visto la macchina all’opera (in questo caso si tratta di una vendemmiatrice trainata Volentieri-Pellenc, in grado anche di diraspare le uve) e sono rimasto stupito della precisione del suo lavoro.

L'uva non raccolta dalla vendemmiatrice
L’uva non raccolta dalla vendemmiatrice

Quando hai a che fare con ettari ed ettari vitati è la soluzione ideale, proprio perché è regolabile e adattabile alle esigenze del vigneto, quindi in grado di lavorare in modo praticamente perfetto, dimostrato dalla scarsissima quantità di mosto che emerge durante lo scarico nelle vasche, segno che le uve restano integre per oltre il 90%. Un risultato eccellente che non ha lasciato indifferente neanche Sergio Marchetti dell’azienda Fossacolle, un vignaiolo con oltre 40 vendemmie sulle spalle che ha riconosciuto l’efficacia della meccanizzazione in vendemmia.

Sergio Marchetti dell'azienda Fossacolle
Sergio Marchetti dell’azienda Fossacolle

L’impegno per arrivare a ottenere vini di elevata qualità e dalla forte impronta territoriale, passa anche per la ricerca, la zonazione, l’individuazione dei cloni più adatti e dei portainnesti adeguati alle diverse composizioni dei suoli, che ad Argiano cambiano anche nell’ambito di uno stesso filare. L’obiettivo, che sarà presto raggiunto, è quello di avere marze proprie, specifiche dell’azienda, adatte al 100% a questi terreni.

Mappa delle vigne e varietà
Mappa delle vigne e varietà

Anche la gamma dei vini sta subendo alcuni, sostanziali, cambiamenti. Dalla Vigna del Suolo (la più vecchia, con piante di oltre 50 anni), con la vendemmia 2015 è nato il Brunello omonimo, che nell’ottica del progetto di rinascita aziendale, dovrà diventare il vino simbolo del territorio e della storia di Argiano. Il Solengo è tornato ad avere l’uvaggio che aveva ideato Giacomo Tachis, niente più syrah (che è stato interamente espiantato), ma con cabernet, merlot e petit verdot c’è un 5% di sangiovese.

Le diverse composizioni dei suoli
Le diverse composizioni dei suoli

Sparirà il “Suolo”, un sangiovese 100% proveniente proprio da quella vigna dove è nato il nuovo Brunello.
Per l’occasione ho avuto la possibilità di degustare le ultime annate prodotte dei vini aziendali, che vi descrivo sinteticamente.

Le diverse stratificazioni nel terreno
Le diverse stratificazioni e densità nel terreno

Rosso di Montalcino 2017 – 14% vol.
L’annata calda ha portato a una vendemmia anticipata tra fine agosto e i primi di settembre. 15 giorni di macerazione sulle bucce e maturazione 9 mesi in botti da 50 Hl. Molto aperto e stimolante appena versato nel calice, oltre a un bel frutto appena maturo regala piacevoli note di erbe aromatiche e ferrose, minerali. Al palato rivela una buona freschezza nonostante l’annata, ottima corrispondenza aromatica e un tannino preciso, ben integrato. Un Rosso che riesce a farsi apprezzare perché mantiene una buona scioltezza e dinamicità.

La Vigna del Suolo e le sue caratteristiche
La Vigna del Suolo e le sue caratteristiche

Brunello di Montalcino 2014 – 13,5% vol.
Sappiamo tutti che non è stata un’annata da ricordare, ma siamo in Italia e le microzone possono avere caratteristiche climatiche molto differenti, le generalizzazioni sono fuori luogo e danneggiano chi è riuscito a ottenere buoni risultati. Ad Argiano la produzione è stata ridotta del 40%, c’è stata molta selezione e alla fine il risultato è più che soddisfacente: ciliegia matura, venature balsamiche, speziatura fine e quel senso di freschezza e “leggerezza” alcolica che non guasta affatto, ma rende la beva estremamente piacevole e più digeribile. La vena sapida e leggermente piccante rende il sorso stimolante, elemento che compensa la leggera mancanza data da un finale meno complesso del solito.

I vini in degustazione
I vini in degustazione

Brunello di Montalcino 2015 – 14% vol.
Annata del tutto diversa, calda ma senza eccessi, a tutto vantaggio di un frutto più ampio e persistente, non mancano cenni di viola e rosa, timo e alloro. Al gusto la differenza di millesimo emerge ancora più chiara nel tannino dalla trama più fitta ma di maggiore finezza. Finale più gratificante e complesso.

La Vigna del Suolo in campo
La Vigna del Suolo in campo

Brunello di Montalcino Vigna del Suolo 2015 – 14,5%
Prima annata, ancora in affinamento e senza nuova etichetta, ma già in grado di essere apprezzata per la bellissima trama floreale e un’eleganza superiore, qui la mineralità è più spiccata, così come le erbe aromatiche e gli accenti speziati, sfumature di arancia e incenso, tutto già in grande equilibrio. Anche all’assaggio è l’eleganza ad affiorare in ogni componente, si sente il pregio della vigna vecchia, il frutto non è l’elemento dominante ma le sfumature minerali e quella misura ed equilibrio che caratterizzano solo i grandi cru. Sarà un percorso in continua crescita, peccato che questa prima annata è solo in 3.200 esemplari…

Veduta da Villa Bell'aria
Veduta da Villa Bell’aria

Solengo 2016 – 14,5%
Come avevo accennato in precedenza qui siamo tornati alla vecchia formula di Tachis, ovviamente ci troviamo di fronte a un vino ricco, strutturato, moderno, ma intelligente, certamente meno identitario, del resto le uve che lo compongono raccontano altre storie, ma la classe c’è, ha stoffa e merita un plauso perché, al contrario di altri supertuscan, non stanca, non “pesa”, cosa tutt’altro che trascurabile.

Roberto Giuliani

Roberto Giuliani

Figlio di un musicista e una scrittrice, è rimasto da sempre legato a questi due mestieri pur avendoli traditi per trent’anni come programmatore informatico. Ma la sua vera natura non si è mai spenta del tutto, tanto che sin da ragazzo si è appassionato alla fotografia e venticinque anni fa è rimasto folgorato dal mondo del vino, si è diplomato sommelier e con Maurizio Taglioni ha fondato Lavinium, una delle prime riviste enogastronomiche del web, alla quale si dedica tutt’ora anima e corpo in qualità di direttore editoriale. Collabora anche con altre riviste web e ha contribuito in più occasioni alla stesura di libri e allo svolgimento di eventi enoici. Dal 2011 fa parte del gruppo Garantito Igp.

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