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La mineralità nel vino, un’invenzione degli enocantori?

Pirite

Se non fosse bastata la categorica dichiarazione del professor Luigi Moio che la percezione minerale nei vini è frutto di pura fantasia, o quantomeno determinata da anomalie e trasformazioni che nulla hanno a che fare con il terroir, a rincarare la dose è arrivato il professor Giacomo Buscioni, ricercatore di microbiologia presso l’Università di Firenze, durante un seminario curato da Sandro Sangiorgi domenica 23 ottobre a Villa Cavazza, in occasione della decima edizione di Terre di Vite, evento organizzato da Barbara Brandoli al quale collaboro da sempre con gioia.
Buscioni ha chiaramente detto che ciò che arriva dal terreno (quindi anche quella che molti definiscono “mineralità”) non è presente in alcun modo nell’acino e non può esprimersi dopo la fermentazione, la maturazione e l’affinamento del vino ottenuto. Microbiologicamente nessuna traccia riscontrabile che possa giustificare quei riconoscimenti che a volte percepiamo nei vini come sensazioni di ferro, calcare, roccia sgretolata, fossili, pietra focaia (ma potremmo anche allargarci alle sensazioni iodate e marine).

Pietre romagnole

Il professore, consapevole che il vino è anche espressione delle diverse sensibilità ed esperienze umane, ha ammesso che questa dichiarazione è legata alle conoscenze attuali e, come sempre avviene in campo scientifico, non è quasi mai un dato definitivo e incontrovertibile, ma figlia delle tecnologie e ricerche effettuate fino ad oggi. Con un sorriso benevolo ha soggiunto: “non c’è niente di male se si parla di mineralità nel vino, non possiamo dimenticare che scatena anche emozioni, poesia, il bello è anche questo, ma dal punto di vista scientifico non esiste”.
Facciamo un passo indietro. Dove nasce il termine “minerale” relativamente al vino? Pare in Alsazia, dove gli aspetti organolettici del Riesling spesso ricordano gli idrocarburi, il cherosene ecc.; dal punto di vista chimico è presto spiegato nelle molecole di TDN (1,1,6-trimetil-1,2-diidronaftalene). Ma ben presto ha coinvolto numerose zone della Francia, fra cui la Côte d’Or, dove domina il sentore di pietra focaia, quindi pirite, ovviamente sfregata con l’acciarino, altrimenti non ha odore, parliamo in questo caso di disolfuro di ferro, o nel caso della selce principalmente di silice (che non manca di tracce di solfuro di ferro).

Treiso (CN). I colori dei vigneti in autunno
Treiso (CN). I colori dei vigneti in autunno

Come spiega il prof. Moio, nel vino può esserci una molecola capace di dare questo odore, si tratta del benzilmercaptano, che ha una soglia di percezione bassissima, ne bastano 0,3 ng/l per sentirlo. Ma come fa a trovarsi nel vino una molecola con queste caratteristiche? Si può formare durante la fermentazione alcolica se ai lieviti manca l’ossigeno, elemento che li porta a produrre composti solforati. Se fosse questo il fenomeno chimico che induce al riconoscimento “minerale”, allora ha ragione Moio, non c’entra nulla con il terreno, si tratta solo di un’alterazione del processo fermentativo. Perbacco.
Se andiamo oltre scopriamo che gli eventuali odori presenti nelle pietre non appartengono a queste, ma agli elementi contaminanti che vi dimorano, esempio lampante quello degli scogli dove il mare deposita tutto il proprio mondo interiore. Persino lo zolfo, nella sua forma originaria, non ha né odore né sapore, ma è la sua combustione e, quindi, il contatto con l’ossigeno a determinare la produzione di anidride solforosa, il cui odore conosciamo tutti molto bene.
Di fatto ancora oggi il termine “minerale” non è interpretato in modo univoco in tutto il mondo, non è come la ciliegia o il tabacco, ma qualcosa di assai meno definito e suscettibile di numerose “personalizzazioni”.

Treiso (CN). I colori dei vigneti in autunno

Personalmente credo che l’elemento umano sia ancora oggi troppo sottovalutato, siamo noi con le nostre azioni, con le nostre scelte a determinare spesso i risultati delle nostre ricerche, statistiche e studi. Siamo sempre noi che, quando intraprendiamo una ricerca, consideriamo quali elementi dovranno farne parte e quali no, magari solo perché non ne abbiamo colto una possibile relazione. Di fatto le variabili, tanto più in microbiologia, sono pressoché infinite, siamo solo all’inizio di un percorso complesso e dalle mille sfaccettature, non dobbiamo dimenticare che è la combinazione dei numerosi elementi a determinare l’evoluzione e le variabili di un qualsiasi processo. Figuriamoci se possiamo avere certezze assolute in un liquido frutto di un processo altamente complesso e in continua trasformazione, suscettibile di contaminazioni esterne e interne.
Ma dobbiamo fare pace con tutto questo e lasciare a ciascuno il proprio mestiere; personalmente ritengo che i cosiddetti “riconoscimenti olfattivi” o retrolfattivi, siano sostanzialmente legati alle nostre individuali sensibilità ed esperienze. Lo dimostra il fatto che solo sul piano qualitativo ci si può trovare più facilmente in sintonia fra degustatori, ma i riconoscimenti, se si entra nello specifico descrittore, possono essere molto diversi. Ci si può trovare d’accordo in linea generica, se un vino è più speziato che fruttato, tutti abbiamo la medesima percezione, ma se andiamo ad estrarre quali spezie e quali frutti, quali fiori e quali erbe aromatiche, ecco che emergono le differenze, pur avendo nel calice lo stesso vino proveniente dalla stessa bottiglia e versato quasi nello stesso momento dallo stesso sommelier.

Treiso (CN). I colori dei vigneti in autunno

In conclusione, esistono delle linee guida su cui è possibile trovare sintonia, ma poi, grazie a Dio, i nostri nasi, i nostri palati, le nostre memorie saranno sempre espressione del nostro vissuto personale, il bello è proprio questo, e non è un condizionamento nel riconoscere la grandezza o meno di un vino, ma solo un modo differente di raccontarlo, sulla base di ciò che ci ha maggiormente colpito e ha stimolato i nostri sensi e ricordi. Se pretendiamo di incasellare il vino sbagliamo in partenza, sia perché è in continua trasformazione, sia perché lo siamo anche noi, visto che ambedue respiriamo, siamo sensibili alla temperatura esterna, all’umidità, ai rumori, alla luce, reagiamo continuamente agli stimoli esterni, modificando la nostra condizione.
Quindi, è davvero rilevante sapere se la mineralità nel vino esiste? Certamente, ma come l’arancia sanguinella o il chinotto, sono espressioni che derivano da una miscellanea di elementi che generano, per similitudine, quei riconoscimenti.
Il punto vero è un altro: se i minerali presenti nel suolo non restituiscono nel calice alcun profumo specifico, come si fa a ad attribuire al vino una specifica provenienza e l’appartenenza a un ben preciso luogo? E poi c’è la mano dell’uomo, la sua interpretazione, a volte dominante nel risultato. Quali sono allora le caratteristiche, se esistono, che possono determinare in modo inequivocabile se un vino viene da terreni vulcanici, marini ecc.? La microbiologia è la sola chiave di lettura, il solo strumento in grado di dare risposte? Può essere tutto confinato nei singoli composti chimici? Siamo certi che le mille combinazioni che si generano nella trasformazione dell’uva in vino non abbiano memoria delle loro origini? O il problema siamo noi che perdiamo di vista ciò che la natura ci sta dicendo, concentrati sul volerla razionalizzare al microscopio? Il dibattito resta aperto…
Bevete vino di qualità, ma con moderazione!

Roberto Giuliani

Roberto Giuliani

Figlio di un musicista e una scrittrice, è rimasto da sempre legato a questi due mestieri pur avendoli traditi per trent’anni come programmatore informatico. Ma la sua vera natura non si è mai spenta del tutto, tanto che sin da ragazzo si è appassionato alla fotografia e venticinque anni fa è rimasto folgorato dal mondo del vino, si è diplomato sommelier e con Maurizio Taglioni ha fondato Lavinium, una delle prime riviste enogastronomiche del web, alla quale si dedica tutt’ora anima e corpo in qualità di direttore editoriale. Collabora anche con altre riviste web e ha contribuito in più occasioni alla stesura di libri e allo svolgimento di eventi enoici. Dal 2011 fa parte del gruppo Garantito Igp.

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