La mia Valtellina per immagini
Sono partito da Verona il giorno dopo aver degustato la bellezza di settanta Amarone, di cui ho parlato in →questo articolo. Era domenica 27 gennaio, tempo non proprio indimenticabile, pioggia a tratti, comunque cielo coperto, poi foschia, insomma tempo non ideale per foto luminose e contrastate, ma tant’è, non si può sempre scegliere e bisogna adattarsi alla situazione.
Così ogni tanto, mentre mi dirigevo a Sondrio, nel cuore della Valtellina, dove gli amici Isabella ed Emanuele Pelizzatti Perego mi attendevano, mi sono fermato, ho accostato la macchina dove era possibile e ho scattato qualche foto alle montagne che si stagliavano fra il lago d’Iseo e la Val Trompia.
Certo di neve ce n’era assai poca, ma le montagne hanno sempre un grande fascino, perciò non mi sono preoccupato più di tanto di trovarle poco imbiancate.
E man mano che mi avvicinavo al passo dell’Aprica, che tocca i 1.200 metri e dal quale si scende poi in Valtellina, sono rimasto stupito di come la temperatura, invece di abbassarsi, si alzava, almeno rispetto a Verona.
Già, perché a Verona c’erano 6 gradi alle 10 di mattina, mentre sul passo ne segnava 13! Per forza che la neve si stava sciogliendo…
Però, nella conca che si forma fra le catene montuose, dove capita di incontrare piccoli agglomerati di case, la neve c’è ancora, forse grazie ad un vento tutto sommato piuttosto freddo.
È strano come in queste situazioni la solitudine assuma un aspetto gratificante, almeno per quanto mi riguarda. Come se la presenza di altri esseri umani diventasse elemento di disturbo, distogliesse l’attenzione da un paesaggio così tranquillo e perfettamente integrato nell’ambiente naturale.
Arrivato a Sondrio, prima di entrare non ho potuto fare a meno di fotografare la facciata della cantina AR.PE.PE., con le vigne posizionate al di sopra che già danno l’idea della pendenza estrema.
Isabella ed Emanuele mi hanno subito accolto con affetto e una contentezza che quasi mi spiazzava, come se ci conoscessimo da sempre. La cantina ha subito alcune modifiche e ci tenevano a farmele vedere, così ho colto l’occasione per immortalarli davanti alla roccia che hanno volutamente lasciato all’interno della cantina per ricordare ai visitatori dove è stata costruita.
Non credevo che potesse essere così emozionante andare in giro per le vigne, non che non lo abbia mai fatto, ma qui in Sassella, una delle cinque sottozone della Docg Valtellina Superiore, la sensazione è del tutto particolare. Si respira l’aria della montagna, siamo sotto le Alpi Retiche, queste vigne terrazzate, spesso su pendii davvero ripidi, fanno veramente impressione e ti lasciano intuire quanta fatica e lavoro ci sia dietro per poter produrre vini di qualità. Di certo non puoi soffrire di vertigini…
Credo che senza di lui, il ragno, questo trattore capace di adeguarsi perfettamente alle pendenze del terreno, molte vigne sarebbero state tragicamente abbandonate.
Ecco, osservate questo vigneto e quella roccia in alto, rossa. Bene, è qui che nasce il mitico Valtellina Superiore Sassella Rocce Rosse; i profumi e sapori che trovate nel calice provengono da qui, dove il nebbiolo vive perfettamente a suo agio.
Il lavoro è praticamente continuo, anche d’inverno, ci sono molti vigneti abbandonati, alcuni dei quali vengono fortunatamente ricuperati, si piantano nuovi cloni ma anche biotipi ottenuti dalle piante originarie, si modifica il sistema di allevamento, un po’ alla volta, cercando di razionalizzarlo e portarlo al Guyot, un sistema ideale per la qualità ma anche più facile da seguire, dove i grappoli sono in qualche modo ordinati e regolari, lungo il tralcio che viene disteso orizzontalmente.
Ecco la differenza, questo è un vecchio vigneto, con le piante cresciute a dismisura, attorcigliate, immaginate quanto possa essere difficile avere una copertura fogliare regolare e dei grappoli ben esposti affinché maturino bene e non prendano muffe o malattie.
Basta girarsi un attimo ed ecco che in un sol colpo possiamo osservare a sinistra il comune di Montagna, alle sue spalle si intravede l’Adamello, poi tutta la sequenza delle Alpi Orobie, mentre in basso a destra, nella valle, la periferia di Sondrio.
Un altro supporto fondamentale alla viticoltura delle terrazze retiche, senza questa teleferica sarebbe davvero duro portare a valle le uve e i materiali con cui lavorare le vigne.
Mi sposto nella zona dove lavora Giorgio Gianatti, siamo nel comune di Montagna, a ridosso del bellissimo Castello di Grumello (si vede in lontananza), che dà il nome alla sottozona.
Quello a sinistra è l’ingresso alla sua piccola ma funzionale cantina, poche cose ma essenziali, lo spazio è quello che è. Quello che conta è fare il vino che si vuole con tutta la passione possibile, e su queste terre così difficili se non ci fosse la passione… Giorgo produce il Valtellina Superiore Grumello.
Qui siamo vicino al comune di Ponte in Valtellina, dove risiede la recente cantina Dirupi, di Pierpaolo Di Franco, detto “Birba” e Davide Fasolini, alto, magro, biondo mesciato e rocchettaro nell’aspetto, che non poteva che essere soprannominato “Faso”.
Giovani con grandi aspirazioni, Birba e Faso hanno investito praticamente tutto nel loro sogno; la cantina si trova alle spalle della cinquecentesca chiesa della Madonna di Campagna, questo è il cortile d’ingresso.
All’interno ci sono tonneaux e barriques, la maggior parte delle quali non nuove, volutamente per evitare eccessi di tostatura nel vino, ma hanno anche una botte di rovere di Allier non tostato da 21 ettolitri. Attualmente hanno tre ettari di vigna già in funzione (la prima annata è del 2004), situati parte in Grumello e parte nella sottozona Inferno, ai quali si aggiungerà a breve un altro mezzo ettaro. Il loro vino, proprio perché proveniente da sottozone diverse, si chiama semplicemente Valtellina Superiore. Stanno lavorando anche per ottenere uno Sforzato o un passito da vendemmia tardiva, secondo l’andamento delle diverse annate.
Ed ecco “Birba”, Pierpaolo, origini sarde, caparbio e volitivo, ha intenzioni molto serie, avete forse dubbi?
La mattina di martedì, ospite in casa di Isabella, ho aperto la finestra e non ho potuto fare a meno di immortalare questa veduta, un piccolo scorcio fra le case di Sondrio.
Giornata nuova, azienda nuova. Siamo nella cantina di Le Strie, una piccola ma eccellente azienda fondata da Stefano Vincentini e Paolo Culatti con le rispettive mogli Luciana e Marisa. Solo un ettaro di vigna diviso fra Sassella e Valgella, da cui nasce il Valtellina Superiore. Con l’annata 2004 hanno ottenuto 3.100 bottiglie. Anche loro sono in crescita, per ora acquistano 20 quintali d’uva selezionati e presto raggiungeranno le 6.000 bottiglie prodotte.
Stefano Vincentini mentre mostra come si predispone la pianta per l’allevamento a Guyot.
Ci spostiamo in via Valeriana, 10 a Sondrio, da Bruno Leusciatti, che prosegue il lavoro iniziato dal nonno Guglielmo. La prima annata imbottigliata di Valtellina Superiore Sassella risale al 1977. Bellissime queste botti di castagno, non vi pare?
Inizialmente l’azienda si occupava anche di allevamento di bovini, pratica ormai abbandonata da Bruno una volta deceduto papà Gerardo, per concentrarsi sui 3 ettari di vigna tutti nella Sassella. Pensate che l’annata 2004 del suo Valtellina Superiore Sassella “Del Negus”, attualmente in commercio viene venduta ai visitatori a soli 5 euro la bottiglia! C’e da farci un pensierino no?
Ultima visita da Renato Motalli, a S.Giacomo di Teglio. Queste botti hanno più di cento anni! Renato produce ben quattro vini: Valtellina Superiore Valgella, Valtellina Superiore Le Urscele, Sforzato di Valtellina e un piacevolissimo Chiavennasca (è il nome del nebbiolo in Valtellina) Rosato.
Una serie di brente in plastica accatastate nella cantina, con cui viene trasportata a spalla l’uva.
Queste tre botticelle in castagno rappresentano un vero e proprio cimelio, del quale Renato dovrà purtroppo sbarazzarsi perché la cantina è piccola e lo spazio fondamentale. Peccato perché sono deliziose.
Un vigneto dove Renato ha appena rimpiazzato i pali di sostegno delle viti.
E questo è Renato Motalli in persona, un vero vignaiolo, di poche parole ma con orgoglio da vendere.
Roberto Giuliani