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I grandi bianchi di Raffaele Troisi non deludono mai

Raffaele Troisi di Vadiaperti
Raffaele Troisi mostra un grappolo di greco

Sono passati quattro anni da quando Raffaele Troisi mi raccontò del suo passaggio da Vadiaperti a Traerte (qui l’articolo), rassicurandomi che il cambiamento era legato esclusivamente a questioni burocratiche e non ad un “passaggio di mano”. L’azienda rimaneva nelle sue mani sotto tutti gli aspetti gestionali, dalla vigna alla cantina, notizia che mi confortò non poco, sapendo quanto Raffaele sia fondamentale nella produzione di alcuni capolavori dell’enologia irpina. Problematiche economiche familiari che si trascinavano dai tempi in cui era papà Antonio ad occuparsi dell’azienda; Raffaele ci ha provato, ha retto per molti anni ma poi è stato costretto a demordere, il passaggio a Traerte, dal punto di vista legale (quindi come sede di produzione e imbottigliamento) è stato inevitabile.
Mentre eravamo nell’azienda di Montefredane, assaggiammo molte vecchie annate, a partire dal Fiano di Avellino 1988, passando per il sorprendente Greco di Tufo Federico II 1996 (ora Tornante), ovviamente Raffaele aprì anche i vini nuovi, Aipierti, Torama, Tornante, Fiano, Greco e Coda di Volpe annate 2011 e 2012. Allora erano imbottigliati da poco e già mostravano un carattere ben definito. A distanza di quattro anni non ho potuto resistere alla curiosità di aprire gli stessi vini a casa, conservati, ci tengo a dirlo, al buio ma non in ambiente climatizzato, quindi in condizioni non ottimali.
È una cosa che faccio spesso, soprattutto con i vini che so essere capaci di tenere nel tempo, lasciarli invecchiare qualche anno senza controllo della temperatura è un buon modo per capire di cosa siano capaci. E, come immaginavo, non ho avuto neanche una delusione, ho addirittura aperto due bottiglie della stessa annata per assicurarmi che non fosse un caso fortuito.

I vini bianchi di Vadiaperti Traerte

Sia le selezioni che i vini annata si sono dimostrati in perfetta salute, in alcuni casi davvero stupefacenti. Ma scendiamo nel dettaglio:

Irpinia Coda di Volpe 2012 (grad. 13%) – voglio iniziare da questo vino perché Raffaele è stato uno dei primi, se non sbaglio insieme ad Ocone, a produrre il coda di volpe in purezza. Ci credeva, sapeva che poteva essere un grande vitigno coltivato nel luogo giusto e nel modo giusto, e aveva ragione, questa 2012 ne è un’eccellente conferma, ha un bel colore paglierino carico con riflessi dorati e profumi intensi di pesca matura, cotogna, arancia gialla essiccata e un sottofondo minerale molto deciso. Dalla descrizione potrebbe sembrare un vino già avanti, evoluto, ma non è così, ciò che esprime è in assoluto equilibrio e non mostra cedimenti, neanche al palato: è coinvolgente, sapido, ben sostenuto dall’acidità e con una persistenza davvero notevole.

Greco di Tufo 2012 (13,5%) – dorato chiaro, si apre a note di susina, leggerissimo sambuco, nespola, lichee, frutta esotica. All’assaggio ha notevole freschezza, slancio, c’è tensione, nerbo, profondità, la vena salata appare anche qui, donandogli carattere e complessità.

Fiao di Avellino 2012 VadiapertiFiano di Avellino 2012 (13%) – oro chiaro e lucente, naso apparentemente più chiuso, in realtà gli basta poco per rivelare grande personalità, affiora una sfumatura di finocchietto selvatico, buccia di limone, muschio, fogliame umido, miele di zagara, uva sultanina.
Bocca fresca e vitale, energia in continuo movimento, il più “indietro” fino ad ora, tanto vivo e legato alla radice, alla pietra, all’humus, ha tanto tempo davanti a sé.

Irpinia Coda di Volpe Torama 2011 (13%) – prima annata di questo bianco di grande importanza per Raffaele, tanto da avergli dato un nome che identifica nel dialetto locale un terreno composto di arenaria e calcare. Questo vero e proprio cru rappresenta in pieno tutta la fiducia che lui ha riposto nella coda di volpe, vitigno che aveva rischiato l’estinzione. Raffaele lo ha lavorato in modo diverso dal passato, puntando su una vendemmia anticipata per garantire alle uve quell’acidità di cui non è mai stato ricco. Fattore che ha preservato il rischio di una troppo affrettata evoluzione nel passare degli anni, infatti nel calice mostra un colore ancora luminoso e delicatamente dorato, il bouquet rivela note di pesca gialla matura, susina, tanta mineralità e un finale che ricorda la frutta esotica.
Al gusto è pieno, vivissimo, quasi salato, con un frutto avvolgente e copioso, acidità in perfetta tensione che lo fa sembrare molto più giovane di quello che è, merito anche di un’annata riuscitissima per questo vitigno.

Greco di Tufo Tornante 2011 (13%) – non c’è che dire, questa interpretazione del Greco di Tufo è una delle migliori che conosca, non è forse l’annata migliore in assoluto in casa Troisi, ma è un vino coi fiocchi, di quelli che emozionano, ha un colore oro profondo e luminoso, profuma di albicocca candita, pesca, spezie officinali, nocciola, mandorla e mille altre cose.
Al palato è intenso, progressivo, ancora freschissimo, minerale, sapido, anche se non è uso dirlo nelle degustazioni dei vini è ricco di sapore, un sapore che sa di uva buona, matura al punto giusto, lungo, quasi interminabile, davvero bello.

Fiano di Avellino Aipierti 2011 VadiapertiFiano di Avellino Aipierti 2011 (13,5%) – lo avevo riassaggiato nel 2015, ora lo ritrovo in forma smagliante, ha colore paglierino carico, il ventaglio di profumi è ampio e suggestivo, con note di agrumi maturi, arancia gialla, timo, leggero biancospino.
L’impatto al gusto è stimolante, la vena sapida e l’acidità fiancheggiano un frutto pieno, appena maturo, corredato di una speziatura dolce, finissima, con richiami esotici.

Sei vini che testimoniano, se mai ce ne fosse bisogno, che Vadiaperti-Traerte è senza dubbio una delle aziende di riferimento della Campania, vini longevi, di grande impatto, mai banali, eccellente espressione dei territori dove dimorano le vigne. Se qualcuno pensa ancora che per bere un grande vino bianco si debba passare il confine italico, allora gli consiglio di provare i vini di Raffaele.

Roberto Giuliani

Roberto Giuliani

Figlio di un musicista e una scrittrice, è rimasto da sempre legato a questi due mestieri pur avendoli traditi per trent’anni come programmatore informatico. Ma la sua vera natura non si è mai spenta del tutto, tanto che sin da ragazzo si è appassionato alla fotografia e venticinque anni fa è rimasto folgorato dal mondo del vino, si è diplomato sommelier e con Maurizio Taglioni ha fondato Lavinium, una delle prime riviste enogastronomiche del web, alla quale si dedica tutt’ora anima e corpo in qualità di direttore editoriale. Collabora anche con altre riviste web e ha contribuito in più occasioni alla stesura di libri e allo svolgimento di eventi enoici. Dal 2011 fa parte del gruppo Garantito Igp.

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