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Essere intolleranti

Vignetta sul lattosioIn teoria anche al prossimo, al tuo vicino di casa che appende un quadro alle due del mattino, a chi posteggia col pass per disabili senza averne diritto, a chi ti abbaglia in autostrada…e la lista potrebbe essere infinita. Di fatto, al lattosio. All’inizio ci si abitua senza drammi, ti armi di un barattolino di pastigliette bianche che contengono l’enzima che albergava nel tuo intestino (lattasi) e che ha deciso di prendersi un periodo (da verificare se definitivo) di vacanza, eviti tutto ciò che contiene latte e derivati e pensi di essere tranquillo. Certo, il piatto di formaggi misti ti mancherà, però sai già che sgarrerai, eccome se lo farai, specie se sono stagionati o di capra e quindi contengono meno quantità del tuo nemico, ma soprattutto, se la qualità sai che sarà eccelsa: a quel punto una pastiglietta e via anche di fiordilatte e caciocavallo. L’idea di non avere più problemi, crampi al colon, senso continuo di spossatezza, più una serie di effetti collaterali che non è da gentiluomini, nel senso più manzoniano del termine, elencare, compensano in parte il fatto di osservare con invidia il tuo vicino di tavolo che si ingolfa di cannoli alla crema o si sbaffa un gelato. In fondo, specie nel primo periodo, ti dici: rimangono carne, pesce, pasta, pane, salumi e tante altre leccornie con le quali pascersi beatamente a casa o al ristorante.
Poi continui a star maluccio, a volte proprio male, e ti chiedi: dove sto sbagliando? Perché il cereale mattutino che ora irroro con un deleterio latte di riso trasparente e dai profumi estranei mi fa star male? Perché la pasta e soprattutto quasi tutto il pane che compro mi dona gli stessi sintomi di una mozzarella? Così cominci a dilettarti in una pratica che hai sempre detto di fare, ma che in realtà hai bellamente sotteso per pigrizia: leggere gli ingredienti sulle confezioni degli alimenti. Così, tu che sei sempre andato al supermercato cercando di starci il meno possibile, con la lista ben presente in testa ed i luoghi dove colpire e dirigersi alla barriera casse ben memorizzati dopo anni di frequentazione, capisci che dovrai passarci più tempo. Ti fermi, scruti il barattolo che stai afferrando, e non lo guardi più per ciò che ti appare: hai colto il vero significato della fenomenologia di Husserl solo ora guardando un barattolo in un negozio. Hai sempre ammorbato parenti ed amici circa il vero contenuto degli alimenti, ma in realtà scopri che neanche tu sai bene cosa ci sia dentro. Sicché una scatola di cereali diventa un oggetto da guardare con sospetto, te lo giri per bene tra le mani, aguzzi la vista e cominci a capire dove hanno scritto la composizione degli ingredienti alla ricerca della frase magica “potrebbe contenere tracce di…”. La parete di cereali la salti, quasi tutti contengono tracce di lattosio, rimane un sacchetto di segale che ti inquieta e lo lasci lì.

Sono anni che non consumi un sugo pronto, ma già che ci sei gli dai una letturina: lattosio anche qui. Tutta una serie di medicine che prendevi distrattamente per un banale mal di testa o un’allergia al polline di stagione le devi scartare perché contengono anche loro il tuo nemico. Sulla scatola di rigatoni non c’è scritto niente però, eppure spesso non ti fa stare bene. Non sarai mica anche celiaco, per la serie che le rogne arrivano sempre accoppiate o multiple? Fai il test: negativo per fortuna. Rimane il mistero. Ti getti sulla rete e scopri che non sei solo, forum e quant’altro sono ricchi di discussioni tra intolleranti di varia natura. Nelle farine pare, alle volte, mettano il lattosio: sbianca e conserva. Hai capito? Una serie di consigli sulle marche da evitare, anche se non c’è certezza, infatti alcuni dicono che in realtà non hanno problemi. Anche l’insaccato ne contiene. Sicché il profumato panino con mortadella che tanto amavi sfuma insieme a burrate e caciotte. Voci di corridoio insinuano che anche la carne bianca alle volte, tipo tacchino, contenga lattosio e, volendo, devi stare attento anche a branzini ed orate di allevamento. Cominci a chiedere al panettiere o al pizzaiolo: ma la farina che usa ha lattosio? Lui ti guarda con sospetto e pensa: ecco il rompiscatole salutista quotidiano che viene a metterti in difficoltà dopo una notte di lavoro.

Vignetta sulle allergieCominci a farti delle domande: ma perché diavolo devono mettere il lattosio anche nella farina? Praticamente ogni giorno ci facciamo una dose di formaggio anche non mangiandolo. E il vino? Oddio, non voglio neanche saperlo, altrimenti devo cominciare a scrivere di pelota basca. Tua madre non è più così felice di invitarti a pranzo, avendo dovuto tagliare gli alimenti rifugio, prosciutto e formaggio, di quando la avvisi del tuo passaggio all’ultimo momento. Sei ufficialmente entrato nella schiera di persone che hai sempre guardato con sospetto e superficialità come fanatici salutisti intransigenti.
Il tuo medico di famiglia ti da una prima lista degli alimenti da cui tenerti a debita distanza, ma non è completa, si sta attrezzando per darti una dieta ad hoc dato che ha notato che la percentuale di intolleranti tra i suoi pazienti è aumentata notevolmente negli ultimi anni: nella lista scopri che quando avvisti un fast-food a qualche centinaio di metri devi praticamente cambiare strada, che bere un sorso di coca-cola, anche solo quella volta per digerire con una bella fetta di limone è come addentare un formaggino. Pacco di patatine davanti alla partita? Scordatele. Ma non c’è tutto nella lista. Capisci che l’occulto esiste veramente: tu guardi una fetta di prosciutto cotto, pensi al maiale, ma ti sbagli. C’è dell’altro.

Dopo poco tempo entri nel vortice dei prodotti per diversi. Vedi tornare a casa la tua compagna felice e gaudente con un pacco di biscotti “free” qualche cosa: purtroppo anche di gusto. Costano il triplo, la lettura degli ingredienti (oramai non ti fidi più di niente) ti inonda il cervello di altre sigle e ti dici: ma perché? Perché devo farmi del male così? Preferisco non mangiare biscotti e se proprio ne ho voglia, lo faccio quella volta prendendoli, chessò, in pasticceria: costano anch’essi il triplo, ma almeno sono buoni, gustosi e profumati, massì, ricchi di burro, magari però di grande qualità. Mi impasticco ben bene poco prima ed evito di farmi triturare il portafoglio dall’industria del “free”.
Scopri così che puoi fare a meno di tante cose inutili che hai comprato distrattamente per anni, pur sapendo che sanissime non lo erano, giusto per sentirti anche te far parte del gruppo. Diventi snob: guardi il carrello di chi ti sta davanti a te in fila in cassa al supermercato e scopri che nella maggior parte dei casi i normali si distruggono lentamente il corpo con qualsiasi nefandezza venga messa in commercio. Cominci a vedere il conto dello scontrino che scende meravigliosamente stando meglio di salute. Hai sempre detto che poco, ma buono è la cosa migliore, la risoluzione di tutti i mali, e ora che sei costretto a crederci veramente e a mettere in pratica questa leggenda, scopri che è realmente vero.

Alessandro Franceschini

Alessandro Franceschini

Giornalista free-lance, milanese, scrive di vino, grande distribuzione e ortofrutta, non in quest'ordine. Dirige il sito e la rivista dell'Associazione Italiana Sommelier della Lombardia, è docente in vari Master della Scuola di Comunicazione dell’università Iulm di Milano, è uno dei curatori della fiera Autochtona e collabora con testate come Myfruit, l'Informatore Agrario e le pagine GazzaGolosa della Gazzetta dello Sport. In passato, oltre ad aver diretto la redazione di Lavinium.com, ha collaborato con la guida ai ristoranti del Touring Club e con la guida ai vini de L'Espresso. È stato uno degli autori dell'Enciclopedia del Vino di Dalai Editore, del volume "Vini e Vignaioli d'Italia" del Corriere della Sera e del libro "Il vino naturale. I numeri, gli intenti e altri racconti" edito dalla cooperativa Versanti.

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