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AnteprimeIl vino nel bicchiere

Enologica 34: a(lla ricerca de)lle radici del Sagrantino

Paesaggio nei pressi di Montefalco
Il titolo dell’articolo può apparire provocatorio, non è questo il mio intento, ma certamente tornare a degustare il Sagrantino di Montefalco è stata un’esperienza utile, che mi ha spinto però a fare alcune riflessioni.
In questa piacevole sessione di degustazione, che si è svolta venerdì 20 settembre al Teatro Comunale S. Filippo Neri di Montefalco (PG), ho avuto modo di degustare diverse annate di Sagrantino per un totale di 51 campioni (12 del 2009, 14 del 2008, 6 del 2007, 4 del 2006, 2 del 2005, 7 del 2003, 3 del 2001, 2 del 1999, 1 del 1990). Purtroppo non ho potuto partecipare all’intero evento, che è proseguito fino al 23 settembre e prevedeva una serie di iniziative dedicate al pubblico di appassionati, agli addetti ai lavori e alla stampa, fra cui degustazioni guidate, convegni, educational, laboratori di cucina con chef rinomati che si sono cimentati nel creare i piatti ideali da abbinare al Sagrantino, visite alle aziende e molto altro ancora.
Mi limiterò, quindi, a riferirvi della degustazione a cui ho partecipato, sperando di offrirvi un’occasione di riflessione sul Sagrantino di Montefalco, vino che sta riscuotendo un sempre maggiore interesse.
Enologica34 è organizzato dal Consorzio Tutela Vini di Montefalco in collaborazione con il Comune di Montefalco, Strada del Sagrantino e AIS Umbria.

Il manifesto di Enologica34

La degustazione
Circa trenta le aziende partecipanti e la possibilità di degustare anche annate meno recenti, fino alla vendemmia ’90; è stata un’ottima opportunità per avere un quadro abbastanza completo delle potenzialità del Sagrantino. L’impressione generale è stata positiva, c’è indubbiamente una certa eterogeneità che non consente facilmente di inquadrare le qualità e le caratteristiche della nota varietà umbra, ma alcuni aspetti sono indubbiamente emersi, a partire dall’acidità, dalla trama tannica e da alcuni profumi riscontrati in gran parte dei campioni.
C’è poi da dire che appare evidente come sia divenuto un impegno collettivo quello di smussare la grande massa tannica che caratterizza il sagrantino, così come di evitare eccessi di struttura e potenza, o un uso del legno troppo aggressivo.
La mia impressione è che si sia ancora in una fase transitoria, ma in continua progressione; oggi la migliore espressione del Sagrantino deve ancora liberarsi completamente, anche dalle volubili richieste del mercato, che ovviamente condiziona non poco, ma non può spingere il produttore a fare continui aggiustamenti per assecondarlo, altrimenti per le “radici” ci sarà ancora molto da aspettare.

Particolare di una via di Montefalco

2009 (12 campioni)
I vini che ho trovato più convincenti di questo millesimo, sono stati il 25 Anni di Caprai, che si distingue sempre per l’eccellente qualità esecutiva e per un approccio moderno ed elegante, dove l’alcolicità appare perfettamente imbrigliata in un gioco aromatico di spezie fini ed il tannino di esemplare finezza.
Una bella sorpresa, per me che non lo conoscevo, il Sagrantino di Omero Moretti, rubino intenso, naso di viola, liquirizia, prugna; bocca intensa e ben fatta, ottimo tannino, c’è polpa, grafite, liquirizia, vino giovane con un bel bagaglio evolutivo in prospettiva.
Un altro campione che ho particolarmente apprezzato è quello a firma di Romanelli, azienda di Colle San Clemente con quasi quarant’anni di attività sulle spalle; questa versione dal colore rubino vivace, profuma di viola e ciliegia su una base eterea, al palato ha buona carica fruttata, tannino incisivo, molta freschezza, al momento è giovanissimo e promette molto bene.
Molto convincente l’Etnico di Di Filippo, azienda biologica che negli ultimi anni sta dimostrando una crescita considerevole: molto classico il colore rubino con venature granate ai bordi, ha dalla sua una trama fruttata intensa e avvolgente, che ripropone perfettamente al gusto, accompagnata da un tannino preciso e per nulla fastidioso ed una speziatura elegante.
Notevole anche il Colleallodole di Milziade Antano, rubino intenso e profondo, grande impatto fruttato di mirtilli e ciliegie nere, una evidente sfumatura di rosa scura, tabacco e china; all’assaggio rivela già un ottimo equilibrio grazie a tannini ben interati, finale speziato con rimandi a china e liquirizia.
Apprezzabile la versione dell’azienda Fuccelli, ampiamente balsamica, con benne note di ciliegia e ricordi di lampone, liquirizia e incenso. Bocca he deve ancora equilibrarsi nel tannino, ma presenta un’ottima materia e buone prospettive evolutive.

Il porticato di Piazza del Comune

2008 (14 campioni)
Dei tre campioni presentati dall’azienda Tabarrini, che gode del contributo enologico di Emiliano Falsini, ho largamente preferito il Campo alla Cerqua, che si apre al naso con una piacevolissima nota di rose appena appassite, per poi proseguire il cammino sul fruttato di prugna, cuoio, liquirizia, leggero pepe, timo; plato già in buon equilibrio con un tannino fine e un ottimo ritorno aromatico, profondo e persistente.
Sebbene non raggiungesse l’eccellenza, ho trovato una bella espressione di Sagrantino nella versione di Lungarotti, ai profumi di frutti di bosco quali more e visciole, ginepro, leggera liquirizia, legno ben integrato, bei riflessi balsamici con finale che ricorda la viola; in bocca ha un’ottima trama tannica, alcolicità importante ma ben integrata nella polpa e finale saporito e stimolante.
Buono il Sagrantino di Antonelli San Marco, rubino classico, di buona trasparenza, naso sottile ma fine, leggero tabacco, chiodo di garofano, piccoli frutti, cioccolato e china; in bocca ha buona densità e compattezza, tannino fine e avviato ad integrarsi, finale appena amarognolo.

La sala degustazione

2007 (6 campioni)
Spicca fra tutti il Chiusa di Pannone di Antonelli San Marco, rubino intenso e profondo, naso molto fine di mirtilli e visciole, ampiamente balsamico, effluvi di viola, tabacco, cuoio, cacao, ginepro; in bocca ha struttura, eleganza, ottimo tannino, lungo, profondo, equilibrato, semplicemente strepitoso.
Forse un po’ troppo voluminoso, ma meritevole di attenzione il Sagrantino di Perticaia, Emiliano Falsini non è certo enologo che applica una formula generalizzata, basta sentire i Barolo di Fenocchio per rendersene conto; Qui il vino esprime un colore rubino fitto e concentrato, intensi aromi fruttati di mora, prugna, amarena, poi abbondante liquirizia, mirto, grafite e rabarbaro. Al palato mantiene un profilo altrettanto penetrante, ancora pienamente fresco, dinamico, con un tannino che non nasconde il carattere del vitigno.
Percorso molto diverso quello del Sagrantino di Tenuta Castelbuono, azienda di proprietà della famiglia Lunelli, che vale la pena visitare per l’opera architettonica che la custodisce, il “Carapace”, ispirata al guscio di tartaruga e ideata da Arnaldo Pomodoro, già autore del “Centenarium”, altra scultura creata in occasione dei 100 anni delle Cantine Ferrari. La versione 2007 presenta un colore ancora rubino pieno, molto luminoso, un bouquet che si apre con la rosa, poi regala note di piccoli frutti di bosco, una delicata balsamicità, mentre al gusto manifesta un buon equilibrio, non è particolarmente complesso ma sprigiona una notevole bevibilità, indice di un approccio meno mirato alla potenza ma piuttosto all’eleganza.

Sulla strada di ritorno da Montefalco

Le altre annate
Andando ulteriormente indietro negli anni ho avuto l’impressione di una maggiore discontinuità stilistica, sebbene ho incontrato alcune perle rassicuranti; mi sarei aspettato qualcosa di più dalla 2006, ma erano presenti solo quattro campioni, dei quali i due più interessanti mi sono sembrati il Gold di Colpetrone e il Sagrantino di Dionigi.
Buono Il Domenico 2005 di Adanti, granato classico con riflessi rubini, etereo e riccamente speziato, toni di corteccia, frutti molto maturi, goudron, cardamomo, cioccolato bianco; bocca ben giocata fra acidità e morbidezza, tannino fitto ma perfettamente integrato.
Dalla 2003 giungono piacevoli conferme, come il Sagrantino di Pardi, vino davvero sorprendente, che alla cieca mai farebbe pensare ad un 2003, tanto è fresco, vitale, succoso, ampio, godibile, ancora oggi credo sia la migliore esecuzione di sempre per quest’azienda. Notevole anche la versione di Perticaia, a dimostrazione che questa cantina lavora bene: granato pieno, naso mentolato, balsamico, erbe medicinali, chiodo di garofano, china, cappero; in bocca mantiene questi tratti atipici che lo rendono particolare e piacevole, indubbiamente fuori dagli schemi.
Bella espressione il Montefalco Sagrantino 2001 di Lungarotti, ancora rubino con unghia granata, balsamico, di buona complessità, tabacco da pipa, piccoli frutti in confettura; al gusto è ampio, succoso, ancora ben saldo nella freschezza, con un tannino di ottima fattura.
Ottimi risultati dai due 1999, ancora una volta Adanti, che offre un colore granato netto, profumi intensi e maturi ma ancora vivaci, senza cedimenti ossidativi; la bocca conferma una materia di ottima qualità e una complessità notevole con finale lungo e persistente.
Quasi allo stesso livello la versione di Antonelli San Marco, che sviluppa una bella prugna in confettura, sentori di cuoio e pellame, tabacco, goudron; palato sobrio, ancora splendidamente fresco e dinamico, persistente.
Chiudiamo con l’eccellente prestazione del Sagrantino di Montefalco 1990 di Arnaldo Caprai, una delle prime annate saldamente nelle mani del figlio Marco, un prodotto che testimonia l’ottima capacità evolutiva del sagrantino: granato con ricordi rubini, naso indubbiamente terziario ma ancora vivo, profondo, cenni selvatici, di sottobosco, humus, funghi, cenni mentolati; in bocca ha ancora una bella freschezza, e questo conferma che è uno dei tratti caratterizzanti del sagrantino, ritrovata nella maggioranza dei campioni assaggiati; il finale è lungo, armonico in ogni suo aspetto, elegante, invita al riassaggio, una bella prova.

La terra sulla strada in direzione di Spoleto

Roberto Giuliani

Roberto Giuliani

Figlio di un musicista e una scrittrice, è rimasto da sempre legato a questi due mestieri pur avendoli traditi per trent’anni come programmatore informatico. Ma la sua vera natura non si è mai spenta del tutto, tanto che sin da ragazzo si è appassionato alla fotografia e venticinque anni fa è rimasto folgorato dal mondo del vino, si è diplomato sommelier e con Maurizio Taglioni ha fondato Lavinium, una delle prime riviste enogastronomiche del web, alla quale si dedica tutt’ora anima e corpo in qualità di direttore editoriale. Collabora anche con altre riviste web e ha contribuito in più occasioni alla stesura di libri e allo svolgimento di eventi enoici. Dal 2011 fa parte del gruppo Garantito Igp.

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