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Bucatini con alici fresche e Langhe Chardonnay

Bucatini con alici fresche

Le acciughe sono il pesce azzurro per eccellenza, una specie molto diffusa in banchi nell’Oceano Atlantico orientale dalla Norvegia al Sudafrica e presente anche nel Mediterraneo, nel Mar Nero e nel Mar d’Azov. La colorazione è argentea sui fianchi e biancastra sul ventre, il dorso è verde azzurro negli individui vivi, ma diventa blu scuro in quelli morti. Si tratta di un tipico pesce pelagico che si può trovare d’inverno in acque profonde a grande distanza dalle coste (attorno ai 100-180 metri nel Mediterraneo, ma anche fino ai 400 metri), alle quali si avvicina però nella stagione calda, in particolare nel periodo di maggio e giugno, per la riproduzione, quando s’incontra perfino a profondità inferiori ai 50 metri. In genere la chiamiamo acciuga (in siciliano anciova, in genovese anciôa, in corso anchjuva o anciua, in spagnolo anchova, in portoghese anchova o enchova, in inglese anchovy) dal latino volgare apiua (anche apiuva) o da quello classico aphyē, anche se nelle area meridionali italiane, napoletana e siciliana in particolare, la si chiama alice, dal latino allēc (-ēcis), una salsa liquida di interiora di pesce e di pesce salato simile al garum fatto con interiora fermentate di pesce che gli antichi Romani aggiungevano come condimento a molte pietanze e anche al vino.
Apicio nel suo De re coquinaria condisce con il garum almeno 20 piatti. Il garum era così comune che Apicio dà addirittura per scontata la ricetta, tanto che nel suo libro non ce l’ha tramandata! Accenna soltanto che è un prodotto della fermentazione delle interiora di pesce e pesce al sole, senza neanche specificare se ciò richieda anche una salatura preventiva. Scrive solo che dalla fermentazione di queste interiora si separa un solido e un liquido che chiama liquamen, praticamente il condimento più antico della Storia, perché simili salse di pesce erano già usate precedentemente dai Greci e perfino in Estremo Oriente, come nella cucina vietnamita.

Bucatini con alici fresche

L’acciuga è una delle specie ittiche più importanti per tutte le marinerie del mar Mediterraneo e dell’Oceano Atlantico temperato caldo europeo. La sua cattura avviene con vari metodi, dalle reti a strascico alle reti da posta, ma principalmente di notte con un’apposita rete da circuizione detta ciànciolo, in cui i banchi di acciughe e altri piccoli pesci pelagici vengono attratti da fonti luminose accese sulle imbarcazioni (lampàre). La misura minima per la commercializzazione nell’Unione Europea è di 9 cm. L’acciuga ha una polpa molto buona e viene perciò consumata sia fresca sia conservata in svariati modi, come sotto sale, sott’olio o pasta d’acciughe. L’acciuga conservata entra a sua volta in numerose ricette, per esempio in Piemonte nella base della bagna cauda e nell’antipasto di acciughe al verde, oppure nella Costiera Amalfitana dove è usata la colatura di alici per condire gli spaghetti.
Sebbene l’acciuga sia spesso associata alla sardina e talvolta venga perfino confusa con questa, le due specie appartengono a famiglie diverse e hanno un aspetto decisamente differente. In comune hanno soltanto il periodo della deposizione delle uova che avviene in acque costiere tra aprile e novembre e ha un picco in giugno e luglio. Le loro uova si schiudono nell’arco di un paio di giorni e le loro larve, che si aggregano subito in banchi e hanno una lunghezza di appena un paio di millimetri, sono chiamate gianchetti o bianchetti. Tutta questa lunga spiegazione per suggerirvi di usare spesso in cucina questo pesciolino dall’aspetto così modesto ma così versatile nell’utilizzo. In questa gustosa ricetta è utilizzato fresco.

Ingredienti per 2 persone:

  • una ventina di alici fresche
  • 250 g di pomodorini datterini
  • mezza cipolla
  • una manciata di capperi di Pantelleria sotto sale
  • 1 peperoncino fresco
  • 1 spicchio di aglio sbucciato
  • prezzemolo tritato
  • sale fino quanto basta
  • pepe macinato fresco al momento a piacere
  • olio extravergine di oliva quanto basta
  • 180 g di bucatini

Preparazione
Se avete un pescivendolo gentile e paziente potete chiedergli di provvedere egli stesso alla pulizia delle alici, che da esperto realizzerà velocemente, altrimenti cominciate pure mettendole in un colino dentro il lavandino per facilitarne la pulizia. Privatele della testa, prendendola tra i polpastrelli delle dita all’altezza delle branchie e asportatela tirandola verso di voi insieme con le interiora.

Bucatini con alici fresche

Aprite delicatamente ogni alice a libro a partire dalla pancia, facendo scorrere il pollice in corrispondenza della lisca, partendo dal punto in cui avete tirato via la testa, aprendola a metà fino alla coda. Estraete delicatamente la lisca centrale a partire dalla parte della testa fino alla coda che però non va staccata.
Sciacquate accuratamente una a una le alici deliscate sotto un getto di acqua fredda e disponetele su carta assorbente per farle scolare e asciugare (tamponandole magari delicatamente con un canovaccio pulito), quindi potete privarle anche della coda, staccandola delicatamente con le mani.
Il resto della preparazione è breve. In una pentola mettete a bollire l’acqua salata per la pasta in modo che sia pronta quando lo sarà anche il condimento che iniziate a preparare come segue.
Tagliate l’aglio sbucciato a fettine sottili e anche il peperoncino (eliminandone però i semi altrimenti sarà troppo piccante). Affettate finemente la mezza cipolla. Tritate il ciuffo di prezzemolo. Tagliate in quattro i pomodori datterini. Lavate e asciugate i capperi.

Bucatini con alici fresche

In una padella con i bordi alti a fuoco moderato mettete una buona quantità di olio extravergine di oliva e scaldate in sequenza l’aglio, il peperoncino, la cipolla, i capperi e per ultimi i pomodori in modo che tutto si insaporisca e si appassisca bene. Salate, pepate e rosolate lentamente al coperto per qualche minuto. Nel frattempo calate in pentola i bucatini a bollire.
A questo punto scoperchiate la padella e stendeteci le alici con il prezzemolo tritato. Cuocete brevemente rigirando il tutto con delicatezza per non rovinare i filetti delle alici. Se è troppo secco, aggiungete un paio di cucchiai di acqua di cottura della pasta.
A cottura ultimata  dei bucatini secondo le vostre preferenze (al dente o ben lessati), scolateli bene e versateli sul condimento in padella. Spadellateli più volte in modo che la pasta raccolga tutto il condimento.
Impiattateli e irrorateli con un filo di olio crudo. Ovviamente si possono utilizzare altri formati di pasta ma l’importante è che si tratti di buon grano duro.

Ornella Bezzegato


Barbaresco

Il vino Langhe Chardonnay ”Rossj Bass” 2020 di Angelo Gaja
A quest’ultima gustosa ricetta che mi ha preparato Ornella abbino volentieri un sontuoso vino bianco dell’amico Angelo Gaja. La sua famiglia, originaria della Spagna, si era stabilita nelle Langhe verso la metà del 1600 e aveva iniziato a produrre vino già nel 1859 a Barbaresco dove il suo marchio è, ormai da decenni, sinonimo di eccellenza, non solo per quanto concerne i vini piemontesi, ma anche dell’immagine nel mondo di tutto il made in Italy.
Fin dal fondatore Giovanni per arrivare ad Angelo Gaja e ai sui tre figli Gaia, Rossana e Giovanni, questa famiglia ha saputo richiamare l’attenzione degli appassionati di vino grazie alla ricerca oserei dire maniacale della qualità che si è sempre sviluppata in quello straordinario patrimonio di vigneti che rappresentano veri gioielli di famiglia, come i cru Costa Russi, Sorì San Lorenzo, Sorì Tildin e Darmagi. Angelo, quarta generazione aziendale, è stato allevato in questa terra, ma non è contadino, è un fior d’imprenditore che fin dal suo debutto in azienda nel 1961 ha saputo trasformare in autentici capolavori enologici i vini di un centinaio di ettari di proprietà in Piemonte e almeno altri duecento in Toscana tra Montalcino e Bolgheri, tutti condotti nel pieno rispetto della natura, dell’ecosistema e… lasciatemelo scrivere… per amore della moglie (posso, Angelo, vero?).

azienda Angelo Gaja

Lucia era enologa già con il padre di Angelo, quando non era proprio facile innovare le solide tradizioni apportando nuove metodologie produttive sia in campo, per esempio con la riduzione delle rese per ettaro, sia in cantina con maggiore controllo delle temperature di fermentazione, una migliore padronanza dei legni fino a un azzeccato utilizzo delle barriques e alla saggezza della scelta dei tappi più lunghi da sugheri di eccelsa qualità. E così il rispetto delle tipicità si è sviluppato al passo con i tempi e il marchio Gaja identifica la straordinarietà e la grande longevità che esprimono tutto il fascino dei vini ambasciatori del territorio, quelli che annata dopo annata fanno la storia della civiltà del bere fra sorprese davvero emozionanti alla beva.
Potrebbe fare miliardi producendo soltanto vini rossi, invece con la serietà del vignaiolo che sa estrarre il meglio da ogni fazzoletto di terra, in quelli adatti ai vitigni bianchi produce appunto anche dei veri gioiellini tra cui questo vino, prodotto da uve chardonnay in purezza provenienti da diversi vigneti presso Serralunga e sotto la casa di Angelo a Barbaresco, principalmente il Rossj Bass. Il mosto fermenta in vasche di acciaio inox alla temperatura controllata di 16-18°C per circa 4 settimane e continua la fermentazione malolattica in barriques di rovere francese dove finisce la maturazione per circa 7 mesi. L’annata 2020 ha un tenore alcolico del 14%.

Langhe Chardonnay Rossj Bass 2020 Gaja

Di colore giallo paglierino molto luminoso, attacca con profumi intensi di miele e di zagare che aprono un bouquet di aromi di frutta gialla matura, dalla nespola all’albicocca, dalla pesca alla banana, dalla mora di gelso alla susina mirabella. In bocca è corposo ma morbido, straordinariamente fresco e sapido e avvolge il palato con vampate calde e vellutate tra sfumature balsamiche. È un vino ampio dalla personalità ricca e dalla struttura ben sostenuta dalla vena acida, con un finale solare di lunga persistenza. Non vi sembri sprecato sui bucatini con le alici, perché non credo che vi limitiate a gustarvi solo quelli, con i quali va a nozze sicure, anche perché ve lo suggerisco pure con risotto ai funghi porcini trifolati, tagliolini al tartufo bianco, baccalà in pastella, arrosti di vitella in salse nobili, caprini sott’olio e in salsa verde.

Mario Crosta

Gaja
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Ornella Bezzegato e Mario Crosta

ORNELLA BEZZEGATO - Ha iniziato la carriera lavorativa come segretaria di direzione, che ai suoi tempi si usava molto ed era proprio quello che desiderava fare! Con il passare degli anni le sue competenze si sono arricchite (le segretarie venivano pian piano sostituite dal pc...) e così è passata dall’industria alla moda per poi approdare alla finanza. Ha lavorato infatti vent’anni nella sede milanese di una banca d’affari internazionale dove si è occupata di societario e personale. E poi finalmente è arrivata la pensione, così ora può coltivare le sue passioni: il giardinaggio, la cucina e tutto ciò che arricchisce lo spirito. Con grande soddisfazione del marito Fabio (il buongustaio), degli ospiti, dei gatti, degli scoiattoli e dei ricci. MARIO CROSTA - Di formazione tecnica industriale è stato professionalmente impegnato fin dal 1980 nell’assicurazione della Qualità in diverse aziende del settore gomma-plastica in Italia e in alcuni cantieri di costruzione d’impianti nel settore energetico in Polonia, dove ha promosso la cultura del vino attraverso alcune riviste specialistiche polacche come Rynki Alkoholowe e alcuni portali specializzati come collegiumvini.pl, vinisfera.pl, winnica.golesz.pl, podkarpackiewinnice.pl e altri. Ha collaborato ad alcune riviste web enogastronomiche come enotime.it, winereport.com, acquabuona.it, nonché per alcuni blog. Un fico d'India dal caratteraccio spinoso e dal cuore dolce, ma enostrippato come pochi.

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