Adelino e Andrea Molinaroli: quando è la passione che comanda
Ero di ritorno dall’Alto Adige, una settimana rilassante passata all’insegna della cultura e dell’enogastronomia sudtirolese, e dovevo affrontare un traffico davvero notevole, dovuto al rientro di milioni di famiglie dalle vacanze. L’autostrada A22, che dal Brennero passa per Verona e successivamente si congiunge alla A1 all’altezza di Carpi, era fortemente intasata, code e rallentamenti rendevano il percorso assai difficile e lento. Dovendo fare quasi 700 km da Algund fino alle porte di Roma, ho pensato di tentare tutte le possibili alternative. E mi è andata fin troppo bene, visto che uscendo dall’autostrada all’altezza di S.Michele all’Adige, non ho trovato alcuna difficoltà sulla statale 12, che mi ha permesso di giungere in assoluta tranquillità a S.Ambrogio di Valpolicella, nel veronese, dove, dato che erano le 13.30, ho sentito l’urgente bisogno di cercare un ristorante. Come è nel mio stile, ho voluto fidarmi dell’istinto e, fra le indicazioni di trattorie e ristoranti nella zona, ho scelto di puntare “Al Covolo“, sperando di trovarlo aperto. Giunto in Piazza Vittorio Emanuele, praticamente deserta in quell’ora calda, ho parcheggiato senza difficoltà sotto un albero e sono entrato nel bar-ristorante-enoteca. Mi ha accolto una giovane ragazza austriaca che sta facendo esperienza di servizio ai tavoli e di approfondimento della lingua italiana. Ho preferito un tavolo nel giardino interno che sembrava più fresco, grazie anche alla tettoia che impediva l’ingresso diretto del sole. Poco dopo è sopraggiunto il signor Adelino, una persona che mi ha ispirato subito una forte simpatia. I suoi modi pacati, la sua disponibilità a dialogare, hanno trasformato quel pranzo in qualcosa di profondamente diverso; nel giro di pochi minuti mi ha raccontato tutta la sua storia, passando dal diploma di sommelier A.I.S. all’esperienza nella ristorazione, fino alla descrizione di come si faceva il Recioto un tempo “come oggi non si fa più”. Il suo ruolo oggi è di occuparsi della cantina, decisamente ben fornita e inaspettata, data la zona periferica e poco frequentata. Infatti Adelino mi racconta delle difficoltà che hanno incontrato nel corso di questi 11 anni di attività, contando solo su quei pochi cartelli che si trovano tra l’uscita della statale e l’ingresso al paese. Il ristorante, che meriterebbe maggiore attenzione, è collocato in un’area poco favorevole, ci si deve arrivare apposta. In cucina c’è il figlio Andrea, mosso dalla passione e dalla voglia di sperimentare senza strafare, ampiamente dimostrata nei piatti della tradizione rivisitati che ho potuto assaporare: sformatino di Monte veronese con speck d’anatra e funghi, bigoli al ragù d’anatra e, come dessert, un eccellente Monte veronese stagionato, accompagnato da fichi caramellati. Come vino ho preso un Soave Classico 2004 (95% garganega e 5% trebbiano, fermentazione malolattica svolta per il 50% e vinificazione in acciaio sulle fecce fini per 4 mesi) dell’azienda Suavia, che a dispetto dell’annata aveva raggiunto il grado di maturazione e complessità ottimale per confrontarsi con le portate, mentre per il dessert il signor Adelino mi ha proposto un piacevolissimo Caluso Passito Eva d’Or 2002 di Roberto Crosio (Via Pietro Monte, 44 – Tonengo di Mazzè, tel. 339/8636004). Al di là della bontà dei piatti, quello che mi è rimasto dentro è un lembo di vissuto, una traccia dei sentimenti profondi e della storia di un uomo, che pur incontrandomi per la prima volta, non ha avuto difficoltà a raccontarsi, con assoluta moderazione nei modi e nei toni, rendendomi partecipe delle emozioni che lo hanno sempre accompagnato nel lavoro. In una sala del ristorante sono esposti alcuni dipinti molto belli che raccontano le varie fasi della preparazione del Recioto, dalla vendemmia selettiva all’appassimento sui graticci e alla vinificazione. Adelino ha volutamente scelto di occuparsi della cantina per dare maggiore spazio allo spirito creativo del figlio Andrea, che da alcuni anni sta approfondendo la conoscenza della cucina di qualità. Dopo questa piacevole e inattesa esperienza, il viaggio di ritorno è stato molto rilassante, sia perché è stato necessario uscire solo a Carpi per prendere l’A1 a Modena Sud a causa di una coda di 6 km, sia perché questi sette giorni hanno avuto una chiusura più “morbida”, proprio grazie al piacevole pranzo e all’incontro con una persona di spiccata umanità e semplicità, che mi hanno consentito di attuttire al massimo il classico “effetto rientro”. Ristorante “Al Covolo“ |