UGA di San Donato in Poggio: 18 Chianti Classico e 18 produttori raccontano un territorio
Sostengo da sempre che uno dei principali pregi delle 11 Unità Geografiche Aggiuntive (UGA) del Chianti Classico sia stato quello di aver stimolato i produttori ad unirsi, conoscersi meglio, apprezzarsi e presentarsi come gruppo.
La riprova è stata la degustazione che nei giorni scorsi si è svolta all’Enoteca Innocenti a Poggibonsi, con i 18 produttori (e altrettanti vini) dell’UGA San Donato in Poggio.
Se oggi si pensa al territorio del Chianti Classico le prime immagini che vengono in mente all’appassionato sono quasi sempre quelle delle vigne che fanno corona a Radda in Chianti, o la Conca d’Oro di Panzano o magari lo skyline di Castellina in Chianti. San Donato in Poggio (con una parte non secondaria del comune di Poggibonsi) è sicuramente un territorio meno conosciuto ai più e quindi cercherò di presentarvelo forte di una frequentazione di più di 65 anni, quelli della mia vita.
La caratteristica principale di questa UGA è l’esaltazione della grande diversità chiantigiana: diversità di terreni, di altitudini, di esposizioni, di clima, di tipologie di bosco e quindi, di conseguenza, anche di vini.
Ammetto che anche nelle altre UGA il bosco è sempre preponderante sul vigneto e sul seminativo, ma una bella fetta boschiva dell’UGA di San Donato in Poggio ha composizione diversa rispetto alle altre zone (per esempio per la presenza del cipresso, di moltissimo leccio, mentre invece sono in minoranza querce e castagni) e questo perché anche il terreno è diverso e in molte zone mostra dei pH piuttosto bassi, che da una parte portano a vini molto serbevoli anche senza grandi acidità, ma d’altro canto li rendono meno pronti da giovani rispetto ad altri territori.
Comunque per capire quanto poca vigna ci sia rispetto al bosco basta dare un’occhiata alla cartina, qua sotto, che parla da sola.
Non siamo certo di fronte ad un’UGA “di montagna”, dato che si va dai 200 metri ai quasi 450, ma, come detto sopra, il terreno permette di ottenere dei sangiovese con ottima tenuta nel tempo. Altra cosa importante sono le esposizioni dei vigneti, che visto l’andamento fortemente movimentato delle colline non hanno permesso sempre la classica esposizione sud/sud-est e questo porta oggi, con il cambio climatico, ad un indubbio vantaggio.
I vini degustati erano 16 della 2021 e due dell’annata 2020 e, a parte l’ultimo (una Gran Selezione) erano tutti Chianti Classico d’annata.
Non è questa la sede per fare delle schede organolettiche vino per vino ma, da persona che conosce bene questo territorio perché ci vive, posso dirvi che praticamente tutti i vini erano rappresentazioni fedeli del loro microcosmo e microclima: per esempio quelli con le vigne più in alto avevano acidità più spiccata, quelli con le vigne più in basso mostravano maggiore rotondità e ampiezza. Inoltre l’annata 2021, per me non certo esplosiva sul versante della potenza, è stata ben rappresentata con vini equilibrati e freschi, dai tannini quasi sempre levigati. Interessanti alcune scelte, come quella di non usare legno in affinamento, che hanno portato a vini dai notevoli profumi floreali, e comunque in generale i legni sono stati usati con la giusta parsimonia. La qualità media è alta e se proprio devo dire qualcosa di più specifico posso affermare, da buon campanilista, che i vini di aziende nel comune di Poggibonsi non hanno per niente sfigurato all’interno del gruppo, anzi.
All’inizio ho parlato di diversità tra i vini, che non parrebbe un bel viatico per un territorio che cerca di farsi conoscere in maniera unitaria, ma io credo che le grandi diversità pedologiche e territoriali a cui accennavo prima non potevano che portare a vini con caratteristiche diverse e quasi sempre non per la voglia del produttore di emergere ma proprio perché rispettose del vigneto. Anche chi ha uve internazionali nel blend ha mostrato vini molto chiantigiani, sia al naso che nella struttura di bocca.
A questo punto devo affrontare un tema importante: la menzione UGA, per adesso, può essere riportata solo dai vini Gran Selezione ma se c’è una certezza in questa storica DOCG è che il vino realmente di territorio è il Chianti Classico annata, quello che rappresenta le sue storiche diversità, la sua vera anima.
Per questo da una parte spero che prima possibile l’UGA possa essere estesa a questa tipologia e dall’altra faccio i complimenti ai produttori di san Donato, che si sono presentati con il Chianti Classico annata.
Carlo Macchi