1. Il Ministero istituisce uno schedario viticolo contenente informazioni aggiornate sul potenziale produttivo viticolo, ai sensi del regolamento (UE) n. 1308/2013.
2. Ogni unità vitata idonea alla produzione di uva da vino deve essere iscritta nello schedario viticolo.
3. Sulla base dello schedario viticolo, entro il 1º marzo di ogni anno l’amministrazione competente presenta alla Commissione europea un inventario aggiornato del potenziale produttivo.
4. Lo schedario viticolo è gestito dalle regioni secondo modalità concordate nell’ambito dei servizi del SIAN sulla base dei dati riferiti al fascicolo aziendale.
5. Ai vigneti iscritti nello schedario viticolo è attribuita l’idoneità alla produzione di uve atte a dare vini a DOCG, DOC e IGT, sulla base degli elementi tecnici delle unità vitate, fatte salve le disposizioni dell’articolo 39, comma 3. I dati presenti nello schedario viticolo, validati dalle regioni, non possono essere oggetto di modifica grafica o alfanumerica, salvi i casi di errore evidente o colpa grave. Le regioni, in base ai disciplinari di produzione, individuano la modalità di attribuzione dell’idoneità, anche in via provvisoria.
6. Le regioni rendono disponibili i dati dello schedario agli organi preposti ai controlli, compresi altri enti e organismi autorizzati preposti alla gestione e al controllo delle rispettive DOCG, DOC e IGT, nonché ai consorzi di tutela riconosciuti ai sensi dell’articolo 41 in riferimento alle singole denominazioni di competenza.
7. Il sistema di autorizzazioni per gli impianti viticoli di cui alla parte II, titolo I, capo III, del regolamento (UE) n. 1308/2013 è gestito nell’ambito dei servizi del SIAN.
8. L’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) e gli organismi pagatori regionali, d’intesa con le regioni, adeguano le procedure di gestione e controllo, nonché quelle di periodico aggiornamento degli usi del suolo nell’ambito del GIS, affinchè i dati relativi alle superfici vitate non siano compromessi. Eventuali modifiche allo schedario viticolo effettuate dall’amministrazione e non espressamente richieste dal produttore, pur senza effetto su pagamenti o sanzioni, devono essere a questo notificate entro il 31 luglio di ogni anno con effetto per la campagna vitivinicola successiva, anche al fine del corretto aggiornamento dei massimali di produzione delle uve atte a dare vini a DOCG, DOC e IGT.
9. Con decreto del Ministro, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono determinati i criteri per la verifica dell’idoneità tecnico-produttiva dei vigneti ai fini dell’iscrizione nello schedario per le relative DO e IG e le procedure informatiche per la gestione del sistema di autorizzazioni, prevedendo semplificazioni e automatismi in caso di reimpianto, nonché per la gestione dei dati contenuti nello schedario anche ai fini della rivendicazione produttiva.
10. La resa massima di uva per ettaro delle unità vitate iscritte nello schedario viticolo diverse da quelle rivendicate per produrre vini a DOP e IGP è pari o inferiore a 50 tonnellate. A decorrere dal 1° gennaio 2021
((o, se successiva, dalla data di entrata in vigore))
del decreto di cui al comma 10-bis, la resa massima di uva a ettaro delle unità vitate iscritte nello schedario viticolo diverse da quelle rivendicate per produrre vini a DOP e a IGP è pari o inferiore a 30 tonnellate.
10-bis. In deroga al comma 10, con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da adottarsi entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono definite le aree vitate ove è ammessa una resa massima di uva a ettaro fino a 40 tonnellate, tenendo conto dei dati degli ultimi cinque anni come risultanti dalle dichiarazioni di produzione.
Art. 9
Planimetria dei locali
1. Ai fini della presente legge si intendono per cantine o stabilimenti enologici i locali e le relative pertinenze destinati alla produzione o alla detenzione dei prodotti del settore vitivinicolo, definiti dalla vigente normativa dell’Unione europea, nonché dei prodotti vitivinicoli aromatizzati, ad eccezione delle distillerie, degli acetifici e degli stabilimenti in cui tali prodotti sono detenuti per essere utilizzati come ingredienti nella preparazione di altri prodotti alimentari e dei depositi di soli prodotti confezionati non annessi né intercomunicanti con cantine o stabilimenti enologici, anche attraverso cortili, a qualunque uso destinati.
2. I titolari di cantine o stabilimenti enologici di capacità complessiva superiore a 100 ettolitri, esentati dall’obbligo di presentare la planimetria dei locali all’Agenzia delle dogane e dei monopoli, trasmettono all’ufficio territoriale la planimetria dei locali dello stabilimento e delle relative pertinenze, nella quale deve essere specificata l’ubicazione dei singoli recipienti di capacità superiore a 10 ettolitri.
3. La planimetria è corredata di una legenda riportante, per ogni recipiente di capacità superiore a 10 ettolitri, il codice alfanumerico identificativo e la capacità.
4. L’Agenzia delle dogane e dei monopoli mette a disposizione degli uffici territoriali le planimetrie presentate dai soggetti obbligati nonché le successive variazioni, anche con modalità telematiche.
5. Qualsiasi successiva variazione riguardante la capacità complessiva dichiarata ai sensi del comma 2, come l’installazione o l’eliminazione di vasi vinari o cambi di destinazione d’uso, è comunicata all’ufficio territoriale.
6. Lo spostamento dei recipienti nell’ambito dello stesso fabbricato è sempre consentito senza obbligo di comunicazione.
Art. 10
Determinazione del periodo vendemmiale e delle fermentazioni.
Autorizzazione all’arricchimento
1. Il periodo entro il quale è consentito raccogliere le uve ed effettuare le fermentazioni e le rifermentazioni dei prodotti vitivinicoli è fissato dal 15 luglio al 31 dicembre di ogni anno.
2. Con proprio provvedimento, qualora le condizioni climatiche lo richiedano, le regioni, ai sensi della vigente normativa dell’Unione europea, autorizzano annualmente l’aumento del titolo alcolometrico volumico naturale delle uve fresche, del mosto di uve, del mosto parzialmente fermentato, del vino nuovo ancora in fermentazione e del vino, destinati alla produzione di vini con o senza IGP e DOP, nonché delle partite per l’elaborazione dei vini spumanti, dei vini spumanti di qualità e dei vini spumanti di qualità del tipo aromatico, con o senza IGP o DOP.
3. Fatte salve le diverse disposizioni degli specifici disciplinari DOP e IGP, la fermentazione e la rifermentazione di un mosto, di un mosto parzialmente fermentato e di un vino nuovo ancora in fermentazione non sono consentite in un periodo successivo a quello stabilito al comma 1. Le fermentazioni e rifermentazioni eventualmente consentite dagli specifici disciplinari DOP e IGP sono immediatamente comunicate all’ufficio territoriale.
4. Sono consentite, senza obbligo di comunicazione, al di fuori del periodo stabilito al comma 1, qualsiasi fermentazione o rifermentazione effettuata in bottiglia o in autoclave per la preparazione dei vini spumanti, dei vini frizzanti, del mosto di uve parzialmente fermentato con una sovrappressione superiore a 1 bar e dei vini con la menzione tradizionale «vivace», quelle che si verificano spontaneamente nei vini imbottigliati, nonché quelle destinate alla produzione di particolari vini, ivi compresi i vini passiti e i vini senza IG purché individuati, con riferimento all’intero territorio nazionale o a parte di esso, con decreto annuale del Ministro, d’intesa con le regioni e le province autonome interessate.
Art. 11
Definizioni e caratteristiche di determinati prodotti
1. Il «mosto cotto» è il prodotto parzialmente caramellizzato ottenuto mediante eliminazione di acqua dal mosto di uve o dal mosto muto a riscaldamento diretto o indiretto e a normale pressione atmosferica.
2. Il «filtrato dolce» è il mosto parzialmente fermentato, la cui ulteriore fermentazione alcolica è stata ostacolata mediante filtrazione o centrifugazione, con l’ausilio eventuale di altri trattamenti e pratiche consentiti.
3. Il «mosto muto» è il mosto di uve la cui fermentazione alcolica è impedita mediante pratiche enologiche consentite dalle disposizioni vigenti.
4. L’«enocianina» è il complesso delle materie coloranti estratte dalle bucce delle uve nere di Vitis vinifera con soluzione idrosolforosa e successiva concentrazione sotto vuoto oppure solidificazione con trattamenti fisici.
Art. 12
Produzione di mosto cotto
1. Negli stabilimenti enologici è permessa la concentrazione a riscaldamento diretto o indiretto del mosto di uve o del mosto muto per la preparazione del mosto cotto, limitatamente agli stabilimenti che producono mosto cotto per i prodotti registrati ai sensi del regolamento (UE) n. 1151/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 novembre 2012, e per i prodotti figuranti nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali, istituito ai sensi dell’articolo 8 del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e, successivamente, ogni anno il Ministro aggiorna, con proprio decreto, l’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari definiti tradizionali dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano.
2. È altresì ammessa la produzione di mosto cotto, denominato anche «saba», «sapa» o con espressioni similari, anche ai fini della commercializzazione, previa comunicazione al competente ufficio territoriale ((…)).
Art. 13
Detenzione di vinacce, centri di raccolta temporanei fuori fabbrica, fecce di vino, preparazione del vinello
1. La detenzione delle vinacce negli stabilimenti enologici è vietata a decorrere dal trentesimo giorno dalla fine del periodo di cui all’articolo 10, comma 1, oppure, se le vinacce sono ottenute in un periodo diverso, a decorrere dal trentesimo giorno successivo a quello dell’ottenimento. La detenzione delle fecce non denaturate negli stabilimenti enologici è vietata a decorrere dal trentesimo giorno successivo a quello dell’ottenimento. I termini di cui al presente comma sono elevati al novantesimo giorno per i produttori di quantitativi inferiori a 1.000 ettolitri.
2. Fatta eccezione per i casi di esenzione per ritiro sotto controllo previsti dalla vigente normativa dell’Unione europea e nazionale nonché per le vinacce destinate ad usi alternativi, compresi quelli per l’estrazione dell’enocianina, le vinacce e le fecce di vino comunque ottenute dalla trasformazione delle uve e dei prodotti vitivinicoli devono essere avviate direttamente alle distillerie riconosciute.
3. Alle distillerie nonché a coloro che utilizzano i sottoprodotti della trasformazione dei prodotti vitivinicoli a scopo energetico è consentita l’istituzione di centri di raccolta temporanei fuori fabbrica, previa comunicazione da inviare all’ufficio territoriale, purché in stabilimenti diversi dalle cantine e dagli stabilimenti enologici, ad eccezione di quelli ove vengono introdotti ed estratti esclusivamente prodotti vitivinicoli denaturati. È altresì consentita la cessione di fecce e vinacce, non ancora avviate alla distillazione, tra le distillerie autorizzate e tra gli utilizzatori dei sottoprodotti della trasformazione dei prodotti vitivinicoli a scopo energetico.
4. La detenzione di vinacce destinate ad usi diversi dalla distillazione, compresa l’estrazione dell’enocianina, è preventivamente comunicata dai responsabili degli stabilimenti industriali utilizzatori all’ufficio territoriale. La comunicazione, in carta libera, è valida per una campagna vitivinicola e deve pervenire antecedentemente alla prima introduzione di vinaccia e contenere l’indicazione dell’indirizzo dello stabilimento di detenzione delle vinacce e la quantità complessiva che si prevede di introdurre nel corso della campagna vitivinicola di riferimento.
5. Le fecce di vino, prima di essere estratte dalle cantine, sono denaturate con le sostanze rivelatrici e con le modalità individuate con decreto del Ministro.
6. La preparazione del vinello è consentita:
a) presso le distillerie e gli stabilimenti per lo sfruttamento dei sottoprodotti della vinificazione;
b) presso le cantine dei viticoltori vinificatori di uve proprie aventi capacità ricettiva non superiore a 25 ettolitri di vino, a condizione che ne siano prodotti non più di 5 ettolitri e che siano utilizzati esclusivamente per uso familiare o aziendale.
7. L’acqua e le altre sostanze ottenute nei processi di concentrazione dei mosti o dei vini o in quello di rigenerazione delle resine a scambio ionico sono denaturate, all’atto dell’ottenimento, con le sostanze rivelatrici e secondo le modalità individuate con decreto del Ministro.
Art. 14
Elaborazione di taluni prodotti a base di mosti e vini, di vini liquorosi, di vini spumanti e di talune bevande spiritose negli stabilimenti promiscui. Comunicazione preventiva
1. La preparazione di mosti di uve fresche mutizzati con alcol, di vini liquorosi, di prodotti vitivinicoli aromatizzati e di vini spumanti nonché la preparazione delle bevande spiritose di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettera d), punto i), terzo trattino, e punto ii), del regolamento (CE) n. 110/2008 possono essere eseguite anche in stabilimenti dai quali si estraggono mosti o vini nella cui preparazione non è ammesso l’impiego di saccarosio, dell’acquavite di vino, dell’alcol e di tutti i prodotti consentiti dal regolamento (UE) n. 251/2014, a condizione che le lavorazioni siano preventivamente comunicate all’ufficio territoriale.
2. Il saccarosio, l’acquavite di vino, l’alcol e gli altri prodotti consentiti dal regolamento (UE) n. 251/2014 sono detenuti in locali a ciò appositamente destinati, comunque accessibili al controllo dell’ufficio territoriale e dichiarati nella planimetria, ove prevista.
3. Negli stabilimenti in cui si producono vini spumanti elaborati con saccarosio, diversi dagli stabilimenti di cui al comma 1, sono consentite le elaborazioni degli altri prodotti indicati al comma 1, nonché le elaborazioni di vini frizzanti, purché tali elaborazioni siano preventivamente comunicate seguendo la procedura ivi indicata.
In tale caso, non sono soggette a comunicazione preventiva le elaborazioni di vino spumante.
Art. 15
Sostanze vietate
1. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 14, negli stabilimenti enologici nonché nei locali annessi o intercomunicanti anche attraverso cortili, a qualunque uso destinati, è vietato detenere:
a) acquavite, alcol e altre bevande spiritose;
b) zuccheri in quantitativi superiori a 10 chilogrammi e loro soluzioni;
c) sciroppi, bevande e succhi diversi dal mosto e dal vino, aceti, nonché sostanze zuccherine o fermentate diverse da quelle provenienti dall’uva fresca;
d) uve passite o secche o sostanze da esse derivanti, ad eccezione delle uve in corso di appassimento per la produzione di vini passiti o dei vini specificamente individuati nei provvedimenti di cui all’articolo 10, commi 2 e 4;
e) qualunque sostanza atta a sofisticare i mosti e i vini, come aromi, additivi e coloranti, l’acqua e le altre sostanze ottenute nei processi di concentrazione dei mosti o dei vini nonché in quello della rigenerazione delle resine a scambio ionico non denaturati, fatti salvi i casi consentiti;
f) vinelli o altri sottoprodotti della vinificazione in violazione di quanto stabilito dalla presente legge;
g) fatte salve le deroghe previste dall’articolo 17, mosti, mosti parzialmente fermentati, vini nuovi ancora in fermentazione e vini aventi un titolo alcolometrico totale inferiore all’8 per cento in volume;
h) invertasi.
2. È in ogni caso consentito detenere bevande spiritose, sciroppi, succhi, aceti e altre bevande e alimenti diversi dal mosto o dal vino contenuti in confezioni sigillate destinate alla vendita e aventi una capacità non superiore a 5 litri.
3. Quando nell’area della cantina o dello stabilimento enologico sono presenti abitazioni civili destinate a residenza del titolare ovvero di suoi collaboratori o impiegati, nonché strutture ricettive destinate alla ristorazione e altre attività connesse di preparazione di prodotti alimentari, in deroga al comma 1 è consentito detenere le sostanze di cui alle lettere a), b), c) e d) del medesimo comma 1 nonché gli aromi, gli additivi e i coloranti, nei limiti strettamente necessari allo svolgimento delle attività di cui al presente comma.
4. Nei locali di un’impresa agricola che produce mosti o vini sono consentiti anche la produzione degli alimenti e delle bevande di cui al comma 1, lettere b), c) e d), e la detenzione e l’impiego degli alimenti e delle bevande di cui al medesimo comma 1, lettere a), b), c) e d), nonché degli aromi, degli additivi e dei coloranti, purché rientrino nell’ambito delle attività comunque connesse di cui all’articolo 2135 del codice civile.
Note all’art. 15:
– Si riporta il testo dell’
art. 2135 del codice civile:
«Art. 2135 – (Imprenditore agricolo). È imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse.
Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.
Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge.».
Art. 16
Comunicazione per la detenzione e il confezionamento
1. A parziale deroga di quanto stabilito dall’articolo 15, comma 1, lettere a) e c), sono consentiti esclusivamente la detenzione e il successivo confezionamento dei seguenti prodotti atti al consumo umano diretto:
b) prodotti vitivinicoli aromatizzati;
c) succhi di frutta e nettari di frutta di cui all’allegato I al
decreto legislativo 21 maggio 2004, n. 151, con esclusione dei succhi prodotti in tutto o in parte con uve da tavola o con i mosti da esse ottenuti;
d) le altre bevande alcoliche e analcoliche con esclusione di quelle prodotte in tutto o in parte con uve da tavola o con i mosti da esse ottenuti;
e) aceti.
2. La detenzione e il successivo confezionamento sono subordinati ad apposita registrazione. L’ufficio territoriale può definire specifiche modalità volte a prevenire eventuali violazioni.
3. Sono fatti salvi gli eventuali adempimenti previsti dalla disciplina fiscale e da quella in materia di igiene e sicurezza degli alimenti.
Art. 17
Succhi d’uva da mosti con titolo alcolometrico naturale inferiore all’8 per cento
1. I mosti aventi un titolo alcolometrico naturale inferiore all’8 per cento in volume, destinati alla preparazione di succo di uve e di succo di uve concentrato, possono essere detenuti nelle cantine senza la prescritta denaturazione, a condizione che siano rispettate le modalità definite con decreto del Ministro, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, e previa denuncia al competente ufficio territoriale. In ogni caso, l’eventuale loro vinificazione, in funzione del loro invio alla distillazione, deve essere effettuata separatamente e tali mosti devono essere addizionati della sostanza rivelatrice individuata con decreto del Ministro, emanato di concerto con il Ministro della salute.
Art. 18
Detenzione di anidride carbonica, di argo o di azoto
1. La detenzione e l’utilizzazione di anidride carbonica, di argo o di azoto, soli o miscelati tra loro, negli stabilimenti di produzione e nei locali annessi o intercomunicanti anche attraverso cortili, a qualunque uso destinati, nei quali si producono vini spumanti e vini frizzanti sono consentite unicamente per creare un’atmosfera inerte e per manipolare al riparo dall’aria i prodotti utilizzati nella costituzione della partita, nei successivi travasi della stessa e dei prodotti da essa ottenuti.
2. Negli stabilimenti indicati al comma 1, la detenzione di anidride carbonica è subordinata ad apposita comunicazione da inviare al competente ufficio territoriale contestualmente all’introduzione del prodotto negli stabilimenti e nei locali.
3. Negli stabilimenti in cui si producono vini spumanti e vini frizzanti è vietato produrre, nonché detenere, vini spumanti gassificati e vini frizzanti gassificati diversi da quelli già confezionati.
Art. 19
Elaborazione dei vini frizzanti
1. L’elaborazione dei vini frizzanti, con o senza DOP o IGP, e del vino frizzante gassificato, come definiti dalla vigente normativa dell’Unione europea, è effettuata con le seguenti modalità:
a) la costituzione della partita è disciplinata dalle vigenti disposizioni dell’Unione europea. Per i vini frizzanti a DOP o IGP i prodotti costituenti la partita sono ottenuti nel rispetto dei singoli disciplinari di produzione;
b) la presa di spuma del vino frizzante può avvenire in bottiglia e in recipienti chiusi resistenti a pressione. Per la presa di spuma della partita possono essere utilizzati esclusivamente, da soli o in miscela tra loro:
1) mosto d’uva;
2) mosto d’uva parzialmente fermentato;
3) vino nuovo ancora in fermentazione;
4) mosto concentrato;
5) mosto concentrato rettificato;
c) l’aggiunta di mosto concentrato e di mosto concentrato rettificato per la presa di spuma non è considerata né come dolcificazione, né come arricchimento;
d) per la dolcificazione del vino frizzante e del vino frizzante gassificato si applicano le vigenti disposizioni dell’Unione europea, salve le norme più restrittive previste nei singoli disciplinari di produzione dei vini a DOP e IGP. La dolcificazione può essere effettuata anche in fase di costituzione della partita;
e) ai fini dell’attività di controllo e vigilanza nell’ambito degli stabilimenti di produzione o confezionamento, da parte degli organismi preposti, la determinazione della sovrappressione dovuta alla presenza dell’anidride carbonica in soluzione, nei limiti fissati dalle vigenti norme dell’Unione europea, è effettuata al termine dell’elaborazione del vino frizzante e del vino frizzante gassificato prima che gli stessi, regolarmente confezionati, siano estratti dallo stabilimento. Il valore della determinazione, ottenuta utilizzando i metodi di analisi previsti dalla normativa dell’Unione europea, è dato dalla media dei risultati ottenuti dall’analisi di quattro esemplari di campione prelevati dalla stessa partita;
f) la dicitura «rifermentazione in bottiglia» può essere utilizzata nella designazione e nella presentazione dei vini frizzanti a DOP e IGP per i quali tale pratica è espressamente prevista nei relativi disciplinari di produzione.
2. Complessivamente, l’aggiunta dei prodotti di cui alla lettera b) del comma 1 non deve aumentare il titolo alcolometrico volumico totale originario della partita di più di 0,9 per cento in volume.
Art. 20
Prodotti vitivinicoli biologici
1. Le produzioni biologiche nel settore vitivinicolo devono essere conformi al regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio, del 28 giugno 2007, alle relative disposizioni applicative e a quelle stabilite con decreto del Ministro, emanato previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
Art. 21
Sostanze ammesse
1. È consentito vendere per uso enologico, detenere negli stabilimenti enologici e impiegare in enologia soltanto le sostanze espressamente ammesse dalle vigenti norme nazionali e dell’Unione europea.
Art. 22
Detenzione dei prodotti enologici e chimici
1. È vietato vendere, detenere per vendere, detenere negli stabilimenti enologici e nei locali comunque comunicanti con essi anche attraverso cortili, a qualsiasi uso destinati, nonché impiegare in enologia sostanze non consentite dalle vigenti norme dell’Unione europea e nazionali. È tuttavia consentito detenere, in quantità limitata allo stretto necessario e opportunamente tracciati, prodotti diversi da quelli di cui all’articolo 21, richiesti per il funzionamento o la rigenerazione di macchine e attrezzature impiegate per pratiche enologiche autorizzate e per la depurazione.
2. Nei locali dei laboratori annessi alle cantine è tuttavia permessa la presenza di prodotti chimici e reagenti contenenti sostanze non consentite, fatta eccezione per i dolcificanti sintetici, gli antifermentativi e gli antibiotici, purché in quantitativi compatibili con il normale lavoro di analisi. Sui contenitori dei reagenti deve essere indicata la denominazione o la formula chimica della sostanza in modo ben visibile e indelebile.
3. La detenzione dei prodotti di cui ai commi 1 e 2 è subordinata ad apposita comunicazione preventiva inviata all’ufficio territoriale, il quale può definire specifiche modalità volte a prevenire eventuali violazioni.
Art. 23
Impiego dei pezzi di legno di quercia
Art. 24
Detenzione dei prodotti vitivinicoli a scopo di commercio e divieti
1. Si intendono detenuti a scopo di commercio i mosti e i vini che si trovano nelle cantine o negli stabilimenti o nei locali dei produttori e dei commercianti.
2. I mosti e i vini in bottiglia o in altri recipienti di contenuto non superiore a 60 litri, muniti di chiusura e di etichetta, si intendono posti in vendita per il consumo, anche se detenuti nelle cantine e negli stabilimenti enologici dei produttori e dei commercianti all’ingrosso.
3. Non è considerato posto in vendita per il consumo il vino in bottiglia in corso di invecchiamento presso i produttori e i commercianti all’ingrosso, nonché il vino contenuto in bottiglie o in recipienti fino a 60 litri, in corso di lavorazione, elaborazione o confezionamento, oppure destinato al consumo familiare o aziendale del produttore, purché la partita dei recipienti sia ben distinta dalle altre e su di essa sia presente un cartello che ne specifichi la destinazione o il tipo di lavorazione in corso e, in tale caso, il lotto di appartenenza.
4. Ai fini della presente legge non costituisce chiusura la chiusura provvisoria di fermentazione dei vini spumanti e dei vini frizzanti preparati con il sistema della fermentazione in bottiglia.
5. È vietata la detenzione a scopo di commercio dei mosti e dei vini non rispondenti alle definizioni stabilite o che hanno subito trattamenti e aggiunte non consentiti o che provengono da varietà di vite non iscritte come uva da vino nel registro nazionale delle varietà di vite, secondo le regole ivi previste, salvo quanto stabilito dal decreto di cui all’articolo 61, comma 1. Il divieto di cui al primo periodo non si applica agli stabilimenti che lavorano mosti e succhi destinati all’alimentazione umana il cui processo produttivo non prevede la fermentazione, purché la rintracciabilità dei prodotti lavorati sia garantita conformemente alle modalità da determinare con decreto del Ministero.
6. Il divieto di cui al comma 5 si applica altresì ai mosti e ai vini che:
a) all’analisi organolettica o chimica o microbiologica risultano alterati per malattia o avariati in misura tale da essere considerati inutilizzabili per il consumo, salvo che siano denaturati secondo le modalità previste dall’articolo 25, comma 3;
b) contengono una delle seguenti sostanze:
1) bromo organico;
2) cloro organico;
3) fluoro;
4) alcol metilico in quantità superiore a 350 milligrammi/litro per i vini rossi e a 250 milligrammi/litro per i vini bianchi e rosati;
c) all’analisi chimica risultano contenere residui di ferro-cianuro di potassio e suoi derivati a trattamento ultimato, o che hanno subito tale trattamento in violazione delle disposizioni contenute nei decreti di cui all’articolo 4.
7. Il vino, la cui acidità volatile espressa in grammi di acido acetico per litro supera i limiti previsti dalla vigente normativa dell’Unione europea, non può essere detenuto se non previa denaturazione con la sostanza rivelatrice e le modalità indicate nel decreto del Ministro, emanato di concerto con il Ministro della salute, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Il prodotto denaturato deve essere assunto in carico nei registri obbligatori entro il giorno stesso della denaturazione in un apposito conto separato e può essere ceduto e spedito soltanto agli acetifici o alle distillerie. Tale disposizione si applica anche ai vini nei quali è in corso la fermentazione acetica.
Art. 25
Divieto di vendita e di somministrazione
1. È vietato vendere, porre in vendita o mettere altrimenti in commercio, nonché comunque somministrare mosti e vini:
a) i cui componenti e gli eventuali loro rapporti non sono compresi nei limiti stabiliti nel decreto del Ministro, emanato di concerto con il Ministro della salute;
b) che all’analisi organolettica chimica o microbiologica risultano alterati per malattia o comunque avariati e difettosi per odori e per sapori anormali;
c) contenenti oltre 0,5 grammi per litro di cloruri espressi come cloruro di sodio, fatta eccezione per il vino marsala, per i vini liquorosi, per i mosti d’uva mutizzati con alcol, per i vini che hanno subito un periodo d’invecchiamento in botte di almeno due anni, per i vini aggiunti di mosto concentrato e per i vini dolci naturali, per i quali tale limite è elevato a 1 grammo per litro;
d) contenenti oltre 1 grammo per litro di solfati espressi come solfato neutro di potassio. Tuttavia questo limite è elevato a:
1) 1,5 grammi per litro per i vini che hanno subito un periodo d’invecchiamento in botte di almeno due anni, per i vini dolcificati e per i vini ottenuti mediante aggiunta di alcol o distillati per uso alimentare ai mosti o ai vini;
2) 2 grammi per litro per i vini aggiunti di mosto concentrato e per i vini dolci naturali;
3) 5 grammi per litro, per il vino Marsala DOC;
e) contenenti alcol metilico in quantità superiore a 350 milligrammi/litro per i vini rossi e a 250 milligrammi/litro per i vini bianchi e rosati;
f) contenenti bromo e cloro organici;
g) che all’analisi chimica rivelano presenze di ferro-cianuro di potassio o di suoi derivati.
2. In aggiunta ai casi di cui al comma 1, possono essere individuate, in base all’accertata pericolosità per la salute umana, ulteriori sostanze che i mosti e i vini venduti, posti in vendita o messi altrimenti in commercio o somministrati non possono contenere ovvero non possono contenere in misura superiore ai limiti stabiliti nel decreto di cui al comma 1, lettera a).
3. I prodotti che presentano caratteristiche in violazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2, nonché dell’articolo 24, commi 5 e 6, devono essere immediatamente denaturati con il cloruro di litio secondo quanto previsto con decreto del Ministro, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
Art. 26
Denominazione di origine e indicazione geografica
Art. 27
Utilizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche
1. Le DOP e le IGP di cui all’articolo 26 sono utilizzate per designare i prodotti vitivinicoli appartenenti a una pluralità di produttori, fatte salve le situazioni eccezionali previste dalla vigente normativa dell’Unione europea.
2. I vini frizzanti gassificati non possono utilizzare le denominazioni d’origine e le indicazioni geografiche.
3. Il nome della denominazione di origine o dell’indicazione geografica e le altre menzioni tradizionali alle stesse riservate non possono essere impiegati per designare prodotti similari o alternativi a quelli previsti all’articolo 26, né, comunque, essere impiegati in modo tale da ingenerare nei consumatori confusione nell’individuazione dei prodotti. Sono fatte salve le situazioni in cui l’uso del nome della denominazione di origine o dell’indicazione geografica sia consentito per le bevande spiritose derivate da prodotti vitivinicoli e per l’aceto di vino, nonché per i prodotti vitivinicoli aromatizzati ai sensi della vigente normativa dell’Unione europea e nazionale.
Art. 28
Classificazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche
1. Le DOP si classificano in:
a) denominazioni di origine controllata e garantita (DOCG);
b) denominazioni di origine controllata (DOC).
2. Le DOCG e le DOC sono le menzioni specifiche tradizionali utilizzate dall’Italia per designare i prodotti vitivinicoli DOP. Le menzioni «Kontrollierte Ursprungsbezeichnung» e «Kontrollierte und garantierte Ursprungsbezeichnung» possono essere utilizzate per designare rispettivamente i vini DOC e DOCG prodotti nella Provincia di Bolzano, di bilinguismo italiano-tedesco. Le menzioni «Appellation d’origine contrôlee» e «Appellation d’origine contrôlee et garantie» possono essere utilizzate per designare rispettivamente i vini DOC e DOCG prodotti nella regione Valle d’Aosta, di bilinguismo italiano-francese. Le menzioni «kontrolirano poreklo» e «kontrolirano in garantirano poreklo» possono essere utilizzate per designare rispettivamente i vini a DOC e DOCG prodotti nelle province di Trieste, Gorizia e Udine, in conformità alla legge 23 febbraio 2001, n. 38, recante norme a tutela della minoranza linguistica slovena della regione Friuli-Venezia Giulia.
3. Le IGP comprendono le indicazioni geografiche tipiche (IGT).
L’indicazione geografica tipica costituisce la menzione specifica tradizionale utilizzata dall’Italia per designare i vini IGP. La menzione «Vin de pays» può essere utilizzata per i vini IGT prodotti nella regione Valle d’Aosta, di bilinguismo italiano-francese, la menzione «Landwein» per i vini IGT prodotti nella Provincia di Bolzano, di bilinguismo italiano-tedesco, e la menzione «Dež elma
oznaka» per i vini IGT prodotti nelle province di Trieste, Gorizia e Udine, in conformità alla legge 23 febbraio 2001, n. 38.
4. Le menzioni specifiche tradizionali italiane di cui al presente articolo, anche con le relative sigle DOC, DOCG e IGT, possono essere indicate nell’etichettatura da sole o congiuntamente alla corrispondente espressione europea DOP e IGP.
Art. 29
Ambiti territoriali
1. Le zone di produzione delle denominazioni di origine possono comprendere, oltre al territorio indicato con la denominazione di origine medesima, anche territori adiacenti o situati nelle immediate vicinanze, quando in essi esistano analoghe condizioni ambientali, gli stessi vitigni e siano praticate le medesime tecniche colturali e i vini prodotti in tali aree abbiano eguali caratteristiche chimico-fisiche e organolettiche.
2. Solo le denominazioni di origine possono prevedere al loro interno l’indicazione di zone espressamente delimitate, comunemente denominate sottozone, che devono avere peculiarità ambientali o tradizionalmente note, essere designate con uno specifico nome geografico, storico-geografico o amministrativo, essere espressamente previste nel disciplinare di produzione ed essere disciplinate più rigidamente.
3. I nomi geografici che definiscono le indicazioni geografiche tipiche devono essere utilizzati per contraddistinguere i vini derivanti da zone di produzione, anche comprendenti le aree a DOCG o DOC, designate con il nome geografico relativo o comunque indicativo della zona, in conformità della normativa nazionale e dell’Unione europea sui vini a IGP.
4. Per i vini a DOP è consentito il riferimento a unità geografiche aggiuntive, più piccole della zona di produzione della denominazione, localizzate all’interno della stessa zona di produzione ed elencate in una lista, a condizione che il prodotto sia vinificato separatamente e appositamente rivendicato nella denuncia annuale di produzione delle uve prevista dall’articolo 37. Tali unità geografiche devono essere espressamente delimitate e possono corrispondere a comuni, frazioni o zone amministrative ovvero ad aree geografiche locali definite. La lista delle unità geografiche aggiuntive e la relativa delimitazione devono essere indicate in allegato ai disciplinari di produzione in un apposito elenco.
5. Le zone espressamente delimitate o sottozone delle DOC possono essere riconosciute come DOC autonome, alle condizioni di cui all’articolo 33, comma 2, e possono essere promosse a DOCG separatamente o congiuntamente alla DOC principale.
6. Le DOCG e le DOC possono utilizzare nell’etichettatura un nome geografico più ampio, anche di carattere storico, tradizionale o amministrativo, qualora sia espressamente previsto negli specifici disciplinari di produzione e a condizione che tale nome geografico più ampio sia separato dal nome geografico della denominazione e delle menzioni DOCG e DOC.
Art. 30
Coesistenza di più DO o IGT nell’ambito del medesimo territorio
1. Nell’ambito di un medesimo territorio viticolo possono coesistere DO e IG.
2. È consentito che più DOCG e DOC facciano riferimento allo stesso nome geografico, anche per contraddistinguere vini diversi, purché le zone di produzione degli stessi comprendano il territorio definito con tale nome geografico. È altresì consentito, alle predette condizioni, che più IGT facciano riferimento allo stesso nome geografico.
3. Il riconoscimento di una DO esclude la possibilità di impiegare il nome della denominazione stessa come IGT e viceversa, fatti salvi i casi in cui i nomi delle DO e delle IG, riferite al medesimo elemento geografico, siano parzialmente corrispondenti.
4. In zone più ristrette o nell’intera area di una DOC individuata con il medesimo nome geografico è consentito che coesistano vini diversi a DOCG o DOC, purché i vini a DOCG:
a) siano regolamentati da disciplinari di produzione più restrittivi;
b) riguardino tipologie particolari derivanti da una specifica piattaforma ampelografica o metodologia di elaborazione.
Art. 31
Specificazioni, menzioni, vitigni e annata di produzione
2. La menzione «riserva» è attribuita ai vini a DO che siano stati sottoposti a un periodo di invecchiamento, compreso l’eventuale affinamento, non inferiore a:
a) due anni per i vini rossi;
b) un anno per i vini bianchi;
c) un anno per i vini spumanti ottenuti con metodo di fermentazione in autoclave denominato «metodo Martinotti» o «metodo Charmat»;
d) tre anni per i vini spumanti ottenuti con rifermentazione naturale in bottiglia.
3. Le disposizioni del comma 2 si applicano fatto salvo quanto previsto per le denominazioni preesistenti. In caso di taglio tra vini di annate diverse, l’immissione al consumo del vino con la menzione «riserva» è consentita solo al momento in cui tutta la partita abbia concluso il periodo minimo di invecchiamento previsto dal relativo disciplinare di produzione.
4. La menzione «superiore», fatto salvo quanto previsto per le denominazioni preesistenti, è attribuita ai vini a DO aventi caratteristiche qualitative più elevate, derivanti da una regolamentazione più restrittiva che preveda, rispetto alla tipologia non classificata con tale menzione, una resa per ettaro delle uve inferiore di almeno il 10 per cento, nonché:
a) un titolo alcolometrico minimo potenziale naturale delle uve superiore di almeno 0,5 per cento in volume;
b) un titolo alcolometrico minimo totale dei vini al consumo superiore di almeno 0,5 per cento in volume.
5. La menzione “superiore” non può essere abbinata alla menzione “novello”, fatte salve le denominazioni preesistenti
6. La menzione «gran selezione» è attribuita ai vini DOCG che rispondono alle seguenti caratteristiche:
a) i vini devono essere ottenuti esclusivamente dalla vinificazione delle uve prodotte dai vigneti condotti dall’azienda imbottigliatrice, anche se imbottigliati da terzi per conto della stessa; qualora dette uve siano conferite a società cooperative, le stesse devono essere vinificate separatamente e i vini ottenuti da queste devono essere imbottigliati separatamente;
b) i vini devono presentare caratteristiche chimico-fisiche e organolettiche almeno pari a quelle previste per la menzione «superiore» ed essere sottoposti a un periodo d’invecchiamento almeno pari a quello dei vini che si fregiano della menzione «riserva», qualora dette menzioni siano previste nel relativo disciplinare di produzione;
c) i vini possono essere soggetti ad arricchimento, a condizione che l’aumento del titolo alcolometrico volumico naturale non superi l’1 per cento in volume e sia effettuato con le seguenti modalità:
1) sui mosti d’uva, mediante la concentrazione parziale, compresa l’osmosi inversa, esclusa l’aggiunta di prodotti di arricchimento esogeni;
2) sui vini diversi da quelli di cui al numero 3), mediante la concentrazione parziale a freddo, esclusa l’aggiunta di prodotti di arricchimento esogeni;
3) nella produzione dei vini spumanti, secondo le modalità e i limiti previsti dalla normativa dell’Unione europea e nazionale.
7. Non possono essere utilizzate ulteriori e diverse menzioni contenenti il termine «selezione» oltre alla menzione «gran selezione». La menzione «gran selezione» non può essere attribuita congiuntamente alla menzione «superiore» e «riserva», fatta eccezione per le DOCG che contengono tali menzioni nel nome della denominazione.
8. La menzione «novello» è attribuita alle categorie dei vini a DO e IG tranquilli e frizzanti, prodotti conformemente alla vigente normativa nazionale e dell’Unione europea.
9. Le menzioni «passito» o «vino passito» sono attribuite alle categorie dei vini a DO e IGT tranquilli, compresi i «vini da uve stramature» e i «vini ottenuti da uve passite», ottenuti dalla fermentazione di uve sottoposte ad appassimento naturale o in ambiente condizionato. La menzione «vino passito liquoroso» è attribuita alla categoria dei vini a IGT, fatte salve le denominazioni preesistenti.
10. La menzione «vigna» o i suoi sinonimi, seguita dal relativo toponimo o nome tradizionale, può essere utilizzata solo nella presentazione o nella designazione dei vini a DO ottenuti dalla superficie vitata che corrisponde al toponimo o al nome tradizionale, purché sia rivendicata nella denuncia annuale di produzione delle uve prevista dall’articolo 37 e a condizione che la vinificazione delle uve corrispondenti avvenga separatamente e che sia previsto un apposito elenco tenuto e aggiornato dalle regioni mediante procedura che ne comporta la pubblicazione. La gestione dell’elenco può essere delegata ai consorzi di tutela riconosciuti ai sensi dell’articolo 41, comma 4.
11. I vini a DO e i vini a IG possono utilizzare nell’etichettatura nomi di vitigni o loro sinonimi, menzioni tradizionali, riferimenti a particolari tecniche di vinificazione e qualificazioni specifiche del prodotto.
12. Per i vini a DO, ad esclusione dei vini liquorosi, dei vini spumanti non etichettati come millesimati e dei vini frizzanti, deve essere indicata nell’etichetta l’annata di produzione delle uve.
13. Le specificazioni, menzioni e indicazioni di cui al presente articolo, fatta eccezione per la menzione «vigna», devono essere espressamente previste negli specifici disciplinari di produzione, nell’ambito dei quali possono essere regolamentate le ulteriori condizioni di utilizzazione nonché definiti parametri maggiormente restrittivi rispetto a quanto indicato nel presente articolo.
Art. 32
Protezione nell’Unione europea. Procedura per il conferimento della protezione delle DO e delle IG
1. Il conferimento della protezione delle DOP e IGP nonché delle menzioni specifiche tradizionali DOCG, DOC e IGT avviene contestualmente all’accoglimento della rispettiva domanda di protezione da parte della Commissione europea, in conformità alle disposizioni concernenti l’individuazione dei soggetti legittimati alla presentazione della domanda e il contenuto della domanda stessa e nel rispetto della procedura nazionale preliminare e della procedura dell’Unione europea previste dal regolamento (UE) n. 1308/2013 e dagli appositi atti delegati e di esecuzione della Commissione europea.
2. La procedura nazionale di cui al comma 1 è stabilita con decreto del Ministro, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
3. A decorrere dalla data di presentazione alla Commissione europea della domanda di protezione, della domanda di conversione da una DOP ad una IGP, nonché della domanda di modifica del disciplinare di produzione di cui all’articolo 36, i vini della relativa DO o IG possono essere etichettati in conformità alle vigenti norme dell’Unione europea, a condizione che il soggetto richiedente sia preventivamente autorizzato dal Ministero, d’intesa con la competente regione.
Art. 33
Requisiti di base per il riconoscimento delle DO e delle IG
1. Il riconoscimento della DOCG è riservato ai vini già riconosciuti a DOC da almeno sette anni, che siano ritenuti di particolare pregio, per le caratteristiche qualitative intrinseche e per la rinomanza commerciale acquisita, e che siano stati rivendicati, nell’ultimo biennio, da almeno il 66 per cento, inteso come media, dei soggetti che conducono vigneti dichiarati allo schedario viticolo di cui all’articolo 8, che rappresentino almeno il 66 per cento della superficie totale dichiarata allo schedario viticolo idonea alla rivendicazione della relativa denominazione e che, negli ultimi cinque anni, siano stati certificati e imbottigliati dal 51 per cento degli operatori autorizzati, che rappresentino almeno il 66 per cento della produzione certificata di quella DOC
2. Il riconoscimento della DOC è riservato ai vini provenienti da zone già riconosciute, anche con denominazione diversa, a IGT da almeno cinque anni e che siano stati rivendicati, nell’ultimo biennio, da almeno il 35 per cento, inteso come media, dei viticoltori interessati e che rappresentino almeno il 35 per cento della produzione dell’area interessata. Il riconoscimento in favore di vini non provenienti dalle predette zone è ammesso esclusivamente nell’ambito delle regioni nelle quali non sono presenti IGT. Inoltre, le zone espressamente delimitate o le sottozone delle DOC possono essere riconosciute come DOC autonome qualora le relative produzioni abbiano acquisito rinomanza commerciale e siano state rivendicate, nell’ultimo biennio, da almeno il 51 per cento, inteso come media, dei soggetti che conducono vigneti dichiarati allo schedario viticolo di cui all’articolo 8 e che rappresentino almeno il 51 per cento della superficie totale dichiarata allo schedario viticolo idonea alla rivendicazione della relativa area delimitata o sottozona.
3. Il riconoscimento dell’IGT è riservato ai vini provenienti dalla rispettiva zona viticola a condizione che la relativa richiesta sia rappresentativa di almeno il 20 per cento, inteso come media, dei viticoltori interessati e di almeno il 20 per cento della superficie totale dei vigneti oggetto di dichiarazione produttiva nell’ultimo biennio.
4. Il riconoscimento di una DOCG deve prevedere una disciplina viticola ed enologica più restrittiva rispetto a quella della DOC di provenienza.
5. Il riconoscimento di una DOC deve prevedere una disciplina viticola ed enologica più restrittiva rispetto a quella della IGT precedentemente rivendicata.
6. L’uso delle DO non è consentito per i vini ottenuti sia totalmente sia parzialmente da vitigni che non siano stati classificati fra gli idonei alla coltivazione o che derivino da ibridi interspecifici tra la Vitis vinifera e altre specie americane o asiatiche.
7. Per i vini a IGT è consentito l’uso delle varietà iscritte nel registro nazionale delle varietà di vite.
Art. 34
Cancellazione della protezione dell’Unione europea e revoca del riconoscimento delle DO e delle IG
1. Ai sensi e per gli effetti dell’articolo 106 del regolamento (UE) n. 1308/2013, il Ministero richiede la cancellazione della protezione dell’Unione europea quando le DO e le IG non siano state rivendicate o certificate consecutivamente per tre campagne vitivinicole.
2. Nei casi previsti dal comma 1, è consentito presentare alla Commissione europea apposita richiesta per convertire la DOP in IGP nel rispetto delle vigenti norme dell’Unione europea e in conformità alle disposizioni procedurali stabilite dal decreto di cui all’articolo 32, comma 2.
Art. 35
Disciplinari di produzione
1. Nei disciplinari di produzione dei vini a DOP e IGP proposti unitamente alla domanda di protezione dal soggetto legittimato, nell’ambito della procedura prevista dal decreto di cui all’articolo 32, comma 2, devono essere stabiliti:
a) la denominazione di origine o indicazione geografica;
b) la delimitazione della zona di produzione;
c) la descrizione delle caratteristiche fisico-chimiche e organolettiche del vino o dei vini e, in particolare, il titolo alcolometrico volumico minimo totale richiesto al consumo e il titolo alcolometrico volumico minimo naturale potenziale delle uve alla vendemmia; le regioni possono consentire un titolo alcolometrico volumico minimo naturale inferiore di mezzo grado a quello stabilito dal disciplinare; limitatamente ai vini a IGT la valutazione o indicazione delle caratteristiche organolettiche;
d) la resa massima di uva a ettaro e la relativa resa di trasformazione in vino o la resa massima di vino per ettaro sulla base dei risultati quantitativi e qualitativi del quinquennio precedente. Fatte salve disposizioni più restrittive previste dai disciplinari, per i vini spumanti, per i vini frizzanti e per i vini liquorosi la resa di vino ad ettaro è riferita alla partita di vino base destinato all’elaborazione. L’aggiunta del mosto concentrato e del mosto concentrato rettificato per la presa di spuma dei vini frizzanti e l’aggiunta dello sciroppo zuccherino per la presa di spuma dei vini spumanti, nonché l’aggiunta dello sciroppo di dosaggio per i vini spumanti, è aumentativa di tale resa. In assenza di disposizioni specifiche nel disciplinare, le regioni e le province autonome possono definire con proprio provvedimento condizioni di resa diverse rispetto a quanto stabilito dalla presente lettera.
Fatte salve le specifiche disposizioni dei disciplinari, per i soli vini a DO è consentito un esubero di produzione fino al 20 per cento della resa massima di uva a ettaro o della resa massima di vino per ettaro, che non può essere destinato alla produzione della relativa DO, mentre può essere destinato alla produzione di vini a DOC o IGT a partire da un vino a DOCG, oppure di vini a DOC o IGT a partire da un vino a DOC, ove vengano rispettati le condizioni e i requisiti dei relativi disciplinari di produzione, fermo restando il rispetto delle condizioni di cui all’articolo 38. Superata la percentuale del 20 per cento, tutta la produzione decade dal diritto alla rivendicazione della DO. Le regioni, su proposta dei consorzi di tutela di cui all’articolo 41 e sentite le organizzazioni professionali di categoria, in annate climaticamente favorevoli, possono annualmente destinare il predetto esubero massimo di resa del 20 per cento alla produzione del relativo vino a DOP, nel rispetto delle misure gestionali di cui all’articolo 39, comma 1. Nel caso in cui dal medesimo vigneto, destinato alla produzione di vini a DO, l’eccedenza di uva, se previsto nel disciplinare, venga destinata ad altra DOC o IGT, la resa massima di uva, comprensiva dell’eccedenza stessa, non deve essere superiore alla resa massima di uva prevista nel disciplinare della DOC o IGT di destinazione. L’esubero di produzione deve essere vinificato nel rispetto della resa massima di trasformazione prevista nel disciplinare di produzione della DOP o IGP di destinazione;
e) l’indicazione della o delle varietà di uve da cui il vino è ottenuto, con eventuale riferimento alle relative percentuali, fatta salva la tolleranza nella misura massima dell’1 per cento da calcolare su ciascun vitigno impiegato e se collocato in maniera casuale all’interno del vigneto;
f) le condizioni ambientali e di produzione, in particolare:
1) le caratteristiche naturali, quali il clima, il terreno, la giacitura, l’altitudine, l’esposizione;
2) le norme per la viticoltura, quali le forme di allevamento, i sistemi di potatura, il divieto di pratiche di forzatura, tra le quali non è considerata l’irrigazione di soccorso, ed eventuali altre specifiche pratiche agronomiche. Per i nuovi impianti relativi alla produzione di vini a DOCG è obbligatorio prevedere la densità minima di ceppi per ettaro, calcolata sul sesto d’impianto. Nei disciplinari in cui sia indicata la densità d’impianto, eventuali fallanze, entro il limite del 10 per cento, non incidono sulla determinazione della capacità produttiva; oltre tale limite la resa di uva a ettaro è ridotta proporzionalmente all’incidenza percentuale delle fallanze;
3) gli elementi che evidenziano il legame del prodotto a DOP o IGP con il territorio, ai sensi dell’
articolo 94, paragrafo 2, lettera g), del regolamento (UE) n. 1308/2013;
2. Nei disciplinari di cui al comma 1 possono essere stabiliti i seguenti ulteriori elementi:
a) le deroghe per la vinificazione ed elaborazione nelle immediate vicinanze della zona geografica delimitata o in una zona situata nell’unità amministrativa o in un’unità amministrativa limitrofa oppure, limitatamente ai vini a DOP spumanti e frizzanti, al di là delle immediate vicinanze dell’area delimitata purché sempre in ambito nazionale, alle condizioni stabilite dalla specifica normativa dell’Unione europea;
b) il periodo minimo di invecchiamento obbligatorio, in recipienti di legno o di altro materiale, e di affinamento in bottiglia. Fatte salve le disposizioni più restrittive degli specifici disciplinari, detto periodo di invecchiamento è riferito ad almeno l’85 per cento della relativa partita di prodotto;
c) l’imbottigliamento in zona delimitata;
d) le capacità e i sistemi di chiusura delle bottiglie e degli altri recipienti ammessi dalla vigente normativa;
e) le pratiche enologiche utilizzabili e le relative restrizioni, compresi lo stoccaggio e la conservazione dei mosti, dei mosti parzialmente fermentati, del vino nuovo in fermentazione;
f) le ulteriori condizioni facoltative previste dalla legislazione dell’Unione europea e nazionale.
3. La previsione dell’eventuale imbottigliamento in zona delimitata di cui al comma 2, lettera c), può essere inserita nei disciplinari di produzione, conformemente alla vigente normativa dell’Unione europea, alle seguenti condizioni:
a) la delimitazione della zona di imbottigliamento deve corrispondere a quella della zona di vinificazione o elaborazione, ivi comprese le eventuali deroghe di cui al comma 2, lettera a);
b) in caso di presentazione di domanda di protezione per una nuova DOP o IGP, la stessa richiesta deve essere rappresentativa di almeno il 66 per cento, inteso come media, della superficie dei vigneti, oggetto di dichiarazione produttiva nell’ultimo biennio;
c) in caso di presentazione di domanda di modifica del disciplinare intesa ad inserire la delimitazione della zona di imbottigliamento, in aggiunta alle condizioni di cui alla lettera b), la richiesta deve essere avallata da un numero di produttori che rappresentino almeno il 51 per cento, inteso come media, della produzione imbottigliata nell’ultimo biennio. In tal caso le imprese imbottigliatrici interessate possono ottenere la deroga per continuare l’imbottigliamento nei propri stabilimenti siti al di fuori della zona delimitata a condizione che presentino apposita istanza al Ministero allegando idonea documentazione atta a comprovare l’esercizio dell’imbottigliamento della specifica DOP o IGP per almeno due anni, anche non continuativi, nei cinque anni precedenti l’entrata in vigore della modifica in questione;
d) in caso di inserimento della delimitazione della zona di imbottigliamento nel disciplinare a seguito del passaggio da una preesistente IGT ad una DOC, ovvero a seguito del passaggio da una DOC ad una DOCG, si applicano le disposizioni di cui alla lettera c).
4. Quanto previsto al comma 3 si applica fatte salve le disposizioni vigenti relative alle DO i cui disciplinari già prevedono la delimitazione della zona di imbottigliamento.
Art. 36
Modifica dei disciplinari di produzione DOP e IGP
1. Per la modifica dei disciplinari DOP e IGP si applicano per analogia le norme previste per il riconoscimento, conformemente alle disposizioni previste dalla normativa dell’Unione europea vigente e dal decreto di cui all’articolo 32, comma 2.
Art. 37
Modalità di rivendicazione delle produzioni
1. La rivendicazione delle produzioni di uve destinate alla produzione di vini a DO e IG è effettuata annualmente, a cura dei produttori interessati, contestualmente alla dichiarazione di vendemmia prevista dalla vigente normativa dell’Unione europea, mediante i servizi del SIAN, con le modalità stabilite con decreto del Ministro, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
Art. 38
Riclassificazioni, declassamenti e tagli
1. È consentita la coesistenza, in una stessa area di produzione, di vini a DO e a IG, anche derivanti dagli stessi vigneti, a condizione che a cura dell’avente diritto venga operata annualmente, secondo le prescrizioni dei relativi disciplinari di produzione, la scelta vendemmiale. Tale scelta può riguardare denominazioni di pari o inferiore livello, ricadenti nella stessa zona di produzione.
Qualora dal medesimo vigneto vengano rivendicate contemporaneamente più produzioni a DOCG o DOC o IGT, la resa massima di uva a ettaro e la relativa resa di trasformazione in vino non può comunque superare il limite più restrittivo tra quelli stabiliti tra i differenti disciplinari di produzione.
2. È consentito per i mosti e per i vini atti a divenire DOCG o DOC il passaggio dal livello di classificazione più elevato a quelli inferiori. È inoltre consentito il passaggio sia da una DOCG ad un’altra DOCG, sia da DOC ad altra DOC, sia da IGT ad altra IGT, purché:
a) le DO e le IG insistano sulla medesima area viticola, oppure, nel caso in cui le zone di produzione dei vini di cui al presente comma non siano completamente coincidenti, il prodotto provenga da vigneti idonei a produrre il vino della denominazione prescelta;
b) il prodotto abbia i requisiti prescritti per la denominazione prescelta;
c) la resa massima di produzione di quest’ultima sia eguale o superiore rispetto a quella di provenienza, in relazione alla resa effettiva rivendicata.
3. Chiunque può effettuare la riclassificazione di cui al comma 2 del prodotto atto a divenire DO o IG, che fino alla realizzazione della specifica funzionalità nell’ambito dei servizi del SIAN è, per ciascuna partita, annotata nei registri e comunicata all’organismo di controllo autorizzato.
4. Il prodotto già certificato con la DO o classificato con l’IG deve essere declassato in caso di perdita dei requisiti chimico-fisici od organolettici ovvero per scelta del produttore o del detentore. Per tali fini il soggetto interessato, per ciascuna partita, annota l’operazione nei registri e invia comunicazione all’organismo di controllo autorizzato, indicando la quantità di prodotto da declassare e la sua ubicazione, con individuazione degli estremi dell’attestato di idoneità per le DO, e, nel caso di prodotti già imbottigliati, il lotto. Il prodotto ottenuto dal declassamento può essere commercializzato con altra DO o IG o con un’altra categoria di prodotto vitivinicolo qualora ne abbia le caratteristiche e siano rispettate le relative disposizioni applicabili.
5. Il taglio tra due o più mosti o vini a DOCG o DOC o IGT diversi comporta la perdita del diritto all’uso del riferimento geografico originario per il prodotto ottenuto, che può tuttavia essere classificato come vino IGT qualora ne abbia le caratteristiche.
5-bis. Per i vini a IGP, le operazioni di assemblaggio delle partite o delle frazioni di partita di ‘vini finitì e dei prodotti atti alla rifermentazione per la produzione di vini frizzanti e spumanti derivanti da uve raccolte fuori zona (massimo 15 per cento) con vini derivanti da uve della zona di produzione (minimo 85 per cento) sono effettuate anche in una fase successiva alla produzione, nell’ambito della zona di elaborazione delimitata nel disciplinare della specifica IGP, tenendo conto delle eventuali deroghe previste nello stesso disciplinare
6. Il taglio tra vino atto e vino certificato di una stessa DO o IG comporta la perdita della certificazione acquisita, fatta salva la possibilità di richiedere una nuova certificazione per la nuova partita secondo le procedure di cui all’articolo 65.
7. Fatte salve le deroghe previste dagli specifici disciplinari di produzione ai sensi della vigente normativa dell’Unione europea, il trasferimento delle partite di mosti e di vini atti a divenire DOP o IGP al di fuori della zona di produzione delimitata comporta la perdita del diritto alla rivendicazione della DOP o dell’IGP per le partite medesime fatti salvi eventuali provvedimenti adottati dall’Autorità competente in caso di calamità naturali o condizioni meteorologiche sfavorevoli ovvero di adozione di misure sanitarie o fitosanitarie che impediscano temporaneamente agli operatori di rispettare il disciplinare di produzione.
7- bis. In caso di dichiarazione di calamità naturali ovvero di adozione di misure sanitarie o fitosanitarie, o altre cause di forza maggiore, riconosciute dall’Autorità competente, che impediscano temporaneamente agli operatori di rispettare il disciplinare di produzione, è consentito imbottigliare un vino soggetto all’obbligo di cui all’articolo 35, comma 2, lettera c), al di fuori della pertinente zona geografica delimitata.
8. In casi eccezionali, non previsti dalla vigente normativa, su istanza motivata dell’interessato può essere consentito il trasferimento delle partite di mosti e di vini di cui al comma 7 al di fuori della zona di produzione delimitata, previa specifica autorizzazione rilasciata dal Ministero.
Art. 39
Gestione delle produzioni
1. Per i vini a DOP, in annate climaticamente favorevoli, le regioni, su proposta dei consorzi e sentite le organizzazioni professionali di categoria e le organizzazioni professionali della regione, possono destinare l’esubero massimo di resa del 20 per cento di cui all’articolo 35, comma 1, lettera d), a riserva vendemmiale per far fronte, nelle annate successive, a carenze di produzione fino al limite massimo delle rese previsto dal disciplinare di produzione o consentito con provvedimento regionale per soddisfare esigenze di mercato. Le regioni, su proposta dei consorzi e sentite le organizzazioni professionali di categoria e le organizzazioni professionali della regione, in annate climaticamente sfavorevoli, possono ridurre le rese massime di uva e di vino consentite sino al limite reale dell’annata.
2. Le regioni possono ridurre la resa massima di vino classificabile come a DO ed eventualmente la resa massima di uva a ettaro e la relativa resa di trasformazione in vino per conseguire l’equilibrio di mercato, su proposta dei consorzi di tutela e sentite le organizzazioni professionali di categoria e le organizzazioni professionali della regione, e stabilire la destinazione del prodotto oggetto di riduzione. Le regioni possono altresì consentire ai produttori di ottemperare alla riduzione di resa massima classificabile anche mediante declassamento di quantitativi di vino della medesima denominazione o tipologia giacenti in azienda, prodotti nelle tre annate precedenti.
3. Le regioni, su proposta dei consorzi di tutela e sentite le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative e le organizzazioni professionali della regione, possono disciplinare l’iscrizione dei vigneti nello schedario ai fini dell’idoneità alla rivendicazione delle relative DO o IG per conseguire l’equilibrio di mercato.
4. Le regioni, in ogni caso, al fine di migliorare o di stabilizzare il funzionamento del mercato dei vini, compresi le uve e i mosti da cui sono ottenuti, e per superare squilibri congiunturali, su proposta e in attuazione delle decisioni adottate dai consorzi di tutela e sentite le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative e le organizzazioni professionali della regione, possono stabilire altri sistemi di regolamentazione della raccolta dell’uva e dello stoccaggio dei vini ottenuti in modo da permettere la gestione dei volumi di prodotto disponibili, compresa la destinazione degli esuberi di produzione di uva e della resa di trasformazione di uva in vino di cui all’articolo 35.
Art. 40
Comitato nazionale vini DOP e IGP
1. Il comitato nazionale vini DOP e IGP è organo del Ministero. Ha competenza consultiva e propositiva in materia di tutela e valorizzazione qualitativa e commerciale dei vini a DOP e IGP.
2. Il comitato di cui al comma 1 è composto dal presidente e dai seguenti membri, nominati dal Ministro:
a) tre funzionari del Ministero;
b) tre membri esperti, particolarmente competenti in materie tecniche, scientifiche e legislative attinenti al settore della viticoltura e dell’enologia;
c) due membri designati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in rappresentanza e in qualità di coordinatori delle regioni;
d) un membro esperto nel settore vitivinicolo di qualità designato dall’Ordine nazionale dei dottori agronomi e dei dottori forestali;
e) un membro designato dall’unione nazionale delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, in rappresentanza delle camere stesse;
f) un membro designato dall’Associazione enologi enotecnici italiani;
g) un membro designato dalla Federazione nazionale dei consorzi volontari di cui all’articolo 41, in rappresentanza dei consorzi stessi;
h) tre membri designati dalle organizzazioni agricole maggiormente rappresentative;
i) due membri designati dalle organizzazioni di rappresentanza e tutela delle cantine sociali e delle cooperative agricole;
l) due membri designati dalle organizzazioni degli industriali vinicoli.
3. Qualora il comitato tratti questioni attinenti a una DOP ovvero a una IGT, partecipano alla riunione, con diritto di voto, un rappresentante della regione interessata, nonché un rappresentante del Consorzio di tutela autorizzato ai sensi dell’articolo 41, senza diritto di voto.
4. In relazione alle competenze di cui al comma 1, su incarico del Ministero, possono partecipare alle riunioni del comitato, senza diritto di voto, uno o più esperti particolarmente competenti su specifiche questioni tecniche, economiche o legislative trattate dal comitato stesso.
5. Il presidente e i componenti del comitato durano in carica tre anni e possono essere riconfermati per non più di due volte.
L’incarico di membro effettivo del comitato è incompatibile con incarichi dirigenziali o di responsabilità svolti presso organismi di certificazione o altre organizzazioni aventi analoghe competenze.
Il Ministro, con proprio decreto, definisce l’ambito di applicazione delle disposizioni di cui al presente comma.
6. Il comitato:
a) esprime il proprio parere secondo le modalità previste dalla presente legge, nonché, su richiesta del Ministero, su ogni altra questione relativa al settore vitivinicolo;
b) collabora con i competenti organi statali e regionali all’osservanza della presente legge e dei disciplinari di produzione relativi ai prodotti a DO o a IG.
7. Le funzioni di segreteria tecnica e amministrativa del comitato sono assicurate da funzionari del Ministero nominati con decreto del Ministero.
Art. 41
Consorzi di tutela
1. Per ciascuna DOP o IGP può essere costituito e riconosciuto dal Ministero un Consorzio di tutela. Il consorzio è costituito fra i soggetti inseriti nel sistema di controllo della denominazione e persegue le seguenti finalità:
a) avanzare proposte di disciplina regolamentare e svolgere compiti consultivi relativi alla denominazione interessata, nonché collaborativi nell’applicazione della presente legge;
b) svolgere attività di assistenza tecnica, di proposta, di studio, di valutazione economico-congiunturale della DOP o IGP, nonché ogni altra attività finalizzata alla valorizzazione della denominazione sotto il profilo tecnico dell’immagine;
c) collaborare, secondo le direttive impartite dal Ministero, alla tutela e alla salvaguardia della DOP o dell’IGP da abusi, atti di concorrenza sleale, contraffazioni, uso improprio delle denominazioni tutelate e comportamenti comunque vietati dalla legge; collaborare altresì con le regioni per lo svolgimento delle attività di competenza delle stesse;
d) svolgere, nei confronti dei soli associati, le funzioni di tutela, di promozione, di valorizzazione, di informazione del consumatore e di cura generale degli interessi della relativa denominazione;
e) effettuare, nei confronti dei soli associati, attività di vigilanza prevalentemente rivolte alla fase del commercio, in collaborazione con l’ICQRF e in raccordo con le regioni.
2. È consentita la costituzione di consorzi di tutela per più DO e IG purché le zone di produzione dei vini interessati, come individuate dal disciplinare di produzione, ricadano nello stesso ambito territoriale provinciale, regionale o interregionale e purché per ciascuna DO o IG sia assicurata l’autonomia decisionale in tutte le istanze consortili.
3. Il riconoscimento di cui al comma 1 da parte del Ministero è attribuito al Consorzio di tutela che ne faccia richiesta e che:
a) sia rappresentativo, a seguito di verifica effettuata dal Ministero sui dati inseriti nel sistema di controllo ai sensi dell’articolo 63, di almeno il 35 per cento dei viticoltori e di almeno il 51 per cento, inteso come media, della produzione certificata dei vigneti iscritti nello schedario viticolo della relativa DO o IG riferita agli ultimi due anni, salva deroga a un anno nel caso di passaggio da DOC a DOCG e da IGT a DOC;
b) sia retto da uno statuto che rispetti i requisiti individuati dal Ministero e consenta l’ammissione, senza discriminazione, di viticoltori singoli o associati, vinificatori e imbottigliatori autorizzati, e che ne garantisca una equilibrata rappresentanza negli organi sociali, come definito con il decreto di cui al comma 12;
c) disponga di strutture e risorse adeguate ai compiti.
4. Il consorzio riconosciuto, che dimostri, tramite verifica effettuata dal Ministero sui dati inseriti nel sistema di controllo ai sensi dell’articolo 63, la rappresentatività nella compagine sociale del consorzio di almeno il 40 per cento dei viticoltori e di almeno il 66 per cento, inteso come media, della produzione certificata, di competenza dei vigneti dichiarati a DO o IG negli ultimi due anni, salva deroga a un anno nel caso di passaggio da DOC a DOCG e da IGT a DOC, può, nell’interesse e nei confronti di tutti i soggetti inseriti nel sistema dei controlli della DOP o IGP anche non aderenti:
a) definire, previa consultazione dei rappresentanti di categoria della denominazione interessata, l’attuazione delle politiche di gestione delle produzioni di cui all’articolo 39, al fine di salvaguardare e tutelare la qualità del prodotto a DOP o IGP e contribuire ad un migliore coordinamento dell’immissione sul mercato della denominazione tutelata, nonché definire piani di miglioramento della qualità del prodotto;
b) organizzare e coordinare le attività delle categorie interessate alla produzione e alla commercializzazione della DOP o IGP;
c) agire, in tutte le sedi giudiziarie e amministrative, per la tutela e la salvaguardia della DOP o dell’IGP e per la tutela degli interessi e dei diritti dei produttori;
d) esercitare funzioni di tutela, di promozione, di valorizzazione, di informazione del consumatore e di cura generale degli interessi della relativa denominazione;
e) svolgere azioni di vigilanza da effettuare prevalentemente nella fase del commercio in collaborazione con l’ICQRF e in raccordo con le regioni.
5. Le attività di cui alla lettera e) del comma 1 e alla lettera e) del comma 4 sono distinte dalle attività effettuate dagli organismi di controllo e sono svolte, nel rispetto della normativa nazionale e dell’Unione europea, sotto il coordinamento dell’ICQRF e in raccordo con le regioni. L’attività di vigilanza di cui alla lettera e) del comma 1 e alla lettera e) del comma 4 è esplicata prevalentemente nella fase del commercio e consiste nella verifica che le produzioni certificate rispondano ai requisiti previsti dai disciplinari e che prodotti similari non ingenerino confusione nei consumatori e non rechino danni alle produzioni a DOP e IGP. Agli agenti vigilatori incaricati dai consorzi, nell’esercizio di tali funzioni, può essere attribuita la qualifica di agente di pubblica sicurezza nelle forme di legge ad opera dell’autorità competente; i consorzi possono richiedere al Ministero il rilascio degli appositi tesserini di riconoscimento, sulla base della normativa vigente. Gli agenti vigilatori già in possesso della qualifica di agente di pubblica sicurezza mantengono la qualifica stessa, salvo che intervenga espresso provvedimento di revoca. Gli agenti vigilatori in nessun modo possono effettuare attività di vigilanza sugli organismi di controllo né possono svolgere attività di autocontrollo sulle produzioni
6. Fatti salvi i poteri attribuiti ai competenti organi dello Stato, gli agenti vigilatori con qualifica di agente di pubblica sicurezza, legati ad uno o più consorzi di tutela di cui al presente articolo da un rapporto di lavoro, sono addetti all’accertamento delle violazioni da essi rilevate nell’ambito delle proprie funzioni di controllo. L’attività di cui al periodo precedente non comporta nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato ed è equiparata a quella prevista dall’articolo 13, commi primo e secondo, della legge 24 novembre 1981, n. 689.
7. I costi sostenuti dai consorzi autorizzati ai sensi del comma 4 per le attività svolte sono a carico di tutti i soci del consorzio nonché di tutti i soggetti inseriti nel sistema di controllo, anche se non aderenti al consorzio, secondo criteri di trasparenza definiti con il decreto di cui al comma 12. Con tale decreto sono altresì stabilite le procedure e le modalità per assicurare l’informazione di tutti i soggetti, inseriti nel sistema dei controlli della relativa denominazione, in ordine alle attività di cui al comma 4.
8. I consorzi di tutela incaricati di svolgere le funzioni di cui al comma 4 in favore delle DOP o delle IGP possono chiedere ai nuovi soggetti utilizzatori della denominazione, al momento dell’immissione nel sistema di controllo, il contributo di avviamento di cui al decreto-legge 23 ottobre 2008, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2008, n. 201, secondo i criteri e le modalità stabiliti con il decreto di cui al comma 12 del presente articolo.
9. Il consorzio riconosciuto ai sensi del comma 4 può proporre l’inserimento, nel disciplinare di produzione, come logo della DOP o dell’IGP, del marchio consortile precedentemente in uso ovvero di un logo di nuova elaborazione. Il logo che identifica i prodotti a DOP o IGP è detenuto, in quanto dagli stessi registrato, dai consorzi di tutela per l’esercizio delle attività loro affidate. Il logo medesimo è utilizzato come segno distintivo delle produzioni conformi ai disciplinari delle rispettive DOP o IGP, come tali attestati dagli organismi di controllo autorizzati, a condizione che la relativa utilizzazione sia garantita a tutti i produttori interessati al sistema di controllo delle produzioni stesse, anche se non aderenti al consorzio, in osservanza delle regole contenute nel regolamento consortile.
10. È fatta salva per i consorzi la possibilità di detenere e utilizzare un marchio consortile, in favore degli associati, da sottoporre ad approvazione ministeriale e previo inserimento dello stesso nello statuto.
11. I consorzi di tutela di cui al comma 4, anche in collaborazione con enti e organismi pubblici e privati, possono favorire e promuovere attività di promozione dell’enoturismo.
12. Per quanto non previsto dal presente articolo, con decreto del Ministro, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono stabilite le condizioni per consentire ai consorzi di svolgere le attività indicate nel presente articolo. Con il medesimo decreto sono stabilite le eventuali cause di incompatibilità degli organi amministrativi dei consorzi, ivi comprese quelle relative ai rapporti di lavoro dei dirigenti dei consorzi medesimi, e sono definite anche le ipotesi di esclusività nei rapporti di lavoro sottesi.