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Teobaldo Cappellano e il suo Barolo Otin Fiorin

Teobaldo CappellanoUn personaggio come Baldo Cappellano, vignaiolo verace e profondamente legato alle Langhe e alla loro storia e tradizione, contrario agli OGM, ostile alle mode e alle modernizzazioni che tendono ad offuscare la bellezza e il fascino naturale del “nebiolo”, come si chiamava un tempo e come lui ci ricorda “con una sola b perché è più dolce”, non può essere considerato un semplice produttore di vino. La sua statura, elevata non solo fisicamente, è indiscutibile; come il compianto Bartolo Mascarello, Baldo è un uomo che sta dando tanto al “popolo del nebbiolo”, non solo attraverso i suoi fantastici vini, ma anche attraverso la parola, ogni suo intervento è pieno di cultura, amore, passione, motivo di riflessione per tutti coloro che si accostano a quelle straordinarie terre dove nasce il re dei vini, che siano vignaioli, giornalisti o semplici appassionati. Il suo percorso verso una tradizionalità consapevole e matura, dove il vino diventa natura, con tutti i pregi e i difetti che questo può significare, alla ricerca di una purezza interiore che solo una precisa filosofia può infondere, dove la materia non va manipolata ma assecondata, perché solo così potrà ricordarci, una volta nel calice, la sua storia, la terra da cui nasce, la diversità espressiva di ogni annata, senza nasconderne gli eventuali limiti con metodi assai poco ortodossi. Se qualcosa si può fare, si deve fare soprattutto in vigna, basandosi sull’esperienza maturata negli anni, accettando il fatto di dover a volte sacrificare gran parte del raccolto per ottenere comunque un vino di qualità, o all’occorrenza rnunciare a produrre il Barolo in quell’annata se non ha raggiunto il livello qualitativo necessario perché sia degno di quel nome. Scelte difficili ed economicamente certamente non vantaggiose, ma necessarie se si crede profondamente nel proprio vino non come semplice bevanda, ma come simbolo di cultura, di fatica, di storia, di amore e perseveranza. Ecco, così é Teobaldo Cappellano e così sono i suoi vini. Vale la pena riportare quanto da lui scritto nella retroetichetta del Barolo Otin Fiorin:
A chi di Guide si interessa:
Nel 1983 chiesi al giornalista Sheldon Wasserman di non pubblicare il punteggio dei miei vini. Così fece, ma non solo, sul libro Italian Nobile Wines scrisse che chiedevo di non far parte di classifiche ove il confronto, dagli ignavi reso dogma, è disaggregante termine numerico e non condivisa umana fatica. Non ho cambiato idea, interesso una fascia ristretta di amici-clienti, sono una piccola azienda agricola da 20 mila bottiglie l’anno, credo nella libera informazione, positiva o negativa essa sia. Penso alle mie colline come una plaga anarchica, senza inquisitori o opposte fazioni, interiormente ricca se stimolata da severi e attenti critici; lotto per un collettivo in grado d’esprimere ancor oggi solidarietà contadina a chi, da Madre Natura, non è stato premiato.
È un sogno? Permettetemelo”.
Teobaldo

Barolo Otin Fiorin Pié Rupestris-Nebioli 1998 - CappellanoBarolo Otin Fiorin (Piè Rupestris-Nebioli) 1998 – 14%: esistono due versioni di questo Barolo: questa, ottenuta da viti di nebbiolo con innesto americano e la Piè Franco-Michet, ottenuta da una vigna impiantata da Cappellano oltre trentanni fa di viti di nebbiolo varietà Michet a piede franco, cioé senza l’innesto americano, quindi post-fillossera, ambedue facenti comunque parte dello straordinario cru Gabutti, che Renato Ratti classificò come sottozona di prima categoria. Ovviamente la versione Rupestris risulta leggermente inferiore, ma le impressioni sono decisamente molto positive. Mentre verso il vino nel calice e osservo il suo bellissimo colore granato con venature fumé, sfiora i miei sensi un bellissimo profumo di viola, appena appassita; lascio riposare qualche minuto il vino nell’ampio ballon e aspetto pazientemente che si ossigeni. Intanto noto con piacere la totale assenza di odori sgradevoli determinati dal tempo di chiusura in bottiglia, poi, dopo parecchi minuti durante i quali divento sempre più impaziente, accosto il mio ingombrante naso al calice e inspiro senza forzare. La prugna e la liquirizia arrivano per prime, c’è una grande morbidezza nei profumi, quasi una sottile dolcezza, infine arriva la speziatura, noce moscata e ginepro, ma c’è anche il sottobosco, le foglie che si legano al muschio e ai funghi, il tabacco biondo, una vena di goudron; agitando il calice il ginepro diventa più deciso e progredisce verso il chiodo di garofano, e potremmo andare avanti a lungo con le sensazioni…Assaggio, un sorso abbondante, lascio che avvolga completamente le pareti della bocca, poi deglutisco contro ogni regola, i vini di Baldo non si sputano! E ho fatto bene. Che sensazione, quasi sensuale, i tannini sono dolci ma non ingannevolmente femminei, sono decisi eppur rispettosi, marcano il territorio ma senza apporre barriere ai sensi, così ritornano la prugna e la liquirizia, le note eteree, la ciliegia sotto spirito, e c’è una bella freschezza che lascia le papille come elettrizzate e incredibilmente sensibili, le percezioni sono tattili, lunga la persistenza, inevitabile assaporarne ancora.

Barolo Otin Fiorin Pié Franco-Michet 1999 - CappellanoBarolo Otin Fiorin (Piè Franco-Michet) 1999 – 14%: il granato intenso e lineare con un leggero e fisiologico digradare ai bordi è già una piacevole emozione, che mi ricorda qual’è il vero colore del nebbiolo da Barolo. La distinzione è necessaria perché non è allarmante vedere un rubino intenso in un nebbiolo giovane, al primo anno di età, è normale, gli antociani non sono ancora precipitati, ma certo può insospettire una tinta decisamente violacea e impenetrabile. Figuriamoci quando, come in alcuni casi mi è capitato di osservare soprattutto nel recente passato, quell’improbabile colore scaturiva proprio da un “Barolo” che aveva già quattro anni sulle spalle! Ma torniamo all’Otin Fiorin di Baldo e godiamo del suo bouquet riccamente floreale di rosa, geranio e viola in fase di appassimento, stupiamoci nel notare quell’assai rara sfumatura agrumata, privilegio di pochi vini rossi, quel leggero richiamo alla china, il legno di liquirizia, più dolce, la ciliegia e la prugna appena mature, il sottobosco, la terra, il cuoio, sensazioni balsamiche fra la menta e l’eucalipto. Lo lascio sostare in bocca per percepirne la consistenza e già sento una miriade di sensazioni che mi spingono irresistibilmente, quasi fosse un delizioso cioccolatino, a masticarlo e poi deglutirlo. Splendidamente rotondo al palato, il tannino è puro velluto, il rosso è giovane eppure di prepotente e intensa suggestione, c’è molta frutta ma anche le spezie che dilettano, un po’ di pepe e tanta liquirizia nel finale. Grande millesimo.

Barolo Otin Fiorin Pié Franco-Michet 2000 - CappellanoBarolo Otin Fiorin (Piè Franco-Michet) 2000 – 14%: come lasciano il segno le annate, soprattutto nei vini senza trucchi. Qui il colore è, a dispetto della più giovane età, già granato netto e più trasparente, leggero, sebbene ugualmente affascinante. I profumi appaiono più compatti, fusi, come se fiori, frutta e spezie fossero tutti sullo stesso piano, fatto non necessariamente negativo ma che identifica una netta differenza espressiva rispetto agli altri due vini. Questa è almeno la situazione al momento, il vino si trasforma, evolve, diventa più adulto, tutto può cambiare. Ad esempio, lasciandolo respirare a lungo nel calice si comincia a sentire una maggiore dominanza floreale, e non potrebbe essere altrimenti, siamo di fronte al vino più giovane (per modo di dire, visto che ha già compiuto 6 anni!); ed ecco la ciliegia che fa capolino, quasi fresca, succosa, meno prugna; lo speziato esprime toni di cannella, tabacco biondo, un velo di cuoio, poi la liquirizia, la terra bagnata. In bocca è di grande freschezza, tannino sempre elegante ma appena più aggressivo, affiora la china, il balsamico; c’è meno polpa che nella versione 1999, ma ha personalità ed è in grado di evolvere molto bene, probabilmente saranno lo speziato e le note eteree a caratterizzarlo maggiormente.

Roberto Giuliani

Roberto Giuliani

Figlio di un musicista e una scrittrice, è rimasto da sempre legato a questi due mestieri pur avendoli traditi per trent’anni come programmatore informatico. Ma la sua vera natura non si è mai spenta del tutto, tanto che sin da ragazzo si è appassionato alla fotografia e venticinque anni fa è rimasto folgorato dal mondo del vino, si è diplomato sommelier e con Maurizio Taglioni ha fondato Lavinium, una delle prime riviste enogastronomiche del web, alla quale si dedica tutt’ora anima e corpo in qualità di direttore editoriale. Collabora anche con altre riviste web e ha contribuito in più occasioni alla stesura di libri e allo svolgimento di eventi enoici. Dal 2011 fa parte del gruppo Garantito Igp.

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