Taste Alto Piemonte 2021: dal Prünent alla Vespolina, dall’Erbaluce all’Uva rara, 47 vini per raccontarlo
Il primo evento post pandemia, meditato, ponderato, fortemente desiderato, a cui ho partecipato non poteva che essere Taste Alto Piemonte 2021, nei giorni dal 10 al 12 giugno. Le ragioni sono molteplici: è uno dei territori che più amo in assoluto, per i vini e per le persone, se non abitassi a oltre 600 km di distanza ci tornerei molto, molto spesso, inoltre mi mancava ancora una zona da conoscere più a fondo, le Valli Ossolane.
Ormai ho perso il conto di quante volte dal 2004 in poi ho girovagato per le terre che coinvolgono denominazioni come Gattinara, Ghemme, Boca, Bramaterra, Fara, Lessona, Sizzano, Colline Novaresi, Coste della Sesia e Valli Ossolane.
Vedendo il numero delle denominazioni, qualcuno potrebbe pensare che si tratta di un territorio molto ampio, invece dal punto di vista vitivinicolo parliamo di un lembo di terra che occupa la parte più a nord del Piemonte e abbraccia le province di Biella, Novara, Vercelli e, sulla punta, Verbano-Cusio-Ossola (di cui Verbania è capoluogo).
Complessivamente il parco vitato per provincia, dati 2019, è il seguente: Novara 281 ettari, Vercelli e Biella 181, Verbano-Cusio-Ossola meno di 9 ettari. Una realtà produttiva, quindi, decisamente contenuta, per darvi un’idea la sola Montalcino dispone di circa 3.500 ettari vitati.
Negli ultimi anni si sta assistendo a un progressivo sviluppo dei diversi territori, da Boca all’Ossola, ma ovviamente partiamo di una crescita contenuta, del resto di questi tempi investire in vigna e cantina è un lusso che pochi si possono permettere.
Ciò nonostante la crescita c’è, grazie anche alle nuove generazioni che stanno capendo quanto sia importante salvaguardare una tradizione che ha subito un offuscamento nel periodo dello sviluppo industriale. Basti pensare che fino agli anni ’50 il parco vigneti era il protagonista assoluto di gran parte dell’Alto Piemonte, con la bellezza di 42.000 ettari vitati. Il paesaggio collinare era rappresentato dai vigneti, più o meno come vediamo oggi in Langa, ma con il boom economico che ha visto nascere piccole e medie imprese dell’abbigliamento, dell’arredamento, tessili e metalmeccaniche, il mondo agricolo si è spopolato a vantaggio di un più sicuro e remunerativo lavoro in fabbrica. Ma questa è storia, quello che conta è che oggi si è riaccesa la lampadina della viticoltura, supportata ove le condizioni lo permettano, da macchinari e strumenti che alleviano la fatica di chi opera in questo campo e ne migliorano i risultati. Non è accaduto solo per una indubbia presa di coscienza di quanto sia importante coltivare la terra, ma anche perché quelle grandi promesse del mondo industriale non sono state del tutto mantenute; il mondo cambia e ci sono settori che non rendono più come prima, inoltre è aumentata l’attenzione all’ambiente, si è visto quanti danni hanno fatto (e continuano a fare) alcuni industriali accecati dalla voglia di profitto, non si poteva andare avanti così all’infinito, e le nuove generazioni hanno una maggiore consapevolezza, non a caso sono sempre di più le aziende che puntano al biologico o comunque a un uso sempre più contenuto di prodotti chimici, a un migliore equilibrio dell’ecosistema, a sistemi di lotta integrata che danno risultati spesso eccellenti.
Tornare, quindi, in una delle aree dove tutto ciò che ho descritto è parte della sua storia, non poteva che darmi una sincera emozione, peccato solo che questo flagello pandemico abbia messo in difficoltà molte piccole e medie realtà, riducendo inevitabilmente la partecipazione a un evento che, a oggi, è sicuramente la migliore vetrina dell’Alto Piemonte.
Quest’anno l’evento è tornato ad essere itinerante, la mattinata dedicata alle degustazioni di 47 campioni è stata preceduta da due giorni di press tour nei territori delle diverse denominazioni di origine, il tempo ci ha assistito rendendo possibile la visita ai vigneti, in condizioni climatiche decisamente estive. Ma da questi tour ricaverò un articolo successivamente.
La degustazione tecnica si è svolta la mattina di sabato 12 giugno in un’ampia sala del Grand Hotel des Iles Borromées; devo sinceramente congratularmi con i sommelier Ais che ci hanno servito i vini perché sono stati velocissimi, non ho avuto alcuna pausa fra una serie e l’altra, cosa che mi ha permesso di valutare i campioni in tempi ragionevolissimi.
Ecco le mie impressioni seguendo l’ordine:
₪₪₪₪ COLLINE NOVARESI ₪₪₪₪
Colline Novaresi Bianco Costa di Sera dei Tabacchei 2020 Alfonso Rinaldi – un erbaluce esemplare dal bouquet di grande finezza, davvero espressivo, tanto floreale, con note di agrumi dolci, erbe aromatiche, molto minerale, pulitissimo. Speculare al gusto, fresco, privo di quei tratti verdi e quasi acerbi che spesso caratterizzano l’Erbaluce giovane; ottima lunghezza e bevibilità trascinante, una delle migliori annate prodotte da questo piccolo, straordinario, viticoltore di Suno che adora il rock, quello vero.
Colline Novaresi Rosato Nebbiolo Roshé 2019 Enrico Crola – credo sia la seconda annata prodotta di questo rosato da nebbiolo che va ad affiancare la versione spumante; ha colore buccia di cipolla, il carattere del nebbiolo è percepibile già al naso, ottima trama floreale di rose e gerani, spunti agrumati e di ciliegia e lampone. In bocca c’è una leggera presenza tannica che dà nerbo al sorso, buona freschezza, non ha l’impeto travolgente dell’Hallé Brut, ma ha dalla sua una scorrevolezza e digeribilità notevoli.
Colline Novaresi Rosato Nebbiolo Mezzatinta 2019 Vigneti Costacurta – l’immagine sull’etichetta che avvolge questo vino e il Tintaunita prodotti dall’azienda di Guido Costacurta, è ottenuta dalla scansione di una foglia, il risultato è davvero notevole, una bellissima etichetta. Guido è, insieme a Enrico Crola, un altro informatico che ha scelto di tornare alla vigna, rilevando l’azienda di famiglia. Questo rosato da nebbiolo in purezza ha colore rosa tenue con venature aranciate e una trama olfattiva che richiama la rosa, il biancospino, fragola e mela con guizzi verso la menta e il pepe bianco. Al palato è decisamente fresco, leggermente pepato e con ricordi di pesca, finale sapido e stimolante.
Colline Novaresi Vespolina Bona 2019 I Dof Mati – realtà nuovissima nel Comune di Briona gestita da Sara e Valentina, due ragazze (dof mati in dialetto piemontese) che hanno recuperato alcuni appezzamenti tra Ghemme e Sizzano e si sono buttate in questa esperienza produttiva con grande entusiasmo. La Vespolina Bona ha un ottimo esordio, caratterizzata più da tratti delicati che esuberanti, si sente che è giovane ma ha già una buona impronta fruttata che richiama il lampone e la marasca, arricchiti da uno slancio speziato dove il pepe emerge sempre con chiarezza. In bocca esprime le caratteristiche tipiche del vitigno, è una vespolina ben riconoscibile e fresca, ancora qualche mese e avrà acquisito ancora più carattere.
Colline Novaresi Uva Rara Pueritia 2018 Tenuta Il Corvo – altra azienda recentissima, nata nel 2017 dalla passione di Mattia e Davide in quel di Boca e impostata subito in biologico. Il Pueritia ha una naso gradevole di frutta rossa quali ciliegia, lampone e prugna, pennellate speziate di pepe, vaniglia e liquirizia. Bocca sincera, fresca, piacevole, diretta, senza fronzoli, lascia una sensazione di pulizia e digeribilità.
Colline Novaresi Nebbiolo Caramino 2018 Dei Cavallini – ancora una recente realtà, questa volta a Fara Novarese, il giovane Damiano Cavallini, perito aeronautico che aveva intrapreso un percorso di studi in architettura e, colto da quel mal di vigna che affligge sempre più esseri umani, ha deciso di cambiare strada. Oggi conduce 4,5 ettari vitati tra Fara e Briona lavorati a guyot con il metodo di Simonit & Sirch, niente diserbo, sovescio come nutriente e massima attenzione all’ambiente, presto riceverà la certificazione biologica. Il Caramino è il vino di punta, trascorre due anni in tonneaux e il millesimo 2018, se non fosse per qualche velo gusto-olfattivo, dovuto più che altro a riduzione, ha un profilo del tutto particolare, con note di arancia amara, prugna, liquirizia, china; al palato ha tannino setoso e risolto, buona freschezza e polpa ricca e persistente. Più tempo nel calice lo avrebbe magari ripulito consentendo un’espressività ancora più convincente.
Colline Novaresi Nebbiolo (BIO) 2018 Imazio – l’azienda di Alberto Imazio è stata fondata nel 1996 ma ha una tradizione che vanta oltre tre secoli di storia, ha sede a Ghemme ed è conosciuta per la produzione di vino e miele biologici, tutta la filiera è interamente certificata. Questo Nebbiolo 2018 non era del tutto a posto, purtroppo aveva alcune note poco pulite che non sono mutate dopo la richiesta di un altro campione, peccato, spero in futuro di avere altre occasioni per poterlo valutare.
Colline Novaresi Nebbiolo Mötziflon 2017 Francesco Brigatti – torniamo a Suno, nel novarese, se conosci Francesco capisci i suoi vini, sempre diretti, profondi, spesso commoventi per la bellezza dei loro tratti; il Mötziflon 2017 conferma tutto questo, esprime un bouquet elegante, finissimo sia nella trama floreale che in quella fruttata, regalando suggestioni che lasciano il segno. Anche al palato si conferma una bellissima espressione di un’annata sulla carta molto calda e difficile, ma che qui non trapela in alcun modo, mostrando grande fascino, freschezza, equilibrio, lunghezza.
Colline Novaresi Nebbiolo Opera 32 2016 La Capuccina – il primo giorno di agosto dello scorso anno Gianluca Zanetta è stato trascinato via da un brutto male, una perdita immensa, non solo per sua moglie Raffaella e i suoi tre figli, ma per tutte quelle persone che lo hanno conosciuto e apprezzato per il suo straordinario lavoro di promozione del territorio e dei vini dell’Alto Piemonte; oggi avrebbe compiuto 52 anni. Il suo agriturismo La Capuccina a Cureggio, frazione di Borgomanero, è un punto di riferimento, non solo per le oltre 170 etichette di vini del territorio, ma anche per l’accoglienza, la buona cucina, l’atmosfera che si sente quando vi si soggiorna. Da qualche anno aveva rilevato con dei soci 6 ettari vitati appartenuti ai Dessilani, mi raccontava dei suoi progetti e dei vini che voleva fare. Abbiamo parlato insieme del suo Opera 32 2016, quando l’ho assaggiato ad aprile del 2019, allora gli dissi che la materia prima era eccellente ma ancora troppo coperta dal legno. A settembre andava già un po’ meglio, ma ora che sono passati due anni sembra che quel boisé stia finalmente cedendo il passo a un vino di classe, frutto di un’ottima annata, intenso e raffinato, ma questo lui lo sapeva già…
Colline Novaresi Nebbiolo Valentina 2016 Il Roccolo di Mezzomerico – l’azienda di Margherita e Pietro Gelmini si trova in questo piccolo comune a pochi chilometri dal confine lombardo. Il Valentina nasce dai 4 ettari a nebbiolo di proprietà in posizione collinare (300 metri s.l.m.); dedicato alla primogenita, viene maturato in barrique di rovere francese. Al naso esprime note di ciliegia e prugna, una speziatura fine, rintocchi di cacao e liquirizia.
Al palato ha buona acidità, tannino ancora non del tutto integrato ma di grana fine, non manca di personalità.
₪₪₪₪ VALLI OSSOLANE ₪₪₪₪
Valli Ossolane Nebbiolo Superiore Stella Prünent 2019 Edoardo Patrone – eccoci al primo vino proveniente dall’affascinante Val d’Ossola, di Edoardo Patrone avevo già apprezzato il rosso Vigna Vagna 2017 nell’edizione di Taste Alto Piemonte di due anni fa; qui abbiamo un nebbiolo in purezza, un biotipo caratteristico della Valle chiamato prünent, messo in acciaio con un 5% di uve con il proprio raspo, maturato in barrique per 6 mesi: mostra una gamma di profumi che vanno dalla viola alla fragola, con riverberi di prugna e ciliegia nera; al palato ha già un buon equilibrio e il legno è ben integrato, buona freschezza anche se mi aspettavo un maggiore slancio, una vitalità e un’energia che quel territorio è in grado di trasmettere (magari era un problema del campione in degustazione).
Valli Ossolane Nebbiolo Superiore Prünent 2018 Cà da L’Era – torniamo in Val d’Ossola dove Mara Toscani con il marito Marco Martini gestisce 2 ettari di vigneti situati principalmente a Pieve Vergonte e nei paesi di Trontano, Crossiggia e Campoccio per un totale produttivo di sole 5000 bottiglie. Ecco perché avere dato vita una ventina d’anni fa all’APAO (Associazione Produttori Agricoli Ossolani) ha un’importanza fondamentale, che oltre ad avere lo scopo di sensibilizzare e incentivare al recupero della viticoltura, dell’agricoltura e della frutticoltura locale, fornisce anche un sostegno a chi desidera investire in questo settore, oltre ad avere maggiori strumenti per poter fare promozione del territorio. Il Prünent 2018 mi è piaciuto molto, si sente che è in crescita ma ha già stoffa da vendere, porta in sé i tratti di questa terra straordinaria, oltre a una bella trama che viaggia tra fiori e frutti che si scambiano il ruolo dominante, tra viole, lamponi e mirtilli su uno sfondo piacevolmente speziato. All’assaggio è fresco, ampio, con chiari influssi minerali e accenti che vanno verso la china, la liquirizia, le erbe officinali. Crescerà ancora, per chi avrà avuto la fortuna di acquistare qualcuno di quei 660 esemplari.
Valli Ossolane Nebbiolo Superiore Prünent Diecibrente 2016 Cantine Garrone – quando nel 1900 la fillossera arrivò in Ossola fece un bel disastro, poi l’industrializzazione dette un’ulteriore botta alla viticoltura locale, portando via le braccia alla terra per lavori più sicuri e remunerativi. L’unica azienda rimasta a tenere viva la cultura agricola è stata Cantine Garrone, che da più di un secolo ha continuato a produrre vino con propri vigneti e con il contributo delle uve dei tanti piccoli contadini della zona. Oggi Marco, Matteo, Roberto e Mario continuano questo lavoro in collaborazione con gli altri viticoltori del gruppo APAO. I loro vini sono una sicurezza, come questo Prünent Diecibrente, che nasce dalle uve di un unico vigneto del 1920 situato a Pello di Trontano e matura in botte per 15 mesi. Anche in questo caso si tratta di sole 660 bottiglie, che corrispondono appunto a 10 brente (contenitori per il trasporto dell’uva).
Ha impatto profondo e ampio, pulito, con note di rosa scura, prugna, arancia, pepe, sfumature di artemisia e liquirizia; bocca coerente, lunga, intensa, molto fine, ha carattere e complessità da vendere.
Valli Ossolane Nebbiolo Superiore Maria Rita Prünent 2017 ECA – A Villadossola Alessandro Bonacci è partito negli anni ’80 con un ettaro di merlot, a cui ha affiancato molti anni dopo un appezzamento di 0,6 ettari a nebbiolo prünent, da cui nasce il Maria Rita, che esprime una spiccata nota di ciliegia, poi ribes nero, prugna e amarena, sfumature pepate. In bocca è intenso, un po’ scomposto per via di un tannino ancora aggressivo e un po’ ruvido, ma la materia è ottima, diamogli tempo.
Valli Ossolane Nebbiolo Superiore Prünent 2017 Villa Mercante – mi riprometto in una futura occasione di riprovare questo vino di Luca Mercante, che non mi ha convinto del tutto per una presenza ancora marcata del legno e una struttura che in parte sottrae eleganza al vino. Mai dare giudizi definitivi…
Valli Ossolane Nebbiolo Superiore Prünent 2016 La Cantina di Tappia – Corrado Zanetti è una persona di grande simpatia, dinamico e sempre pronto a condividere un bicchiere facendo quattro chiacchiere sul territorio. Anche lui è uno dei pionieri della nuova spinta ossolana, con i suoi 1,5 ettari vitati, ennesimo esempio di quanto queste realtà abbiano bisogno di fare gruppo per acquisire una portata produttiva che testimoni al meglio il valore di questo lembo di terra. Raramente mi è capitato di adoperare un termine come questo per descrivere un vino, ma “divertente” mi è venuto naturale, perché è un rosso brioso, che sa di viole e piccoli frutti con un tocco profondamente minerale; avendo utilizzato come contenitori delle barrique usate, di legno non v’è traccia, mentre tutto il sapore fruttato e delicatamente speziato governa i sensi di chi lo degusta. Ecco un esempio di nebbiolo Prünent riconoscibile a occhi chiusi.
₪₪₪₪ COSTE DELLA SESIA ₪₪₪₪
Coste della Sesia Nebbiolo Castellengo 2015 Centovigne – Alessandro Ciccioni vanta una tradizione vitivinicola che risale alla seconda metà del ‘600, siamo in frazione Castellengo nel Comune di Cossato (BI), la sua azienda è un vero e proprio castello d’epoca, assolutamente da visitare.
Questo Nebbiolo è fatto per dare piacere, pulito, fruttato, ben eseguito, con i tratti del vitigno ben espressi, una bocca fresca con un bel tannino, struttura giusta e frutto che ritorna nitido e piacevole, si beve proprio bene.
₪₪₪₪ FARA ₪₪₪₪
Fara Barton 2017 Gilberto Boniperti – l’azienda ha sede a Barengo (NO), Gilberto Boniperti è quasi un’istituzione da queste parti, anche lui non ha che pochi ettari di vite, 3,5 che cura con passione e impegno. Il Fara Barton nasce dalla vigna omonima, un piccolo appezzamento di circa mezzo ettaro situato a Briona, uno dei due comuni previsti dalla Doc. Devo dire che questo è l’ennesimo 2017 che ribalta alla grande i pronostici non proprio felici su quest’annata, ma non è la prima volta che capita, questo perché il territorio viticolo italiano è profondamente diversificato, non è possibile quasi mai generalizzare il valore di un’annata, si può andare solo per approssimazione.
Dicevo che abbiamo davanti un ottimo Barton, dai profumi ampiamente fruttati di ciliegia, amarena, cassis, liquirizia, cardamomo e molto altro. Bocca coinvolgente, si sente la componente pepata trasmessa da quel 30% di vespolina che fiancheggia il nebbiolo, è un sorso profondo, ampio, persistente, fortemente sapido.
Fara 2016 Francesca Castaldi – non so trovare una spiegazione logica ma i vini di Francesca Castaldi, da qualche anno supportata dal figlio Marco, mi trasmettono una sincerità disarmante. Francesca lavorava alle ferrovie, è una di quelle persone, come Tiziano Mazzoni o Alfonso Rinaldi, che si sono messe a fare vino quando erano già grandi. Laddove altri avrebbero desistito dall’intraprendere un’esperienza così impegnativa, loro hanno scelto senza pensarci troppo di dare una svolta alla propria vita. Meno male. Il Fara 2016 è un gioiellino, mai potente, mai ruffiano, semplicemente delizioso, con quel pot-pourri di fiori e frutta che lo rendono gradevole già al naso. Al palato ha carattere, energia, freschezza, perfetta corrispondenza espressiva, seppur giovane ha già la strada spianata per un futuro sempre più interessante.
Fara Lochera 2015 Cantinoteca dei Prolo – Christian Prolo porta avanti l’attività iniziata dal bisnonno Giuseppe detto “Cràvin” e proseguita di generazione in generazione. Christian ha rinnovato la cantina è ha aperto un punto vendita. Il Fara Lochera 2015 ha un forte profumo di lampone, ricordi floreali di rosa e garofano, mentre al palato manca un po’ di freschezza e slancio, il sorso restituisce una buona trama fruttata senza quell’allungo che lo renderebbe più stimolante.
₪₪₪₪ SIZZANO ₪₪₪₪
Sizzano 2016 Cantina Comero – l’azienda di Paolo Cominoli proprio quest’anno compie un decennio, si trova a Sizzano, altro comune del novarese con una propria denominazione di origine che meriterebbe di essere più conosciuta. Il suo Sizzano mi ha sorpreso con l’annata 2013, degustata sempre al Taste Alto Piemonte; ora mi trovo di fronte una 2016 altrettanto entusiasmante, fortemente minerale, finissima, con un frutto nitido e un corpo austero (cosa non rara nei Sizzano), elegante, davvero ben fatto.
Sizzano 2015 Chiovini & Randetti – Paride Chiovini è una vecchia conoscenza, la novità è che ora ha in condivisione parte dell’attività con Maria Elena Randetti, infatti questo vino nasce sotto l’etichetta a loro nome. Un ottimo vino, che regala note di ciliegia, prugna, amarena, mora di gelso, grafite, cacao, cenni terrosi. Fine e intenso in bocca, con un tannino ben integrato, ha carattere e profondità, potenzialità per un lungo invecchiamento.
Sizzano Roano Riserva 2015 Vigneti Valle Roncati – Corrado Grosso e la moglie Cecilia hanno fondato l’azienda nel 1997 seguendo la tradizione vitivinicola iniziata dal nonno Giuseppe Fassa. I vigneti sono distribuiti tra Briona, Sizzano e Ghemme. Il Roano Riserva ha toni scuri e profondi, frutto e spezia in evidenza che ritrovo al palato, tannino importante ma rifinito, vino già ben delineato e pronto per essere goduto, a parte un leggero lascito legnoso ancora da assorbire.
₪₪₪₪ BRAMATERRA ₪₪₪₪
Bramaterra 2017 Antoniotti – Odilio e Mattia, padre e figlio, due mondi che si incontrano: Odilio ha nello sguardo tutta la storia che ha vissuto, esprime una modestia che fa quasi tenerezza; Mattia è pieno di energia, vuole andare avanti, crescere, migliorare, consapevole però di avere fra le mani una materia prima straordinaria.
Normalmente il loro Bramaterra esce ancora un po’ teso, in assestamento, ma la 2017 ha il vantaggio di avere portato in cantina uve mature, ricche, che hanno prodotto un vino davvero elegante e di grande bevibilità, tutto giocato sulla florealità al naso, con la viola in primo piano, poi ciliegia, liquirizia, pepe; mentre in bocca è finissimo, con il tannino come sempre ancora da integrarsi completamente, ma la sua “durezza” è decisamente inferiore ad altre annate. Grande profondità che coinvolge e lascia il segno.
Bramaterra 2016 Lorenzo Ceruti – siamo a Casa del Bosco nel comune di Sostegno, nel Biellese, Lorenzo Ceruti ha iniziato la sua attività vitivinicola nel 2014, dispone di 2 ettari vitati e produce questo Bramaterra ottenuto da nebbiolo al 65%, croatina 25%, vespolina 5% e bonarda 5%, che matura in tonneax per due anni.
Credo che questa sia la sua prima partecipazione al Taste e per me è stata una piacevole sorpresa. Mi è piaciuto molto sul piano olfattivo, per le sue note di viola, ciliegia, lampone maturo, sfumature di cannella e tabacco, ginepro, cardamomo e pepe. In bocca è meno definito, manca ancora del giusto equilibrio per esprimersi al meglio, ma la sensazione è decisamente positiva, spero di avere una prossima occasione per riassaggiarlo.
Bramaterra Balmi Bioti 2016 La Palazzina – ci spostiamo a Roasio, dove Leonardo Montà porta avanti l’azienda fondata nel 1986, recuperando l’attività di famiglia iniziata negli anni ’30. Il Balmi Bioti 2016 ha attacco interessante, con un frutto ben espresso ma non dominante, si esprime ampio nella speziatura, passando dalla genziana alla china, dalla liquirizia a chiodo di garofano. Bocca fresca, elegante, tannino ancora diritto, ma promette molto, un vino da far respirare ancora per un po’, non tanto, perché già ora non è affatto male!
Bramaterra 2016 Roccia Rossa – l’azienda di Gianni Boscolo ha dieci anni di vita, ma parte delle vigne che ha acquisito ne hanno più di venti, sono distribuite in frazione Pianelle a Villa del Bosco, mentre la cantina è a Brusnengo. Il suo Bramaterra 2016 è davvero ben fatto, ha una quota maggioritaria di nebbiolo, 80%, e si sente, la trama fruttata è delicata, lascia spazio alla viola, profumi dal tocco gentile, c’è un velo di nocciola, poi liquirizia. Al palato c’è una buona materia, ancora un po’ affilata nel tannino ma di bella finezza, uno di quei vini che il tempo migliora.
₪₪₪₪ LESSONA ₪₪₪₪
Lessona Pidrin 2015 Pietro Cassina – quando nel 2018 ho visitato l’azienda di Pietro Cassina a Lessona, sono rimasto colpito dall’uomo, dal suo sguardo profondo e intenso, espressivo. Ci siamo rivisti quest’anno e mi ha raccontato di un’esperienza vissuta col padre quando aveva 5 anni, che ancora oggi lo emoziona. Piccole cose che significano molto e secondo me rappresentano una chiave di lettura dei suoi vini. Il Pidrin, ad esempio, è un vino che lo rappresenta perfettamente, non è esuberante ma vive di interiorità, devi scovare tra naso e bocca la sua natura; questo mi ha permesso di andare oltre qualche piccola sbavatura olfattiva iniziale e scoprire invece una trama via via più coinvolgente, dove il tabacco e la liquirizia hanno un ruolo importante. Al palato si esprime in una bella carnosità, frutto ampio che trova una buona fusione con un tannino rifinito.
Lessona Riserva 2014 Massimo Clerico – Una Riserva 2014? Sì, è possibile se in vigna fai una selezione estrema, come ha fatto Massimo Clerico, e il risultato è più che lodevole, il vino esprime un naso minerale, austero ma non è un limite; al palato è corrispondente, trama fitta, fresca, ancora minerale, bella. Un vino che conferma una propria timbrica, una tessitura mai banale e una costante eleganza.
Lessona San Sebastiano allo Zoppo 2012 Tenute Sella – una sicurezza proveniente dalla vigna omonima di proprietà della famiglia Sella, questo Lessona rivela subito una forte spinta minerale, tutto è giocato sull’eleganza, sulla grazia, fiori e frutti rossi, ma anche richiami all’humus, al cuoio e al cardamomo. Bocca intensa, di carattere, carezzevole e avvolgente, lunga, ampia, con speziatura finissima nel finale.
₪₪₪₪ BOCA ₪₪₪₪
Boca 2017 Tenute Guardasole – il lavoro di Marco Bui, iniziato nel 2008 reimpiantando nebbiolo e vespolina in tre appezzamenti che erano stati coltivati a vite già alla fine dell’800 con le varietà reperibili all’epoca, continua e trova una delle sue più interessanti espressione nel Boca, vino prodotto a Grignasco, dove risiede l’azienda, dal bel frutto rotondo, ciliegia e ribes nero, rintocchi floreali, erbe officinali e qualche cenno agrumato. L’impatto al gusto è equilibrato fra acidità e rotondità di frutto, tannino svolto, si sente un po’ l’annata calda, meno elegante della 2016.
Boca 2016 Barbaglia – ne è passato di tempo da quando una quindicina d’anni fa il Boca di Sergio Barbaglia iniziava a conquistare un pubblico di appassionati sempre più vasto. Già allora la figlia Silvia si dava da fare nella comunicazione, era lei a fare banco al Vinitaly, il papà altra generazione, più riservato, schivo, lei esuberante, determinata e convintissima dei vini che presentava. E aveva ragione, perché il loro Boca, austero e bisognoso di tempo per esprimere tutta la sua grandezza, è andato via via crescendo, migliorando, giovandosi dei mutamenti climatici che lo hanno reso più pronto e accessibile appena uscito dalla cantina. Con il 2016 si entra in una piantagione dove fiori e frutti fanno a gara a chi vince, viola, mirtillo, ciliegia, lampone, pepe nero, menta. In bocca ha intensità, tratti austeri che da sempre lo caratterizzano, anche se oggi sono più “smussati”, ma anche questo è il suo fascino, un vino che si concede per gradi, senza fretta, come è nel DNA dei grandi.
Boca Vigna Cristiana 2012 Podere ai Valloni – in più occasioni ho avuto modo di scambiare opinioni sui vini con Anna Sertorio, l’azienda si trova a Boca nel cuore del Parco Naturale del Monte Fenera, in un paesaggio fra i più belli di tutto il territorio. Le dicevo che ero perplesso perché il suo Vigna Cristina aveva una qualità straordinaria, ma al naso mancava spesso di una definizione precisa, in più occasioni ho trovato qualche sbavatura, tanto da aver pensato potesse essere un problema di cantina, magari una botte non perfettamente a posto. La cosa strana è che questa sbavatura olfattiva non era presente in ogni campione ma occasionalmente. Da qualche anno mi sembra che ci sia stato un netto miglioramento, ed è un bene perché dal punto di vista gustativo per me è uno dei Boca più affascinanti e profondi che ci siano, dal profilo unico e riconoscibile, con l’arancia sanguinella sempre in primo piano e quelle note di macchia belle vive e caratterizzanti, di ginestra, genziana, eucalipto. Finale che non finisce…
₪₪₪₪ GHEMME ₪₪₪₪
Ghemme dei Mazzoni 2017 Tiziano Mazzoni – di Tiziano Mazzoni credo di avere detto e scritto davvero tutto il possibile, la sua è una delle mie aziende di riferimento in Alto Piemonte, perché i suoi vini sono profondamente veri, diretti, senza alcun abbellimento costruito in cantina; sin dalla prima annata che ho degustato, la 2000, sono rimasto affascinato dai profumi e dai sapori che esprime tutta la gamma, con in testa la riserva denominata “Ai Livelli”, ma anche il Ghemme dei Mazzoni non scherza, è un signor vino, la 2017 ha grande eleganza, un altro esempio di come almeno in queste zone l’annata non abbia lasciato segni negativi, semmai una prontezza e un equilibrio che non possono certo dispiacere. La mineralità è alla base di tutto, che si traduce non solo nelle sensazioni che rimanda il porfido, ma anche nella spiccata florealità, quasi fosse un vino bianco, e in quelle note di agrumi, arancia come sempre, che lo caratterizzano, seguono erbe officinali e pepe bianco. Ha una polpa giusta, mai opulenta, fresca e sapida con un incedere progressivo che rende il sorso davvero avvincente.
Ghemme Vigna Ronco Maso 2017 Guido Platinetti – Andrea Fontana, oggi presidente del Consorzio Tutela Nebbioli Alto Piemonte, è una persona in gamba, solido ed energico quanto serve, di poche parole ma chiare e determinate, quello che serve per portare avanti tutte le iniziative necessarie a far crescere il territorio. Nel frattempo gestisce l’azienda vinicola di famiglia con il figlio Pietro e ci propone questo Ghemme proveniente da quel ronco dove tutto ha avuto inizio, quando Mario Fontana e il suocero Guido Platinetti fondarono l’attuale azienda e piantarono nebbiolo, sulla collina che guarda proprio a Ghemme. Questa versione si profila decisamente interessante: se all’olfatto è la florealità a dominare la scena, al palato la ciliegia si propone con prepotenza, affiancata da prugna e amarena, liquirizia e sfumature di tabacco, su una base tannica setosa e non invadente, un vino di carattere che ha buone prospettive evolutive.
Ghemme Santa Fé 2015 F.lli Ioppa – siamo a Romagnano Sesia, Andrea Ioppa guida un’azienda che ha oltre 150 anni di storia, lo fa con grande convinzione e tenacia; questo Ghemme proviene da un vigneto dove l’argilla è dominante, contribuisce fortemente al sua carattere austero e bisognoso di tempo per esprimere tutte le sue doti. La 2015 ha trascorso 48 mesi in botti grandi da 25-30 Hl di rovere di Slavonia e ha subito un affinamento in bottiglia di 2 anni.
Quattro anni in botte richiedono uve di primissima qualità, basti pensare che in Langa, ma anche a Montalcino, i periodi di maturazione obbligatoria in legno si sono sempre più ridotti, lasciando la facoltà ai produttori di scegliere in base all’annata se allungarli o meno. Nel calice il Santa Fé dimostra di avere tutte le carte per una lunga evoluzione, ha classe da vendere, percepibile nel finissimo attacco floreale di viola e rosa, poi ciliegia, fragola e mirtillo, e ancora sottobosco e spezie fini, note ematiche, terra, ferro, china e pepe nero. Al palato si sente ciò che avevo premesso, un’energia che ancora scalpita, ha un impatto deciso, dirompente, con un tannino setoso ma fitto e una polpa sufficientemente fresca e grassa da equilibrare il tutto. Personalmente lo metterei in cantina per altri due anni almeno, perché berlo ora quando tutto questo ben di Dio è ancora in divenire?
Ghemme Vigna Cavenago Riserva 2015 Mirù – Marco Arlunno divide le sue energie tra la sua azienda di Ghemme e Il Chiosso a Gattinara, fondata con Carlo Cambieri nel 2007. Nell’azienda Mirù apprezzo lo stile essenziale, sincero, tradizionale nel senso più bello del termine. Il risultato è un Ghemme dal naso fine e minerale, che richiama note di viola, rosa, mirtillo e ciliegia, eucalipto, cannella e pietra focaia. All’assaggio l’annata calda gli ha permesso di essere più pronto che in altri millesimi, si sente un frutto maturo al punto giusto e un tannino rifinito e integrato, a tutto vantaggio di una bevibilità lineare e a tratti godibile.
Ghemme Costa del Salmino Riserva 2015 Rovellotti – conosco da vent’anni i fratelli Paolo e Antonello Rovellotti, ricordo come fosse ieri quando, davanti a grappoli colpiti dalla grandine, discutevamo del biologico e di quanto sia difficile applicarlo con rigore quando ti trovi di fronte a situazioni come quella nel 2002, fra grandinate e mal dell’esca è davvero improbo misurarsi con certe situazioni. Negli anni i loro vini si sono rifiniti, hanno perso qualche rusticità che li caratterizzava e oggi sono decisamente ottimi, come questo Costa del Salmino, che pur provenendo da un’annata calda, rivela una grande stoffa sia al naso che al palato, regalando note di viola, rosa, ciliegia, lampone, arancia rossa, tabacco; bocca coerente, grande pulizia di frutto e spezie, lunghezza, tannino vellutato e finale ampio e persistente.
Ghemme Victor 2013 Ca’ Nova – ho più volte raccontato il pensiero di Giada Codecasa, i suoi vini vanno in vendita quando lei li ritiene maturi al punto giusto, non fa niente se l’annata “stona” con quella delle altre etichette, per lei il vino va goduto nel momento giusto. Il suo Victor 2013 è l’ennesima testimonianza della correttezza della sua visione, qui è tutto in equilibrio, ben fuso, esprime toni di viola, amarena, ciliegia nera, legno di liquirizia, ferro, tabacco e molto altro. Al palato si esprime nella sua giusta maturità, mantenendo una solida freschezza e una spinta balsamica che enfatizza il lungo finale.
Ghemme Vigna Locche 2013 Pietraforata – Gianni Brugo con la moglie Marinella gestisce questa cantina fondata nel 2012 che ha sede nello storico Castello recetto di Ghemme e dispone di 3 ettari vitati principalmente a nebbiolo, erbaluce e vespolina. Il nome dell’azienda deriva dalla presenza sulla facciata di una grande pietra con un foro centrale di cui non si è mai capito scopo. Il Vigna Locche è prodotto con un 90% di nebbiolo e vespolina per la restante parte, come per Ca’ Nova, viene proposta l’annata 2013, dal naso racconta di frutta matura, tabacco, cuoio e al gusto una condizione di indubbio equilibrio, buona complessità, manca solo di un po’ di freschezza che avrebbe attutito la sensazione di un vino piuttosto evoluto.
Ghemme Pelizzane Riserva 2008 Torraccia del Piantavigna – la famiglia Francoli, nota per la produzione di distillati da oltre un secolo, ha dimostrato di saper produrre anche vini di notevole qualità, come questo Ghemme dal profilo ricco di fascino, dove ha un ruolo importante la liquirizia che avvolge un frutto giustamente maturo, seguono note di erbe alpine. Bellissima materia al palato, ancora freschissima, con un frutto carnoso, vivo e una speziatura elegante, gran bel vino.
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Gattinara 2017 Luca Caligaris – mi sembra che l’azienda di Luca Caligaris sia decisamente in crescita, questo Gattinara è quello che mi ha più convinto rispetto ai vini degustati nelle precedenti edizioni del Taste, ha naso giocato su note ferrose, minerali e tanto fiore, mentre al palato il frutto emerge deciso, fresco, stimolante, altro vino che non ha sofferto l’annata calda.
Gattinara Il Putto Vendemmiatore 2017 Cantina Delsignore – devo dire che i Gattinara di Stefano Dorelli hanno sempre qualcosa di interessante da raccontare; il Putto Vendemmiatore non raggiunge i livelli della riserva Borgofranco ma ha un incedere aggraziato, floreale, giocato sull’eleganza, in bocca è dolce e piacevole, senza spigoli, manca un po’ di slancio e vigore.
Gattinara San Francesco 2015 Antoniolo – Lorella Zoppis Antoniolo, che ha ceduto ad Andrea Fontana l’arduo compito di governare il consorzio ma lo affianca in qualità di vicepresidente, ha una parvenza di donna forte e risoluta, ma dietro quella scorza tutta piemontese batte un cuore, un sentimento d’amore per la sua terra e i suoi vini, che si ritrova perfettamente nel San Francesco 2015, che vanta un’espressività ammaliante di fiori essiccati e rintocchi minerali, poi arrivano il frutto, la china, il pepe, le erbe aromatiche. Bocca intensa, ricca, pervasa da frutta e spezie in piena sintonia, finale interminabile.
Gattinara 2015 Stefano Vegis – sono contento di poter fare un confronto con l’annata precedente di Stefano Vegis, perché allora rimasi un po’ interdetto, probabilmente un campione non felice. Ora invece mi trovo di fronte a un vino ben diverso, con un frutto giusto e pulito, una trama espressiva convincente e piacevole che ritrovo pienamente al palato, dove avverto una notevole succosità di frutto, in un’atmosfera fresca, con un tannino contenuto e una sapidità di fondo che accompagna un finale decisamente gradevole. Terza annata prodotta…
Gattinara Riserva 2015 Travaglini – ho avuto l’opportunità di conoscere Giancarlo Travaglini nel 2002, ebbi l’impressione netta di trovarmi in un luogo destinato a fare grandi vini. Questa riserva è un vino ben studiato, con struttura e profondità, naso ematico, ferroso, il frutto è solo un compagno di viaggio; al palato rivela un’ottima pulizia esecutiva, il tannino è abbastanza fitto ma non disturba, c’è buona materia e, nonostante l’annata calda, una buona vitalità che accompagna un finale coerente e profondo.
Gattinara 2014 Bianchi – azienda biologica da oltre vent’anni, con sede a Sizzano e condotta dalla famiglia Bianchi; la 2014 è un’annata piuttosto interlocutoria, con risultati a macchia di leopardo. In questo caso ci troviamo di fronte a un vino dall’impatto dolce, maturo, molto fruttato, un profilo che ritroviamo al palato, manca un po’ di complessità ma ha una scioltezza espressiva invidiabile.
Roberto Giuliani