Rosso Passito Reboro 2017
Degustatore: Andrea Li Calzi
Valutazione: @@@@
Data degustazione: 09/2023
Tipologia: IGT Rosso Passito
Vitigni: rebo
Titolo alcolometrico: 15,5%
Produttore: PISONI
Bottiglia: 750 ml
Prezzo medio: da 37 a 42 euro
Il Reboro è il fiore all’occhiello della Cantina Fratelli Pisoni di Pergolese (TN), piccolo borgo in provincia di Trento. Un progetto che l’Azienda ha perseguito con impegno, ricerca, studio e mediante la stretta collaborazione con i Vignaioli della Valle dei Laghi. Un vino che si fonda su una tradizione secolare, prodotto con uve rebo: varietà autoctona che prende il nome da Rebo Rigotti, docente presso l’Istituto Agrario di San Michele all’Adige attorno agli anni ’50. Si tratta di un miglioramento genetico del teroldego, vecchio vitigno storico del trentino incrociato con il fiore del merlot.
I grappoli, raccolti nei migliori vigneti di proprietà all’interno dell’area vitivinicola denominata San Siro, vengono lasciati appassire fino a novembre inoltrato sulle arele, ovvero i classici graticci utilizzati anche per la produzione del celebre Vino Santo Trentino. Il terreno da queste parti è costituito da una forte matrice calcarea che dona sapidità al vino e livelli di acidità ragguardevoli. Il Reboro 2017, figlio di un’annata torrida e siccitosa, affina 3 anni in barrique e 12 mesi in bottiglia prima della messa in vendita. Davanti a vini così opulenti, frutto di una concentrazione di zuccheri e alcol piuttosto importante (15,5% Vol.), parto sempre un po’ prevenuto lo ammetto. In realtà è proprio perché spero di ricredermi, per carità capita raramente ma quando accade è una gioia per il cuore.
Versato all’interno di un ampio calice il vino rivela una trama rubino caldo, profondo e di media trasparenza; l’estratto è significativo. Dopo una buona mezz’ora di ossigenazione i frutti rossi in confettura, ribes e mirtillo, lasciano spazio a folate balsamiche, rosa rossa appassita, liquirizia, pepe nero e tabacco vanigliato; col trascorrere dei minuti dolci ricordi di amarena sotto spirito, chiodo di garofano, cacao e caucciù.
In bocca prevale la morbidezza, una struttura considerevole e un’acidità che in questa fase fatica ad imporsi, il tannino è levigato e dolce. Mi rendo conto di essere davanti ad un vino potente, lunghissimo che necessita dell’abbinamento gastronomico; in questa fase una lieve sensazione alcolica, non del tutto disciolta all’interno della materia, si fa sentire e il trascorrere degli anni penso potrà giovare. Motivo che mi spinge ad attribuire la quarta chiocciola. Abbinamento: piatto di polenta con spezzatino di cervo.