I titolari, da sinistra Marco Benvenuti e Massimo Manetti
A quindici anni istoriavo il diario Vitt con artistiche graduatorie dei migliori cinque gruppi, chitarristi, bassisti, cantanti, tastieristi e batteristi del rock. Poi ho smesso. E da allora in nessun settore mi sono più dilettato in punteggi o classifiche assolute, per via del fatto che quelle graduatorie tendono a lasciare scolpite per sempre nella pietra, come verità immutabili, giudizi il cui scopo e natura è, viceversa, quello di evolversi nel tempo e in relazione alle circostanze.
Sono rimasto quindi un po’ sorpreso quando qualche tempo fa ho ricevuto l’invito a partecipare a una “verticale della bistecca”. Nel senso, ho inteso lì per lì, del tipo di carne migliore per cucinarne una. Argomento tanto spinoso quanto complesso, soprattutto in Toscana dove la ciccia dà sempre vita a dibattiti accaniti quanto, spesso, surreali. Quando mi sono presentato alla sede della tenzone, la classica Osteria Cipolla Rossa, in pieno centro storico fiorentino, ho potuto però rincuorarmi subito.
Primo, perché l’appuntamento aveva tutte le caratteristiche di una serata gaudente, anziché quello di un’inquisizione carnivora. Secondo, perché non si trattava affatto di una “verticale”, ma casomai di una “orizzontale”: i commensali erano chiamati infatti a giudicare, fra tre bistecche di razze bovine diverse (di cui si conoscevano i tempi di frollatura, stando forse in ciò la “verticalità”), quale risultasse la più gradevole al palato. Terzo, e soprattutto, perché la circostanza era improntata al massimo relativismo: fermi restando la cottura sulla medesima brace e la mano del medesimo cuoco, era ovvio che qualunque classifica avrebbe potuto riferirsi solo ed unicamente a quella serata.
Massimo Manetti, titolare del ristorante e della storica Macelleria Manetti Massimo, nata nel 1892 e divenuta il punto di riferimento per la carne al Mercato Centrale di Firenze, non ha girato intorno al perché dell’iniziativa: “Per parlare di cibo, e a maggior ragione di bistecca”, ha detto, “occorre conoscerla. E l’unico modo per farlo è assaggiare. Ecco come mai abbiamo deciso di metterne a confronto, in parità di condizioni e qui, nel locale tipico che gestiamo da quindici anni e di cui quindi abbiamo tutto sotto controllo, tre di razze diverse: Maremmana, Black Angus e Chianina.
In modo da offrire in parallelo la possibilità di valutare la provenienza, le caratteristiche, la sapidità delle diverse varietà. A Firenze del resto la bistecca c’è sempre stata, come la tradizione ci insegna. Ma l’appellativo “alla Fiorentina” è venuto dopo, lo ritroviamo nell’Artusi”, ha aggiunto. “E la bistecca può essere nel filetto o nella costola. Denominatore comune lo spessore e la cottura al sangue. Nella costola la presenza dei grassi assicura maggiore sapidità e più tenerezza. Per noi la bistecca più buona e più saporita è dunque quella nella costata”. Ed eccoci all’assaggio. Decisivo davvero il metodo prescelto: la tre bistecche sono arrivate non contemporaneamente ma in sequenza di cottura, quindi sempre alla stessa temperatura e solo quando era già terminata la degustazione del campione precedente. Stessa brace e stesso cuoco, come detto, quindi tutto identico tranne la carne.
Nessuna ha deluso, ma non solo a parere del sottoscritto la più gradita è risultata la Maremmana, grazie alla sua marcata sapidità unita a una consistenza in bocca quasi scioglievole e tuttavia asciutta, tenera al morso e facile al taglio, succulenta ma al tempo stesso compatta e ricca di un retrogusto lungo, incisivo, mai ingombrante. Decisamente più tenace in bocca si è rivelata la carne di Black Angus, bella rossa, senza dubbio molto gustosa e saporita, ma meno suadente della precedente, sebbene assai “bisteccosa” sotto l’aspetto strettamente tattile. Marcata, come previsto, l’identità e la personalità della Chianina, senza dubbio la più tosta delle tre bistecche per via della sua consistenza più elastica e filamentosa ed il suo gusto profondo, deciso. Buonissima, ma a conti fatti meno convincente della meno celebrata Maremmana. Ed ora si apra il dibattito…
Stefano Tesi
Giornalista cresciuto con Montanelli al giornale, si occupa da sempre di agricoltura, agroalimentare enogastronomia e viaggi. Ha lavorato tra gli altri per Cucina Italiana, Meridiani del gusto, Viaggi & Sapori, Bell’Italia. Collabora per Civiltà del Bere, Dove, Corriere Vinicolo, Guida Ristoranti dell’Espresso, oltre a curare la sua blog-zine Alta fedeltà. È assaggiatore professionista di olio extravergine. Fa parte del gruppo Garantito Igp.
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Laureato in Filosofia e giornalista professionista, lavora al Mattino dove da anni cura una rubrica sul vino seguendo dal 1994 il grande rilanci (...)
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Maestro Assaggiatore e Docente O.N.A.V., Delegato per la provincia di Lecco; svolge numerose attività come Docente presso Slow Food, Scuola de L (...)
Sommelier e master sul servizio vino e relazione col commensale, ha tenuto alcuni corsi in area territoriale del Pavese di approccio/divulgazion (...)
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