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Alla (ri)scoperta del Gavi

Gavi, un vino legato a un territorio e viceversa, luoghi ricchi di cultura a 360°, dallo storico all’enogastronomico. Svariate in questa stagione le iniziative promosse dal Consorzio di tutela in collaborazione con gli enti territoriali e i produttori per valorizzare ulteriormente questo patrimonio eno-storico-culturale-gastronomico, a cominciare dalla “Di Gavi in Gavi”, evento programmato per domenica 27 agosto, dove in 6 cortili privati di Gavi, accessibili al pubblico solo in questa occasione, si potranno degustare le etichette dei produttori della Docg e i prodotti tipici degli 11 comuni della Denominazione (la testa in cassetta, gli amaretti, la torta di riso di Bosio, le torte di verdure, la focaccia di Parodi, i canestrelli e il cioccolato di Novi, i formaggi, il miele, i ravioli e altro ancora) con lo chef Carlo Cracco, ospite d’onore della quinta edizione, nel ruolo di giudice per decretare quale sarà a suo giudizio il miglior abbinamento tra il Gavi Docg e una delle undici ricette proposte.  Nel pomeriggio nella “Corte delle chiacchiere” si esibiranno ai fornelli quattro giovani chef stellati in un paio di showcooking: Christian Milone del Ristorante Zappatori di Pinerolo (TO), Francesco Oberto del Ristorante Da Francesco a Cherasco (CN), Jumpei Kuroda de I Due Buoi di Alessandria e infine Flavio Costa del Ristorante 21.9 di Piobesi d’Alba (CN) sceglieranno come ingrediente principale della loro ricetta una delle Dop regionali gemellate con il Gavi, vale a dire la Robiola di Roccaverano, il Riso di Baraggia Biellese e Vercellese, il Prosciutto Crudo di Cuneo, la Tinca Gobba Dorata del Pianalto di Poirino e il Formaggio Murazzano.

 

Le colline vitate del Gavi
Le colline vitate del Gavi

 

Gavi…è territorio

Per tracciare un filo logico tra i vari aspetti che caratterizzano questa zona a sud del Piemonte è indispensabile partire dal territorio naturale che distingue il panorama delle terre del Gavi, fatto di un’incessante rincorsa di colline, boschi e vigneti, testimonianze storiche e castelli, di cui se ne può annoverare quasi uno su ogni collina, certamente almeno uno per ogni comune, in parte oggi dismessi o in condizioni precarie, ma parecchi in buono stato di conservazione e adibiti a abitazione. Tale concentrazione in una superficie non molto estesa risale ai trascorsi attorno all’anno Mille, in particolare alla storia della Repubblica Marinara di Genova, in quegli anni il porto più grande d’Europa, con la forza di influenzare la vita sia sul mare che sulla terra ferma. A quell’epoca, in una città leader com’era la “Superba”, il prestigio e lo status sociale si misuravano con la proprietà di una Contrada (ovvero un palazzo) in città, i “fondaci” (magazzini per le merci) in oltremare e un castello l’entroterra di Genova, oltre gli appennini verso le pianure, ovvero nell’”Oltregiogo”, come veniva chiamato allora questo territorio ricco di acqua, legname (fondamentale per navi), fertile e produttivo, oltre a trovarsi esattamente lungo la Via del Sale, direttrice commerciale che dalla costa era diretto verso la Pianura Padana e poi su in Europa, verso i mercati ricchi del Nord, oppure verso la Via Postumia, sbocco sull’Adriatico. In quegli anni quindi nel panorama dell’Oltregiogo spuntano diversi insediamenti stile “castello fortezza e residenza” di famiglie genovesi, che diventano proprietarie, oltre che delle flotte navali, di boschi, vigneti, molini, filande e segherie. Una ricchezza su cui Doria, Spinola, Adorno, Malaspina, Grimaldi, Marini, Grillo, Carpeneto, Salvago, costruiscono il proprio patrimonio e rafforzano la propria influenza sull’attuale area del Gavi DOCG: nella identità territoriale (“Ligure” è infatti l’appellativo aggiuntivo della maggior parte dei comuni del territorio), nell’etnicità, nella lingua e soprattutto nella cucina.

 

Forte di Gavi
Forte di Gavi

 

Senza dubbio, il Forte di Gavi, testimone e custode dall’alto del colle che protegge l’omonima località, è il maggiore e più rappresentativo tra i manieri di questi luoghi. Costruito a più riprese dal XII secolo, prima castello, poi fortezza, poteva ospitare una guarnigione di 1.000 uomini a difesa delle terre del Cortese. Come baluardo difensivo del confine Nord della Repubblica di Genova, Gavi e il suo Castello dovettero affrontare numerosi assedi. Per questo, vista la devastante potenza delle nuove armi da fuoco, Genova affidò nel 1540 all’architetto Giovanni Olgiati il compito di consolidare la struttura medioevale trasformandola in Fortezza, difesa che però non resse all’assedio dell’esercito franco-sabaudo di Carlo Emanuele I nel 1625. La Superba di conseguenza incaricò l’architetto Vincenzo da Fiorenzuola di trasformarla nel possente Forte che ancora oggi abbraccia con le sue solide mura Gavi. Oggi dai suoi bastioni lo sguardo si perde tra gli Appennini, nei giorni tersi si respira la brezza del mare e si può ammirare la biodiversità territoriale fatta di distese di vigneti, boschi, specchi d’acqua, tracciando itinerari per un turismo “slow e green” alternando percorsi di arte e cultura ad altri immersi tra la natura incontaminata e i filari del Gavi.

 

Panoramica del sito archeologico di Libarna
Panoramica del sito archeologico di Libarna

 

Gavi è…storia

Gavi e i suoi territori furono abitati però molti anni prima, come testimoniano gli scavi che hanno riportato alla luce la città romana di Libarna, una delle aree archeologiche più importanti (e, ahimè, semisconosciute…) del Nord Italia, fondata attorno all’anno 148 a.C. nel corso del processo di urbanizzazione lungo la via Postumia, che metteva in comunicazione Genova con l’attuale friulana Aquileia. L’insediamento urbano fu scoperto casualmente durante i lavori per la Strada Regia” (1820-1825) di collegamento tra Genova e Torino (ex-Strada Statale 35 dei Giovi), ritrovamenti ampliati durante gli scavi per la realizzazione della linea ferroviaria Torino-Genova (dal 1846 al 1864), lavori che purtroppo non furono fermati compromettendo significativamente il sito che ora appare diviso in tre settori, dalla strada e dalla linea ferroviaria. Solo nel 1924, con l’imposizione del vincolo archeologico, cessarono le distruzioni, si estrassero un buon numero di reperti ma parte dell’area fu nuovamente interrata per dare via libera allo sviluppo dei nuovi assi di collegamento stradale e ferroviario. Gli scavi non furono mai completati ed oggi, in occasione di lavori di scavo nella zona, saltuariamente vengono intraprese nuove campagne per la messa in sicurezza di eventuali reperti.

Considerata la sua posizione strategica sulla via Postumia, protetta dai monti alle spalle, Libarna, prima di divenire un florido centro commerciale, si consolidò come base per i rifornimenti dell’esercito romano, impegnato nella conquista del Nord Italia.

Attualmente l’area degli scavi visibile è di oltre 13.000 mq, una discreta parte dell’intero tessuto urbano, considerando che in età imperiale Libarna fu una città ricca e popolosa (si stima che al suo apice abbia raggiunto i quattro/seimila abitanti), un centro di aggregazione anche per le genti dei territori circostanti che crebbe molto per estensione ed importanza ma sempre con un piano urbanistico ben preciso e stabilito, con un sistema idrico alimentato da pozzi sotterranei prima, con un moderno acquedotto in seguito, e con molti edifici monumentali.

Oggi sono ben visibili i resti di due “insulae” (quartieri d’abitazione) a destra e a sinistra del decumano massimo, il Teatro e l’Anfiteatro, mentre l’area del Foro e un altro grande complesso edilizio (si ipotizza occupasse quattro isolati) che probabilmente, oltre alle Terme, accoglieva la biblioteca e la palestra, dopo l’esecuzione degli scavi sono stati nuovamente interrati e ora giacciono nascosti sotto la ferrovia.

 

Gavi e i suoi castelli
Gavi e i suoi castelli

 

Gavi è …leggende

Gavi, terra di colline e monti, di storia e cultura, non è certamente immune da leggende e storie custodite nei borghi e nei castelli.  La più conosciuta è quella della Principessa Gavia. Nel 528, la fanciulla fuggendo dall’ira del padre e sovrano di Francia, Clodomiro, che le negava il suo amore per un giovane cavaliere, giunse su queste colline, dove trovò rifugio dalle truppe francesi e dimora, grazie all’intercessione del Papa. Al borgo che l’accolse si racconta che la principessa diede il suo nome, così come si narra che la giovane bella e “cortese” abbia ispirato il nome del vitigno che dà origine al Gavi.

 

Gavi è… vino

Le radici del “Cortese di Gavi” affondano in una tradizione enologica millenaria che, dal 972, ha accompagnato lo sviluppo di questo territorio facendo del Gavi il filo conduttore che lega gli 11 comuni della DOCG di questo

Il territorio con gli 11 comuni della Docg
Il territorio con gli 11 comuni della Docg

monovitigno datata 29 luglio1998: Bosio, Capriata d’Orba, Carrosio, Francavilla Bisio, Gavi, Novi Ligure, Parodi Ligure, Pasturana, San Cristoforo, Serravalle Scrivia, Tassarolo. Nato per le corti, il “Grande Bianco Piemontese” si è contraddistinto per freschezza, qualità ed eleganza, caratteristiche che si è cercato di preservare e migliorare negli ultimi decenni utilizzando l’evoluzione delle tecniche e macchinari in vigna e in cantina, per far sì che questo vino mantenesse fama ed apprezzamenti nei cinque continenti.

Da sempre i terreni vigneti del Gavi (o più precisamente Cortese di Gavi) posti nell’angolo sud-orientale del Piemonte, costituiscono una frontiera fisica e geologica tra la pianura e la montagna, un variegarsi di terreni alluvionali e di epoche più remote. È l’incontro tra il vento marino che soffia dal Mar Ligure e la neve dell’Appennino a rendere speciale questo cantone di Piemonte.

Gli inverni freddi e le estati calde e ventilate, l’altitudine e l’esposizione dei pendii, i terreni marnosi, calcarei e argillosi, contribuiscono in maniera determinante a rendere unico e gradevole questo “Grande Bianco Piemontese”.

 

Il Gavi di annata ha un colore paglierino con riflessi verdognoli, profumo delicato, con note di frutta fresca e fiori bianchi, notevole sapidità, aromi aggrumati e un finale di mandorla, che si arricchiscono con l’invecchiamento di sentori minerali; il sapore è fresco, asciutto, armonico e di grande eleganza e finezza. Nelle tipologie Riserva, accenni di aromi terziari cercano di prevaricare quelli fruttati, supportati generalmente da una maggiore complessità al naso e in bocca; grazie alla sua acidità di base ne fanno un vino bianco longevo, che conserva la sua freschezza per diversi anni, consentendogli di reggere il confronto con blasonati bianchi di tutto il mondo.
Il terroir del Gavi dal punto di vista geologico si divide infatti in tre fasce, che incidono sulle caratteristiche del vino come del paesaggio:

  • le terre rosse, originate dalla ferrettizzazione delle ghiaie miste ad argilla antichi depositi alluvionali, si trovano a nord di Gavi, verso Tassarolo e Novi, con dolci colline vitate intervallate a boschi di quercia e robinia;
  • la fascia centrale, su una linea che unisce Serravalle a Gavi e San Cristoforo, con un’alternanza di marne e arenarie, si trovano i terreni di Monterotondo e dei vigneti alle falde della splendida foresta del monte Mesima;
  • la parte meridionale, più ripida con l’approssimarsi dei rilievi dell’Appennino, composta da marne argillose bianche la cui origine marina è evidente anche per la presenza di numerosi fossili, note come “Marne Serravalliane”, terreni particolarmente adatti al vitigno cortese perché in grado di esaltarne le qualità di mineralità e sapidità.

La vocazione vitivinicola del Gavi ha origini antiche, come testimonia un documento conservato nell’Archivio di Stato di Genova, datato 3 giugno 972 in cui si parla dell’affitto da parte del vescovo di Genova a due cittadini gaviesi di vigne in località Meirana. Il primo riferimento a impianti di “viti tutte di Cortese” si riscontra invece nel 1659 nella corrispondenza tra il castello di Montaldeo e il marchese Doria. Testimonianze della verve internazionale del Gavi risalgono quindi al 1782, quando ancora il Marchese Andrea Doria scrive al fattore le sue intenzioni di spedire il vino in America. Nel 1798 il conte Nuvolone, vicedirettore della Società Agraria di Torino, redige la stesura della prima ampelografia dei vitigni coltivati sul territorio piemontese, citando il Cortese (nella forma dialettale Corteis) affermando che “ha grappoli alquanto lunghetti, acini piuttosto grossi, quando è matura diviene gialla ed è buona da mangiare, fa buon vino, è abbondante e si conserva”.

 

Bottiglie istituzionali di Gavi Docg
Bottiglie istituzionali di Gavi Docg

 

Nel 1869, la prima commissione ampelografica della Provincia di Alessandria presieduta dall’agronomo Carlo Leardi e dal prof. Pietro Paolo Demaria, stilò una descrizione accurata del Cortese, definendolo, tra l’altro, particolarmente adatto alla spumantizzazione, grazie soprattutto all’opera dell’enologo francese Luigi Oudard (curatore delle cantine del conte di Cavour a Grinzane). Nel 1883 Giacomo Traverso, detto il Moro, esportava questo vino in Argentina, Germania e Svizzera, al celebre grossista Roessinger di Basilea. Nella vicina Francia, il Cortese veniva inserito nelle “Mille Varietés de Vignes” a opera del Pulliat nel 1888. L’identificazione del vino con il suo territorio è in definitiva un elemento consolidato della cultura enoica, considerando che nel 1924 Arturo Marescalchi nella sua guida ai “I Vini tipici d’Italia” definiva i vini ottenuti da uva cortese come “Bianchi tipo Gavi”.

La storia recente vede la nascita di nuove aziende e l’aumento della superficie vitata (i dati parlano di un + 41% da 1.076 a 1.510 ettari vitati negli ultimi 10 anni per una produzione di 13 milioni di bottiglie di cui l’80%  destinate all’export e circa 200 tra produttori, vinificatori e imbottigliatori), sintomo che la Denominazione gode di buona salute, grazie alla professionalità degli operatori che hanno contribuito ad accrescere il livello qualitativo e a consolidare il prestigio del Gavi Docg in Italia e soprattutto nel mondo.

Luciano Pavesio

Esordi giornalistici nel lontano 1984 nel mondo sportivo sul giornale locale Corriere di Chieri. La passione per l’enogastronomia prende forma agli inizi degli anni ’90 seguendo la filosofia e le attività di SlowFood. Ha frequentato corsi di degustazione e partecipa a numerosi eventi legati al mondo del vino. Le sue esperienze enoiche sono legate principalmente a Piemonte, Valle d'Aosta, Alto Adige e Friuli. Scrive e collabora a numerose riviste online del settore; è docente di corsi di degustazione vino ed organizzatore di eventi.

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