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Mucche, formaggi e sostenibilità fra le valli del Natisone: Il nuovo sogno di Elisa Manig

Elisa Manig

Un detto famoso evidenzia come a volte sia necessario conoscere delle cose che non sono proprio positive per apprezzare ancora di più le cose belle. Non so chi sia l’autore, ma la citazione mi piace, anche se non mi stupirei sia frutto solo di un improvviso scambio di opinioni illuminato fra i due solitari neuroni che popolano il mio cervello.

A parte le autoironie, la storia e il personaggio che andremo oggi a conoscere ci parlano di positività, d’imprenditoria giovanile e di sostenibilità, unica via per garantire un futuro a questo nostro bistrattato pianeta.
Ci troviamo in Friuli, a Tiglio, piccola frazione nelle Valli del Natisone, dove nel 2019 la ventisettenne Elisa Manig ha avviato un’attività di produzione di formaggi con il latte delle 16 vacche di razza Pezzata Rossa che alleva.
Ma prima di conoscere la sua storia voglio fare una piccola panoramica sulla situazione generale degli allevamenti di mucche in contesti intensivi, che rappresentano la maggioranza delle realtà nel nostro contesto nazionale e aggiungerei anche europeo.

mucche azienda Manig

Mucche felici che scorrazzano assieme ai vitellini per immensi prati ricchi di fiori e profumi, desiderose di donare un po’ del loro sano latte a noi esseri umani sia per il consumo diretto che per la produzione di formaggi ricchi di nutrienti e qualità.
Questo è lo spot pubblicitario perfetto che disegna però una realtà molte volte di pura fantasia.
La situazione reale è molto diversa e grazie a innumerevoli indagini portate avanti negli anni da organizzazioni come “Essere Animali” e “Animal Equality“, per citare solo alcune fonti, o raccontate in film documentario come “The Milk System” girato dal regista di Bolzano, Andreas Pichler, sappiamo che purtroppo, se si parla di allevamenti intensivi, molte volte siamo dinanzi a delle vere e proprie catene di sfruttamento dove le mucche sono macchine da latte da spremere senza nessuna remora.
Diciamocela chiaramente, stiamo parlando di un mercato, quello del latte, che solo in Europa vale 100 miliardi di euro l’anno e difronte al denaro gli interessi degli animali diventano secondari agli occhi di chi deve fare solo il massimo profitto.
In questi ambienti le mucche, che normalmente hanno una vita media di venticinque anni, difficilmente riescono a superare il quinto anno di vita causa lo stress causato dal fatto di essere perennemente gravide e mai madri poiché i vitellini sono immediatamente tolti per garantire loro un futuro accelerato da carne bianca e tenera per i delicati gusti dei consumatori del nuovo millennio.

mucche azienda Manig

Scordatevi pascoli all’aria aperta e nutrimento sano e di qualità, più facile trovarle stipate in capannoni industriali, in mezzo alla sporcizia delle proprie feci e imbottite di soia che in grandi quantità garantisce di ingrassare gli animali in modo da poi spremerli e ottenere una quantità di latte pari a dieci volte l’ammontare di quello che sarebbe stato necessario, in natura, per nutrire il vitello.
Non sorprende che in queste condizioni siano frequenti delle problematiche di salute, prima fra tutte la mastite, dolorosa infiammazione delle mammelle, causata dalle eccessive mungiture meccanizzate, che ovviamente devono essere curate con medicinali e antibiotici che poi finiscono nel latte e nei formaggi che beviamo e mangiamo.
A completare questo quadro per niente rassicurante potrei anche menzionare la marea di liquami che si generano in questi contesti industriali e che filtrano nei terreni, inquinandoli.
Si potrebbe andare avanti in maniera più approfondita ma visto il periodo che stiamo vivendo per colpa della pandemia, ho voglia di rallegrarmi e sorridere un po’, e per restare in tema, andare a scoprire una realtà che pur trattando gli stessi argomenti, ne rappresenta l’altra faccia della medaglia.

La storia inizia a metà degli anni novanta. Siamo a Tiglio, piccolissima frazione del comune di San Pietro al Natisone, dove Elisa vive assieme ai genitori che portano avanti una piccola azienda agricola.
Ci troviamo in un ambiente incantevole dal punto di vista delle bellezze naturali, ma la troppa tranquillità va un po’ stretta a una ragazza che è curiosa di vedere cosa succede in giro per il mondo e di vivere una vita più movimentata come tipico dell’esuberanza giovanile.
Gli studi al liceo linguistico con l’obiettivo di fare l’hostess e girare il mondo precedono un’inversione di obiettivo con la laurea in tecniche di radiologia, cui seguirà un anno a Philadelphia e un’esperienza come ragazza alla pari.
Come molte volte succede, la lontananza dalla nostra terra natia ci porta dinanzi a delle realtà che non sono quelle che c’eravamo immaginate nei nostri pensieri e, un po’ di nostalgia e una nuova consapevolezza sui reali desideri professionali, pongono a Elisa l’interrogativo se invece la scelta più giusta per il futuro non fosse proprio un ritorno al suo passato.

formaggi azienda Manigh

Da queste premesse nasce il desiderio di dedicarsi a quella che fino a quindici anni fa era stata l’attività di famiglia: un allevamento di vacche da latte con cui produrre i propri formaggi.
Con l’aiuto del padre Luca, che lascia il lavoro da casaro in Slovenia, inizia un progetto di recupero e restauro degli edifici di proprietà, che erano stati nel frattempo dati in affitto, e inizia a imparare le tecniche e i trucchi di un mestiere duro ma affascinante.
L’obiettivo dichiarato è quello di avere una piccola azienda che permetta di tenere sotto controllo l’intera filiera produttiva, dedicando tanta cura e rispetto alle mucche con il cui latte poi cimentarsi nella produzione dei formaggi da vendere nel suo piccolo punto vendita. Allevamento, produzione e vendita tutto a km zero.
Poche quantità di formaggio, e quindi poco latte da produrre, in modo da avere un processo produttivo totalmente compatibile con il benessere delle sue mucche, lasciate pascolare nei terreni adiacenti e nutrite con fieno ed erba medica che arriva direttamente dai campi di famiglia. Nessun compromesso e rifiuto totale di derivati industriali e insilati.
Il risultato ricercato è quello di produrre dei formaggi, da latte crudo, sani e nutrienti che siano buoni ma anche testimoni, con i loro profumi e sapori, del territorio delle Valli del Natisone.
Formaggi, ricotte, caciottine, mozzarelle, yogurt, spalmabili sono il frutto attuale del suo lavoro che però è sempre in evoluzione e lascia spazio anche al desiderio di sperimentazione.
Vengono usati metodi caseari particolari, come la stagionatura nel fieno, nella birra artigianale e nel carbone vegetale, ma sebbene l’attività sia in crescita, l’obiettivo è comunque sempre quello di mantenere numeri limitati per garantire sia eccellenza sia rispetto per gli animali e per l’ecosistema, capisaldi che invece l’industria intensiva del latte non riesce a garantire.
La storia di Elisa è agli inizi ma sebbene ci saranno ancora tante pagine da scrivere, i primi capitoli ci parlano già di una ragazza con le idee chiare e la consapevolezza che viviamo in un periodo storico dove le esigenze commerciali devono essere sempre in simbiosi con le esigenze di un pianeta, sempre più in sofferenza, che ha bisogno di essere tutelato e non sfruttato in maniera incondizionata.
Il mio parere personale, da non vegano e non vegetariano, è che sia necessaria una decrescita per tutto quello che riguarda il consumo di derivati animali. Bisogna consumare di meno ma scegliere prodotti di qualità, maturando la consapevolezza che se si parla di enogastronomia, dietro a prezzi stracciati e offerte mirabolanti si nascondono sempre compromessi che non sono in sintonia né con la tutela dell’ambiente né con il rispetto dei protagonisti della filiera produttiva. Non si tratta solo di etica, ma anche di esigere prodotti sani e di qualità che alla fine incidono anche sulla nostra salute. Ecco perché a mio parere è importante sostenere e proteggere tutte quelle realtà produttive che cercano di distaccarsi dalle produzioni di massa.

azienda Manig

❂ DIALOGANDO CON ELISA MANIG ❂
Volendo usare una metafora marinaresca, prima di iniziare questa nuova attività, nella tua terra natia, sei stata una sorta di marinaia che a bordo della sua nave ha iniziato il suo percorso di vita professionale senza avere però una precisa meta da raggiungere, un porto sicuro dove realizzare i propri sogni. Liceo linguistico con l’obiettivo di fare l’hostess e girare il mondo. Laurea di tecniche di radiologia con la prospettiva di girare i laboratori degli ospedali specializzati. Un anno sabatico a Philadelphia come ragazza alla pari.
Poi il colpo di scena e una radicale svolta che ha riportato la tua nave sulla rotta di casa con il desiderio di allevare le mucche con il cui latte produrre e commercializzare prelibati formaggi.
Qual è stata la scintilla che ha fatto scattare il desiderio di svoltare completamente rotta e ritornare così alle origini della tua famiglia e della tua terra?

Quando ho deciso di partire per gli Stati Uniti, il mio unico obiettivo era di vivere una bella esperienza ma al tempo stesso già riflettevo su cosa avrei voluto fare da grande.
La strada tracciata dai miei studi mi avrebbe portato in Inghilterra come tecnico radiologo, ma stava crescendo dentro di me la consapevolezza e il desiderio di ritornare nelle Valli del Natisone per costruire qualcosa di mio, contribuendo così anche a valorizzare il territorio.
La scelta è stata semplice, però mi metteva di fronte a un progetto di non facile realizzazione. Ho dovuto rimboccarmi le maniche iniziando con il recupero degli edifici di lavoro famigliari che versavano in cattive condizioni dopo anni di affitti che li avevano restituiti in condizioni non ottimali. Si è resa necessaria un’opera di disboscamento e recupero dei terreni circostanti da adibire al pascolo. Tutti questi lavori hanno accentuato ancor più la consapevolezza che il lavoro manuale mi piaceva e mi rendeva felice. Non rinnego il percorso di studi e le esperienze precedenti perché mi hanno aiutato a capire quale fosse la strada giusta che avrei dovuto seguire.
È troppo importante fare esperienze, vedere un po’ il mondo per avere poi gli strumenti per poter giudicare e prendere con serenità le scelte opportune.
Ed è così che è nata la mia azienda.

Philadelphia, dove hai vissuto per un anno, è la sesta città più grande per popolazione degli Stati Uniti con il suo circa milione e mezzo di abitanti.
Tiglio, piccolissima frazione del comune di San Pietro al Natisone, dove ora vivi e lavori, ha circa sessanta abitanti, non so se comprensivi anche delle tue mucche.
Qual è la cosa che rende unico questo lembo di terra che ha rapito il tuo cuore ed è irriproducibile nelle metropoli del mondo come Philadelphia, e c’è però qualcosa che ti manca della vita di una grande città?

Tiglio è il paese della mia famiglia, ci sono nata e la storia dei Manig trova le proprie radici proprio in questo lembo di terra. Qui c’è una piccola comunità di persone, dove tutti si conoscono, sanno cosa faccio e se ho bisogno di aiuto, trovo sempre la massima disponibilità, ci si dà una mano a vicenda, cosa che ovviamente nelle grandi metropoli è impossibile.
Di Philadelphia mi manca la possibilità di poter viaggiare di continuo, il mio sogno fin da bambina, cosa che ti dà l’opportunità di aprire la tua mente verso nuovi orizzonti.
Ho avuto la fortuna di fare la ragazza alla pari in una piccola comunità e in una splendida famiglia, con quattro bambini e un cane, che mi ha dato tanto affetto e lasciato bei ricordi che qualche volta rimpiango.

cane azienda Manig

Fino a quindici anni fa la tua famiglia gestiva un’azienda agricola. Tuo padre Luca ha lasciato l’impiego di casaro sul monte Nero in Slovenia e adesso lavora con te. Questi sono sicuramente dei punti di riferimento importanti, ma tu avendo seguito un percorso di studi totalmente diverso, come sei riuscita a immergerti in un mondo che comunque necessita di competenze specifiche ed esperienza per quanto concerne la vita delle mucche, il latte e le tecniche di produzione casearia?
Tutto quello che so in materia casearia, proviene dagli insegnamenti di mio padre Luca. Io comunque ho studiato molto, mi sono informata e raccolto informazioni su internet, dove oggigiorno riesci a trovare di tutto, anche materiale tecnico su quella che era la materia che dovevo andare ad affrontare. Ho trovato molti punti di riferimento fra i miei conoscenti. Un veterinario bravissimo oltre a dare assistenza alle mie mucche è sempre prodigo di consigli e insegnamenti. Ho imparato pian pianino molte cose, partendo da zero, anche se essendo nata e vissuta in un contesto contadino-caseario sapevo già un po’ come muovermi.
La parte più difficile è stata affrontare la burocrazia. Mille regole da seguire per poter aprire un’azienda agricola e gestire poi correttamente tutti i vari passaggi del processo produttivo. Poi non è stato nemmeno semplice scoprire dove poter andare a reperire tutto quello che mi serviva in termini di materiali per la gestione quotidiana di un’azienda agricola, essendoci sempre meno realtà contadine alle quali far riferimento.
La tecnologia e i canali informatici mi sono stati molto d’aiuto, non solo per recuperare tutte le informazioni necessarie ma anche per pianificare un canale di vendita adeguato e appetibile.

Elisa Manig

Anche se il progetto è iniziato a metà 2019, hai avviato ufficialmente la tua nuova azienda con l’apertura del punto vendita il 16 febbraio 2020. La sera del 9 marzo il premier Giuseppe Conte annuncia l’inizio del lockdown con il paese e quasi tutte le attività che si fermano causa emergenza Coronavirus.
Usare l’espressione “occhio di lince” per sottolineare il tempismo con cui hai scelto il periodo per l’inizio della tua nuova avventura, vuole essere un modo ironico per sdrammatizzare una situazione per niente degna di risate.
Però molte volte è dalle difficoltà che possono nascere le idee e le situazioni migliori, e anche la tua giovane età e l’apertura mentale nei confronti della tecnologia possono aver giocato un ruolo importante per trovare delle alternative in questo momento non propizio per l’economia in generale.
Ci racconti le difficoltà e le sorprese positive che hai avuto in questo inizio della tua attività che risale a circa un anno fa?

Ho avuto un grande tempismo nell’iniziare la mia attività alle soglie di una pandemia, questo è vero, ma a parte le battute, chi poteva immaginarsi una situazione simile?
Però ero già preparata a un nuovo modo di lavorare. Infatti, prima di iniziare la produzione dei formaggi e l’attività vera e propria, avevo preso a riferimento dei profili social che mi piacevano per rubarne un po’ i segreti e applicare qualcosa di simile a un’azienda come la mia, nuova, che doveva farsi conoscere. Ho iniziato così a pubblicare le foto delle mucche, raccontare cosa stavo facendo e quali erano i miei obiettivi, e quando è arrivata l’apertura ufficiale, la gente era curiosa di venire a vedere cosa avevo fatto, conoscermi di persona. Poi quando dopo due settimane c’è stato il lockdown, si è presentato il problema su cosa fare, se organizzare un servizio a domicilio e come farlo. Verificato che tutto era a posto, permessi compresi, ho iniziato pubblicando per prima cosa il mio listino di vendita sulla mia pagina social, ponendo comunque dei limiti ristretti su quale doveva essere l’area di territorio che potevo servire.
È andato tutto alla grande con i pochi prodotti disponibili che sono andati subito esauriti, preludio di nuove ordinazioni per le settimane successive. È stato molto impegnativo stare dietro a tutto, ma questa è stata la molla che mi ha spinto ad acquistare altre sei vacche, investendo i primi guadagni, per incrementare un pochino la produzione.
Con la riapertura del punto vendita a fine maggio, le cose hanno continuato ad andare molto bene, e questo ha reso possibile l’aggiunta al nostro gruppo di altre due vacche.
L’arrivo dell’estate e le mucche al pascolo sono diventati una bella attrazione per i turisti. Normalmente queste zone sono frequentate solo da visitatori stranieri trovandoci al confine con la Slovenia, ma a causa o per merito del lockdown e della conseguente limitazione degli spostamenti, c’è stata la scoperta di questi luoghi anche da parte di molti turisti italiani.
Il problema è che le nostre zone sono belle dal punto di vista naturale ma scarne di attrattive, e quindi io ero diventata l’unico punto di riferimento da poter visitare e conoscere, diventando una sorta d’info-point per i viaggiatori che non sapevano dove andare.
La fine dell’anno si è poi conclusa con il botto perché a metà del mese di dicembre ho dovuto chiudere le ordinazioni perché avevo già esaurito i prodotti disponibili.
Insomma, contentissima per quanto fatto finora e fiduciosa per il futuro con ancora tanti progetti nella mente.

ricotta azienda Manig

Il benessere degli animali è in cima alle tue priorità. Stalla sempre pulita. Mucche e vitelli che escono tutti i giorni al pascolo nei terreni limitrofi. Fieno ed erba medica che arriva dai campi di famiglia e che assieme a mangimi, cereali e farine costituiscono il nutrimento principale. Totale assenza di derivati industriali e insilati. Conversione dei vostri terreni al biologico per poter certificare il tuo latte.
Sedici vacche di razza pezzata rossa di cui al momento dodici producono latte, e quattro sono di rimonta, più sei graziosi vitellini. Basse produzioni di latte con conseguente basso stress e sfruttamento degli animali.
Tutto questo è lontano anni luce dal mondo degli allevamenti intensivi, dove lo sfruttamento e le condizioni pessime in cui sono tenute le mucche non rappresentano purtroppo l’eccezione, con problemi sia di salute per gli animali sia di qualità del latte visto anche l’alto uso di medicinali e antibiotici che si rendono necessari.
La strada che hai intrapreso immagino sia quella di avere un’attività che non ti costringa mai a scendere a compromessi su questi argomenti e quindi anche a livello di numeri che ti permetta sempre un controllo diretto sull’intera filiera di lavorazione.
Qual è il tuo pensiero a riguardo degli allevamenti intensivi se raffrontati al tuo mondo e alla tua attività?

Da giovane produttrice che da poco si è affacciata in questo mondo, mi viene difficile criticare gli allevamenti intensivi, però il mio desiderio è sempre stato quello di aprire un’azienda piccola dove chi viene a comprare un prodotto, ne capisce il valore, sa da dove viene il latte, va a vedere le mucche e verifica di persona che sono ben tenute. Io non potrei mai convivere con le dinamiche degli allevamenti intensivi. Ho troppo rispetto per gli animali che per me non sono un numero, ma hanno tutti dei nomi e sono dei veri e propri membri della famiglia. È ovvio che chi abbia degli allevamenti intensivi, di solito o vende il latte o la carne. Se vendi solo il latte, hai dei margini diversi da chi oltre a produrlo anche lo trasforma, e quindi hai la necessità di avere molti capi per fare dei guadagni. Io ho mucche che ho comprato con i miei risparmi, che saluto una a una ogni mattina, ed è ovvio che ne sia profondamente affezionata. Mi permetto anche di aggiungere che la sensibilità femminile è sempre un po’ diversa nel rapporto con gli animali.
Io sono contro gli allevamenti intensivi, anche se qualcuno arriva ad accusare anche me di sfruttamento degli animali,
ma vi posso assicurare che le mie mucche vivono meglio di me, vengono spazzolate la mattina e la sera, lavate, hanno la paglia pulita due volte al giorno, e la loro alimentazione è sanissima.
Tornado al discorso degli allevamenti intensivi, non bisogna essere ipocriti, e dire chiaramente che se esistono e sono numerosi, è perché c’è una grande richiesta di carne a basso costo. Il mercato è fiorente, ci sono i fast-food che imperversano e siamo quindi noi con la nostra richiesta ad alimentare questo genere di mercato.
Se tutti puntassimo ad avere sempre prodotti di qualità eccellente, significherebbe accettare di pagare il prodotto di più, aumentando i ricavi dei produttori che però avrebbero così la possibilità di farsi carico di un sistema di allevamento sostenibile per gli animali, l’ecosistema e alla fine a guadagnarci sarebbe anche la nostra salute di consumatori finali.

formaggi azienda Manig

Sara, Simona, Gigante, Luna e Leonarda sono i nomi delle tue prime collaboratrici, cinque mucche di razza pezzata rossa che ti hanno accompagnato dai primi momenti della tua nuova avventura. Già dal fatto che le hai chiamate con nomi comuni di persona, si denota il tipo di rapporto che hai instaurato con le tue preziose dipendenti e fornitrici di sano latte.
Ma adesso che il numero è aumentato, non corri il rischio che il problema principale non diventi quello di mantenere sempre alti i livelli qualitativi dei tuoi formaggi, bensì quello di riconoscere e ricordarti i nomi di tutte le tue mucche?

Tutti pensano che sia così difficile riconoscere le mie mucche, ma ci passo due ore la mattina e due ore la sera ed è quindi impossibile non riconoscerle, passo meno tempo col mio fidanzato che con loro. Ci sono solo un paio di pezzate rosse che si assomigliano, tanto e devo allora guardarle con più attenzione. Pensa che ci sono bambini, che hanno visto i miei video con le mucche, e quando vengono qua, le riconoscono per nome.

Produci, per adesso, formaggi stagionati nel fieno, nella birra artigianale, nel carbone vegetale, yogurt, ricotta, mozzarelle, caciottine, spalmabili. C’è un prodotto che senti tuo più di tutti per il tuo gusto personale e nel futuro prevedi di aumentare la tipologia di produzione dilettandoti magari in qualche nuovo prodotto, frutto della tua ricerca e spirito di sperimentazione?
Non era il mio prodotto preferito, e all’inizio non lo volevo nemmeno fare, ma è lo yogurt.
Mi hanno convinto all’inizio a farlo ma non mi potevo permettere l’attrezzatura, quindi mi sono dovuta inventare un metodo, e a detta dei consumatori è un prodotto che viene benissimo ed è molto apprezzato. Quindi vado molto orgogliosa del mio yogurt perché ci siamo dovuti adattare con le attrezzature che avevamo e i risultati sono stati sorprendenti. Poi ovviamente vado molto fiera del formaggio perché ci passo gran parte del mio tempo libero a lavarlo e accudirlo quotidianamente.
Per quanto riguarda la sperimentazione, io mi adopererei molto di più ma viste le produzioni limitate, mi manca proprio il latte oltre al tempo e gli spazi produttivi, e così devo tener a freno le mille idee che mi circolano per la mente.

Ami la tua terra e la tua azienda ma con una visione che va oltre ed è per questo che sei protagonista attiva di una rete tutta femminile: “Le donne della Benecija” (nome dialettale che identifica le Valli del Natisone). Protagonisti oltre al tuo il tuo caseificio, altri nove produttori con i prodotti tipici delle Valli del Natisone. Tutte donne a cui per la par condicio si è aggiunto ora anche un ragazzo. Cosa vi ha spinto a creare questa rete di produttori e che obiettivi vi proponete nel futuro prossimo?
Il gruppo “Le donne della Benecija” è nato all’inizio come aggregazione di aziende con l’obiettivo, durante il lockdown di marzo, di confezionare dei pacchi con all’interno una varietà di prodotti delle nostre Valli da consegnare a domicilio a chi era rinchiuso in casa e non poteva spostarsi.
Il nome è nato dal fatto che inizialmente le protagoniste erano solo donne. L’iniziativa ha poi ha avuto un seguito e in estate abbiamo organizzato anche un paio di eventi all’aperto. A Natale invece abbiamo addirittura dovuto fermare le prenotazioni per un eccesso di richieste di pacchi regalo. Per il 2021 stiamo programmando un paio di cose nuove e speriamo che ci siano tutte le condizioni necessarie per poterle realizzare.

Elisa Manig

Domanda di geografia. Io ti dico un formaggio e tu mi dici la nazione di produzione. Con 6 risposte esatte sei promossa, altrimenti ci rivediamo per gli esami di riparazione.
Cheddar, Groviera, Feta, Stilton, Roncal, Brie, Philadelphia, Roquefort, Scimudin, Camembert.

Questa interrogazione mi preoccupa un po’ perché devo ancora approfondire le conoscenze in materia di formaggi esteri, anche perché i miei studi in materia sono recenti, ma vediamo se riesco comunque a beccare la sufficienza.
USA, Francia, Grecia, GB, Italia, Francia, USA, Francia, Germania, Francia.

Sei risposte esatte (sottolineate), sufficienti per non rivedersi per gli esami di riparazione.
(Cheddar: Inghilterra, Groviera: Svizzera, Roncal: Spagna, Scimudin: Italia, ndr)
Azienda, mucche, latte, formaggi. Ma quali sono le altre passioni di Elisa e il sogno nel cassetto che ti piacerebbe realizzare nel prossimo futuro?

Visto il pochissimo tempo libero, potrei dire che il mio hobby dovrebbe essere quello del riposo. A parte le battute, cerco sempre di sfruttare il tempo libero che ho, cercando di fare sempre qualcosa di diverso. Il mio giorno libero è la domenica, ma in questo periodo fra zone arancio e rosse non ho potuto fare nulla di particolare. Giornate quindi passate con il fidanzato e gli amici, una passeggiata con il cane e un po’ di vita sociale, quando possibile.
I sogni nel cassetto sono molti. La creazione di una fattoria didattica: gli spazi ci sono le risorse economiche per adesso no. Vorrei avviare un bed & breakfast o simile struttura ricettiva. Vorrei mettere a posto gli edifici dell’azienda, in parte l’ho già fatto ma c’è ancora molto lavoro in sospeso. Tante idee che per adesso si scontrano con le risorse economiche attualmente disponibili, ma sono fiduciosa perché come dice mia nonna ottantenne: “Non bisogna mai fermarsi nella vita“.

Stefano Cergolj

Stefano Cergolj

Perito informatico ai tempi in cui Windows doveva essere ancora inventato e arcigno difensore a uomo, stile Claudio Gentile a Spagna 1982, deve abbandonare i suoi sogni di gloria sportiva a causa di Arrigo Sacchi e l’introduzione del gioco a zona a lui poco affine. Per smaltire la delusione si rifugia in un eremo fra i vigneti del Collio ed è lì che gli appare in visione Dionisio che lo indirizza sulla strada segnata da Bacco. Sommelier e degustatore è affascinato soprattutto dalle belle storie che si nascondono dietro ai tanti bravi produttori della sua regione, il Friuli Venezia Giulia, e nel 2009 entra a far parte della squadra di Lavinium. Ama follemente il mondo del vino che reputa un qualcosa di molto serio da vivere però sempre con un pizzico di leggerezza ed ironia. Il suo sogno nel cassetto è quello di degustare tutti i vini del mondo e, visto che il tempo a disposizione è sempre poco, sta pensando di convertirsi al buddismo e garantirsi così la reincarnazione, nella speranza che la sua anima non si trasferisca nel corpo di un astemio.

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