Ci sono storie che partono da lontano, molto lontano, dove l’amore per il vino può diventare la scintilla decisiva per cambiare l’andamento di una realtà che non era così come la progettavamo o, meglio, la sognavamo. Joy Kull, originaria del Connecticut, a due passi dalla frenetica New York, può essere tranquillamente la protagonista di una di queste storie dove la trama ha imboccato strade talmente vorticose ed inaspettate da farle cambiare vita in pochissimo tempo “scaraventandola” dai grattacieli di Manhattan fino alle più bucoliche colline di Gradoli, nella zona nord-ovest del Lago di Bolsena, dove oltre a vecchie vigne di aleatico ha trovato un altro amore, forse più grande, quello per suo marito Simone, pastore locale, con il quale da qualche anno ha anche messo su famiglia.
È proprio tra i vigneti della sua azienda agricola, La Villana, che incontro Joy Kull la quale, dopo anni di gavetta, è diventata in tutto e per tutto uno dei tasselli fondamentali della “nouvelle vague” del vino dell’Alta Tuscia laziale che ha preso il via circa 15 anni fa grazie a Giammarco Antonuzi che è stato un punto di riferimento fondamentale per avviare la sua attività.
“Dopo la laurea – mi spiega Joy mentre passeggiamo tra i grappoli di aleatico – ho subito iniziato a lavorare negli USA nel Food and Beverage Management svolgendo quasi tutti i lavori dedicati al vino, dal sommelier fino alla vendita on-line, ma nessuno di questi mi dava piena soddisfazione. Allora, quasi per sfida, mi sono detta: “Joy, perché non inizi a produrre vino?”. L’idea iniziale, ti confesso, era quella di venire in Italia, imparare il mestiere e poi ritornare negli USA, magari in Oregon, e avviare là la mia azienda agricola. Grazie a un mio amico ristoratore di New York, amante dei vini naturali, sono stata messa in contatto con Antonuzi (Le Coste) al quale ho chiesto di fare un anno intensivo di stage al fine di imparare tutto il possibile. Era il 2013, me lo ricordo bene, sono bastate due settimane a Gradoli, che non conoscevo assolutamente, per innamorarmi visceralmente di questo territorio e dei suoi vini. Sono bastate due settimane di lavoro per capire che questo era il mio sogno e che non sarei più tornata negli Stati Uniti…”
Dopo un anno passato a lavorare presso Le Coste, Joy ha deciso di fare il passo successivo ovvero mettersi in proprio e capire se poteva concretizzare tutto ciò che aveva imparato. Per perseguire questo obiettivo, per capire se la strada intrapresa era quella gusta, inizia a prendere in affitto e gestire tre ettari di vecchi vigneti non più gestiti dagli anziani della zona e nel 2015, all’interno di una grotta, quasi clandestinamente, produce le sue prime 3000 bottiglie che, mi confida, verranno quasi tutte bevute l’anno dopo durante i festeggiamenti per il suo matrimonio. Oggi, dopo quattro vendemmie, Joy Kull alleva secondo metodi biologici (certificata dal 2017) e biodinamici vigne, sia vecchie che di nuovo impianto, di aleatico, grechetto rosso, montepulciano, ciliegiolo, procanico, roscetto, malvasia e moscato e gli ettari vitati, grazie anche al contributo economico di una sua amica americana, sono passati da circa tre a cinque col progetto di costruire finalmente una nuova cantina più funzionale alle esigenze di una azienda agricola in fase di crescita come La Villana.
“Joy, a proposito, perché questo nome, La Villana?” “Beh, quando sono arrivata a Gradoli molti anziani della zona mi raccontavano storie agricole locali al centro delle quali, spesso, c’erano i litigi e le contrapposizioni tra il villano, ovvero l’agricoltore, e il pastore che con le sue pecore rovinava i suoi raccolti. Da queste parti, perciò, sono considerata una vera e propria villana anche se molto atipica visto che ho sposato un pastore le cui pecore, strano il destino, sono invece mie care amiche visto che mi aiutano moltissimo nella concimazione delle mie vigne. Secondo me questi racconti contadini dovrebbero essere rivisti…” Con Joy decidiamo di scendere giù a Gradoli per degustare qualche bottiglia e per farmi visitare l’attuale cantina di vinificazione, circa 60 metri quadri, ospitata all’interno di un locale posto al piano terra di un vecchio palazzo nel centro del Paese.
Il Bianco La Villana 2019, blend di procanico e malvasia, è un po’ il simbolo dell’artigianalità del lavoro di Joy che dà vita ad un bianco deciso, essenziale, spiazzante per chi è abituato ai vini troppo tecnici ed industriali. Con questo Bianco si beve puro succo d’uva, sembra di masticare le uve da cui proviene e la territorialità è assolutamente debordante grazie alla sapidità finale di questo vino che ti fa ricordare che Gradoli è territorio vulcanico. Il Rosato La Villana 2019, 100% aleatico, è succoso, dinamico, la sua leggera aromaticità lo rende poliedrico nei profumi e assolutamente complesso al palato caratterizzato da acidità vibrante che dona freschezza, carattere e, soprattutto, una beva irresistibile. Il Rosso La Villana 2019, greghetto (sangiovese) in purezza, è pieno, polposo, nitidamente varietale. L’ho apprezzato per il suo essere vivo, tagliente, per certi versi rustico, ma al tempo stesso appagante grazie ad un sorso scorrevole grazie ad una trama tannica viva ma decisamente controllata. Vino assolutamente delizioso e senza sovrastrutture che rende bene l’idea del timbro che Joy vuole dare a tutti i suoi vini che, dietro un’apparenza di semplicità, sono di una purezza e di una territorialità disarmante.
In anteprima ho anche degustato sia il Bianco che il Rosso “Uovo” che Joy affina in cemento all’interno di un’altra cantina. Il bianco è il blend di due uova di cemento dove il procanico, proveniente sia da vigne giovani che vecchie, ha tempi diversi di macerazione (una settimana e quattro giorni). Il risultato? Un vino che ad oggi è assolutamente graffiante, denso, dalla sapidità esplosiva la cui complessità non potrà che essere esaltata col tempo in bottiglia. Il Rosso Uovo 2019 invece sembra già avere quella maturità e quella eleganza che il bianco ancora deve ricercare. A mio giudizio già oggi è un vino di assoluta piacevolezza e finezza e, tra i tanti greghetto assaggiati in zona, per me è quello che, ad oggi, potenzialmente avrà il futuro più radioso.
Andrea Petrini
Nato nel 1974 a Roma in una annata che si ricorderà pessima per la produzione del vino mondiale. Sarà proprio per ribaltare questo infame inizio che lo condannava apparentemente alle bevande analcoliche che nel 2008 si è diplomato sommelier AIS e nello stesso anno ha aperto uno dei primi wine blog in Italia: Percorsi di Vino. Un anno nasce l'Enoclub Roma con l'obiettivo di valorizzare il vino del Lazio. La passione aumenta sempre più così come la voglia di comunicare il vino e, in generale tutta l'enogastronomia italiana. Diventa responsabile eventi Slow Food Roma, degustatore e relatore AIS ed è entrato a far parte del gruppo Garantito Igp. Collabora con molti siti e riviste di settore come il Gambero Rosso online e organizza Wine tasting in tutta Italia.
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