Incubo tappi di sughero che danneggiano il vino, come uscirne?
Magari il problema fosse solo il famigerato tricloroanisolo (TCA), quella sostanza derivata dal cloro che viene prodotta principalmente dalla presenza di un fungo, l’armillaria mellea, che aggredisce la corteccia del sughero e nella bottiglia dà il tipico sentore di tappo! In realtà il fenomeno è più complesso, noi degustatori seriali lo sappiamo bene, quante volte accade di sentire un vino morto, spento, oppure fortemente asciugante, ben oltre la sensazione data da tannini ancora rigidi e bisognosi di tempo per integrarsi.
Certamente la richiesta di tappi in continuo aumento rende difficile ottenere la massima qualità dei sugheri.
Il Portogallo vanta quasi il 50% della produzione mondiale, ottenuta da oltre 700 mila ettari di querce, segue la Spagna con un buon 30%, a notevole distanza ci sono Marocco, Algeria, Tunisia, Italia e Francia.
Per poter subire una prima decortica, la quercia deve raggiungere i 25 anni di età e avere un diametro del tronco di almeno 70 cm, misurato a 1,30 metri da terra. Da quel momento l’operazione può essere replicata ogni nove anni, per 15-18 volte.
Ma siamo sicuri che ogni azienda produttrice di sugheri mantenga rigidamente questi parametri per garantire la massima qualità?
C’è poi la fase di sanitizzazione, che nella maggioranza dei casi viene effettuata utilizzando perossido di idrogeno, risultato il prodotto più efficace e meno pericoloso, ma c’è comunque il rischio che nel processo possano rimanere tracce della sostanza, che potrebbero danneggiare il vino, infatti il perossido di idrogeno è in grado di bruciare la solforosa libera, favorendo possibili ossidazioni.
Purtroppo non è detto che il destinatario finale possa accorgersi della presenza di residui di perossido di idrogeno, basta che l’azienda fornitrice aggiunga metabisolfito di potassio o anidride solforosa gassosa e il tappo sembrerà perfettamente sano.
Certamente oggi ci sono alcune categorie di vini che possono utilizzare tappi alternativi, da quello a corona a quello a vite, da quello in vetro a quello ottenuto con materiali sintetici, o ancora i recenti DIAM, che sono in sughero naturale e subiscono un particolare processo brevettato che elimina i componenti responsabili delle deviazioni sensoriali, in particolare del succitato TCA.
Eppure, confrontandomi con altri colleghi durante numerose sessioni di degustazione, ho notato in alcuni casi che, sia per vini tappati con sugheri normali, sia con il DIAM, si sono presentate alterazioni dei profumi e degli equilibri, non riconducibili al TCA ma piuttosto ad altri fattori meno facili da comprendere (non siamo né enologi né chimici). Cambiando bottiglia ci si è spesso trovati di fronte a un altro vino, più definito e senza apparenti difetti.
Una simile anomalia è molto più insidiosa dell’odore di tappo, perché se non conosci quel vino, è più probabile che non arrivi a pensare di cambiarlo, perché dovresti se senti solo profumi spenti e una bocca seccante? Più che un difetto potrebbe sembrare un limite del vino.
Il fenomeno sembra più diffuso di quanto si possa immaginare e, a mio avviso, non se ne parla mai abbastanza, probabilmente perché non è possibile da parte nostra comprenderne con certezza le cause.
Parliamo di un buon 10% di vini problematici, non per TCA, ma per ragioni diverse, che cambiando bottiglia, nella quasi totalità dei casi non si ripresentano, a dimostrazione che non è un problema insito nel vino, ma indotto da qualcosa che entra in contatto con esso, casualmente, non in tutte le bottiglie.
Personalmente, a costo di stare seduto un’ora in più, tutte le volte che mi si presenta un caso simile, tutte le volte che mi si accende la lampadina del dubbio, cerco sempre di farmi portare un altro campione, ma io quel vino lo sto solo valutando, non acquistando. Chi veramente rischia di più è il destinatario finale, che magari ha comprato quel vino perché era stato valutato molto bene, e invece si trova di fronte qualcosa che non corrisponde, niente sentore o gusto di tappo, ma un vino semplicemente diverso, scipito o sgradevole e ben lontano dalle descrizioni positive che lo avevano indotto ad acquistarlo.
Come risolvere l’annosa questione? Davvero non lo so, ma è certo che qualcosa bisogna pur fare, se non altro per tentare di ridurre quella percentuale.
Intanto per tutti i vini che non sono destinati a lungo invecchiamento, punterei senza esitazione al tappo a vite, molti lo stanno già facendo, in Italia come all’estero, con questo tipo di tappo non ho mai riscontrato problemi.
Roberto Giuliani