Statistiche web
AnteprimeIl vino nel bicchiere

Il punto sulla “rivoluzione” del Chiaretto

L'anteprima del Chiaretto a Lazise

L’Anteprima del Chiaretto, svoltasi a marzo nella stupenda cornice della Dogana Veneta di Lazise, e successivamente la collaborazione nata in occasione del Vinitaly tra le denominazioni Bardolino, Valtènesi, Cerasuolo d’Abruzzo, Castel del Monte e Salice Salentino, unite nel promuovere i loro rispettivi vini nella versione “rosata” (in Italia non si superano i 30 milioni di bottiglie di vino rosato), si sono senza dubbio rivelati determinanti per valutare la “Rosé Revolution”, partita dalla sponda veneta del Lago di Garda nel 2014.

Chiaretto Italian Dry Rosé

Nel corso dell’Anteprima, dove per la prima volta si sono unite le forze tra il Consorzio di tutela del Chiaretto di Bardolino e il Consorzio Valtènesi dell’opposta sponda bresciana per promuovere i rispettivi vini e territorio si sono potute cogliere svariate variazioni significative avvenute sotto diversi aspetti.

Innanzitutto che il Chiaretto di entrambe le zone si è finalmente “destagionalizzato”, dal momento che fino a pochi anni fa si consumava prettamente da aprile a metà agosto, mentre ora, grazie a radicali cambiamenti sia nella coltivazione delle uve sia nella vinificazione, il vino mantiene colore e vitalità oltre al tradizionale anno di vita, mantenendo o accentuando in alcuni casi i sentori di mandarino e pompelmo rosa, di spezie fini e leggermente sulfurei in quelli veneti, più ricchi di tannino e note vegetali rispetto a quelli lombardi, dove profumi di frutta rossa e spezie sono più marcati, tipici dell’uva Groppello, utilizzata in media al 50-60%, oltre al Sangiovese e la Barbera che ne conferiscono la preziosa spalla acida.

Dogana Veneta

L’uva Corvina la fa da padrone in territorio del Bardolino, utilizzata oggi al massimo all’80% ma con l’obiettivo di portarla a breve al 95%, che ben si presta a questo tipo di vinificazione anche perché povera di antociani al pari della Rondinella.

Questo importante miglioramento della tenuta del vino nel tempo deriva come detto dal vigneto. Oggi Chiaretto e Bardolino hanno sempre di meno in comune: dalla scelta dei vigneti, in zone di altitudine compresa tra i 100 e i 350 metri, gestiti con potature ed esposizioni diverse rispetto al Bardolino, alla vendemmia, dove si pone la massima attenzione alla maturazione fenolica, svolta assolutamente nelle prime ore fresche della giornata, con l’uva sottoposta a criomacerazione raffreddandola prima della spremitura, seguita da un attento controllo della temperatura in vinificazione.

Nel frattempo il Consorzio di tutela del Chiaretto di Bardolino ha individuato tre zone storicamente vocate per il rosso Bardolino con l’obiettivo di inserire nel disciplinare di produzione un esempio di “menzioni geografiche aggiuntive”: la zona di Sommacampagna, la zona del Monte Baldo, che vede in Caprino Veronese l’epicentro, e la menzione La Rocca, che per tradizione e tipicità dovrebbe rappresentare la zona tipica del Bardolino. Anche in questo caso il fine ultimo è sfatare la definizione di “vino giovane, fresco, di pronta beva” riportandolo agli splendori dell’800, quando più di un trattato riportava che “il Bardolino si beve dopo medio invecchiamento in legno l’anno successivo alla vendemmia”.

Pannello ValtènesiL’annata 2017 presa in esame in entrambe le manifestazioni, si è rivelata molto concentrata a causa della gelata primaverile, ad una grandinata ad inizio estate ed alla prolungata siccità estiva, che ha ridotto circa del 30% la produzione, seppur regalando uve molto mature, in alcuni casi leggermente appassite. Un’annata senza dubbio atipica, che si rispecchia nel bicchiere nella difficoltà di raggiungere l’obiettivo della “buccia di cipolla” o comunque di un rosa antico scarico complice la concentrazione di antociani e polifenoli, e di limitare il grado alcolico, tanto erano ricche di zucchero le uve. Tra i Chiaretto degustati spiccano quelli dell’azienda di Damiano Bergamini di Colà di Lazise, di Casaretti di Bardolino, di Il Pignetto di Bussolengo, di Le Tende di Lazise, di Albino Piona di Villafranca di Verona, di Poggio delle Grazie di Castelnuovo del Garda e dei Vigneti Villabella di Calmasino, mentre per la zona Valtenèsi da segnalare i vini delle aziende Montonale e di Citari di Desenzano del Garda, di Costaripa e della Cantina La Pergola di Moniga del Garda e della Cantina Franzosi di Puegnago del Garda.

L'evoluzione del Chiaretto nel bicchiere
L’evoluzione del Chiaretto nel bicchiere

Indispensabile per giudicarne le potenzialità ma soprattutto per verificare lo stato dei Chiaretto in seguito alla “Rosè Revolution” partecipare alle verticali di degustazione, orchestrate in prima persona da Franco Cristoforetti, presidente del Consorzio, in collaborazione con il giornalista Angelo Peretti.

Verticale Cavalchina
Verticale Cavalchina

Tra le più sorprendenti senza dubbio quella che ha visto protagonista l’azienda Cavalchina di Sommacampagna, con vini in degustazione del 2017 al 2013 con un colore e uno stile che interpreta alla lettera la nuova filosofia. Così, mentre l’ultimo nato si presenta con freschi sentori di frutti rossi e frutti di bosco, nel 2016 si attenua il colore e aumenta la balsamicità e la mineralità. Nel 2015 il naso diventa sulfureo, la mineralità e la sapidità crescono, così come la persistenza. Il 2014 si presenta di un arancio scarico, stile un vino bianco macerato sulle bucce, e naso e bocca assumono connotati che ricorda un Risling, tanta è la nota minerale, sulfurea e citrina, con leggere note di tabacco: un vino che fa emozionare.

Verticale Le Ginestre
Verticale Le Ginestre

Altra verticale da ricordare quella dell’azienda Le Ginestre di Lazise, dove Marco Ruffato è stato tra i primi a credere e aderire alla “revolution”. Così il 2017 presenta un profumo di rosa e di lampone, nel 2016 compaiono note speziate e floreali, il 2015 assume caratteri sulfureo e agrumato, con una netta sapidità, mantenute anche nel 2014.

Verticale Tenuta La Presa
Verticale Tenuta La Presa

Toni più austeri e complessi nei Chiaretto “Baldovino” della Tenuta La Presa di Caprino Veronese, l’azienda più a nord del territorio, sita ai piedi del Monte Baldo, con vigneti sui 3-400 metri di altitudine. Il 2017 è ancora in fase evolutiva, raggiunta pienamente dal 2016, speziato e sapido al punto giusto; nel 2015 prevalgono note di frutta rossa, agrumi e pepe, mentre nel 2014 è ancora una volta la mineralità spiccata a farla da padrone.

Verticale Poggio delle Grazie
Verticale Poggio delle Grazie

Altro splendido esempio di contemporaneità ci viene fornito dall’azienda Poggio delle Grazie, una piccola realtà a Castelnuovo del Garda nata nel 2014 dalla passione di Stefano e Massimo Brutti. Il 2017 è uno degli esempi con maggior equilibrio tra sentori fruttati e bocca sapida e fresca, arricchita nel 2016 da spezie dolci e un aumento di persistenza in bocca. Il 2015 ha un finale leggermente mandorlato, mentre il 2014 vive oggi la sua piena maturazione.

Luciano Pavesio

Esordi giornalistici nel lontano 1984 nel mondo sportivo sul giornale locale Corriere di Chieri. La passione per l’enogastronomia prende forma agli inizi degli anni ’90 seguendo la filosofia e le attività di SlowFood. Ha frequentato corsi di degustazione e partecipa a numerosi eventi legati al mondo del vino. Le sue esperienze enoiche sono legate principalmente a Piemonte, Valle d'Aosta, Alto Adige e Friuli. Scrive e collabora a numerose riviste online del settore; è docente di corsi di degustazione vino ed organizzatore di eventi.

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio