Se vi capitasse l’occasione di scorrazzare fra le colline che da San Floriano del Collio vi portano verso Oslavia, avreste l’occasione di ammirare degli incantevoli paesaggi. Ma non solo. Queste terre, al confine con la Slovenia, profumano di storia e ci riportano alla memoria le vicende, oramai centenarie, della Grande Guerra del 1915-18. Ma i profumi che si respirano nell’aria non sono solo quelli legati alla storia e a un conflitto che ha lasciato cicatrici profonde in questo lembo di territorio. In questa terra, fra i suoi vigneti, un piccolo esercito di valorosi viticoltori, combatte la propria battaglia. Ma non ci sono nemici da sopraffare o postazioni da difendere. L’unico obiettivo è quello di produrre vini di elevata qualità che riescano a regalare pace e gioie sensoriali ai numerosi appassionati del nettare di Bacco. A Sovenza, piccola frazione di San Floriano, ha sede l’azienda Il Carpino, piccola realtà a conduzione famigliare, che vede protagonisti Franco e Anna Sosol, affiancanti recentemente anche dai due loro figli Naike e Manuel. Un territorio eccezionale, ideale per la coltivazione della vite. Una benefica e costante ventilazione che scende dal monte Sabotino. Notevoli escursioni termiche. Stratificazioni di marne e arenarie. Sono questi i tratti principali che permettono, a chi lavora bene, di ottenere risultati notevoli. E’ il caso dell’azienda Il Carpino, la cui storia risale agli inizi degli anni ’80 con Silvano, padre di Anna, che dopo aver acquistato qualche ettaro di vigneto, inizia le prime produzioni di vino da vendere come sfuso. Nel 1987 si assiste a un cambiamento nella filosofia produttiva dell’azienda. Franco e Anna diventano i protagonisti principali e decidono di puntare tutto sulla qualità del prodotto. Iniziano i primi imbottigliamenti. Vengono acquistati nuovi terreni. Sono i primi passi di una progressiva crescita che ancora oggi continua costante.
La filosofia aziendale è semplice, con poche regole da rispettare rigorosamente. Rispetto per il territorio, abolendo l’uso di prodotti chimici e limitando allo stretto necessario i trattamenti sulle viti. Attenta gestione del vigneto con alta densità d’impianto e bassa produzione di uva. Grande cura dei vini in cantina. Operazioni e fasi del processo, che grazie all’impostazione famigliare dell’azienda, sono controllate e gestite personalmente. Franco segue la parte produttiva mentre Anna si occupa della parte commerciale-burocratica. I due figli Manuel e Naike, dopo aver frequentato percorsi di studi diversi, hanno abbracciato la causa famigliare e oggi sono braccia e neuroni freschi al servizio dell’azienda. La proprietà può contare oggi su un totale di circa 17 ettari vitati. Di questi, 9 sono in collina in zona DOC Collio, e 8 in pianura, in zona DOC Isonzo, nei quali si producono le tipologie rosse. La produzione media annua è di circa 80mila bottiglie. Sono in commercio due linee di prodotti. La linea “Vigna Runc” comprende tutti vini freschi le cui uve provengono da vigneti giovani. La vinificazione avviene totalmente in recipienti di acciaio e ci regala dei vini pronti da bere subito ma con buona personalità e un’acidità e mineralità tipica del territorio che regala notevole piacevolezza degustativa. Le circa 60mila bottiglie prodotte ogni anno, si dividono fra le seguenti tipologie: Pinot Grigio, Friulano, Sauvignon, Chardonnay, Ribolla Gialla, Bianco Runc (Sauvignon 50% e Malvasia 50%) e Merlot. La linea “Il Carpino” comprende le selezioni, prodotte in misura limitata e ottenute da vigneti molto vecchi.
Vengono praticate macerazioni anche sui vini bianchi. Mediamente le bucce restano a contatto con il mosto per 7 giorni, ad eccezione della Ribolla Gialla che resta in macerazione per 45 giorni. Questo regalerà vini dagli aromi e sapori più complessi con una struttura capace di tener testa in cucina a piatti importanti. Le vinificazioni si svolgono esclusivamente in botti di rovere di Slavonia da 15-20 ettolitri e i vini mediamente restano ad affinare per circa 18 mesi in botte. Le circa 20mila bottiglie prodotte ogni anno, si dividono fra le seguenti tipologie: Exordium (Tocai Friulano), Vis Uvae (Pinot Grigio), Bianco Carpino (40% di uve Chardonnay, 30% Ribolla gialla e 30% Sauvignon), Sauvignon, Chardonnay, Ribolla Gialla, Malvasia, Cabernet Sauvignon, Rosso Carpino (‘80% di Merlot e 20% Cabernet Sauvignon). Solo nelle annate migliori viene prodotto il Merlot in purezza, Rubrum. Uve di primissima scelta e due anni passati in tonneau, per metà francesi e per metà di Slavonia, regaleranno un rosso tipico del territorio che non ha niente da invidiare a vini di zone molto più vocate per questa tipologia. Due linee produttive per molte aziende significa proporre un prodotto economico di serie B e uno più quotato di livello superiore. Per l’azienda Il Carpino invece significa solo dare libero sfogo a due modi diversi di fare vino. Alla base c’è la stessa filosofia e lo stesso modo di lavorare in vigna. Produrre uve di elevata qualità è la normalità. Queste poi iniziano due percorsi differenziati che portano in bottiglia prodotti differenti che però mantengo personalità, acidità e mineralità tipica del territorio. La mano del produttore si sente nell’eleganza e pulizia presente sia nei vini freschi sia in quelli macerati. La mia ultima degustazione (fra i tanti vini che ho avuto la fortuna di assaggiare) in azienda è stata forse il miglior biglietto da visita di quello che il perfetto mix fra le potenzialità del territorio e la bravura del produttore possano regalare.
Uno Chardonnay del 1994 che accanto a un lieve ma non invadente sentore vanigliato, regalato dal passaggio in barrique, donava un bagaglio di sensazioni olfattive e gustative da urlo. Ma quello che era impressionante era la grande acidità e mineralità che un vino vinificato in bianco, di quasi vent’anni, riusciva ancora a esprimere. Componenti che assicuravano ancora un ulteriore lunga longevità e che a parer mio, in un’ipotetica degustazione da tenersi rigorosamente alla cieca, avrebbero messo in difficoltà le papille gustative più sviluppate e i nasi più dotati in circolazione. Per fortuna io non ho avuto bisogno di bendarmi ed ho potuto apprezzare con i miei occhi come la serietà di una famiglia di produttori, radicata in un territorio vocato per la viticoltura, possano regalare grandi risultati ed emozioni.
DIALOGANDO CON ANNA E FRANCO SOSOL
Quali sono i fattori predominanti che permettono di rendere unici i vini che si producono in queste terre? Il territorio, nella sua varietà e grandezza, è sicuramente l’elemento fondamentale grazie al quale siamo in grado di produrre vini di elevata qualità e tipicità. Ogni piccolo appezzamento delle nostre colline, si distingue per composizione del suolo e microclima e questo garantisce quella complessità e quelle sfumature che arricchiscono il bagaglio sensoriale dei vini. Poi è fondamentale il contributo del vitigno. Soprattutto le varietà autoctone, come ad esempio la Ribolla Gialla, la Malvasia e il Tocai Friulano, nelle nostre terre riescono a dare risultati eccellenti, difficilmente replicabili altrove. Ho lasciato per ultimo il fattore ponka, determinante per caratterizzare il risultato finale dei nostri vini. Le marne e arenarie, tipiche del nostro suolo, ci regalano, infatti, vini che si distinguono per una freschezza e una mineralità che solo in queste colline riesce a raggiungere certi livelli.
La Ribolla Gialla è sicuramente il vino di punta e il rappresentante più famoso dei territori di Oslavia e San Floriano. In Friuli si possono degustare diversificate rappresentazioni di questa tipologia. Da spumantizzata fino ad arrivare alle forme più estreme di macerazione sulle proprie bucce. Qual è secondo voi la miglior espressione di Ribolla Gialla o quella che voi preferite? Entrambe le versioni che produciamo ci piacciono perché sono diverse ma al tempo stesso, ambedue rappresentano la tipicità del vitigno. Quella vinificata in acciaio è la versione classica e fresca che spicca per immediatezza e bevibilità ma che riesce anche a esprimere le caratteristiche principali del vitigno. La versione macerata, ovviamente dona note di maggior complessità e un bagaglio sensoriale in continua evoluzione nel tempo, senza perdere però la spalla acida e minerale che deve essere sempre presente per garantire longevità e piacevolezza gustativa. Oggi la Ribolla Gialla la fanno tutti in Friuli, ognuno con il proprio stile e con risultati non sempre all’altezza. Molte volte si rischia di creare confusione nel consumatore, privato di punti di riferimento a causa delle troppe versioni prodotte. Riteniamo che Oslavia, il Cividalese e certe zone della Slovenia rappresentino la culla ideale per la Ribolla Gialla, una tipologia che per dare il meglio di sé ha bisogno di un terreno come la ponka, altitudini adeguate e un’esposizione al sole che garantisca la piena maturazione dei grappoli. Se vengono meno questi elementi è difficile portare in cantina delle uve di ottima qualità che poi si trasformino in vini di eccellenza.
Alla fine degli anni ’90, Roberto Cipresso ha collaborato per qualche anno con la vostra azienda. Com’è nato questo rapporto di collaborazione e quanto ha contribuito nella crescita della vostra realtà produttiva? Leggendo un articolo che parlava di Roberto Cipresso e della sua filosofia produttiva, ci è nato spontaneo il desiderio di conoscere questo personaggio che ci aveva colpito per la passione e le idee che metteva a disposizione del mondo del vino. L’incontro è avvenuto a Montalcino e visto che Roberto già collaborava con alcune aziende del Friuli, abbiamo provato a verificare la sua disponibilità a instaurare un rapporto di collaborazione con la nostra azienda. Roberto ha accettato e ci ha dato per due anni preziosissimi consigli soprattutto per quanto concerneva la produzione delle tipologie rosse. Dai suoi consigli è nato il Rubrum 1999, Merlot in purezza che ci ha regalato notevoli soddisfazioni. La collaborazione è durata poco perché, molto onestamente, Roberto ha capito che la strada che avevamo intrapreso era quella giusta e potevamo tranquillamente continuare da soli il nostro percorso. Ma dal rapporto commerciale è nata una bella amicizia che continua ancora oggi. Siamo stati suoi ospiti in Argentina, dove abbiamo partecipato a delle prove sulle campionature degli acini in pre-vendemmia. Nostra figlia Naike invece è stata in Argentina per un mese è ha partecipato a tutta la vendemmia, facendo un’esperienza professionale gratificante ed entusiasmante. Insomma, quello con Roberto, è stato un importante incontro sia per gli aspetti professionali sia umani.
Vini freschi e più immediati, vinificati in acciaio per la linea “Vigna Runc”. Vini di corpo, struttura, macerazioni sulle bucce, affinamenti in legno e grandi prospettive di longevità per la linea ” Il Carpino”. Due modi diversi di fare vino che denominatore comune trovano quando è lo stesso vignaiolo a pensarli e produrli? Due modi diversi di fare vino che però sono legati dallo stesso denominatore comune: un certosino lavoro in vigna per ottenere uve sane e di primissima qualità. I macerati della linea “Il Carpino” sono prodotti con uve raccolte da vitigni vecchi. Sono sicuramente vini più strutturati e complessi che rispecchiano il lavoro che si è fatto in vigna e una volta in cantina devono solo essere seguiti nel loro percorso. Sono i vini cosiddetti da “Poesia”. I vini della linea “Vigna Runc” sono più semplici e immediati e provengono in prevalenza dai vitigni più giovani. Sono i vini che possiamo chiamare da “Lavoro” che in cantina necessitano di più cure e attenzioni per garantire un prodotto di alto livello. Le nostre due linee permettono di soddisfare le varie esigenze e i gusti della clientela. A nostro parere personale, il consumatore dovrebbe prima conoscere i vini freschi, per capire meglio le caratteristiche del vitigno per poi avvicinarsi a quelli macerati che necessitano sicuramente di maggior attenzione e sono più difficili da capire per il degustatore non esperto.
La linea base “Vigna Runc” viene imbottigliata come DOC mentre per la selezione “Il Carpino” è stato scelto di adottare l’IGT. Sbaglio a dire che si potrebbe aprire una lunga discussione su quest’argomento? Era il 2003 e come ogni anno abbiamo mandato ad analizzare i campioni dei vini per l’ottenimento della DOC. Ci viene comunicato che la Ribolla Gialla non rientrava nei parametri e non poteva ottenere la certificazione. Pensavamo a problemi di volatile, qualche grave difetto. Invece la qualità del vino era eccelsa e senza difetti, ma la tonalità del colore, frutto della macerazione, risultava troppo carica. La cosa ci ha fatto imbestialire e senza pensarci troppo abbiamo deciso di declassare a IGT tutta la linea “Il Carpino”.
Producete solo nelle migliori annate un rosso importante, il “Rubrum”, Merlot in purezza. Il Collio è una terra conosciuta soprattutto per i vini bianchi. Ma pensi che magari in conseguenza anche delle variazioni climatiche, anche i rossi friulani potranno guadagnarsi in futuro estimatori e importanti fette di mercato? Io penso proprio di sì. Bisogna essere onesti e dire che il Friuli è terra soprattutto di vini bianchi, ma la testardaggine del friulano lo spinge sempre a voler migliorare quello che fa e quindi tutti i viticoltori mettono grande impegno e risorse quando decidono di produrre tipologie a bacca rossa. Per fare un grande rosso in Friuli bisogna lavorare ottimamente in vigna e sperare che l’annata sia buona per garantire ottime maturazioni delle uve, non sempre possibili alle nostre latitudini. Se entrambe queste componenti sono soddisfatte, allora le sorprese di certo non mancano, con vini di notevole spessore che oltre di qualità sono anche espressione del territorio. Ne è testimone il Merlot Rubrum 1999 che ci ha permesso di far conoscere la nostra azienda e al tempo stesso ha dimostrato che anche qui è possibile fare un gran vino rosso.
Il futuro prossimo dell’azienda si chiama Naike e Manuel, i vostri figli. Cosa vi augurate per il loro futuro e per quello del mondo del vino in generale? L’augurio è che possano integrarsi pienamente nell’azienda e che vadano avanti nel progetto intrapreso, cercando magari di migliorare ancora, se possibile, i nostri prodotti. Per il mondo del vino in generale, auguro di poter uscire in fretta da questo periodo di crisi, ma nel complesso sono fiducioso, perché soprattutto per quanto riguardo il nostro territorio, ci sono tanti bravi produttori, che lavorano sodo e meritano di raccogliere il frutto dei loro sacrifici.
Qual è il complimento più bello che possano fare ai vostri vini? Anna: mio marito Franco è felice quando gli dicono che il vino assomiglia al suo carattere e al suo modo di essere. All’inizio timido e riservato che però con il tempo si apre e dà il meglio di sé donando piacevoli emozioni.
Quale vino della “concorrenza” vi piace e ammirate a tal punto che vi sarebbe piaciuto vederlo in bottiglia con l’etichetta della vostra produzione? Ci sono tanti vini che ci piacciono e ammiriamo. Fra i rossi il Calvari di Miani e il Malbec Mendoza Achaval Ferrer del nostro amico Roberto Cipresso. Fra i bianchi il Pinot Bianco di Schiopetto e i vini di Josko Gravner, personaggio di grande spessore che con le sue idee e il suo lavoro ha fatto tanto per la crescita della viticoltura della nostra terra.
Avete in cantiere qualche nuovo progetto per la vostra azienda? I progetti sono sempre tanti. Il primo lo abbiamo completato di recente e si tratta dell’ampliamento della cantina, un passo importante perché ci permette di lavorare meglio. Nel futuro ci piacerebbe ampliare la parte sotterranea per creare due zone distinte che dividano la vinificazione in legno da quella in acciaio. Altri progetti speriamo siano nella testa e nelle braccia dei nostri figli.
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