Luigi Recchiuti di Opperbacco
Lo storico birrificio di Notaresco (TE), con la linea Nature continua a regalarci ottime birre maturate in botte, del tutto uniche nel loro fortissimo legame al territorio, alle sue uve, e ai suoi ingredienti “speciali”. Progetto relativamente recente, il lavoro che Luigi Recchiuti sta portando avanti con il suo staff da un paio d’anni, migliora costantemente, con scelte originali che attingono alla tradizione e alla valorizzazione degli ingredienti locali. Se da un lato gli ultimi investimenti nella tecnologia del birrificio puntano a perfezionare la produzione, agendo su elementi come il controllo dell’ossidazione e sul lavoro dei lieviti, dall’altro, il lavoro della cantina non può che significare tradizione locale, estro del birraio e sperimentazione. In ogni caso, indiscutibile è l’attaccamento alla terra, e quella abruzzese non concede nulla che non abbia personalità, a iniziare proprio dai suoi prodotti.
La maturazione in botte con i batteri
Mi faccio una chiacchierata con Massimiliano Vichi, che lavora fianco a fianco con Luigi, voglio sapere qualcosa in più su questa linea di wild ale che matura 12 mesi in botte e che intanto non è una ma due: Nature e Nature Uva.
Per la Nature Uva il birrificio lavora insieme a cantine locali tra le più apprezzate, come Emidio Pepe, Lammidia e Tenuta Terra Viva (per il Trebbiano la collaborazione è anche con un contadino che lavora con metodi naturali la sua vigna proprio accanto al birrificio, oltre a far ricorso alle uve stesse di Luigi, dalla vigna di famiglia).
Per queste birre viene realizzato un pied de cuve con il 25% del litraggio totale della barrique o del tonneau, con mosto e bucce di Montepulciano, e dopo vendemmia e pigiatura (tutto fatto direttamente “in house”) c’è il passaggio in botte. Attivatosi il pied de cuve, 3 giorni dopo, iniziata quindi la fermentazione delle uve, viene aggiunto un mosto di birra realizzato in birrificio, con 30% di farro di Santo Stefano di Sessanio, località nota per le caratteristiche uniche che conferisce ai suoi legumi e cereali. Al termine di questa fermentazione primaria, viene aggiunto il brettanomyces locale, selezionato in collaborazione con la Facoltà di Agraria dell’Università di Teramo.
Al lavoro in cantina
Nella linea NATURE, invece, gli ingredienti caratterizzanti sono i prodotti locali come sambuco, genziana, pesche e ciliegie. Tra queste birre anche la particolarissima Essenza, ispirata all’omonimo dolce del famoso chef tristellato (ma soprattutto abruzzese) Niko Romito, che in comune presenta proprio gli ingredienti: genziana, timo, dragoncello, zafferano, caffè, cacao e passion fruit. La curiosità di abbinare dolce e birra per testare la diversa declinazione degli stessi sapori è forte. Nel mio caso dovrò però attendere che Romito ne prepari anche una versione per allergici al latte (capito…mi consolo con la birra).
In questo caso, il pied de cuve (utilizzato da quest’anno, prima la fermentazione iniziava in acciaio, passaggio ora eliminato) è “mini”, con il 5% di mosto e uva prima del passaggio in botte e dei brett.
In tale contesto va da sé l’importanza della stagionalità e dei corsi della natura: “verso la fine della fermentazione, a maggio, quando sono sbocciati i fiori di sambuco, di cui il birrificio è circondato, abbiamo aggiunto i fiori freschi, 2 kg su 500 litri. Quando i vecchietti hanno iniziato a svinare la genziana, le radici, abbiamo aggiunto quella esausta, che ti dà più naso, sentore di terra e bosco bagnato. Si tratta ovviamente di un amaro che non sarà mai spinto come nell’Amaro di genziana, però l’odore di radice e terra è presente in modo importante.”
Come avviene la scelta dell’ingrediente speciale ogni volta? È qualcosa di estemporaneo, abbiamo iniziato con esperimenti, piccole quantità di fichi, cachi, o fiori d’acacia, poi siamo passati alle pesche e alle ciliegie (come quelle di Vasto), conoscendo dei coltivatori diretti che disponevano di quantitativi importanti, alcuni dei quali, dopo il terremoto, cercavano anche finanziatori per far fronte al danno.
Come è nata l’idea di questa linea? Partendo dal presupposto che Luigi ha sempre fatto quello che voleva, senza lasciarsi troppo condizionare dalle mode, è stata una concatenazione di circostanze: la disponibilità delle botti, la nuova cantina separata dal birrificio, una tesi dell’Università di Teramo, con cui abbiamo iniziato a collaborare, e quello che è iniziato come un esperimento è diventato una bella realtà. In questa occasione ci siamo confrontati anche con i ragazzi di Cà del Brado, che hanno apportato qualche nozione in più sulla maturazione in botte, sul contenimento dell’ossigeno e delle temperature e altri elementi che conoscono molto bene.
Qualcuna di queste sarà una linea fissa? Sì, è una linea su cui puntiamo tantissimo, vorremmo ribadire quelle con le uve che saranno sempre presenti, anche quella con il sambuco, che ci è piaciuta tanto, idem per ciliegie e pesche, quest’ultime inserite con l’intento di ricreare il sapore delle pesche col vino: 5 kg di pesche e un risultato davvero interessante con una lieve asprezza e leggero acidulo dati dalla frutta, e l’acidità data dal vino e dal Brett. Sulla genziana invece, discorso a parte (intanto penso che forse è quella che mi ha più colpito), essendo un ingrediente molto particolare, dipende dalla tolleranza che si ha ad essa, e questa vorremmo incentrarla soprattutto sull’Abruxensis per realizzarla con ingredienti 100% abruzzesi.
Abruxensis è un altro bel progetto di Opperbacco, al suo primo anno di realizzazione. In questo caso parliamo di farmhouse, che fanno 4 mesi in botte, prodotte con un utilizzo totale di ingredienti locali. Si parte da un mix di 3 lieviti: saccharomyces, torulaspora e brettanomyces sempre isolati a partire da bucce di uve locali, ma la parte fondamentale della linea è l’utilizzo dello stesso mosto, che persiste al cambio dell’ingrediente speciale. Da 30 kg di ciliegie, 2 kg di fiori di sambuco, e radici di genziana esausta, ad esempio, sono nate Abruxensis Ciliegie 6,5%, Abruxensis Sambuco 5,5%, Abruxensis Genziana 5,5%, quest’ultima soprattutto, di cui consiglio l’assaggio, ricca in aromi, è impregnata in quelli del Trebbiano. Gli ingredienti, solo materie prime del territorio: il mosto è realizzato con un’alta percentuale di Rosciola, una varietà autoctona di grano tenero estremo, che cresce tra i 1200 ed i 1600 mt sul livello del mare tra i pascoli altomontani, grano decisamente rustico e caratterizzato da qualità uniche, mentre il luppolo utilizzato è prodotto ad Atri dalla hop farm Babilhop.
Hilary Antonelli e Massimiliano Vichi
Tra tutti questi progetti, gli chiedo qualche anticipazione L’idea è di uscire nel 2019 con 3 one shot: la cotta 1, la cotta 50 e la cotta 100. La prima a gennaio, sarà una robust porter, non producendo più la Deep Underground, intendiamo partire da quella birra per evolverci. Anche in questo caso utilizzando genziana esausta per tornare alla sensazione di terroso e di radice al naso, che si sposa bene con lo stile.
Per questa, i riferimenti citati sono la Smoked Porter di Alaskan e la Robust Porter di Smuttynose, come anche quanto di già prodotto da Opperbacco. Per le altre due (di cui mi ha accennato off records) è tutto ancora in valutazione, ma le idee non mancano, e ancora una volta sarà qualcosa di non convenzionale. Rimetteremo inoltre in produzione la pils che sarà una single hop di tettnanger, che amiamo molto.
Concludiamo, come abbiamo iniziato, parlando di vino… È fondamentale. Non sarebbe mai nata questa linea se non ci fosse un rapporto molto stretto con i produttori stessi, primo fra tutti Terraviva: la Nature Uva Terra con Montepulciano e Nature Uva Viva, con il Trebbiano, sono un omaggio a chi ha subito creduto in noi, dandoci i mosti la prima volta. Il primo anno infatti abbiamo usato solo mosto, in seguito abbiamo aggiunto anche le bucce, e la birra ha iniziato a colorarsi, le bucce hanno dato più tannino, i semini più tannico, e l’acidità è aumentata. È una continua evoluzione. L’affinamento in bottiglia di queste birre ricorda molto un naturale rifermentato in bottiglia, e dalle nostre parti tanti ragazzi iniziano a fare Trebbiano, Passerina, in questo modo. Del resto l’Abruzzo, come la Sicilia e l’area di Cirò in Calabria, è una delle aree in cui c’è maggiore sperimentazione sui vini naturali. Qua, ci sono diverse cantine che sperimentano molto, come Lammidia, Cirelli di Atri, Fiore Podere San Biagio. E proprio a loro abbiamo dedicato la prossima Nature, avendo preso da loro il farro, dal nonno, e le uve dai ragazzi.
Insomma, se è vero che la ricetta di una birra è replicabile in ogni luogo del mondo, e il più delle volte non ha senso parlare di terroir, alcuni fortunati casi, e non pochi in Italia, ci rappresentano belle e interessanti eccezioni.
Hilary Antonelli
Appassionata di birra artigianale, con un debole da anni per Franconia e West Coast USA coltiva quotidianamente la sua passione tra pub, amici publican, birrai e non, e viaggi fino all'altro capo del mondo. Lasciando poco spazio alle mode, il suo posto preferito era e resta il bancone del pub. Tra una birra e l'altra si occupa di promozione e tutela del Made in Italy agroalimentare nel mondo.
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Laureato in Filosofia e giornalista professionista, lavora al Mattino dove da anni cura una rubrica sul vino seguendo dal 1994 il grande rilanci (...)
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Sommelier e master sul servizio vino e relazione col commensale, ha tenuto alcuni corsi in area territoriale del Pavese di approccio/divulgazion (...)
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