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Garantito IGP: I “Sauternes” di Caluso (e non solo)

Cartina territorio Erbaluce

 

Credo non siano in molti gli italiani che, d’acchito, sappiano indicare dove si collochi il Canavese. E ancor meno quelli che conoscano l’Erbaluce di Caluso, vitigno dal nome evocativo tipico della zona del Piemonte compresa tra Torino e la Val d’Aosta. Probabilmente in pochi, locali esclusi, sanno poi che l’Erbaluce è detta anche Greco Novarese. Un’uva pochissimo diffusa fuori da quel circondario: chi se ne intende racconta che in passato, ma ora non più, si coltivava anche nel Monferrato e che il sistema di coltivazione è la caratteristica pergola canavese, quasi a tendone, pensata per catturare al meglio la luce solare e nutrire i grappoli vigorosi, dalla buccia spessa e croccante, tendenzialmente tardivi, di modesto potenziale alcoolico ma con alta acidità naturale.

Vigneti erbaluce

Gran parte dei vigneti risalgono ancora agli anni ’60 e sono il frutto della selezione massale fatta allora. L’Erbaluce, del resto, è stata a lungo la classica uva fatta appassire nei solai e poi vinificata in casa per un consumo domestico,  tendenzialmente festivo, ma tra alterne fortune e timidi tentativi di espansione è rimasta più o meno in ombra fino agli anni 2000, quando l’acidità dei vini è tornata di moda e il vitigno si è affacciato con successo sul mercato dei bianchi fermi e gli spumanti, soprattutto metodo classico, di cui in giro si assaggiano in effetti ottimi prodotti. Segnalo tra i secondi la Gran Cuvée Erbaluce di Caluso docg della Tenuta Roletto (senza annata), un brut con il 50% di vino di riserva e 24 mesi sui lieviti: color oro brillante, spuma ricca e fine, un bouquet complesso, pieno di sfumature e di freschezza e un palato morbido e pastoso, con bella scia acida, sapido e lungo. Tra i primi mi è piaciuto il Reiri, Erbaluce di Caluso docg 2023: fatto con uve vendemmiate più tardi della norma, spicca all’olfatto per la florealità e un bel frutto maturo, con accenni di zolfo e pietra focaia che tornano in bocca con una bella tattilità, acidità spiccata ma senza eccessi e una inattesa tannicità.

Pergola di erbaluce

Ero invece personalmente abbastanza a digiuno di Erbaluce passito, sebbene come detto questo tipo sia il più tradizionale: pigiati gli acini appassiti (coi grappoli appesi a testa in giù per agevolarne l’areazione), in passato il mosto veniva messo in botti di acacia o di castagno e lì lasciato a maturare per molti anni, dando vita a un vino parecchio ossidativo. Più di recente – mi spiegano Lorenzo Simone, vicepresidente del Consorzio per la tutela e la valorizzazione dei vini Docg Caluso, Doc Carema e Canavese, e l’enologo Gianpiero Gerbi – si sono un po’ accorciati gli affinamenti, scesi a 6/8 anni, e si è passati a botti di rovere e a una maggiore attenzione per la botrite nobile.

Appassimento erbaluce

Ho potuto approfondire l’argomento di recente testando un paio di questi cosiddetti “Sauternes di Caluso”, che ho trovato decisamente interessanti. Anzi, intriganti e, a mio modestissimo parere, più che meritevoli di essere valorizzati nell’asfittico mercato dei passiti, grazie a un gusto caratteristico, non stucchevole, profondo, in qualche modo “tentatore”, e a un buon rapporto qualità/prezzo (costano tra i 12 e i 17 euro + iva).

Quattro Erbaluce

Il primo è Sulè, Caluso Passito docg 2022, Orsolani: di colore arancione scuro, quasi ambrato, al naso ha una mancata nota ossidativa e richiami dolciastri, per poi virare nettamente su sentori di mandorla e di nocciola che tornano anche al palato, dove la dolcezza non esonda e rimane pulita, quasi asciutta.

Il secondo è il Bohémien, Caluso Passito docg 2019, Tappero Merlo: all’occhio ricorda le tonalità del miele di castagno, mentre all’olfatto è gentile, composto, con richiami di frutta secca. Il bocca il vino è ricco, ampio, gradevolmente dolce ma senza alcuna stucchevolezza e il sorso dona un’equilibrata lunghezza.
Da farne scorta per l’autunno.

Stefano Tesi

Stefano Tesi

Giornalista cresciuto con Montanelli al giornale, si occupa da sempre di agricoltura, agroalimentare enogastronomia e viaggi. Ha lavorato tra gli altri per Cucina Italiana, Meridiani del gusto, Viaggi & Sapori, Bell’Italia. Collabora per Civiltà del Bere, Dove, Corriere Vinicolo, Guida Ristoranti dell’Espresso, oltre a curare la sua blog-zine Alta fedeltà. È assaggiatore professionista di olio extravergine. Fa parte del gruppo Garantito Igp.

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