Ci vorrebbe un Giovanni Allevi in ogni parte del mondo, non come un nuovo Messia, no, ma come portatore di gioia, voglia di vivere e comunicare con il prossimo. Si, perché al di là di giudizi positivi o negativi che si possono dare sul suo lavoro e su certe enfatizzazioni delle sue qualità musicali, il musico e filosofo Giovanni Allevi, nato ad Ascoli Piceno sotto il segno dell’ariete 39 anni or sono, ha il potere di trasmettere sensazioni che molti hanno dimenticato. La semplicità, la comunicativa diretta e senza filtri, che lascia vedere con chiarezza la sua anima pura, fatta di note e di passione, fortemente emotiva e sensibile, timida, piena di energia quasi incontrollabile, il suo linguaggio che guarda alla gente comune, privo di accademica pomposità e di fin troppo frequenti atteggiamenti di distaccata superiorità, fanno di Giovanni Allevi un personaggio fortemente positivo e necessario. Il suo successo trova forti motivazioni non solo nella musica ma proprio nel suo potere comunicativo, guardandolo, ascoltandolo, seguendo il suo gesticolare a tratti frenetico a tratti armonioso, si percepiscono le sue intenzioni sincere, aperte, la voglia di comunicare amore attraverso la musica, ma in una modalità straordinariamente alla portata di tutti. Come lui stesso afferma: “Stiamo tornando nel Rinascimento italiano, dove l’artista deve essere un po’ filosofo, un po’ inventore, un po’ folle, deve uscire dalla torre d’avorio e avvicinarsi al sentire comune.”. Niente di più vero e necessario, in un’epoca fra le più cupe di tutta la storia dell’uomo, dove il lavoro è stato progressivamente privato del suo nobile destino, assoggettato ad una cieca e inutile iperproduttività orientata prevalentemente al consumismo sfrenato, dove le persone sono strumenti, oggetti da spremere ed eliminare quando non servono, spesso privati della dignità di uomini. Dove il sentimento, la propria intimità, le vicissitudini famigliari sono diventati fenomeni di piazza, da spiattellare in televisione e spacciare per realtà, come cosa del tutto normale. Ma soprattutto un mondo che non sa più comunicare con i giovani, un mondo sempre più vorticoso e incapace di equilibrarsi, il cui messaggio sembra dire “non fermate il mondo, ho troppa paura di scendere”.
Giovanni Allevi, dunque, è arrivato sulla Terra quasi come un alieno, per alcuni fastidioso e incomprensibile, eppure maledettamente umano, tanto da riuscire a rimuovere polvere e ragnatele persino dagli incartapecoriti personaggi del mondo politico. Così, al tradizionale Concerto di Natale che si è svolto nell’Aula di Palazzo Madama al cospetto del Presidente del Senato Schifani, del Capo dello Stato Giorgio Napolitano, del Presidente della Camera Gianfranco Fini, del Presidente della Corte Costituzionale Giovanni Maria Flick, dei Vicepresidenti del Senato Rosi Mauro, Vannino Chiti, Emma Bonino, dei ministri Angelino Alfano con la moglie, Umberto Bossi accompagnato da tutta la famiglia, Maurizio Sacconi, Altero Matteoli, Elio Vito, Roberto Calderoli, degli ex Presidenti del Senato Nicola Mancino e Franco Marini, del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta con la moglie, del Presidente della Rai Claudio Petruccioli e del direttore della prima rete Fabrizio Del Noce, del procuratore antimafia Piero Grasso e della nipote di Giacomo Puccini signora Simonetta, più cinquanta fortunati giovani studenti invitati dal Senato, Giovanni Allevi ha fatto vibrare l’aula con la sua musica e quella di Giacomo Puccini (non Giovanni, come molti erroneamente hanno scritto). Ora, mi trattengo dall’esprimere la mia opinione sulla musica di Allevi, che a mio avviso è ancora troppo “in divenire”, bisognosa di trovare un percorso più personale e maturo, rimane il fatto che questo giovane (ma non tanto) artista ha la capacità di “rimettere a posto le cose”, di ridare ai sentimenti il giusto valore, di saper essere semplice, diretto, comunicativo, in poche parole di arrivare al cuore di molti giovani (non tutti ovviamente, non mancano altrettanto numerosi detrattori) con un messaggio pulito, vero, emozionale, totalmente distante dalle falsità del nostro vivere quotidiano.
Figlio di un musicista e una scrittrice, è rimasto da sempre legato a questi due mestieri pur avendoli traditi per trent’anni come programmatore informatico. Ma la sua vera natura non si è mai spenta del tutto, tanto che sin da ragazzo si è appassionato alla fotografia e una ventina di anni fa è rimasto folgorato dal mondo del vino, si è diplomato sommelier e con Maurizio Taglioni ha fondato Lavinium, una delle prime riviste enogastronomiche del web, alla quale si dedica tutt’ora anima e corpo in qualità di direttore editoriale. Collabora anche con altre riviste web e ha contribuito in più occasioni alla stesura di libri e allo svolgimento di eventi enoici. Dal 2011 fa parte del gruppo Garantito Igp.
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Di formazione tecnica industriale è stato professionalmente impegnato fin dal 1980 nell’assicurazione della Qualità in diverse aziende del setto (...)
Laureato in Filosofia e giornalista professionista, lavora al Mattino dove da anni cura una rubrica sul vino seguendo dal 1994 il grande rilanci (...)
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