Ciliegiolo d’Italia 2018: riflessioni su un vitigno storico e resoconto delle degustazioni
Gli eventi sul vino sono in continua crescita, anno dopo anno, al punto che ormai è inevitabile trovarsi costretti a fare delle scelte durante i periodi in cui è frequente l’accavallamento di più manifestazioni negli stessi giorni. Ce ne sono alcuni che, personalmente, non voglio perdere, sono quelli che prendono in esame un territorio, una denominazione o addirittura un vitigno. È il caso di Ciliegiolo d’Italia, nato dalla sinergia fra l’Associazione Produttori Ciliegiolo di Narni e l’Enoclub Siena nel 2015 e giunto alla quarta edizione, che propone uno spaccato delle potenzialità di questo noto vitigno attraverso le interpretazioni di quasi 40 aziende provenienti da diverse regioni: Umbria, Toscana, Marche, Liguria, Lombardia e Lazio.
Il Ciliegiolo è una varietà importante, sia perché pare accertato che sia uno dei padri del sangiovese, sia perché ha molte affinità con l’aglianicone, a dimostrare quanto la “purezza” genetica nelle piante sia da ritenere fenomeno ben più raro di quanto si potrebbe immaginare. Fra l’altro questa forte sinonimia con l’aglianicone lascerebbe supporre che, ancora una volta, possano essere stati i Greci a portarlo in Italia, contrariamente a quanto riferiva il Racah nel 1932, che riteneva fosse stato trasportato dalla Spagna da un gruppo di pellegrini dopo un viaggio di ritorno dal Santuario di S. Giacomo di Compostella, tanto da soprannominarlo “Ciliegiolo di Spagna”.
Va detto che quest’uva, soprattutto in Chianti, è stata per decenni utilizzata come partner del sangiovese, pochissimi la vinificavano in purezza. Negli ultimi anni, invece, ha via via conquistato un proprio spazio individuale, soprattutto in Umbria, dove è nata la Doc Ciliegiolo di Narni.
L’evento, che si è svolto il 19 e 20 maggio al Teatro Ridotto del Teatro Comunale Giuseppe Manini di Narni, si è rivelato, sin dalla prima edizione, un’occasione perfetta per individuare le caratteristiche del ciliegiolo, la sua indole e le sue peculiarità. Personalmente sono convinto che questo vitigno, diffuso soprattutto in Toscana e Umbria, sia dotato di una naturale piacevolezza grazie alla sua evidente fruttosità, accompagnata a volte anche da una raffinata vena floreale, elementi che trovano di frequente sostegno in una buona dose di freschezza, mentre il tannino non è quasi mai particolarmente incisivo. Gli assaggi effettuati sia in passato che in questa occasione, confermano a mio avviso che questa cultivar esalta la propria qualità espressiva nei primi anni di vita, soprattutto sen non ha sostato in legno. Con il passare degli anni tende a perdere quei tratti distintivi e non sembra avere così tante frecce al suo arco per sostituirli con una maggiore complessità e profondità, salvo rare eccezioni.
Queste caratteristiche non lo sminuiscono affatto, anzi, in passato abbiamo assistito a una ricerca spasmodica di molti produttori, penso ad esempio in Piemonte, ma anche in Toscana e altre regioni, di ottenere vini opulenti e strutturati, con permanenze anche lunghe in legno, spesso piccolo, che hanno finito per uniformare il linguaggio del vino a uno standard di mercato e non alle reali caratteristiche dei vitigni utilizzati. Quell’epoca è oggi abbastanza in declino, sopravvive grazie ad alcuni mercati esteri che ancora chiedono vini così, ma chi come noi ama la buona cucina mediterranea, sa bene quanto siano necessari vini rossi freschi, succosi, moderatamente alcolici, da bere con piacere senza sentirsi appesantiti a fine pasto.
Non c’è solo bisogno di Barolo, Brunello, Taurasi, ma anche di Ciliegiolo, Dolcetto, Barbera, Piedirosso e via discorrendo, a ciascuno la propria natura e differenziazione.
Ovviamente in alcuni terreni e microclimi, con certi portainnesti e certi cloni, possono nascere Ciliegioli di maggiore struttura e complessità, che giustifichino anche un discreto uso del legno e una condizione favorevole per una maggiore longevità, ma non è comunque questa la prerogativa principale del vitigno, di ciò sono piuttosto convinto.
La degustazione: le aziende e i vini che si sono contraddistinti
UMBRIA
Cento Albe Ciliegiolo 2015 – Fattoria Giro di Vento
Maurizio Mazzocchi gestisce i dieci ettari vitati in comune di Narni con metodo rispettoso dell’ambiente e dell’ecosistema; per lui il ciliegiolo è un’uva gentile, che necessita di delicatezza, sia in vigna che in cantina, affinché mantenga quelle caratteristiche che la rendono così equilibrata e piacevole, se lavorata con attenzione e rispetto. Il suo Cento Albe 2015 sembra aver raggiunto questo equilibrio: interessante il colore rubino delicato e trasparente, il bouquet fruttato di ciliegia e frutti scuri, confortato da accenti di liquirizia che ritrovo anche al palato; freschezza e tannino contenuto, finale piacevole e non banale.
05035 Rosso Narni 2017 – Leonardo Bussoletti
Dei tre vini presentati ho preferito questo che ho trovato più pronto e leggibile, dal colore rubino vivo, naso nitido, con un bel frutto non scontato, più ciliegia e lampone che fragola, bocca piacevolissima, fresca, bello slancio, finale molto da “ciliegiolo”.
Ramici Ciliegiolo 2015 – Leonardo Bussoletti
Un pelino sotto ma non per questo meno interessante, mostra un colore rubino di buona trasparenza, naso di caramella alla ciliegia e rosa, lampone, bocca lineare, fresca, piacevole, con buon ritorno fruttato.
Rosato Brut Metodo Ancestrale 2014 – La Palazzola
Se non conosci Stefano Grilli non puoi capire perché i suoi vini sono solo i suoi vini, diversi da tutti gli altri e non sempre compresi e apprezzati. Io l’ho incontrato una ventina d’anni fa, girava per l’azienda con un piccolo trattore, ho passato con lui qualche ora e mi è bastato per capire che non aveva alcuna intenzione di seguire regole prestabilite, lui aveva una sua visione, amava sperimentare e spumantizzare qualsiasi cosa, probabili reminiscenze di un amore infinito per la Borgogna. Assaggiai il suo Riesling Brut e gli altri spumanti con grande curiosità.
Oggi, alla prova del ciliegiolo, sia in versione ferma che spumante metodo ancestrale, devo dire che ancora una volta è la personalità del produttore ad emergere, i suoi vini non passano comunque inosservati e il Metodo Ancestrale, nella sua esuberanza, non manca certo di carattere; il confine, il rischio di andare fuori giri, sono dietro l’angolo, ma io lo trovo divertente, “spumeggiante”, non mi dispiacerebbe berne più di un calice in una calda sera estiva sulla riva del mare.
Carmino Amelia Ciliegiolo 2016 – Zanchi
Di questa azienda che ho iniziato ad apprezzare alcuni anni fa, vi racconterò nei prossimi giorni. Il suo Ciliegiolo 2016 mi ha convinto subito, figlio di un’annata indubbiamente superiore alla 2017, presenta un colore rubino di buona intensità, naso di ciliegia e fragolina con spunti minerali, al palato è fresco, corrispondente, bella energia, succoso e piacevolissimo.
TOSCANA
Ciliegiolo Vigna Vallerana Alta 2016 – Antonio Camillo
Prima era Poggio Argentiera, direttore tecnico per Giampaolo Paglia, ora è solo Antonio Camillo, con i suoi vini e le sue vigne, selezionate con cura nel cuore della Maremma. Lavora con metodo tradizionale, senza uso di chimica di sintesi, intervenendo il meno possibile con le lavorazioni meccaniche e con le potature verdi, in modo da non stressare le piante.
Il Vigna Vallerana Alta proviene da un appezzamento di un ettaro con piante di età che va dai cinquanta ai quasi settant’anni, e nel vino si sente molto bene, uno di quei casi in cui i 12 mesi di legno non sottraggono al vitigno le sue caratteristiche ma le completano, restituendo un vino dove la florealità e il frutto emergono con chiarezza, arricchite da toni più profondi, terrosi e minerali, mentre al palato mette in mostra un tannino finissimo e una speziatura delicata che si fonde a rintocchi di erbe aromatiche e liquirizia.
Forse il vino migliore di tutta la serie.
Maremma Toscana Capoccia Ciliegiolo 2016 – Cantina Vignaioli del Morellino di Scansano
Non potevo non citare questo vino, perché la Cantina Vignaioli del Morellino di Scansano sta dimostrando da qualche anno a questa parte di avere dato una sferzata decisa verso la qualità dei propri vini. Questo è un’espressione di pulizia e piacevolezza, una bella interpretazione, dal colore rubino fitto con unghia porpora, naso di ciliegia nera, prugna, mirtillo, al palato ha buona fruttosità, fresco, ben bilanciato, gradevole, con un rapporto qualità prezzo che ha pochi rivali.
Ciliegiolo 2015 – Fattoria Fibbiano
Ci spostiamo a Terricciola in provincia di Pisa, 75 ettari suddivisi fra vigneto, uliveto e bosco, da oltre vent’anni seguiti dalla famiglia Cantoni. Anche qui il rispetto per l’ambiente è legge: certificata biologica, si sostiene energeticamente con un moderno impianto fotovoltaico. Il suo Ciliegiolo (IGT Toscana) sosta dieci giorni in rotofermentatori, dove svolge la fermentazione partendo dai lieviti presenti sulle bucce; la malolattica viene svolta in cemento dove sosta per 4 mesi, infine matura 12 mesi in botti di rovere di Slavonia.
Ha colore rubino di buona luminosità, naso non banale, frutto composito (ciliegia, mora, lampone e leggera prugna e rintocchi floreali; molto buono al palato, fresco, piacevole e di discreta complessità, ha ancora strada davanti.
Maremma Toscana Ciliegiolo Rosato Maestrale 2017 – Fattoria Mantellassi
Questa volta siamo nella Maremma grossetana, sulle colline della Banditaccia, nel comune di Magliano in Toscana; i Mantellassi sono una famiglia di viticoltori da generazioni e rappresentano uno dei punti di forza della Doc Maremma Toscana. Questo ottimo rosato è un altro esempio di come il ciliegiolo si presta perfettamente ad offrire vini godibili, freschi, qui la florealità è spiccata e affiancata da piccoli frutti di bosco, mentre al palato è davvero piacevole, succoso, fresco e delicatamente sapido.
Ciliegiolo Podere del Visciolo per Emma 2015 – Piancornello
Nella nota azienda ilcinese della famiglia Monaci-Bottazzi c’è posto anche per il ciliegiolo, qui interpretato alla stregua di un Rosso di Montalcino: matura 18 mesi tra tonneaux e acciaio.
Ne emerge un rosso di carattere, dal colore granato con ricordi rubini, naso di prugna, ciliegia, leggera amarena, richiami di erbe officinali; bocca che rivela buona intensità espressiva, tannino più deciso di altri ma non invasivo, giusta vena acida e struttura adeguata, con finale di buona lunghezza e intensità.
Ciliegiolo 2016 – San Ferdinando
Ci spostiamo a Civitella in Valdichiana, in provincia di Arezzo, qui la famiglia Grifoni ha acquistato il complesso vent’anni fa e oggi gestisce 9 ettari vitati a sangiovese, ciliegiolo, vermentino e pugnitello. La loro interpretazione di questo vino è proprio quella di un Ciliegiolo scorrevole e godibile; a mio avviso ci sono riusciti, il colore è rubino luminoso, lo specchio odoroso viaggia su note di lampone e ciliegia, sfumature di prugna e amarena. Ottima corrispondenza al palato, semplice ma molto gradevole, fresco e ricco di frutto.
Maremma Toscana Ciliegiolo San Lorenzo 2013 – Sassotondo
L’azienda di Carla Benini ed Edoardo Ventimiglia ha all’attivo 20 vendemmie nel comune di Sorano (GR), a due passi dalla bellissima Pitigliano; sono biologici da sempre e innamorati di queste terre, per loro ogni giorno c’è sempre qualcosa da imparare e qualche nuovo stimolo. Lavorano bene, così bene da essere riusciti a produrre un Ciliegiolo di grande personalità, capace più di altri di evolvere bene per anni, grazie anche a una selezione certosina di piante con grappoli spargoli e buccia spessa effettuata su un vecchio vigneto di oltre 50 anni, ideale per raggiungere tale obiettivo; e questo 2013 lo dimostra senza esitazioni: rubino granato, naso che dopo un frutto maturo e stimolante abbozza i primi sentori terziari, leggera speziatura di tabacco, sottobosco. Al palato dimostra di sapere mantenere quella freschezza e bevibilità che sono patrimonio del ciliegiolo, ma arricchite da sensazioni più profonde e stimolanti, davvero ben fatto.
LIGURIA
Ciliegiolo Golfo del Tigullio 2017 – PinoGino
Siamo a Castiglione Chiavarese (GE), non lontano da dove io ho più volte trascorso delle bellissime vacanze negli anni della mia infanzia. Qui Maria Antonella Pino, con il fratello Mauro, lavora sui ripidi vigneti terrazzati dell’Alta Val Petronio l’azienda avviata dal nonno Daniele dopo la seconda guerra. L’obiettivo è stato da subito quello di preservare la viticoltura eroica e la coltivazione delle uve tipiche del territorio, come vermentino, bianchetta genovese, ciliegiolo e moscato. Il Ciliegiolo rappresenta perfettamente la visione dei fratelli Pino, con il suo colore rubino porpora e i profumi di rosa, iris e ciliegia, con rimandi all’eucalipto; bocca corrispondente, fresco ma anche sapido, buona pienezza e intensità, si beve che è un piacere.
LAZIO
Ciliegiolo Thesan 2017 – Mara Olivieri
Anche il Lazio fa la sua parte, qui siamo nei Colli Cimini, in località Loiano nel comune di Gallese (VT), l’azienda si occupa di vino dal lontano 1800, il suo Ciliegiolo 2017 rivela un colore granato con ricordi rubini, profumi di ciliegia appena matura, marasca e sfumature di sottobosco. Essenziale nel procedere al palato, ma di bella fattura, divertente e di discreta profondità, sapido.
Ciliegiolo Portami Via 2017 – Podere Sassi
Ci trasferiamo in Sabina, a Turano in provincia di Rieti, qui troviamo un’azienda biologica che mette il rispetto dell’ambiente al primo posto. Il suo Portami via è un ciliegiolo senza solfiti aggiunti e senza derive maleodoranti, come purtroppo ancora può capitare con vini così concepiti, segno di un’attenzione profonda in ogni passaggio del processo di vinificazione.
Il vino rappresenta, a mio avviso, un esempio perfetto del ciliegiolo beverino: ha colore rubino porpora trasparente, profuma di fragolina e ciliegia, ha bocca fresca, piacevole, succosa, viene voglia di berlo a garganella.
Roberto Giuliani