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Capesante alla diavola e cannolicchi gratinati alla rucola con Alto Livenza Verdiso frizzante

Capesante alla diavola e cannolicchi gratinati alla rucola

Ingredienti per 4 persone:

– per i cannolicchi

  • 1 kg di cannolicchi (capelonghe)
  • 200 g di rucola
  • 200 g di pane grattugiato
  • 3 spicchi d’aglio
  • 1/2 limone
  • 1 bicchiere di vino bianco
  • sale fino quanto basta
  • olio extravergine di oliva quanto basta

– per le capesante

  • 1 kg di capesante
  • 6/7 pomodori Pachino
  • 3 spicchi d’aglio
  • un mazzetto di prezzemolo
  • 1 bicchiere di vino bianco
  • sale fino quanto basta
  • olio extravergine di oliva quanto basta

Cominciamo con il preparare i cannolicchi (capelonghe) dove la cosa più importante è spurgarli bene, lasciandoli in abbondante acqua fredda con sale per un’ora. Nel mentre potete procedere con la preparazione del loro condimento e la pulizia e il condimento delle capesante in quanto il loro tempo di cottura è simile, ed il piatto è buono servito con questi frutti di mare ben caldi!

Capesante alla diavola e cannolicchi gratinati alla rucola

Per la preparazione del condimento, prendete la rucola, lavatela bene ed asciugatela. Sbucciate l’aglio e con l’ausilio di un tagliere ed un coltello affilato tritate il tutto. Versate aglio e rucola in una ciotola, aggiungete il succo del mezzo limone, il pangrattato, un pizzico di sale e coprite il tutto con del buon olio extravergine di oliva, in modo da ottenere un condimento morbido che dovrete amalgamare e mescolare bene. Per la preparazione delle capesante, cominciate con aprire con un coltellino la conchiglia. Sgusciatele, togliete la parte trasparente spesso piena di sabbia e la parte nera, sciacquatele ed asciugatele bene con della carta assorbente.

Capesante alla diavola e cannolicchi gratinati alla rucola

Ora preparate il tritato con i pomodorini, il prezzemolo e l’aglio tagliati in modo grossolano, il peperoncino tagliato in pezzi molto più piccoli e versate il tutto in una terrina, Ricopritelo abbondantemente di olio salando un po’ il tutto. Aggiungeteci le capesante e mischiate bene per amalgamare il tutto, lasciandolo riposare per farlo insaporire.
Finito di spurgare i cannolicchi, accendete e scaldate il forno a 180 °C. Ora appoggiateli uno accanto all’altro in una grande teglia da forno e con l’ausilio di un cucchiaio, versateci sopra tutto il composto con la rucola preparato in precedenza, curandovi che ne vada il più possibile all’interno di ogni conchiglia in modo da coprirne la polpa.
Spruzzateci sopra il bicchiere di vino bianco, anche qui curandovi che ne vada almeno qualche goccia all’interno di ogni conchiglia. Inserite la teglia nel forno caldo e fate cuocere per 5/10 minuti, non di più, altrimenti rischiate che si secchino.

Capesante alla diavola e cannolicchi gratinati alla rucola

Nel mentre, prendete una pentola antiaderente larga e cucinate a fuoco vivace le capesante con il loro sugo, aggiungendo il vino bianco, qualche pizzico di sale e mescolando delicatamente. Basteranno 5 minuti, il tempo che evapori l’acqua delle capesante e sfumi il vino.
Ora potete servire capesante e cannolicchi belli caldi, con qualche fetta di pane perché il sughetto e l’olio della cottura faranno leccare i baffi!

Claudia Vincastri


Rive Col de Fer

Il vino Alto Livenza Igt Verdiso frizzante dell’azienda Rive Col de Fer
Ci sono pietanze casalinghe che richiedono vini da poter bere senza dosarli con il bilancino del farmacista, fino a sazietà, ma senza far girare poi la testa se si alza il gomito un po’ più del solito.
Io li chiamo vini “di” casa (non “della” casa) perché è meglio comprarli a cartoni, non a bottiglia, per tenerli a disposizione nella cantinetta di casa e qui consumarli quando ci sono piatti gustosi e abbondanti e arriva il momento in cui un bicchiere tira l’altro e poi si va in poltrona, non al volante, in panciolle e senza quelle occhiatacce che arriverebbero invece in un luogo pubblico.
I nonni sono quelli che apprezzano di più questi vini, ma solo perché i giovani non sanno quel che si perdono, nel loro inseguimento di mode frivole e fittizie.
Non è facile incontrare ancora questi vini al giorno d’oggi, ma c’è ancora chi li fa con passione e secondo tradizione, quella che nella pedemontana friulana significa coltivazione delle vigne quasi esclusivamente famigliare, coltura quasi maniacale di ogni singola vite, cura certosina dei vigneti con molto olio di gomito e senza usare proprio per niente gli erbicidi.

Rive Col de Fer

Nel bacino dell’Alto Livenza, il fiume che sgorga dalla Sorgente del Gorgazzo in una profonda cavità carsica dalle meravigliose tonalità blu e che sommerge una statua del Cristo, i friulani ne fanno ancora in un luogo incantato e ricco di storia che in una piccola zona di Caneva gode di quel microclima particolare che ne ha sempre fatto una zona a forte vocazione vitivinicola fin dall’epoca della Serenissima, a soli venti minuti dall’altopiano del Cansiglio.
Caneva è il primo paese che si incontra in Friuli sulla Pontebbana e oltre il paese, a metà della strada per Fiaschetti, dove la pianura va a finire contro la montagna, ci si inerpica tra boschi, vigneti, uliveti e frutteti di figomoro fin quasi in cima al Col de Fer, una collina dura come dice il suo nome che ha dei terreni con parecchio scheletro e suoli dai tratti argillosi con venature bianche di carbonato di calcio marmorino sfruttate da una cava.
A circa 150 metri di altitudine, proprio lassù dove il panorama che si spalanca sulla pianura diventa stupendo, agli inizi degli anni ’80 il padre di Alessia Carli aveva trovato un antico rustico fondato sui resti di un antico castrum romanum con del buon terreno intorno dal microclima ventilato, ma dove regnavano l‘incuria e l’abbandono. Ci sono voluti lunghi anni di duro e paziente lavoro per trasformare le colline a balze in modo da sfruttarlo in pieno. Attualmente possiedono 11 ettari di vigneto per circa 20-25.000 bottiglie e un po’ di sfuso, 200 ulivi di varietà bianchera, leccino, frantoio, moraiolo e budoia per una produzione dai 2 ai 6 ettolitri l’anno a seconda dell’annata di olio extravergine d’oliva, 70 piante grandi più altre giovani di fichi dalla pellicina sottile che consegnano tutti all’omonimo consorzio. Un gran lavoro, perché in cantina ci sono soltanto Alessia Carli con suo marito Lino Cigana.

Rive Col de Fer

Il FigoMoro è un consorzio a cui ognuno dei 59 soci conferisce tutti i fichi raccolti allo scopo di metterli in commercio freschi oppure lavorati dall’azienda Buonit, costituita sempre dai soci del consorzio, che li trasforma in secchi, in marmellata, nella confettura “figata” o ne fa il “ciòcomoro” con il cioccolato, l’aceto “aséomoro”, la birra “fich”, accanto a tante altre prelibatezze come le salse al basilico, al rosmarino, alla salvia, alla senape, al peperoncino… e due prodotti cosmetici. È un frutto locale tipico che va protetto e incentivato, perché richiede un sacrificio in più degli altri: durante la raccolta il ”latte” che esce dal picciolo brucia la pelle (si usa anche contro le verruche) e si devono perciò indossare abiti lunghi e coprire pure la faccia, con il caldo torrido di agosto. Ma veniamo al vino. Alessia e Lino coltivano i vitigni autoctoni tipici del territorio, come i bianchi glera, verduzzo, malvasia, incrocio Manzoni bianco e i rossi merlot, refosco, cabernet franc e cabernet sauvignon, ma quello in cui credono con forza (e a ragione) è il verdiso, conosciuto già ai tempi della Serenissima Repubblica di Venezia che lo coltivava su queste colline canevesi nella pedemontana friulana e trevigiana. Se ne ha documentazione accertata da oltre due secoli, ma era quasi scomparso con l’invasione della glera. Le sue uve si possono usare anche per rendere più mordo il profumo e ingentilire il sapore del Prosecco.
Rive Col de Fer alleva questo vitigno con una potatura Guyot semplice molto attenta che lascia solo un tralcio alla pianta, fa il diradamento dei grappoli e vendemmia esclusivamente a mano quantomeno in doppio passaggio, in quanto si tratta di un’uva difficile perché, avendo la buccia sottile, tende al marciume, ma essendo i vigneti in zona dove c’è assenza di rugiada si riesce a portare in cantina uva sana. E non è neanche semplice ottenere un prodotto così pulito e gradevole. Si parte dalla vinificazione tradizionale in bianco con una fermentazione a circa 16° C particolarmente lenta e lunga, che può arrivare anche a tre settimane e comunque fino a quasi totale esaurimento degli zuccheri naturali, mantenendone una lieve traccia per mantenere il fruttato fresco.
Si lascia sur lies con frequenti rimescolamenti delle fecce nobili per migliorargli quel carattere, quei profumi e la sua caratteristica acida che fa si che duri più anni anche se è un vino a bassa gradazione. I freddi invernali intanto ne depositano su fondo i composti tartrati e lo illimpidiscono. L’unica lavorazione che viene fatta esternamente è la spumantizzazione e la fa la cantina Bernardi di Refrontolo in primavera. Qui si innesca una rifermentazione con lieviti selezionati fra quelli capaci di fermentare sotto pressione a temperature controllate piuttosto basse, intorno ai 15 °C per le poche settimane necessarie a raggiungere l’effervescenza desiderata e la dose desiderata di zuccheri residui, quindi si refrigerano le autoclavi per bloccarla. I lieviti si depositano sul fondo e dopo alcuni giorni necessari alla decantazione si travasa in altre autoclavi per poi imbottigliarlo limpido e cristallino. Sulle bottiglie di Verdiso non si mette l’annata perché si esaurisce sempre entro l’anno successivo.

Alto Livenza Igt Verdiso frizzante Rive Col de Fer

Ho degustato quello della partita L90531 e, sinceramente, non immaginavo che fosse così buono, il meglio in assoluto di tutti i vini frizzanti che abbia bevuto in oltre 50 anni. Mi ricorda la soavità di un vino bevuto a 12 anni con una braciola sulla piastra nel camino di una trattoria di Confin dove il nonno Mario mi aveva portato per collaudare la sua Maserati. Un vino così leggero e così straordinario vale tanto di cappello!
Ha un colore paglierino molto chiaro e luminoso con tenui riflessi verdolini. L’effervescenza è molto fine, gradevolissima e persistente. Questo è un vino delicato, cristallino, di eccezionale finezza e di piacevole freschezza. Sprigiona aromi fruttati leggeri di cedronella e zagare con sfumature di speziato bianco. In bocca si avvertono morbide note di cedro e frutti bianchi appena staccati dall’albero come la pera pirȗs e la mela ”calvilla” bianca. Vivace, leggero, con una sapidità minerale fine, conferma in pieno la composizione di tutti gli aromi floreali e fruttati anche nel finale coerente, piacevole e morbidissimo di confetto da sposa con mandorla dolce. Va colto giovane, giovanissimo, per poterlo gustare meglio in coppe o calici larghi e soprattutto a una temperatura di 6 °C da mantenere in secchiello con acqua e ghiaccio. Tenore alcolico dell’11%.
È un vino eccellente per antipasti magri, pesce e crostacei, risotti primaverili alle erbe, piatti di fritture miste, melone e prosciutto crudo e da assaggiare con i marroni, come suggerito nel 1988 durante lo svolgimento della Festa dei Marroni di Combai.

Mario Crosta

Rive Col De Fer
Via Col De Fer 14, 33070 Caneva (PN)
Tel/fax 0434.799467
coordinate GPS: lat. 45.980519 N, long. 12.461115
sito www.rivecoldefer.it
e-mail info@rivecoldefer.it

Claudia Vincastri e Mario Crosta

CLAUDIA VINCASTRI - Conseguita la maturità artistica, il primo lavoro nel 1997 è stato nel mondo illuminotecnico, ma la vera passione è sempre l’enogastronomia. Nel 2007 ha trasformato questa passione in lavoro, acquistando una storica enoteca a Portogruaro (Ve). Si occupa della ricerca e dell’acquisto di vini, liquori e birre artigianali, visitando cantine, distillerie e partecipando a corsi per non smettere lo studio e la crescita professionale. Organizza serate ed eventi e collabora con sommelier e giornalisti. Donna Del Vino del Friuli Venezia Giulia dal 2016. MARIO CROSTA - Di formazione tecnica industriale è stato professionalmente impegnato fin dal 1980 nell’assicurazione della Qualità in diverse aziende del settore gomma-plastica in Italia e in alcuni cantieri di costruzione d’impianti nel settore energetico in Polonia, dove ha promosso la cultura del vino attraverso alcune riviste specialistiche polacche come Rynki Alkoholowe e alcuni portali specializzati come collegiumvini.pl, vinisfera.pl, winnica.golesz.pl, podkarpackiewinnice.pl e altri. Ha collaborato ad alcune riviste web enogastronomiche come enotime.it, winereport.com, acquabuona.it, nonché per alcuni blog. Un fico d'India dal caratteraccio spinoso e dal cuore dolce, ma enostrippato come pochi.

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