Campania Stories 2015: l’aglianico d’Irpinia e “la via del Taurasi”
Ed eccoci alla seconda giornata sui vini rossi campani per l’ evento →Campania Stories, la degustazione del 4 marzo è stata dedicata all’aglianico irpino, con un focus sul Taurasi. Il resoconto del giorno precedente, incentrato sui rossi del resto della regione, lo potete trovare →qui.
L’esperienza acquisita in tanti anni di anteprime dedicate al Taurasi e ai rossi irpini mi consente di fare delle riflessioni sull’aglianico di questa storica area che coinvolge 17 comuni della provincia di Avellino. Riflessioni e perplessità, che ho anche accennato durante il dibattito – dopo una retrospettiva di Taurasi 2000 (3 campioni) e 2005 (11 campioni) – che Paolo De Cristofaro ha intelligentemente proposto, uno scambio di vedute fra giornalisti italiani ed esteri e produttori, che ha messo in evidenza i diversi modi di “sentire” da parte degli uni e degli altri.
Basandomi, quindi, sulla degustazione effettuata il 4 mattina dei 52 campioni (17 fra Igt e Doc Irpinia, 35 Taurasi), sulla retrospettiva pomeridiana e su un decennio abbondante di ripetuti assaggi, sono giunto alla conclusione che il Taurasi è ancora oggi un vino difficile e ingabbiato dentro un contesto che, forse, non gli appartiene. Le differenze stilistiche incidono più del terroir e molti vini non riescono a liberarsi da schemi e metodi che in qualche modo ne frenano le reali potenzialità espressive. Al contrario di alcuni colleghi che sono arrivati alla conclusione che l’Irpinia è più terra di bianchi che di rossi, sono convinto che l’aglianico abbia mostrato fino ad ora solo una minima parte di tutta la sua classe e personalità, non per limiti del vitigno o del terroir, ma per la difficoltà da parte di molti produttori di trovare “la via del Taurasi“, combattuti fra esigenze di mercato e diversi stili enologici, storicità ancora limitata, e forse la mancanza di un confronto approfondito fra vecchie e nuove generazioni. Aggiungerei il non trascurabile condizionamento portato dalla, a mio avviso vecchia ed errata, convinzione che un grande vino deve essere anche potente, alcolico, concentrato, colorato, ovvero deve avere di più di tutto, possibilmente nel minor tempo possibile (certe derive toscane e piemontesi degli anni ’90 hanno ancora echi evidenti in molte regioni).
Viviamo in un’epoca dove si fa tutto sempre più in fretta, ma il vino è figlio di una storia ben diversa, è legato alla terra, alla natura e ai suoi ritmi, ogni forzatura si paga, a volte anche cara. Aggiungiamo che il clima sta cambiando e certi sistemi di lavoro in vigna che hanno preso piede negli anni passati, dove molti facevano a gara nella riduzione estrema delle rese per pianta, ricuperando poi sul numero di ceppi per ettaro, non hanno più senso, ammesso che ne avessero allora. L’equilibrio è sempre la chiave di tutto, ma pochi se ne ricordano…
Il bello è che, mentre si concentra tutta l’attenzione sul grande vino, non ci si accorge che molte risposte arrivano dai “secondi”. Quante volte ho aperto dei Rossi di Montalcino, dei Nebbiolo d’Alba, dei Chianti Classico di oltre vent’anni che mi lasciavano a bocca aperta per la loro integrità, piacevolezza e bevibilità. Vini sui quali nessuno scommetterebbe perché non sono stati concepiti sulla carta per durare nel tempo e stupire per complessità, vini che costano meno e in alcuni casi danno di più, soprattutto a tavola.
Con i vini campani non è poi così diverso, l’aglianico come il nebbiolo o il sangiovese (un esempio lampante di quanto ho appena descritto lo ritroviamo nella versione romagnola, tanta potenza e raramente eleganza), sa farsi apprezzare e non è per nulla banale quando è meno cercato, meno pilotato, più vero, essenziale, diretto.
A scanso di equivoci, voglio chiarire che a me il Taurasi piace molto, ce ne sono alcuni che sono davvero emozionanti, ma tanti altri sembrano ingessati, pieni di sovrastrutture che li appesantiscono, ne riducono il fascino, imbrigliandone le effettive potenzialità. Impressioni che non ho con l’aglianico nelle altre versioni, a testimonianza che il problema è il metodo, l’idea che c’è dietro, quello che ognuno pensa debba essere il Taurasi.
Ma passiamo alla degustazione, come nell’articolo precedente vi propongo una selezione dei vini che mi hanno maggiormente convinto, seguendo l’ordine in cui ci sono stati serviti.
● Irpinia Aglianico Cantine Storiche 2013 – Cantine Di Marzo
Dalla frazione Santa Lucia in comune di Tufo arriva questo interessante aglianico dal colore rubino intenso, naso austero e ancora chiuso ma definito, si notano la prugna, l’amarena e la liquirizia; in bocca ha struttura media, buona freschezza, frutto che ritorna piacevole, tannino appena duro ma di buona tessitura, in progressione nel finale.
● Aglianico 2013 – Villa Raiano
Apprezzo da molti anni quest’azienda di San Michele di Serino, che trovo sempre in grande spolvero, non fa eccezione questo Aglianico dal colore rubino intenso e profondo con venature violacee, naso ben delineato, molto apporto fruttato maturo ma non troppo, non manca di una certa eleganza, in bocca mantiene lo stesso profilo, grande freschezza, materia eccellente, davvero buono e in progressione.
● Aglianico Vinicius 2012 – Antichi Coloni
Ci spostiamo a Paternopoli, la vigna sfiora i 500 metri e si sente nel calice, che regala toni rubini con inizio di influssi granati, fiori, piccoli frutti e inizio speziatura, balsamico, in bocca ha freschezza, piacevolezza, leggermente sapido, finale coerente e con un guizzo elegante.
● Irpinia Campi Taurasini Satyricon 2012 – Tecce
Serve a poco la degustazione coperta, almeno nel caso dei vini di Luigi Tecce, emergono facilmente per lo stile inconfodibile, in questo caso presenta una tinta rubino fitto con riflessi violacei, naso di grande eleganza con rintocchi di prugna, mora, china, incenso. liquirizia e una delicata speziatura, lo trovo diverso rispetto alle versioni passate, più preciso e coinvolgente. In bocca ha grinta, tensione, bella materia, finale lungo e ricco, con ritorno delle sensazioni percepite all’olfatto.
● Irpinia Aglianico Magis 2011 – Antico Castello
Ecco un bell’esempio di quello che possono offrire due bravi giovani come Francesco e Chiara Romano, della loro azienda di San Mango Sul Calore avevo già apprezzato il Taurasi, questa volta sono rimasto piacevolmente colpito da questa interpretazione dell’aglianico molto schietta e coinvolgente, ha colore rubino con riflessi granati, naso intrigante, particolare, dove alla viola e alla prugna si accosta già una speziatura interessante e raffinata; in bocca ha spessore, grande freschezza, tannino calibrato e una progressione nel sorso lineare e via via più ampia e persistente.
● Irpinia Campi Taurasini Cretarossa 2011 – I Favati
Dei vini di Piersabino e Giancarlo Favati ricordo con grande piacere i loro bianchi, soprattutto le due versioni “etichetta bianca” di Fiano Pietramara e Greco Terrantica, mentre dal lato rossi non mi è dispiaciuto questo Cretarossa, dal colore rubino granato, naso maturo di frutta composita, ginepro e altre spezie fini; al palato ha buona corrispondenza, frutto fitto, tannino tenace ma di grana fine.
● Irpinia Aglianico Terra del Varo 2011 – Tenuta Cavalier Pepe
I vini di Milena Pepe mi hanno sempre dato l’idea che rappresentino un ponte fra passato e futuro, da un lato c’è un’impronta moderna, un uso del legno sempre più sapiente, dall’altro un indirizzo stilistico che cerca di trovare la quadra, la giusta misura fra l’identità territoriale e un mercato che non guarda per il sottile ma sceglie in base alle spinte del momento. Il Terra del Varo 2011 ha freschezza, buona struttura, tannino fine e legno ben dosato, forse non emoziona ma ha carattere e migliorerà con il tempo.
● Irpinia Aglianico Natu Maior 2010 – Antichi Coloni
Secondo vino che mi ha convinto, ha tratti molto simili al Vinicius ma una maggiore complessità e ampiezza, fra frutto e mineralità, cenni speziati e balsamicità; in bocca ha buon spessore, finezza, ricchezza di frutto, tannino ancora forte ma di buona fattura, si ammorbidirà.
● Taurasi 2011 – Antichi Coloni
E siamo al terzo vino, non ci sono picchi di eccellenza, ma un filo conduttore che rende questi vini sempre interessanti e dall’impronta riconoscibile. Qui siamo in età giovanile, il legno deve ancora assorbirsi ma c’è un tessuto ben delineato e una spinta fresca che lo sostiene.
● Taurasi Primum 2011 – Guastaferro
Non c’è che dire, il Taurasi di Raffaele Guastaferro non passa inosservato, mi piace lo stile un po’ selvatico, nervoso, con un bel frutto e venature floreali, ma si stanno formando speziature interessanti; in bocca ha bella materia succosa, frutto coerente, carnosità, è persistente e pieno, senza per questo appesantire il sorso, davvero ben fatto.
● Taurasi 2011 – Pietracupa
Sabino Loffredo non ha mezze misure, si sente sempre nei suoi vini, devono “pesare” e allo stesso tempo coinvolgere; con il Taurasi ci riesce molto bene, anche questa volta, nei toni di caramello, prugna, cacao, liquirizia, note fumée. Al palato prosegue il percorso iniziato evidenziando un tannino quasi imponente eppure capace già di inserirsi nel contesto, dove acidità e morbidezza vogliono assolutamente tempo per concedere il giusto equilibrio.
● Taurasi Poliphemo 2011 – Tecce
Non c’è spazio per dubbi o incertezze in questo Taurasi, ha tutto quello che serve da qui ai prossimi trent’anni, poco importa se al momento è ancora scalpitante, è il minimo che possa accadere quando la materia è viva, piena di energia, terrosa, profonda, come quando ci si immerge nel sottobosco o si inspira l’aria inerpicandosi sulle rocce laviche. Emoziona già ora…
● Taurasi 2011 – Villa Raiano
Colore rubino fitto, naso ancora chiuso e austero, ma frutta e spezie spingono; bocca elegante, ottimo apporto fruttato e di freschezza, tannino che deve integrarsi ma la materia è davvero notevole, non c’è che da aspettare.
● Taurasi 2011 – Antico Castello
Fra i Taurasi degustati è forse uno di quelli apparentemente meno incisivi, eppure riesce ad esprimere un buon equilibrio e una vena fresca che conforta il frutto, ben presente al gusto; il suo maggior pregio è la misura, il buon equilibrio, il che non guasta.
● Taurasi Macchia dei Goti 2010 – Antonio Caggiano
Da qualche anno sto ricominciando ad apprezzare questo storico Taurasi di Antonio Caggiano, ho l’impressione che abbia trovato la giusta misura liberando un po’ dal legno una materia elegante e complessa, dove gioca un ruolo importante la parte speziata, il tabacco, la liquirizia e il cacao, su una base di prugne mature e more, influssi balsamici. L’assaggio conferma una raffinata tessitura, il legno si assorbirà fra non molto lasciando tutta la complessità e profondità di questo vino.
● Taurasi 2010 – Contrade di Taurasi
C’è qualcosa che mi affascina nei Taurasi dei Lonardo, ad ogni degustazione emergono in modo deciso e non mi deludono mai, dimostrano di aver saputo leggere e interpretare le qualità oggettive che è in grado di offrire l’aglianico e riportarle magistralmente nel calice. Anche in questo caso dal colore rubino con unghia granata emerge un bouquet finissimo, con un frutto ben integrato nel legno, note di viole e tabacco. In bocca è quasi perfetto, grande materia ben dosata, tutto è in sintonia, uno dei punti di riferimento della denominazione.
● Taurasi Albertus 2010 – Cantine Di Marzo
Rubino con riflessi granati accennati, naso di ciliegia un po’ candita, liquirizia dolce; in bocca ha buona materia, energia, tannino ancora rigido ma non troppo invadente, può evolvere bene, finale di cacao.
● Taurasi 2010 – Perillo
Uno dei miei produttori del cuore, mea culpa per non essere ancora andato a trovarlo in vigna, perché il suo Taurasi, poco importa se annata come questo o Riserva, è sempre emozionante; lo è perché porta in sé la purezza e l’orgoglio di un vitigno magnifico che non va domato ma assecondato, e lui ci riesce molto bene, basta riassaggiare i suoi vini qualche anno dopo la loro uscita per rendersene conto. Così poco importa se in questa fase si sta ancora assestando, è del tutto normale, il carattere emerge chiaro e definito, il frutto e il legno viaggiano già insieme, la trama speziata e terrosa affiora sia al naso che in bocca, bello e possibile.
● Taurasi Opera Mia 2010 – Tenuta Cavalier Pepe
Altro vino di casa Pepe che migliora di anno in anno, grazie anche ad un legno meno invasivo delle prime versioni, al naso profuma di prugna, bacche, mora e amarena matura, humus, liquirizia, cenni vegetali maturi, tabacco. Al gusto sta già trovando la giusta dimensione grazie ad un tannino ben integrato e a una struttura importante ma dai toni vellutati, nel complesso è un vino più agile che potente, e questo è un pregio.
● Taurasi Piano di Montevergine Riserva 2009 – Feudi di San Gregorio
E’ il mio preferito fra i rossi di Feudi, quello che ha più personalità, tanto che la spunta anche nonostante il “peso” del lavoro in cantina. Caratterizzato da toni scuri, austeri, di prugna, liquirizia, china, si intensifica al palato rivelando una portanza notevole in ogni suo aspetto, pur non perdendo classe né appesantendosi, il finale è quasi interminabile.
● Taurasi Bosco Faiano 2009 – I Capitani
E’ ormai una decina d’anni che conosco la famiglia Cefalo, ho seguito l’evoluzione dei loro vini, ne ho approfondito l’interpretazione, il linguaggio; oggi posso dire con assoluta certezza che il Bosco Faiano è uno dei migliori Taurasi in circolazione. E’ vero, soprattutto in gioventù, il legno appare sempre un po’ sovrastante, ma quello che accade negli anni successivi sembra dargli pienamente ragione, ne è un perfetto esempio il 2000 che abbiamo riassaggiato durante la retrospettiva, semplicemente magnifico. Emozionante ancor più il ’99 degustato l’anno scorso. Questa versione promette un futuro altrettanto radioso, il legno non marca eccessivo, gli dona la componente balsamica e una leggera tostatura, ma il filo conduttore è sempre dato dall’aglianico, dalle sue note di prugna e amarena, di fiori appena appassiti, di polvere di cacao. Bocca intensa e progressiva, con un bell’equilibrio fra freschezza, polpa e tannino, un altro vino dal lungo futuro.
● Taurasi Nero Né Riserva 2008 – Il Cancelliere
Rubino granato, naso complesso in via di definizione, in bocca ha pienezza di frutto e ottima materia, bell’allungo, tannino che deve integrarsi ma non particolarmente aggressivo, bel finale sapido e profondo, con il tempo tirerà fuori tutta la sua classe.
● Taurasi Santa Vara 2007 – La Molara
Cuore ancora rubino intenso con unghia granata, naso di frutto e legno in amalgama, tabacco e spezie dolci; non male al palato, ottima freschezza, materia ricca di energia, buon tessuto complessivo, solo il legno mi sembra ancora un po’ fuori registro, sarà da capire se riuscirà ad assorbirlo e in quale fase.
● Taurasi Pater Nobilis Riserva 2007 – Villa Diamante
Antoine Gaita se n’è andato all’inizio di quest’anno lasciando un vuoto davvero incolmabile, il suo contributo è stato enorme, basti pensare allo straordinario Fiano di Avellino Vigna della Congregazione, che nella sua ultima versione, la 2012, è dovuto uscire come Igt Campania per una inspiegabile decisione della commissione di assaggio che non lo ha ritenuto idoneo alla certificazione Docg. Ma il “Signore del Fiano” ha dimostrato di essere anche un ottimo interprete dell’aglianico, e questo Pater Nobilis lo dimostra molto bene, ha colore granato intenso, naso variegato che gioca su toni di arancia rossa, amarena, genziana, intriso di una speziatura raffinata e di suggestivi ricordi floreali; in bocca coinvolge per ampiezza e profondità, il tannino ha perso parte della sua potenza integrandosi e ammorbidendosi nella trama calda del frutto, finale lungo e avvolgente.
● Taurasi La Loggia del Cavaliere Riserva 2008 – Tenuta Cavalier Pepe
Mi aveva già colpito nella versione 2007, nella quale l’unico limite mi era sembrato nell’opulenza della struttura, ma era un’annata calda dove alcol e materia non mancavano; il 2008 è superiore, non ho dubbi, rubino intenso e profondo, al naso esprime sempre una qualità tecnica precisa che non ha mai sbavature e lascia spazio al frutto, alla liquirizia, al tabacco, emerge anche una fine mineralità che nel millesimo precedente era celata; anche in bocca rivela un’eccellente materia, freschezza, tannino misurato e di buona maturità, legno non invadente, bella sapidità nel finale, crescerà e di molto.
Roberto Giuliani