Fotografie di Altopiemonte Italia e Tenuta Monolo
Tenuta Monolo, oltre un secolo di storia, un’azienda che da metà ‘800 è gestita dalla famiglia Gilodi nel cuore del Bramaterra DOC, una delle denominazioni figlie del Supervulcano del Sesia in Alto Piemonte. Fu Umberto che 1956 ne assunse la conduzione, assieme ad Orlando Cremonini, altro personaggio chiave del territorio; entrambi si impegnarono moltissimo per far conoscere questo pregiato vino e far sì che lo stesso ottenesse la DOC, ciò avvenne nel 1979. Venne inoltre creata la “Riserva Monolo”, unica e storica, i veri appassionati dell’Alto Piemonte vitivinicolo non possono averla dimenticata, l’azienda da ormai diversi anni non è più attiva, perlomeno nell’area citata. Per tutti gli ignari appassionati o smemorati intenditori, l’occasione per ricordarla è più unica che rara. La famiglia Gilodi, per combattere il Covid-19, ed essere d’aiuto a molti in quello che si prospetta uno dei periodi più difficili per la nostra economia, ha lanciato un’iniziativa a scopo benefico. Una vera e propria azione solidale mirata ad aiutare due enti: Protezione Civile-Piemonte, in omaggio ai luoghi della produzione dello storico Bramaterra DOC, e Croce Rossa Italiana – Comitato di Viterbo, Sez. Tuscania, per onorare la stupenda città che oggigiorno ospita la sede dell’azienda agricola intestata agli eredi di famiglia.
Veniamo al contenuto dell’iniziativa: gli attuali proprietari di Tenuta Monolo, in possesso delle annate storiche, hanno deciso di mettere eccezionalmente in vendita le riserve ’90 e ’97, 500 bottiglie in due lotti da 250. Di seguito il link per aderire all’iniziativa e tutti i dettagli specifici. Mettendo a disposizione le loro rispettive attività, collaborano all’iniziativa: Gian Franco Reino, titolare dell’e-commerce Alto Piemonte Italia, già noto ai lettori di Lavinium perché protagonista, assieme ad altri tre produttori dell’Alto Piemonte, di un’iniziativa a sfondo benefico legata al Covid-19 che ha avuto un ottimo successo, e Carlo Zucchetti, attraverso il suo Giornale enogastronomico con il cappello. Ho avuto personalmente il piacere di degustare le due etichette promosse dall’iniziativa, mai come in questo caso sono lieto di dare le mie impressioni. Questi due gioielli enologici dell’Alto Piemonte, forse in parte dimenticati, soprattutto dalle nuove leve, mi hanno letteralmente sbalordito. Invidiabile la loro capacità di leggere l’annata, per vari motivi: competenze tecniche dell’azienda, tradizione in vigna e in cantina, millesimi certamente invidiabili in quanto a regolarità e stoffa, ma il successo vero è da attribuire al territorio, in questo caso tipicamente vulcanico e unico nel suo genere. Il vino in questione è storicamente composto da 60% di nebbiolo, localmente chiamato spanna, vitigno nobile, austero, elegante, non ha certo bisogno di presentazioni, 20% di croatina, dona morbidezza e la classica nota ammandorlata, 10% di uva rara, amplifica colore e timbro floreale, 10% di vespolina, grazie al rotundone (molecola presente nel DNA di questo vitigno autoctono del novarese) imprime al vino il classico ricordo di pepe nero. La vigna da cui deriva il Bramaterra Riserva Tenuta Monolo era incastonata nel cuore della denominazione, tra alti boschi a 300 mt s.l.m., allevata a Guyot, orientata nord-est/sud-ovest, posta su un terreno porfirico-sabbioso, molto profondo e leggero, ricco di svariati minerali e profondamente acido, riflessi rosso-ramati o rugginosi; queste caratteristiche donano ancor oggi grande mineralità che al palato si traduce in sapidità da vendere.
Tutto ciò ha permesso ai vini degustati, dopo trent’anni nel primo caso e 23 anni nel secondo, di mantenere un’integrità formidabile e una forma fisica ancor oggi sbalorditiva, soprattutto in quanto a freschezza gustativa e complessità al naso, ben lontana dalle classiche note evolute che in alcuni casi rappresentano la proverbiale discesa nei confronti della curva di maturazione. Per molti, la longevità dei vini dell’Alto Piemonte è cosa scontata, ma bisogna sempre trovarsi al cospetto del bicchiere per carpirne realmente l’essenza. Leggere sui libri tutto ciò può risultare appassionante, non lo nascondo, tuttavia non sono molte le occasioni per degustare vini così datati, soprattutto per chi non lavora nel mondo del vino. Per questo motivo, a mio avviso, l’iniziativa dei Gilodi è un’occasione più unica che rara, soprattutto perché in grado di coniugare magistralmente lo scopo benefico, che fa bene al nostro cuore, e l’aspetto edonistico che amplifica il sentimento e completa l’esperienza. Dunque anche questa volta, dito puntato sul mouse e mani al portafoglio, mi raccomando, continuiamo a combattere tutti il Covid-19 a suon di bicchieri di ottimo vino.
Andrea Li Calzi
È nato a Novara, sin da giovanissimo è stato preso da mille passioni, ma la cucina è quella che lo ha man mano coinvolto maggiormente, fino a quando ha sentito che il vino non poteva essere escluso o marginale. Così ha prima frequentato i corsi AIS, diplomandosi, poi un master sullo Champagne e, finalmente, nel giugno del 2014 ha dato vita con la sua compagna Danila al blog "Fresco e Sapido". Da giugno 2017 è entrato a far parte del team di Lavinium.
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Sociologo e giornalista enogastronomico, è direttore responsabile di laVINIum - rivista di vino e cultura online e collabora con diverse testate (...)
Di formazione tecnica industriale è stato professionalmente impegnato fin dal 1980 nell’assicurazione della Qualità in diverse aziende del setto (...)
Laureato in Filosofia e giornalista professionista, lavora al Mattino dove da anni cura una rubrica sul vino seguendo dal 1994 il grande rilanci (...)
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Sommelier e master sul servizio vino e relazione col commensale, ha tenuto alcuni corsi in area territoriale del Pavese di approccio/divulgazion (...)
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