Autoctono, artigianale, naturale: il punto di vista di Riccardo Lepri dell’azienda Montauto
Ci fa piacere riportare le riflessioni del noto produttore toscano (e allevatore di cavalli), frutto anche di esperienze e scelte personali; temi come quello di utilizzare vitigni autoctoni rispetto agli alloctoni, non sempre trovano una risposta convincente, dipende molto dalla zona dove si fa vino, ma anche dal tipo di terroir, di clima, se si è fatta sperimentazione ecc.
Altro tema estremamente attuale è quello del vino definito “naturale”, concetto oggi spostato più in direzione del vignaiolo, artigianale o naturale secondo le correnti.
“Mi sono sempre considerato un anticonformista ma mi ritrovo ad esserlo, oggi, molto più di quanto avessi mai immaginato. Di certo lo ero prima, quando tutti mettevano Sangiovese “perché eravamo in Toscana”, poco importava che fosse una Toscana diversa da quella classica. Così, mentre dovunque imperversava il Sangiovese, io continuavo col Sauvignon che rappresentava tanto l’eredità di mio nonno Enos quanto una nobiltà a bacca bianca che qui era già di casa, a suo agio in questo clima fatto di vento, aria di mare e una terra pietrosa ricca di quarzi rosa.
Questo appunto prima, perché mi ritrovo ad essere anticonformista anche oggi quando affermo le
ragioni del vino artigianale in luogo di quelle del vino naturale: lo chiamo artigianale perché per noi il vino rappresenta ancora un manufatto e, come tale, viene perfezionato nel tempo, con l’evoluzione che noi stessi accogliamo e implementiamo attraverso la cultura, del e sul vino.
Ma c’è di più. Perché divento ulteriormente anticonformista quando del vino mi ritrovo a difendere
caratteristiche che non sempre sono di moda come la pulizia, la nitidezza, la persistenza, l’equilibrio e il terroir, soprattutto, e non faccio caso al vitigno men che meno se il vino in questione si fregia dell’alibi “dell’autoctono”.
Parlo di alibi per una ragione precisa: benché non sempre l’autoctono raggiunga i livelli di eleganza e finezza lambiti dai vitigni internazionali, ciò gli si perdona in virtù della sua spontaneità, di una sua rustica leggibilità che viene presa come qualità assoluta anche quando questa, ovvero sempre, si sostituisce alla rappresentazione del territorio: è autoctono, si dice, basta il nome a parlare per lui e per il suo territorio e poco importa che questo territorio, invero, nel vino non esista.
Ai vitigni internazionali, invece, che rappresentano anche e non incidentalmente i vitigni da cui nascono i migliori vini al mondo, viene demandato il compito di interpretarlo, questo territorio, spesso e volentieri a scapito del vitigno stesso, com’è già accaduto in Borgogna.
Ecco perché non credo nel valore assoluto dell’autoctono: perché credo nel territorio e questo fa di
me, oggi e ancora una volta, un anticonformista.”
Riccardo Lepri
Tenuta Montauto
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