Autochtona 2014, il 20 e 21 ottobre a Bolzano tra dibattiti e degustazioni
Generalmente il polo d’attrazione delle manifestazioni enoiche è l’ampia offerta degustativa, centinaia di vini di aziende note o meritevoli di attenzione rappresentano il cuore di ciascun evento. Va detto però che se questo fosse l’unico elemento che li caratterizza, probabilmente si arriverebbe ad una saturazione e ad un progressivo calo di interesse, dato che di fiere ed eventi ce ne sono a dozzine ogni anno.
Per questa ragione l’organizzazione di Autochtona, giunta alla sua undicesima edizione, si pone alcune riflessioni e sta lavorando per proporre un approfondimento su un tema caro ad appassionati, giornalisti e studiosi: cosa si intende per “vitigno autoctono”? Tema caro a molti e niente affatto semplice da affrontare poiché non esiste ad oggi una definizione certa e condivisa.
La bozza del “Testo Unico della Vite e del Vino”, in discussione presso la commissione agricoltura della Camera, lo definisce “il vitigno la cui presenza è rilevata in aree geografiche delimitate del territorio nazionale”. Una descrizione che non trova molti consensi: Matilde Poggi, presidente della Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti (FIVI), ha espresso le sue perplessità precisando in una nota che “ciò consentirebbe la registrazione come autoctono di qualsiasi cosa sia piantata alla data della sua entrata in vigore, senza riguardo né per le tradizioni produttive italiane né per il valore che hanno le vere peculiarità viticole nazionali sul mercato globalizzato”.
Dello stesso avviso il direttore della rivista Mille Vigne Maurizio Gily – membro della giuria della edizione 2010 di “Autoctoni che passione!” – che nel suo blog riprende il pensiero del professor Attilio Scienza affermando che “di solito la questione si risolve considerando come autoctoni i vitigni la cui presenza in un certo territorio è “antica”, per attestazioni scritte o semplicemente perché non ci sono tracce documentali o memorie di una sua importazione dall’esterno”.
Secondo l’OIV (Organizzazione internazionale della vigna e del vino), esistono nel mondo 6.154 varietà di vite distribuite su 35 Stati e l’Italia risulta il terzo paese al mondo per varietà presenti, pari a 453. Tra queste, quelle che possiamo ritenere “autoctone” occupano uno spazio non indifferente: Sangiovese, Trebbiano Toscano e Catarratto sono infatti i tre vitigni più coltivati in Italia secondo l’Istat. Tre vitigni “autoctoni”.
Ecco, queste riflessioni ed opinioni possono farci capire quanto sia complesso fornire un’interpretazione condivisa e incontrovertibile sul significato di vitigno autoctono.
Quello che è certo è che Autochtona ha incentrato la propria storia esattamente su questo tema, offrendo un sempre più ampio parterre di vini ottenuti da vitigni autoctoni, una selezione improntata alla qualità e tipicità delle produzioni che ospiterà circa 100 produttori provenienti da 14 diverse regioni italiane, per un totale di oltre 300 etichette.
Tra gli appuntamenti della kermesse, che si svolgerà in contemporanea con Hotel, Fiera internazionale specializzata per hotellerie e ristorazione, la selezione “Autoctoni che passione!“, martedì 21 ottobre, dove le migliori etichette in degustazione verranno premiate con gli “Autochtona Award“, e i banchi di assaggio di “Vinea Tirolensis“, mercoledì 22 ottobre, con un’area dedicata ai Vignaioli dell’Alto Adige. Immancabile l’apprezzatissima rassegna “Tasting Lagrein“, la degustazione comparativa che assegnerà i riconoscimenti per i migliori vini Lagrein, che potranno essere “assaggiati” dal pubblico il giorno successivo.
Non solo. Nel week end che precede la manifestazione tutti coloro che sceglieranno di assaggiare vini provenienti da vitigni autoctoni riceveranno direttamente presso le enoteche della città un biglietto omaggio valido per l’ingresso alla kermesse del 20 e 21 ottobre.
Roberto Giuliani
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