Del Castello di Donoratico, costruito dai Della Gherardesca nel XII° secolo, oramai è rimasto poco. Una torre, diruta ma che comunque svetta per una ventina di metri ed essendo posta sulla cima di una collina nell’immediato retroterra bolgherese, si vede da lontano. Da vicino, all’ombra di questo inquietante e austero rudere, guardando verso il mare è facile immaginarsi di vedetta, magari mentre navi nemiche si stanno avvicinando alla costa e tu gridi per avvisare del pericolo. Ma noi non siamo venuti fino alla Torre di Donoratico per avvistare navi nemiche ma vini amici, in particolare i Bolgheri Superiore 2020 in anteprima nazionale a Bolgheri Divino, grazie ad una degustazione perfettamente organizzata dal Consorzio Bolgheri e Bolgheri Sassicaia.
Cinquantadue vini che usciranno in commercio nel 2023, di cui una ventina ancora campioni da botte o appena assemblati, sono stati assaggiati in circa tre ore da giornalisti e/o blogger italiani e esteri, che a questo punto (magari più gli italiani degli esteri) avranno già scritto le loro impressioni. Prima di dirvi le mie devo confessare una certa titubanza verso verdetti precisi e quasi definitivi su annate in divenire, ma soprattutto su vini che dovranno entrare in commercio, come minimo, tra un anno.
Per farvi capire il mio stato d’animo combattuto vi faccio un esempio: mettiamo per assurdo che tutti noi degustatori si venga trasformati in esperti di maglioni di lana. Conosciamo benissimo il materiale con cui è fatto, Il modo in cui viene lavorato, colorato, preparato per andare in commercio, insomma il prodotto finito. Però una degustazione in anteprima è come mettere degli esperti di maglioni di lana di fronte a un gregge: al suo interno ci saranno le pregiate merinos, le cheviot che danno lane ruvide e poco adatte ai nostri amati maglioni, le crossbred, una via di mezzo tra le due e magari anche delle capre hircus, dal cui pelo si ricava il pregiatissimo Cashmere. La lana (e quindi il vino) c’è, però si parla comunque di pecore o capre, che vanno tosate e il ricavato pulito, lavato, lavorato, filato e poi trasformato in maglioni: per questo non è detto che un esperto di maglioni riconosca al volo la pecora (o la capra) che darà la lana migliore.
In queste degustazioni mi sento come l’esperto di maglioni di fronte al gregge e così cerco prima di tutto di capire com’è il gregge nel suo insieme e poi, magari passo a valutare i singoli animali. Fuor di metafora: se dovessi dare una valutazione sull’annata 2020 del Bolgheri Superiore sinceramente… non la darei, o almeno la darei (e la darò) suddivisa per le tipologie di Superiore che ho incontrato assaggiando i vini. La prima suddivisione di tipologie la fa il disciplinare: infatti i Bolgheri Superiore (e i Bolgheri Rosso) nascono da cabernet sauvignon, merlot e cabernet franc, in purezza o in percentuali/mix a piacere. Entra nel mazzo anche la possibilità di usare syrah e sangiovese fino al 50% e petit verdot fino al 30%. Anche se da qualche anno si producono Bolgheri Superiore da vitigni in purezza la stragrande maggioranza è frutto di “uvaggi bordolesi”, di blend delle varie uve con percentuali diverse: Insomma, le pecore del nostro gregge sono quasi tutte frutto di incroci “tra razze” e questo rende l’assaggio ancor più complesso.
Ma veniamo alle tipologie, in particolare a quella dei campioni da botte o da vasca: una buona parte mostravano dei nasi molto maturi, sicuramente dovuti all’imbottigliamento “artigianale”, altri note giovanili e classiche delle uve bordolesi, altri erano semplicemente coperti completamente da legni quasi sempre non bellissimi. Quasi tutti avevano, logicamente, tannicità molto importanti e spesso mancavano di freschezza. La freschezza, questa sconosciuta, potrebbe essere il nome di un altro gruppo, in questo caso però di vini imbottigliati in affinamento. Certo i Bolgheri Superiore non devono basarsi su un’acidità importante ma l’impressione è che la 2020, con un’estate molto calda e secca, darà a tanti vini corpo e tannini ma un contraltare non molto importante di freschezza. Già che ci siamo metto sul piatto il dato che una fetta di vini mostra un’alcolicità un po’ fuori dalle righe. Inoltriamoci tra le varie trame tanniche e troviamo quel gruppo di vini già in bottiglia che definirei “scivolatori” cioè vini che già adesso “scivolano”, che non mostrano tannini fermi, se non quelli del legno e che danno la sensazione di essere un po’”vuoti” a metà palato. Questi difficilmente potranno migliorare nel tempo e probabilmente faranno parte della sezione più “beverina” dei Superiori.
All’opposto troviamo il gruppo dei “roboanti” quelli che nel corpo, nella potenza, nei tannini (adesso ruvidi) ci sguazzano. Tra questi molti, con un discreto numero di anni di invecchiamento (diciamo da 6 a 8), daranno buone soddisfazioni. Non avranno magari grande finezza ma sicuramente il tempo gli porterà equilibrio. Arriviamo così ai cashmere, a quei Superiore importanti al palato e dotati di nasi ancora giovanissimi dove si percepiscono legni di alto profilo e complessità futura e soprattutto in bocca hanno quel “dolce peso” di tannini importanti e setosi. Questi non sono molti, diciamo un 10-15% del totale e, almeno per quanto mi riguarda, all’interno del gruppo mancano alcuni di quei nomi che dovrebbero esserci. Una piccola annotazione per un piccolo gruppo di vini (non più di 3-4), chiamiamolo gruppetto nouvelle vague, che mi hanno sorpreso per freschezza affiancata a buona, giovane e vibrante tannicità e a un naturale equilibrio. Questo vuol dire che a Bolgheri, in annate con estati calde e siccitose si possono fare vini sin da subito non solo vini freschi ma anche armonici e eleganti. Insomma, come avete visto, almeno per me non si può presentare la vendemmia 2020 in maniera univoca: questa è forse la vera caratteristica di quest’annata: una diversità notevole tra i vini, credo dovuta in buona parte alla conduzione del vigneto. Considerando la consistenza numerica dei vari gruppi suddetti alla fine, se proprio dovessi dare un voto all’annata non andrei oltre il 7 di media, con un grosso gruppo di vini tra il 6 e il 7, un altrettanto folto gruppo tra 7 e 8 e 4-5 vini di grande/grandissimo livello. Questa è la conformazione del gregge, secondo me. Se qualcuno volesse invece nomi e cognomi… dovrà aspettare.
Carlo Macchi
Ha iniziato la sua attività in campo enogastronomico nel 1987. Ha collaborato con le più importanti guide e riviste del settore italiane ed estere. Ha scritto libri su personaggi importanti nel mondo del vino. Da oltre dieci anni gestisce il sito Winesurf.it ed è ideatore del gruppo Garantito Igp, oggi costituito da sette giornalisti di settore che condividono le loro esperienze sulle rispettive testate online.
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Di formazione tecnica industriale è stato professionalmente impegnato fin dal 1980 nell’assicurazione della Qualità in diverse aziende del setto (...)
Laureato in Filosofia e giornalista professionista, lavora al Mattino dove da anni cura una rubrica sul vino seguendo dal 1994 il grande rilanci (...)
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Maestro Assaggiatore e Docente O.N.A.V., Delegato per la provincia di Lecco; svolge numerose attività come Docente presso Slow Food, Scuola de L (...)
Sommelier e master sul servizio vino e relazione col commensale, ha tenuto alcuni corsi in area territoriale del Pavese di approccio/divulgazion (...)
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Ha conseguito il diploma di Sommelier AIS nel 2001. È Degustatore per la regione Lombardia e giudice per le guide Vitae e Viniplus. Ha partecipa (...)
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