Al Ristorante Eggs di Roma una splendida verticale di Nobile Filai Lunghi della Talosa
Quando ho ricevuto l’invito alla verticale del Nobile di Montepulciano Filai Lunghi di Fattoria della Talosa, non ho avuto esitazioni, per almeno tre motivi: il primo è che la “chiamata” è arrivata dalla AB Comunicazione, agenzia ideata e diretta da una giovane professionista che conosco bene, Anna Barbon, che non vedevo da ben 4 anni; il secondo è che la Talosa, di proprietà della famiglia Jacorossi dal 1972, è fra le mie preferite nel comprensorio poliziano; il terzo, infine, è che l’evento si svolgeva al ristorante Eggs a Trastevere, una meta che da tempo avevo in agenda ma non avevo ancora avuto occasione di raggiungere.
Con me erano presenti un drappello di giornalisti romani ben noti, fra i quali non posso non citare vecchie conoscenze come Monica Coluccia, Maurizio Valeriani e Antonio Di Spirito.
Ad accoglierci sono venuti Edoardo Mottini Jacorossi CEO della Talosa, Michele Merola direttore generale e Cristian Pepi Sales manager.
La giornata si è svolta in due step: la verticale di sette annate del Filai Lunghi (2007, prima annata prodotta, 2009, 2011, 2013, 2015, 2016 e 2017), il pranzo con abbinati cinque vini aziendali, fra cui il sorprendente “Pietrose Brut Rosé Metodo Classico 2017”, un sangiovese dalla tonalità delicata e dall’impatto sensoriale davvero impressionante, cosa tutt’altro che facile da ottenere, perché il vitigno non è affatto semplice da trattare per la spumantizzazione.
Non voglio tediarvi con un articolo chilometrico, ma prima di raccontarvi della verticale, voglio dire due parole su EGGS, il ristorante nato l’8 marzo 2017 dalla collaborazione di Zum Tiramisù con Puntarella Rossa, dove la chef Barbara Agosti ha dato prova di uno stile e di una “visione” che ho molto apprezzato, sin dalla rinfrescante “Tartare con salsa olandese e tartufo” (abbinata proprio al Pietrose Brut Rosé), carne tagliata al coltello davvero ben integrata con la salsa e il tartufo, un inizio subito promettente.
Saporita e stimolante la “Pallotta cacio e ova“, ovvero una polpetta di pane, uovo e pecorino, servita con salsa di pomodoro e abbinata al Rosso di Montepulciano 2021.
Persistenti e ben conditi i “Ravioli del Plin in crema di parmigiano“, abbinati al Vino Nobile di Montepulciano Alboreto 2019, il “base” fra i Nobile aziendali, ma dal carattere ben delineato e dalla beva pericolosissima.
Ricca e perfettamente al dente la “Carbonara classica” (il ristorante ne propone ben 9 varianti, compresa la prima versione ufficiale di ricetta pubblicata su La Cucina Italiana che consiste in Tonnarello acqua e farina, pancetta rosolata, aglio in camicia, uovo e gruviera… sì proprio gruviera! I puristi se ne facciano una ragione), abbinata alla Riserva 2017, un vino intenso, strutturato, ma anche con la giusta vena acida a supportare tanta materia.
Lo stesso vino ha accompagnato in modo perfetto anche l’ultima portata: “Agnello cotto a bassa temperatura con verdure di stagione“, la cui carne era davvero cotta in modo perfetto, morbida e succulenta.
Il dolce era a scelta ed io ho puntato sul Tiramisù nella versione proposta dal laboratorio artigianale Zum, che solo il mio stomaco non più giovanissimo ha impedito che finissi tanto era buono. L’abbinamento era cono il Vin Santo di Montepulciano 1996, intenso e complesso, ma forse con una leggera carenza di freschezza.
LE NOVITÀ IN AZIENDA E LA VERTICALE DI VINO NOBILE DI MONTEPULCIANO FILAI LUNGHI
È l’ultimo nato fra i Nobile della Talosa, azienda che oggi dispone di 33 ettari vitati su 100 totali, di cui 23 destinati al Nobile e 10 al sangiovese. Di recente è stata costruita la nuova cantina dove confluiscono le uve per la vinificazione, la maturazione e l’imbottigliamento, mentre nella cantina storica si effettua solo l’affinamento in botti grandi di rovere di Slavonia.
I 33 ettari di vigneto si sviluppano in tre aree principali: una zona prettamente argillosa, una “di cambio” in cui il terreno vira dall’argilloso al sabbioso e una zona completamente sabbiosa.
I terreni di origine pliocenica – formatisi da cinque a 2,6 milioni di anni fa – sono composti per circa il 70% da strati di sabbie e ciottoli, con banchi di argilla in profondità, dove anche la presenza del mare è confermata dai numerosi ritrovamenti di fossili marini negli stessi vigneti.
Il versante su cui sorge Talosa è riparato dai venti freddi provenienti da nord e ciò consente a quest’area di godere di temperature più miti, con una minor frequenza di fenomeni piovosi (siamo tra i 330 e i 400 metri s.l.m. con esposizione principalmente a Sud-Ovest).
Va detto che nel 2006 i vecchi vigneti, alcuni dei quali risalenti agli anni ’70, sono stati sostituiti da nuovi impianti. La decisione è avvenuta non tanto per ragioni di fallanze o improduttività delle piante, quanto perché era importante, alla luce degli studi effettuati sui suoli, che venissero utilizzati i cloni e portainnesti adeguati ai diversi impasti dei terreni, con l’obiettivo di produrre vini di maggiore eleganza. I nuovi vigneti, quasi tutti a Sangiovese, sono stati piantati tenendo conto delle pendenze e delle contropendenze del terreno e disposti con un diverso orientamento dei filari rispetto al passato: non più est-ovest, ma nord-sud così da garantire ai grappoli la massima illuminazione. Nel 2008 il processo di reimpianto ha coinvolto altri 8 ettari, nel 2010 si è completato il lavoro su altri 2 ettari.
Il cordone speronato è la forma di allevamento principale, utilizzato in gran parte degli ettari vitati, insieme al Guyot.
Anche in cantina sono stati fatti importanti cambiamenti: sempre nel 2010 sette nuove botti da 50 Hl e 10 botti da 10 Hl rimpiazzano le più datate, già utilizzate nel corso dei decenni per tre o quattro passaggi del vino; nel 2012 vengono sostituite anche le vasche in vetroresina con 8 in acciaio inox da 150 Hl, e altrettante più piccole da 50 Hl, ideali per la fermentazione del mosto.
Il “Filai lunghi” viene prodotto con uve provenienti da porzioni 100% sabbiose di tre vigne: Filai lunghi, Alboreto e Sotto Casa. Le versioni 2007 e 2009 provenivano esclusivamente dal vigneto Filai Lunghi. La produzione era di sole 2600 bottiglie, il grande successo ottenuto dal vino ha spinto l’azienda a utilizzare anche porzioni dei due vigneti suddetti, ma con le stesse caratteristiche di terreno.
Le rese sono ovviamente molto basse, anche perché i cloni utilizzati sono di sangiovese piccolo, tendenzialmente spargolo (prugnolo gentile), il terreno povero contribuisce non poco alla bassa produzione.
Dal 2021 tutti i vigneti sono in conversione biologica (ma c’è da dire che prima della richiesta, si lavorava già nei parametri bio).
Le uve del Filai Lunghi vengono raccolte a mano e disposte in cassette, viene effettuata un’accurata cernita dei grappoli migliori, la fermentazione viene effettuata con lieviti selezionati, dura dai 15 ai 20 giorni in serbatoi tronco conici di acciaio inox termo-controllati. La malolattica si svolge in acciaio e legno. La maturazione si svolge per due anni fra tonneax nuovi, botte grande e acciaio inox.
1) 2007: annata equilibrata anche se calda, nella fase iniziale il vino sembra godere di ottima salute, non appaiono note particolarmente evolute né ossidazioni, si coglie la ciliegia, la prugna in confettura, ricordi di viole appassite, alloro, timo e cardamomo; al palato ha una bella prestanza, intenso e di buona complessità, l’alcol è un po’ sfuggente, tannino non finissimo, con il passare dei minuti sembra cominciare a cedere, affiora il tabacco, poi il sottobosco, i funghi, la cenere, un filo ossidativo. Peccato perché all’inizio non sembrava proprio avere 15 anni.
2) 2009 – qui affiorano note di pepe e liquirizia, il frutto è più dolce, la speziatura è abbondante. Altra annata calda, che dà un profilo maturo all’assaggio, non evoluto ma indubbiamente caratterizzato da note terziarie. Nel complesso è un Nobile di carattere, manca forse di quel guizzo che lo renda più d’impatto.
3) 2011 – questo è quello che ho trovato meno in sintonia con gli altri nel profilo espressivo, probabilmente l’annata gli ha dato altri caratteri, come le erbe aromatiche, una ciliegia più marcata; buona freschezza all’assaggio, tannino più rifinito, meno potenza e più dinamicità.
4) 2013 – lineare, pulito, molto fine, direi elegante, spigliato e progressivo; qui emergono anche la fragolina di bosco, il lampone e effluvi di cacao, un tocco di bastoncino di liquirizia. In bocca c’è movimento, slancio, energia, freschezza, l’alcol perfettamente integrato, in poche parole un’annata riuscitissima.
5) 2015 – naso di frutto dolce, cipria, liquirizia, ciliegia sotto spirito, bocca con alcolicità evidente, frutto già maturo, gli effetti dell’annata calda con primavera siccitosa si sentono.
6) 2016 – lo stacco della grande annata si sente da subito, c’è una precisione espressiva e una materia di prim’ordine, il vino appare molto giovane, con un fascino evidente ma tutto in divenire, la trama olfattiva rivela un frutto preciso, croccante, al gusto è coerente, molto elegante, la materia c’è ma senza strafare, ha davanti un futuro radioso.
7) 2017 – nonostante sia l’annata più recente, si presenta più pronto, questo perché ancora una volta ci troviamo di fronte a un’annata calda, ma è indiscutibile come ormai l’azienda abbia inquadrato bene il vino e sappia interpretarlo sempre meglio, pur mantenendo le diversità dovute alle annate (e menomale!); ovviamente la maturità è solo in parte, nel frutto, ma si sente bene all’assaggio che le componenti del vino si stanno ancora confrontando alla ricerca di un equilibrio. Anche qui il tempo gli darà ragione…
Roberto Giuliani