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A piccoli passi verso la realizzazione di un sogno. Luca Fedele e i suoi vini

Luca Fedele

Tutte le strade portano a Roma, dice un famoso proverbio, ma non sempre scegliamo la via più breve per arrivare a destinazione.
Potrei usare questa metafora per descrivere il mio incontro con Luca Fedele, giovane vignaiolo in quel di Corno di Rosazzo in Friuli, visto che pur essendo la sua azienda poco distante da casa mia, per fare la sua conoscenza ho dovuto cogliere l’occasione di partecipare alla manifestazione Terre di Vite nel Castello di Levizzano in provincia di Modena.
Il primo approccio e l’assaggio dei vini mi hanno però subito fatto capire che ero di fronte a un produttore che poteva regalarmi delle emozioni sensoriali e che quindi era un dovere cercare di approfondire la sua conoscenza.
La storia vitivinicola di Luca profuma di nuovo visto che i primi imbottigliamenti sono datati 2014.
Le origini dell’azienda risalgono agli anni 60 dove troviamo protagonista lo zio dedito a coltivare i circa 2,5 ettari dai quali produrre uve per ottenere vino sfuso da riservare alla frasca, tipica osteria friulana, annessa all’azienda.
Alla fine del servizio militare, Luca tenta il primo approccio in azienda accanto allo zio con il quale ha un rapporto di profondo rispetto ma anche una diversità di pensiero che lo porta a decidere di fare tutt’altro e andare a lavorare in fabbrica. Ma quella non pare essere la scelta della vita e così appena lo zio ottiene la meritata pensione, decide di rilevare l’azienda e iniziare la propria avventura di vignaiolo, aiutato dalla sorella Monica e dalla piccola mascotte di famiglia, la nipotina Emily.
L’inesperienza iniziale è sopperita da idee ben chiare su quale debba essere la filosofia produttiva e gli obbiettivi da raggiungere.
I vigneti sono tutti in pianura e accanto agli storici e ghiaiosi 2,5 ettari di Corno di Rosazzo, si sono aggiunti altrettanti presi in affitto a Brazzano di Cormons, questi di natura argillosa, che garantiscono cosi una diversità di terroir ottima per garantire vini non standardizzati.

Vigneto di Luca Fedele
In campagna, grande rispetto per i patrimonio ereditato e soprattutto cura e tutela delle viti vecchie, Niente chimica, niente diserbo, difesa in lotta integrata e concime naturale quando necessario. La vendemmia è manuale.
In cantina fermentazioni spontaneamente con i lieviti indigeni senza il controllo delle temperature. Il vino non subisce travasi e la maturazione è in contatto con la fecce.
Per i vini bianchi si utilizzano le vasche di cemento mentre per i rossi si fa uso dell’acciaio. Una leggera filtrazione anticiperà l’imbottigliamento.
Luca produce poco più di 12mila bottiglie, divise in 8 tipologie a le cui etichette sono stati dati nomi di fantasia, Fra i bianchi troviamo il Clap Blanc da uve Malvasia, il Sot la Mont Blanc da uve Friulano e il Brezza da uve di Pinot Grigio.
Il Sot La Mont Ros Cabernet Franc guida la pattuglia dei rossi, dove poi troviamo il Clap Ros da uve Refosco e il Godie Ros Franconia. Da uve rosse di Merlot è prodotto un interessantissimo rosato.
Luca si è prodigato anche alla produzione di un vino spumante che celebra la nipotina Emily. Protagoniste le uve di Verduzzo che dopo la normale vinificazione e maturazione danno una base che passa due mesi in rifermentazione in autoclavi e viene poi imbottigliata regalando una bollicina extra dry elegante e di grande personalità.
Volendo dare una mia personale valutazione, fra i vini degustati, menzionerei l’elegante bevibilità dello spumante Emily e la freschezza e sapidità della Malvasia. Molto interessante il vino rosato con un corposo frutto che delizia il palato, mentre le tipiche note erbacee del Cabernet Franc sono seguite da una grande persistenza che mi ha favorevolmente colpito.
Luca si è affacciato da poco nel mondo del vino, ma le premesse parlano di un produttore che ha le idee chiare e che da subito ha iniziato a produrre vini di buona personalità che si discostano da una omologazione ruffiana e conformista troppe volte presente in certi vini che si trovano in commercio.
Il suo modo di lavorare e la sua filosofia lo portano a produrre nel rispetto del territorio e della varietà. I suoi, sono vini semplici, ma in una società dove sembriamo tutti messi su un palcoscenico, e ci sentiamo in dovere di dare sempre spettacolo, la ricerca della semplicità rappresenta sicuramente un valore aggiunto e quindi merita una nota di merito il lavoro che Luca sta portando avanti con tanta passione ed entusiasmo.

La cantina

Dialogando con il vignaiolo

Nel 2011 inizi a collaborare con l’azienda dello zio e nel 2014 nasce la tua attività vitivinicola.
Come è nato il desiderio di mollare il vecchio lavoro per abbracciare un mondo completamente diverso?

Avevo già provato a collaborare con lo zio dopo il servizio militare, ma mentalità troppo diverse ci portavano a scontrarci sempre. Ecco perché ho cambiato strada iniziando a lavorare in fabbrica. Poi a un certo punto lo zio ha deciso di godersi la pensione e voleva vendere tutto, e così mi è scattata l’idea di prendere il suo posto e rilevare l’azienda.
Era il 2013 e ho iniziato a lavorare con i due ettari e mezzo di vigneti di Corno di Rosazzo, ma visto che mi sembravano pochi per soddisfare i progetti che avevo in mente, ho deciso di prenderne altrettanti in affitto a Brazzano di Cormons, terreni argillosi, differenti da quelli ghiaiosi di Corno, ma con viti vecchie dalle grandi potenzialità.
Ecco quindi come è nata la mia azienda e come è cambiata la mia vita.

Vinifichi utilizzando solo cemento e acciaio. Ci spieghi la scelta di evitare l’uso del legno per la produzione dei tuoi vini?
Ho deciso di proseguire il sistema di lavoro di mio zio, apportando qualche modifica, senza usare il legno perché non mi piacciono quei sentori che rischiano di coprire la tipicità aromatica del vitigno. Se devo essere sincero, penso anche che gestire vinificazioni in legno necessitino di molta esperienza, ed io essendo agli inizi ho evitato di seguire questa strada per i miei vini.
Amo molto il cemento, che penso essere il materiale ideale per i vini bianchi. Ho sperimentato di persona come il cemento permetta di tenere alti i livelli di acidità oltre a garantire un controllo migliore delle temperature in fermentazione. Per i rossi uso l’acciaio, ma potendo scegliere utilizzerei comunque sempre il cemento.

C’è un viticoltore che hai preso come esempio, dai cui hai preso ispirazione, che è vicino alla tua filosofia in materia di vino?
Se devo essere sincero non c’è nessuno da cui ho preso ispirazione in maniera integrale. Ho fatto molto l’autodidatta e ho girato molto anche fuori regione e fuori Italia per vedere e studiare cosa fanno gli altri viticoltori. Ma tendo più a seguire delle filosofie piuttosto che dei personaggi. Amo molto tutto quello che è vicino al biologico e al biodinamico, e per imparare qualcosa un po’ da tutti, assaggio tanti vini.

I vini di Luca Fedele

So che hai una passione e stima grandissima nei confronti delle tue vigne più anziane…
Quasi tutte le viti dei miei cinque ettari di proprietà sono anziane e arrivano ad avere anche più di sessant’anni. Fanno parte oramai della famiglia e ci sono vecchi cloni che si sono adattati al territorio e danno risultati importanti anche nelle annate non ottime, perché l’esperienza le porta ad autoregolarsi e compensare con le proprie riserve eventuali mancanze.
I migliori vini si hanno da viti che hanno più di 20 anni, con radici che vanno in profondità nel sottosuolo alla ricerca di acqua e minerali e che richiedono meno trattamenti perché sono più resistenti alle malattie.

Negli anni 60, quando è nata l’azienda, il vino prodotto veniva venduto esclusivamente sfuso nella tipica frasca di paese che un tempo era il luogo principale di ritrovo delle persone e dove i contadini vendevano il proprio vino assieme a qualche prelibatezza gastronomica di propria produzione.
Oggi anche tu hai mantenuto fede a questa tradizione ma hai iniziato anche ad imbottigliare il vino.

Pensi che le due cose possano continuare ad andare a braccetto o nel futuro le tue attenzioni saranno dedicate maggiormente al vino in bottiglia, visto gli attuali numeri, esigui, della tua produzione?
Non rinuncerei per nulla al mondo alla frasca. Se aumenteranno le richieste di vino in bottiglia cercherò di aumentare un pochino i numeri senza però rinunciare a una tradizione che si tramanda nel tempo e mi permette di avere un contatto diretto con la clientela.
Il vino che vendo sfuso in frasca e quello che imbottiglio fanno parte della stessa vendemmia e degli stesi vigneti. La divisione viene fatta in cantina, assaggiando dalle vasche e poi separando il vino che a seconda delle caratteristiche che riscontro segue due strade diverse.
Mio zio era da sempre riconosciuto come un bravo produttore di vino da vendere sfuso e ha mantenuto nel tempo alto il livello delle produzioni. E’ anche per questo che ho voluto seguire la strada da lui tracciata…

Emily extra dry, bollicine da uve Verduzzo. In un periodo storico nel quale stiamo assistendo alla onda (speriamo non anomala) del Prosecco, anche tu hai deciso di arricchire la tua linea con le bollicine, utilizzando però un’uva che di solito viene impiegata per produrre vini dolci o passiti e raramente ho visto spumantizzata. Come mai questa scelta?
Da sempre avevamo vigneti di Verduzzo, ma le uve non sono mai state utilizzate per produrre un vino monovitigno ma usate come parte di un assemblaggio. Però la base bianca che veniva prodotta mi piaceva un sacco e così ho deciso di fare delle prove in modo da produrre qualcosa di diverso, visto che non ho viti di ribolla che eventualmente avrebbero potuto tornare utili alla causa della spumantizzazione.
La base spumante resta fino a primavera sui propri lieviti in botti di cemento, poi viene messa in autoclave per circa due mesi. Cerco di produrre una bollicina di qualità che non sia troppo invadente in bocca.

Se vogliamo fare una metafora con il ciclo di vita della vite, la tua azienda è ancora giovanissima e dopo 3 anni inizia ora a dare i suoi primi frutti. Che bilancio puoi fare di questo tuo primo periodo da vignaiolo di belle speranze?
Il bilancio è sicuramente positivo anche se analizzando il lato burocratico non c’è da stare allegri, anzi viene da piangere. Lo Stato e le istituzioni non danno supporto a chi come me ha deciso di avviare una attività in proprio dopo i 40 anni di età. Io ho avuto la fortuna di avere una base da cui partire, le vigne delle zio e alcune attrezzature, ma se avessi dovuto iniziare da zero sarebbe stato impossibile realizzare il mio sogno. La burocrazia mette molto in difficolta tutti quei produttori-contadini vecchio stampo che fanno fatica a destreggiarsi fra leggi e regolamenti che cambiano continuamente.
Personalmente posso comunque ritenermi molto soddisfatto di come stanno andando le cose.

Pensiamo di avere a disposizione la macchina del tempo costruita dallo scienziato Doc (nome che è già tutto un programma) nella trilogia di “Ritorno al Futuro”.
Facciamo un bel salto di dieci anni in avanti nel tempo. Cosa pensi e speri di trovare di nuovo e di realizzato?
Vorrei proseguire sulla strada intrapresa, e cioè quella di produrre un vino che possa ritenersi sostenibile partendo dalla vigna, passando per la cantina prima di arrivare in bottiglia.
Mi auguro che fra 10 anni ci siano meno porcherie in giro e che non si punti solo al business. Spero che ci sia una valorizzazione dei prodotti di nicchia e venga premiato chi lavora valorizzando il territorio nel rispetto dell’ambiente e delle sue regole.

Luca Fedele, oltre ad amare il mondo del vino ed essere un promettente vignaiolo, che passioni ha nella sua vita?
Prima di diventare vignaiolo, da vero Wine Lover assaggiavo molti vini, mi piaceva conoscere aziende diverse e filosofie di lavoro differenti. Quindi posso dire che la mia grande passione è proprio quella del vino, sia come produttore che come comune degustatore.

Stefano Cergolj

Stefano Cergolj

Perito informatico ai tempi in cui Windows doveva essere ancora inventato e arcigno difensore a uomo, stile Claudio Gentile a Spagna 1982, deve abbandonare i suoi sogni di gloria sportiva a causa di Arrigo Sacchi e l’introduzione del gioco a zona a lui poco affine. Per smaltire la delusione si rifugia in un eremo fra i vigneti del Collio ed è lì che gli appare in visione Dionisio che lo indirizza sulla strada segnata da Bacco. Sommelier e degustatore è affascinato soprattutto dalle belle storie che si nascondono dietro ai tanti bravi produttori della sua regione, il Friuli Venezia Giulia, e nel 2009 entra a far parte della squadra di Lavinium. Ama follemente il mondo del vino che reputa un qualcosa di molto serio da vivere però sempre con un pizzico di leggerezza ed ironia. Il suo sogno nel cassetto è quello di degustare tutti i vini del mondo e, visto che il tempo a disposizione è sempre poco, sta pensando di convertirsi al buddismo e garantirsi così la reincarnazione, nella speranza che la sua anima non si trasferisca nel corpo di un astemio.

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