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Vino e territorio. Decenni buttati, la promozione tra nani e copia-incolla

Riceviamo e volentieri pubblichiamo il contributo di Maurizio Fava, che già in passato aveva “attraversato” la nostra rivista con altri contenuti interessanti.

nani e giganti

“Siamo NANI, appoggiati sulle spalle dei GIGANTI”
Bernardo di Chartres scrisse questa frase, che significa “anche se abbiamo oggi un orizzonte più vasto che in passato, questo accade perché nella nostra piccolezza siamo più in alto di chi ci ha preceduto in quanto appoggiamo il nostro sapere su quello dei geni e degli innovatori che sono venuti prima di noi, e la loro CONOSCENZA ed ESPERIENZA è parte fondamentale della nostra”.
Bernardo morì nel 1130, e purtroppo la sua stessa frase, che avrebbe dovuto insegnare ad ogni persona seria la strada verso il futuro, fatta di umiltà, consapevolezza e pulsione verso il miglioramento, fu copiata da molti suoi epigoni, a cui venne erroneamente attribuita contraddicendola nei fatti.

Maurizio Fava
Maurizio Fava

È quanto di fatto accade sempre più spesso nel nostro povero mondo contemporaneo, nel quale la STORIA si cancella in fretta. Un mondo popolato di millantatori presuntuosi e arroganti, che senza arte né parte si affannano a copiare in brutta quanto di buono fu fatto da altri in passato, ovviamente guardandosi bene dal riconoscere ai precursori qualsivoglia merito e ruolo, per non dover ammettere di essere semplici PLAGIATORI, pena il non-arraffamento di denari pubblici che i veri plagiatori sono maestri a far scucire ad amministratori e politici più ignoranti di loro.
Sembra di vivere in quei film in cui ogni giorno ricomincia uguale a quello precedente, e si svolge sempre nello stesso modo, senza possibilità di progresso temporale (film di cui sono state fatte molte versioni, a riprova di quanto scrivo).
Il mondo del VINO, e dei territori ad esso legati, non fa certo eccezione, anzi. Chi volesse spendere poche ore a fare una banale ricerca su qualche decennio di giornali locali, rintracciabili in qualche emeroteca di paese, scoprirebbe (se già non lo sapesse) che in quei luoghi si replica da decenni la stessa commedia, rubricata alla voce “promozione del vino e del territorio”.
Da decenni, consorzi e camere di commercio, assessori e ministri “inventano” sempre le stesse cose. Migliaia di convegni, con argomenti e spesso relatori sempre uguali, in un vortice perpetuo e vorace, ma soprattutto senza mai un’idea innovativa, e un riscontro dei costi e benefici dimostrabile in modo oggettivo, e supportato da numeri reali. Mille e più presentazioni, degustazioni guidate, tentativi di accreditare vini ed aziende in un rincorrersi sempre uguale di “laboratori” e “master class”. Centinaia di manifestazioni copiaincollate, buone per ogni territorio, che ormai non si sforzano neppure più di trovare nomi diversi, sempre mirate alla punta dei propri piedi, come ogni sagra di pro loco, nessun risultato che possa andare oltre la frase idiota “c’era tanta gente”, e pazienza se la “gente” è quella dei paesini limitrofi, accorsa per farsi il selfie con la presunta “star” televisiva madrina della manifestazione, mentre chi spende danaro per promuovere un vino, una denominazione o un territorio dovrebbe puntare a portare a casa risultati commerciali VERI, fatti di incremento delle vendite, o del valore aggiunto di quelle bottiglie con aumento del margine netto a bottiglia, o del numero di turisti VERI arrivati sul posto richiamati da quel valore (intendo i turisti che pernottano una o più notti, spendendo nei ristoranti e negli esercizi commerciali in loco, non i paesani che escono da casa per due ore, e poi ci tornano dopo aver preso, forse, un gelato).
Per fare davvero PROMOZIONE e marketing del vino e dei territori ad esso collegati, si dovrebbe in primis smettere di vivere alla giornata, cominciando a studiare le STRATEGIE, politiche di programmazione di medio e lungo periodo, ben organizzate e finanziate per ottenere risultati di crescita effettiva, economicamente rilevanti e incrementabili nel tempo dall’attivazioni di circuiti virtuosi solidi. Ma le strategie sono sempre più difficili e meno immediate delle TATTICHE, troppo spesso fini a se stesse, di corto respiro e senza ritorni concreti verificabili nei numeri.
Le strategie in Italia sono cosa rara, non solo perché la politica si chiude nei personalismi e si traguarda soltanto alla prossima scadenza elettorale, ma anche perché gli stessi operatori, produttori di vino o commercianti o albergatori che siano, spesso vivono di impazienza e di gioie effimere, guardando di più a un ovetto, magari di quaglia, oggi che alla possibilità di floridi allevamenti di galline duraturi e produttivi nel tempo.
Sono avanti cogli anni, e avrò ripetuto questi consigli decine di volte: forza e coraggio, preparatevi con serietà e professionalità alle sfide di un mercato sempre più difficile, e tutelate e sfruttate nel modo giusto le risorse di cui la nostra Italia è ancora ricca, nonostante tutto.
Quali sono queste risorse, uniche e per fortuna, e purtoppo, irripetibili?
– Il territorio, inteso come ambiente da preservare e difendere, nel paesaggio ma anche nelle strutture storiche e nei beni naturali, sempre più a rischio. Aria e acqua sono i veri beni su cui il mondo, e il turismo, devono investire per il, futuro. Nessuno ama il vino prodotto tra capannoni industriali ciminiere e discariche, se ne ha percezione, e men che mai ci passa le vacanze. Forse nemmeno ci potremo vivere, in posti simili.
– la tradizione enologica e culinaria, quella di QUALITÀ non ancora omologata dalle catene fast che siano esse americane o cinesi fintogiapponesi. Perché fare viaggi per cercare cose di qualità dubbia e che si trovano ovunque sotto casa? E vale lo stesso per i vini, sia chiaro. La QUALITÀ alla fine vince su tutto, e le MODE sono tali proprio perché passano in fretta, inutile rincorrerle, meglio precorrerle e crearle, e se non ci si riesce, ignorare quella del momento per cercare la prossima, se proprio si deve. La percezione della Champagne, o della Borgogna, è tale e resterà tale a prescindere dalle parole usate per descrivere le singole bottiglie, con buona pace degli aggettivi in auge, siano essi bio o naturali o arancioni o barricati o altro…
– l’apertura all’esterno, possibile solo se si comincia da noi stessi e da quella che un tempo era il vanto italiano per eccellenza: l’innovazione e la genialità. Non si deve aver paura di pensare, e di proporre cose nuove, diverse da quelle ormai di routine, che perdono appeal ed efficacia ad ogni replica, come stanche piece teatrali che non attirano nuovi spettatori. Si smetta di copiare dagli altri, lo si fa da troppi anni. Attenzione all’evoluzione mondiale, per non restare irrimediabilmente tagliati fuori. Oggi investire in connessione rende molto di più, e fa meno danni, di un viadotto. Ma i soliti politici si ostinano a capire solo cemento, e mattoni. Ma attenzione, ciò non significa rinunciare alla propria forte identità locale, anzi. Solo una specificità locale forte, condivisa e qualitativa può essere attrattiva in un mondo sempre più vittima di omologazione.
Tornando all’argomento di partenza, è chiaro che mentre molti luoghi del vino all’estero hanno usato i fondi pubblici per arrivare ad allargare il loro mercato, il loro utile netto, e il turismo vero, in Italia si continua a fare la politica degli assessorucoli e dei sindachetti, e i fondi magari più copiosi vengono destinati a manifestazioni ripetitive, utili forse a quei poveretti per cercare qualche voto indigeno che li confermi sui loro miseri cadreghini, senza vedere nulla oltre la punta del loro stesso naso.
Per farlo, ovviamente, hanno dovuto prima cancellare ogni traccia del passato, e hanno rimosso il ricordo e l’esistenza stessa di tutti coloro che, siano stati GIGANTI o semplici nani consapevoli del passato e di chi li aveva preceduti, per primi avevano ideato quelle manifestazioni, avendo però un obiettivo di medio e lungo periodo, ben diverso dal mordi e fuggi attuale. Quel ricordo oggi farebbe gridare a qualsiasi bimbo innocente quella frase semplice, forte e terribile:
“Il re è nudo! (e l’assessore un copione senza idee!)”

Maurizio Fava

Siamo come nani sulle spalle di giganti, così che possiamo vedere più cose di loro e più lontane, non certo per l’altezza del nostro corpo, ma perché siamo sollevati e portati in alto dalla statura dei giganti.” Bernardo di Chartres, ( ? – 1130 )

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