Raimondo Morreale
Il caffè è uno dei prodotti con più larga diffusione che in tutto il mondo impegna ogni giorno milioni di operatori e di consumatori; una bevanda che parte da un frutto, ed è proprio da questo importante punto di partenza che bisogna iniziare. Troppa confusione e cattiva conoscenza ci portano però ancora oggi a non avere bene chiaro cosa dobbiamo davvero aspettarci da questo frutto che se lavorato in modo opportuno ci riporta in tazza un prodotto qualitativamente valido e godibile. Fare informazione in modo attento è sicuramente il primo passo per aiutare il consumatore a fare chiarezza su questo prodotto. Nell’ambito di “Vinifera 2022” (la mostra mercato legata ai vignaioli dell’arco alpino), l’incontro fortuito con Raimondo Morreale, Head Roaster presso I Druper Coffee, ci ha permesso di approfondire alcuni aspetti legati a questo frutto tanto consumato, ma poco conosciuto. Raimondo Morreale fin dall’infanzia corre tra gli scaffali di caffè nell’emporio della mamma. Trasferitosi in Trentino all’età di undici anni, cresce nel mondo della caffetteria muovendo i suoi primi passi nella gelateria, dove impara un “mestiere” e si appassiona all’arte del caffè. Con una formazione superiore all’Istituto Agrario, prosegue la sua carriera tra locali e caffè, prima come barman (dove partecipa e vince anche diverse competizioni) e poi come barista. Nel 2010 avviene la svolta, quando Raimondo entra a far parte di una grossa torrefazione, da qui entra in contatto con SCA (Specialty Coffee Association) e incomincia il suo percorso formativo. Ad oggi è uno degli esponenti italiani di spicco per la disciplina brewing nonché responsabile training e Head Roaster presso I Druper Coffee, la micro- torrefazione trentina.
Come aiutare il consumatore nella scelta e nella codificazione di un caffè che sia degno di tale nome? Quello che in primo luogo ci dovrebbe far riflettere, è che troppo spesso il caffè in commercio costa poco. Il prezzo basso è quasi sempre indice di scarsa qualità poiché le grandi aziende per sostenere le quantità vanno a discapito della materia prima. Dobbiamo sempre pensare che il caffè prima di tutto è un prodotto agricolo e prima di arrivare fino a noi, fa un viaggio lungo e subisce delle lavorazioni. Di conseguenza, più informazioni riguardo all’origine sono riportate sulla confezione, meglio è: dal paese di origine, alla varietà, alla lavorazione. Dobbiamo cominciare a informarci per formarci, creando così maggiore consapevolezza del caffè che beviamo. Anche la data di scadenza riportata sulla confezione è importante. La data di tostatura in effetti è la parte più importante da dove il caffè muta la sua condizione di prodotto agricolo per diventare a tutti gli effetti prodotto alimentare. Dalla data di tostatura, di norma la data di scadenza è fissata a 18 mesi. Per consumare il caffè al 100% delle sue potenzialità, sarebbe bene berlo entro 6 mesi ovvero nei limiti del suo self life, conservandolo in un ambiente favorevole, lontano da fonti di luce e calore e al riparo da eccessiva umidità.
la tostatura del caffè verde
Quali difetti non deve mai presentare un caffè? Già nel caffè crudo si possono riscontrare due gamme di difetti: i difetti primari e secondari. I difetti primari sono invasivi e incidono negativamente sul risultato in tazza. I secondari invece essendo meno danneggianti sono tollerati ma non possono superare i 5 in un campione standard. Anche partendo da un crudo con presenza di difetti, non è detto che sia un pessimo caffè e questo dipende dalla fase di tostatura. Infatti, un altro difetto tra i maggiormente riscontrabili nel caffè per la clientela “home” sono l’eccessiva tostatura e le conseguenti cere e ceneri che fuoriescono. Le cere in particolar modo non dovrebbero mai presentarsi poiché sono la causa dei principali problemi gastrici ed in secondo luogo danno una sensazione sgradevole in bocca (astringenza, viscido). E allora perché troppe aziende bruciano il caffè anche se la materia prima in alcuni casi non è così male? Questo è un problema spiccatamente italiano e deriva dalla Seconda guerra mondiale. Durante la guerra chiusero i maggiori commerci ed i porti e di conseguenza il caffè smise di arrivare. La gente cominciò a consumare bevande alternative come orzo e cicoria che al palato risultano estremamente vegetali ma soprattutto bitter. Alla fine della guerra l’Italia non aveva potere economico e la materia prima che arrivava era di scarsissima qualità (per lo più scarti). Le torrefazioni però seppero portare la situazione a loro vantaggio: sfruttando il fatto che la popolazione si era abituata a bevande estremamente amare, utilizzava materia prima scadente e portava la tostatura al punto di fumo. In quel modo la sensazione in tazza sarà sempre di amaro data dal bruciato che coprirà tutti gli altri sentori positivi e negativi andando a standardizzare il prodotto. Ad oggi con mia estrema amarezza (in tutti sensi) è ancora così.
Oggi si parla sempre più di Specialty Coffee, ma cosa si intende davvero? Per definizione lo Specialty Coffee è quel caffè che viene sottoposto ad un’analisi che parte dall’origine del territorio e del terreno, metodi di coltivazione e di lavorazione ed arriva fino alla degustazione. Una volta analizzato, il caffè può essere nominato tale e gli viene conferito un punteggio (score SCA) da un tecnico certificato nominato dall’azienda produttrice. Ricordiamoci comunque che le zone produttrici di caffè in media non hanno una grande disponibilità economica e le certificazioni hanno un costo non indifferente. Questo spiega il motivo per cui la produzione mondiale di Specialty coffee è pari al 2%. Ma non dobbiamo pensare che se un caffè non è ufficializzato specialty abbia un valore inferiore. La bravura del selezionatore sta proprio nel riuscire a capire le potenzialità del caffè. Tante volte è capitato di avere uno “Specialty coffee” senza certificazione che però ha delle caratteristiche eccellenti.
L’importanza dell’acqua: quale utilizzare e perchè? Se consideriamo che la nostra tazzina di caffè è composta da circa il 92% d’acqua, va da sé che l’acqua abbia un’importanza vitale. In base all’utilizzo di un’acqua piuttosto che un’altra, cambierà completamente il risultato in tazza. Non dimentichiamo che l’attrezzatura per l’estrazione, che sia moka, macchina espresso o bollitore, non amano il calcare. Per il benestare di tali attrezzature, quindi, converrebbe prediligere un’acqua filtrata, a basso residuo fisso. Per quanto riguarda il bar in particolar modo è fondamentale conoscere il tipo di acqua che fornisce la sede idrica. Per capirlo è necessario ricorrere ad analisi dell’acqua che evidenzieranno la percentuale di sostanze presenti e ci indicheranno la scelta del giusto addolcitore/filtraggio. Va infine ricordato che in alcune zone italiane l’acqua del rubinetto (sede idrica locale) non è potabile. In questo caso è ovvio e scontato che bisognerà prevedere una fornitura idrica alternativa per la macchina espresso.
Monorigine, Miscela, tostatura, metodica di estrazione, tanti i parametri da prendere in considerazione, dall’umidità alla tazzina, dalla macchina alla mano del barista.
Umidità (incidenza e condizioni ideali) Il caffè ha proprietà igroscopiche, quindi l’umidità, anche quella atmosferica, causerà sempre un effetto sul nostro caffè. Per riuscire a gestirla al meglio, visto che l’umidità non si può eliminare, sarà necessario in primis stoccare il caffè in un luogo il più asciutto possibile, lontano da luce e fonti di calore e sbalzi termici. In secondo luogo, occorrerà agire sulla macinatura.
– Tazzina (quanto incidono tipo, temperatura, pulizia) La tazzina è il nostro server e, a mio avviso, esprime anche la cura nella gestione del locale, nonché il carattere che il barista vuole dare. Il tipo di tazzina può essere a discrezione del barista ma sarebbe meglio se avesse comunque alcune caratteristiche specifiche: il maggior spessore aiuta a mantenere la temperatura più a lungo, una forma non troppo allargata favorisce invece la tenuta della crema. Non dev’essere inoltre molto alta e meglio se arrotondata per favorire la degustazione a livello di aromaticità. Per quanto riguarda la posizione delle tazzine sopra alla macchina espresso, dovrebbe essere a testa in su. Ricordiamoci che la parte di tazzina che toccherà la bocca non dovrà essere a contatto con la base della macchina poiché raccoglie una moltitudine di germi. Inoltre essendo riscaldata, c’è il rischio di scottarsi. Mettendo invece le tazzine a testa in su, la parte riscaldata sarà quella che ospiterà il caffè aiutando a mantenere la temperatura. Se la preoccupazione è quella della polvere, non c’è ancora abbastanza istruzione poiché il calore crea una corrente verso l’alto che porterà la polvere lontana e se si farà rotazione delle tazzine non ci sarà il pericolo di depositi.
– La macchina (la tipologia, il settaggio, il lavaggio, la manutenzione) Ovviamente una macchina prestante è fondamentale. Una cosa da considerare è anche la stima dei consumi ovvero il numero di caffè che in media si preparano in una giornata ed in base a quello avere una macchina adatta. Inoltre è compito essenziale del barista prendersi cura della propria attrezzatura (macchina e macinino) e anche per questo il barista deve avere una certa conoscenza della sua attrezzatura per saper intercettare un problema all’inizio e chiamare eventualmente il tecnico qualora ce ne fosse il bisogno. La pulizia va fatta sempre, ogni sera o raggiunto un certo quantitativo di caffè utilizzato. La verità in Italia a nostro malgrado però è una gestione non corretta dell’attrezzatura in primis per via del personale non sempre qualificato ed in secondo luogo perché spesso le macchine del caffè sono date dalla torrefazione in comodato d’uso. Di conseguenza, si sa che “se la roba non è tua, non te ne curi e la trascuri”. Questo è un ragionamento generalista che però accomuna molte realtà.
La mano del Barista incide? Come detto sopra, il barista oltre ad essere un artigiano, dev’essere una figura professionale competente e in grado di riscontrare le problematiche e di risolverle in breve tempo. Deve conoscere la propria attrezzatura molto bene in modo da poter capire quando va fatta la manutenzione o quando c’è qualcosa che non va. Nella gestione del caffè il barista incide in quanto deve applicare le basi fondamentali per un’ottima estrazione quindi gestire la macinatura tarando il macinino qualora ce ne sia bisogno anche in base alla ricetta che utilizza. Anche la gestione del latte è fondamentale. La montatura del latte è importante e il barista deve conoscere il ricettario base, la nomenclatura e le tecniche per il montaggio ottimale cercando di limitare gli sprechi per evitare troppi montaggi dello stesso latte.
Fosca Tortorelli
È Sommelier e Degustatrice ufficiale A.I.S. rispettivamente dal 2003 e dal 2004; ha sviluppato nel suo lavoro di dottorato in Industrial Design, Ambiente e Storia, la tesi sperimentale dal titolo “Reinterpretare le Cellae Vinariae. Ambiente, Processo, Produzione” e una successiva pubblicazione in collaborazione con la Prof. Muzzillo F. dal titolo “Vitigni del Sud: tra storia e architettura” (Roma Natan Edizioni, 2012). Ha conseguito il Master Sommelier ALMA-AIS (luglio 2016) presso ALMA a Colorno (Parma). Fa parte dei Narratori del Gusto e insieme al Centro Studi Assaggiatori di Brescia partecipa a panel di degustazione di rilievo nel settore enogastronomico. Fa parte anche dell’associazione Donne del Vino, ha scritto sulla rivista l’Assaggio, oltre che su diverse testate registrate e ha preso parte alle degustazioni per la Guida Vitae, per la guida Slow wine 2017 e per la guida Altroconsumo. Dal 2018 è giornalista pubblicista.
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Sociologo e giornalista enogastronomico, è direttore responsabile di laVINIum - rivista di vino e cultura online e collabora con diverse testate (...)
Di formazione tecnica industriale è stato professionalmente impegnato fin dal 1980 nell’assicurazione della Qualità in diverse aziende del setto (...)
Laureato in Filosofia e giornalista professionista, lavora al Mattino dove da anni cura una rubrica sul vino seguendo dal 1994 il grande rilanci (...)
Maestro Assaggiatore e Docente O.N.A.V., Delegato per la provincia di Lecco; svolge numerose attività come Docente presso Slow Food, Scuola de L (...)
Sommelier e master sul servizio vino e relazione col commensale, ha tenuto alcuni corsi in area territoriale del Pavese di approccio/divulgazion (...)
È Sommelier e Degustatrice ufficiale A.I.S. rispettivamente dal 2003 e dal 2004; ha sviluppato nel suo lavoro di dottorato in Industrial Design, (...)
Napoletano, classe 1970, tutt'oggi residente a Napoli. Laureato in economia, da sempre collabora nell'azienda tessile di famiglia. Dal 2000 comi (...)
Ha conseguito il diploma di Sommelier AIS nel 2001. È Degustatore per la regione Lombardia e giudice per le guide Vitae e Viniplus. Ha partecipa (...)
Ha iniziato la sua attività in campo enogastronomico nel 1987. Ha collaborato con le più importanti guide e riviste del settore italiane ed este (...)
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