Certe volte mi domando se si tratti di suggestione. Può essere, ma anche no. Forse invece è davvero l’effetto di quella cosa che i francesi chiamano terroir e che è un insieme di vigna e di terra e di clima e soprattutto di umanità, di tradizioni, di storie delle comunità su un luogo particolare. Il terroir non è mica il territorio, è qualcosa di più ampio, quasi di filosofico.
Per esempio, non lo so se è perché mi trovavo in Emilia Romagna e nel ristorante c’erano le bottiglie del nocino, che da quelle parti è quasi una questione di religione, e bevevo un rosso romagnolo fatto con un’uva recuperata dall’oblio, però a ogni sorso, sul finale, mi pareva che quel vino che avevo nel bicchiere sapesse di nocino. Sapete quella sensazione che dà la pellicina della noce? Quel leggero allappare, ma anche quel pelo di pungenza che è tipico della pellicina della noce appena raccolta, ancora umida, e che ritrovi anche nel nocino? Ecco, a me sembrava ci fosse nel vino, e ho provato a concentrarmi su ogni sorso, e ogni sorso mi ridava lo stesso risultato, confermato.
Claudio Ancarani
Certo, c’erano i frutti nettissimi, la melagrana succosa e il mirtillo anche e la prugna (e i petali di rosa appassiti). Però tornava il nocino, per me.
Il vino in questione è il Centesimino (annata 2015) dell’azienda agricola Ancarani, che sta a Faenza, o meglio, in località Santa Lucia. L’uva è detta proprio così, centesimino, anche se una volta da quelle parti la chiamavano savignôn rosso. Attenzione, savignôn, non sauvignon. Non c’entra niente né col sauvignon blanc, né col cabernet sauvignon. È una varietà autoctona, locale. Una delle tante disseminate nei vigneti italiani del passato e che poi hanno rischiato la scomparsa, soprattutto quand’è venuta la moda del vitigno internazionale, che sembrava la panacea di tutti i mali e invece s’è rivelata in molti casi un buco nell’acqua. A coltivarlo ancora, il centesimino, è appena una manciata di vignaioli, una decina in tutto. Meno male che ci sono.
Patria d’elezione del centesimino è Oriolo dei Fichi, una contrada a 9 chilometri a sud-est di Faenza, dove cominciano le prime pendenze dell’Appennino romagnolo. Non che siano grandi rilievi, eh? Poco sopra il centinaio di metri di altitudine. Da lì vengono anche le uve del vino di Ancarani.
Torre di Oriolo
Sul sito dell’azienda leggo che, a quanto sembra, i vigneti di savignôn rosso messi a dimora nei pressi di Oriolo tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta (sembra ieri, ma dal punto di vista del vino italiano è una vita fa, se si pensa che lo stesso sistema delle doc ha dato i primi vagiti proprio in quel periodo), “derivassero da impianti precedenti – virgoletto la citazione -, a loro volta derivati da materiale preso dal podere Terbato, di proprietà del signor Pietro Pianori, detto Centesimino. Alcune fonti riportano che le marze utilizzate per allestire l’impianto del podere Terbato derivassero da una pianta presente in un giardino all’interno delle mura di Faenza”. Bella storia. Chissà se si riesce a documentarla, anche.
Claudio Ancarani e Rita Babini, che gestiscono l’azienda nella quale è nata la bottiglia che mi ha fatto pensare al terroir faentino, raccontano che fanno la tradizionale fermentazione integrale del mosto in presenza delle bucce per una durata due o tre settimane e dopo passano all’affinamento di un anno mesi in tini di cemento. “Rifiutate filtrazioni strette di illimpidimento. Rifiutato l’uso di barrique nuove o trucioli per la concia degli aromi” dichiarano.
Ne esce un vino robusto, che fa quattordici gradi e mezzo di alcol, eppure nemmeno te ne accorgi mentre lo bevi, e questa è una prerogativa dei bei vini. Semmai, ecco, l’avverti solo in un leggero stordimento quando ti stacchi dalla tavola, ma quello dipende da quanto nei hai bevuto. La questione è che questo vino si fa bere, eccome se si fa bere. Con notevolissimo piacere e magari anche un filo di quella fascinosa malinconia che a volte accompagna la tavola, tra una chiacchiera, un boccone e un sorso.
Ravenna Centesimino 2015 Ancarani (91/100)
Azienda agricola Ancarani – via San Biagio Antico, 14 – località Santa Lucia – Faenza (Ravenna) – tel. 0546 642162 – info@viniancarani.it
Giornalista pubblicista, collabora dal 1979 con numerose testate. È direttore responsabile di InternetGourmet.it. Ha pubblicato vari libri dedicati all’ambito gastronomico e vinicolo e ha collaborato con alcune delle più note guide italiane dei settori del vino, della ristorazione, dell’olio extravergine di oliva. Ha inoltre elaborato progetti di posizionamento strategico per alcuni consorzi di tutela. Ha fatto parte del gruppo Garantito Igp.
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Laureato in Filosofia e giornalista professionista, lavora al Mattino dove da anni cura una rubrica sul vino seguendo dal 1994 il grande rilanci (...)
Maestro Assaggiatore e Docente O.N.A.V., Delegato per la provincia di Lecco; svolge numerose attività come Docente presso Slow Food, Scuola de L (...)
Sommelier e master sul servizio vino e relazione col commensale, ha tenuto alcuni corsi in area territoriale del Pavese di approccio/divulgazion (...)
È Sommelier e Degustatrice ufficiale A.I.S. rispettivamente dal 2003 e dal 2004; ha sviluppato nel suo lavoro di dottorato in Industrial Design, (...)
Napoletano, classe 1970, tutt'oggi residente a Napoli. Laureato in economia, da sempre collabora nell'azienda tessile di famiglia. Dal 2000 comi (...)
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Nato nel 1974 a Roma in una annata che si ricorderà pessima per la produzione del vino mondiale. Sarà proprio per ribaltare questo infame inizio (...)
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