A Gildo. Chel di une volte che il timp i à dàti rason. Mai 1998 (A Gildo. Quell’uomo di una volta al quale il tempo ha dato ragione). Basterebbe questa frase (in dialetto friulano), semplice, ma di significato profondo, per darci un’idea della filosofia e del modo di lavorare dell’azienda che sono andato a conoscere. Poche parole incise nel marmo, con le quali Silvano Gallo ha voluto dare merito ed onore al lavoro di suo padre Ermenegildo che, in anni in cui il vino rappresentava per tutti solo una fonte di calorie e nutrimento, aveva saputo, con lungimiranza, porre le basi per una viticultura e un’arte di fare vino, che ancora oggi sono un punto di riferimento da cui trarre insegnamento. Ci troviamo a Mariano del Friuli, terra natia non solo del grande Dino Zoff, ma anche di una generazione di grandi viticoltori. Ed è qui che la famiglia Gallo è protagonista dei successi dell’azienda Masut da Rive. Mariano del Friuli è parte della zona di denominazione Doc Isonzo. Una fascia di territorio che si estende nella pianura goriziana, a ridosso del Collio, delle colline carsiche e lungo la riva del fiume Isonzo, a stretto contatto con il mare Adriatico. Il fiume nel corso dei secoli ha trasportato sedimenti ghiaiosi, sabbiosi, argillosi che hanno creato un letto ideale per accogliere sia le tipologie di viti bianche che rosse. Ha creato però anche zone di terreno con caratteristiche diverse: i terreni dell’alta pianura isontina sono principalmente calcarei, con presenza di ghiaie rosse e con uno strato terroso ferrettizzato di quasi un metro. Questo strato trattiene notevolmente l’acqua piovana e le sostanze fertilizzanti. Nella bassa pianura sono protagoniste le ghiaie bianche. Terreni caratterizzati da forte permeabilità e notevole aerazione. La debole capacità di trattenuta idrica richiede talvolta interventi irrigui e una gestione oculata delle concimazioni.
La storia aziendale, ha visto nella sua secolare attività, succedersi quattro generazioni. Negli anni ’50/60, importante è stato il lavoro di Ermenegildo, che pur con i pochi mezzi e le poche conoscenze a disposizione, ha dato un’impronta decisiva per il successivo sviluppo aziendale. Parliamo di un’attività ancora di tipo misto, divisa fra allevamento e agricoltura, ma dove emergeva la naturale predisposizione di Ermenegildo per tutte quelle tematiche legate alla viticultura e alle produzioni vinicole. Nel 1965 entra in scena da protagonista principale, il figlio Silvano, che dà subito una nuova impronta all’azienda. Inizia a vinificare in purezza abbandonando i tipici, al tempo, uvaggi bianchi e rossi. Inizia le prime sperimentazioni in vigna e cantina e passa dalle vendite del vino sfuso, a quelle in damigiana per arrivare ben presto a dei prodotti in bottiglia. Siamo nel 1979 ed entrano in commercio i vini etichettati “Silvano Gallo“. Nel 1987 decide di dedicarsi esclusivamente alle produzioni vinicole, chiudendo la stalla. Sono anni nei quali inizia a dare il suo contributo il secondogenito di Silvano, Fabrizio (Daniele, il primo dei tre figli. decide di fare il veterinario). Si assiste a una graduale riqualificazione aziendale, con un grande lavoro sia in vigna che in cantina. I primi guadagni saranno linfa vitale per permettere quegli investimenti necessari per il raggiungimento di quegli obbiettivi che la famiglia Gallo si era posta di perseguire. Nel 1995 nasce Masut da Rive, con l’entrata ufficiale in società di Fabrizio. Silvano nel 2002 lascerà spazio in società al terzogenito Marco. Ultimo, giovane tassello di un gruppo famigliare che fa della competenza e dello spirito di gruppo i suoi cavalli di battaglia. Oggi Marco e Fabrizio si dividono da bravi fratelli i compiti in azienda. Ma la figura del padre Silvano, resta sempre molto importante. Un faro, che con la sua esperienza e conoscenza, vuole sempre essere un punto di riferimento nel cammino, entusiasmante ma anche impegnativo, dei propri figli.
La filosofia aziendale è semplice. Lavorare i circa 22 ettari di proprietà nel massimo rispetto per la natura, con l’unico obiettivo di portare in cantina uve sane e di elevata qualità. Uve che necessitano solo di essere lavorate in modo semplice, cercando di intervenire il meno possibile nei vari passaggi che porteranno il prodotto della vigna a trasformarsi in vini pregiati. Per essere ancora più vicini alla loro filosofia, tutta incentrata al rispetto per l’ambiente e a un certo modo di lavorare, da un anno sono diventati membri attivi del progetto Magis. Si tratta di un progetto che ha messo assieme produttori di vino, le principali università italiane, enologi, associazioni e industrie con l’obiettivo di lavorare insieme per migliorare e garantire la sicurezza e la sostenibilità del vino italiano. Concetti come la sostenibilità, l’esigenza di produrre vino in maniera naturale rispettando le risorse della terra, la riduzione dell’uso della chimica e delle emissioni di CO2, la produzione di energia alternativa e pulita da utilizzare in azienda. Sono tutti pilastri su cui si fondono il modo di pensare e le scelte aziendali di Masut da Rive. Infatti, vengono utilizzati in vigna prodotti che rispettino l’ambiente. Macchinari di ultima generazione che ottimizzano e velocizzano il lavoro, con evidenti risparmi in termini economici e con minori emissioni nocive. E’ stato installato un sistema interrato di irrigazione a goccia che limita gli sprechi di acqua. Un impianto fotovoltaico soddisfa tutti i fabbisogni energetici. Vengono utilizzati materiali riciclabili per l’imbottigliamento e il confezionamento. Insomma si cerca di rendere ogni operazione vicina alle esigenze dell’ambiente e della sostenibilità. Questo permette di rispettare sia la natura sia il cliente, e parallelamente rappresenta anche un modo per riuscire a tagliare parte dei costi di gestione.
Ma quali sono i vini che vengo prodotti e che tecniche si usano? Dai 22 ettari di proprietà, si producono circa 100mila bottiglie, con una leggera predominanza delle tipologie a bacca bianca (60% bianchi, 40% rossi). Nella squadra dei bianchi troviamo il Friulano, la Ribolla Gialla, lo Chardonnay, il Sauvignon, il Pinot Grigio. Tutti sono vinificati in acciaio, per garantire la tipicità del vitigno e regalare prodotti profumati ed eleganti. Restano circa nove mesi ad affinare in vasca sui propri lieviti. Questo riposo sulle fecce nobili regala quel pizzico di complessità e morbidezza in più ai vini. Il Sauvignon ha la particolarità di essere ottenuto dall’assemblaggio di 7 cloni diversi, scelti fra le famiglie italiche e quelle francesi. Veniva imbottigliato fino all’anno scorso anche il Pinot Bianco, un vino di rara eleganza e finezza che però oggi, purtroppo, trova pochi estimatori, ed è per questo che si è deciso di puntare su altre tipologie. I vigneti non verranno però estirpati, per non perdere un patrimonio naturale fatto di storia e sacrificio. La squadra dei rossi vede protagonisti 6 tipologie. Il vino simbolo della zona è il Cabernet Franc. Unica tipologia vinificata in acciaio, mantiene le caratteristiche tipiche di questo vitigno, ma con connotati meno erbacei, grazie all’utilizzo di uve mature, prodotte con rese basse in vigna. Vengono poi prodotti il Cabernet Sauvignon, il Merlot e il Refosco dal Peduncolo Rosso. Queste tipologie vengono affinate tutte in barrique per circa 12 mesi, a parte il Refosco che vi rimane per qualche mese in meno. Ma è importante sottolineare come l’uso dei legni sia sempre in sintonia con le caratteristiche dell’annata. Infatti, a seconda di com’è la qualità delle uve, viene scelto il contenitore (barrique di primo passaggio o più vecchie) e il tempo di permanenza del vino. Questo perché la filosofia dell’azienda è quella di dare al vitigno la parte di protagonista principale. Il legno deve essere solo un importante contorno che migliora e perfeziona il prodotto. Il Semidis è un Merlot Riserva. Si tratta di un vino imbottigliato solo nelle annate migliori, da viti che hanno più di 60 anni di età. Una lunga macerazione e affinamento di 18-24 mesi sono le caratteristiche principali della vinificazione di questo vino capace di emozionare anche i palati più esigenti. Un’altra tipologia prodotta dall’azienda è il Pinot Nero. Ultima presentata ma forse quella che nasconde il maggior fascino e una storia romantica da raccontare. Esperti e meno esperti sanno quanto il Pinot Nero sia un vino di nicchia. Difficile da coltivare in vigna. Problematico nelle lavorazioni in cantina. Riesce a donare autentici capolavori (pochi) e tantissimi vini mediocri. Sua terra naturale la Borgogna. In Italia riesce a dare i migliori risultati in Trentino Alto Adige. Ma grazie alla lungimiranza e testardaggine di Silvano Gallo, anche a Mariano del Friuli è riuscito ad esprimersi ad alti livelli. Tutto nasce negli anni ’80, quando Silvano, durante alcuni suoi viaggi in terra di Borgogna, resta ammaliato dai risultati che dà il Pinot Nero in queste terre. Sorge spontanea in lui una domanda. Ma se Mariano si è dimostrata, per caratteristiche territoriali e climatiche, estremamente vocata per la produzione dei vini rossi, perché mai anche il Pinot Nero non può dare risultati importanti? Inizia quindi un lungo periodo di prove e sperimentazioni. Accanto a buoni risultati, si fanno anche molti errori. Si cerca consiglio ed insegnamento da esperti del settore. Si arriva così alla prima annata in bottiglia. Siamo nel 1990. Una serie di ottime annate, fino al 1996 che però non rispecchia i canoni qualitativi cercati. E per questo non viene imbottigliato. La costante ricerca qualitativa che si è prefissa l’azienda, non può accettare un prodotto mediocre, quindi nelle annate meno fortunate meglio dedicarsi ad altri vini. Oggi è stato raggiunto un ottimo livello qualitativo. Le uve vengono macerate per 10-15 giorni e poi il mosto viene trattato con la delicatezza e le stesse cure dedicate ai vini bianchi. Un affinamento misurato e non invasivo in barrique sarà l’ultima operazione che permetterà di portare in bottiglia dei vini di alto livello. Con la vendemmia 2011 entrerà in produzione anche una riserva proveniente da uve coltivate nel primo vigneto impiantato a Pinot Nero, nel lontano 1985. Masut da Rive è insomma un’azienda che può contare su solide basi famigliari. L’esperienza e le conoscenze storiche di Silvano si fondono perfettamente con la freschezza e le idee innovative dei figli Fabrizio e Marco. Passione, competenza e amore per la terra, non possono che dare ottimi risultati in vigna e in cantina. Risultati che diventano poi evidenti nei vini di Masut da Rive che, oltre ad essere buoni, riescono a donarci tante belle emozioni.
DIALOGANDO CON IL VIGNAIOLO Per questa intervista sono state sentite le voci di Silvano, Fabrizio e Marco. Voci diverse, unite però da un pensiero e una filosofia comune.
Qual è il significato della denominazione Masut da Rive e come mai avete scelto questo nome? Masut da Rive deriva da un vecchio soprannome della famiglia. La dinastia dei Gallo è molto numerosa. Uno dei nonni della famiglia si chiamava Tommaso. Corporatura minuta, quanto bastava per farlo diventare Tommasino per gli amici, Masut nel nostro dialetto friulano. La riva indica invece la salita. Un tempo, per arrivare nella nostra abitazione, bisognava superare un cospicuo dislivello. Ecco che quindi siamo diventati i Masut da Rive (Rive è il termine friulano di riva). Oltre a questo, c’è anche un significato di natura commerciale. Quando abbiamo iniziato ad avere rapporti con gli Stati Uniti d’America, ci siamo scontrati con il marchio dei Gallo, famosi e potenti produttori della terra a stelle e strisce. Per legge ci era vietato commercializzare vino con il nome della nostra famiglia. Era possibile mantenere solo il simbolo sulle bottiglie. Quindi la scelta di un nome esclusivo che ci identificasse era diventa una vera e propria esigenza.
La zona della Doc Isonzo è una porzione di territorio dove le viti riescono a dare ottimi risultati. Pensi che, al di fuori dei confini locali, il territorio sia conosciuto ed apprezzato in maniera adeguata o soffre della presenza “ingombrante” del fratello maggiore Collio? Inutile negare che a livello mondiale, il Collio sia quello più conosciuto ed apprezzato. Vent’anni fa le differenze fra Collio e Isonzo erano abissali. Tutti cercavano e volevano bere solo i prodotti di una zona che era all’apice dei riconoscimenti. Questa però, forse, è stata una fortuna per le nostre zone. Ha spronato tutti a cercare di migliorare, di virare verso l’unico obiettivo possibile: quello della qualità. E tutti i nostri sforzi sono stati ricompensati. Sono arrivati i successi e i riconoscimenti, in Italia e all’estero. Oggi possiamo dire con orgoglio che anche in pianura e non solo in collina, se si lavora bene, si riescono ad ottenere ottimi risultati. I nostri prodotti sono diversi da quelli del Collio ma oggi non soffrono più della “sindrome del fratello minore”.
Il vino è un prodotto della terra, frutto del lavoro dell’uomo e dove hanno un ruolo da protagonisti il suolo, il clima e il vitigno. Voi, assieme a numerose altre aziende italiane, avete aderito a un importante progetto di eco-sostentabilità. Molti scelgono strade come il biologico e il biodinamico. Atri hanno fondato associazioni come Viniveri e Vinnatur. Ma se parliamo di vino come prodotto figlio della terra, perché si è reso necessario seguire tutte queste strade per affermare una filosofia che dovrebbe essere la normalità nel modo di lavorare? Forse significa che in passato si è lavorato male e si è andati verso una direzione sbagliata? Un tempo, quando lavoravano i nostri nonni, non c’erano le conoscenze e le tecnologie che ci sono ora. Una volta si lavorava con i pochi mezzi che c’erano a disposizione. Poi sono arrivati nuovi prodotti, nuove possibilità per operare diversamente sia in vigna che in cantina. Probabilmente si è arrivati ad un uso non ottimale e corretto di tutto quello che lo sviluppo aveva portato. Ci si è dimenticati degli insegnamenti dei vecchi. Di chi con i pochi mezzi a disposizione era riuscito comunque a trovare un equilibrio fra le esigenze del lavoro e il rispetto della natura e delle sue leggi. I risultati ottenuti dai nostri vecchi erano sempre frutto di saggezza ed errori che sono fondamentali per poter migliorare. Ed è un segnale positivo, se oggi, in molti sono ritornati sui loro passi e stanno fondando la viticultura moderna e il modo di lavorare in cantina, sugli insegnamenti del passato.
Il progetto Magis, al quale avete aderito, deriva da una parola latina che vuol dire “di più”. Un messaggio che invita al miglioramento continuo e costante. Ma quale dovrebbe essere il punto di arrivo, per una viticoltura che a tutti gli effetti rispetti i principi di sostenibilità ambientale e salubrità del prodotto finale? Abbiamo aderito al progetto Magis, perché riteniamo che sia fondamentale migliorare il livello di sostenibilità ambientale. Perseguendo questo obiettivo, si raggiunge il duplice scopo di rispettare l’ambiente e ridurre i costi di gestione aziendale. Sul nostro lavoro pesa sempre una variabile fondamentale: l’andamento climatico della stagione. Questo condiziona anche il modo di lavorare, specialmente in vigna. Ma se alle volte risulta quasi impossibile non eseguire dei trattamenti, più o meno numerosi, questo non vuol dire che non si possano usare dei prodotti più naturali che rispettino l’ambiente e il consumatore finale. Abbiamo aderito al progetto lo scorso anno, e siamo curiosi di vedere i risultati che riusciremo ad ottenere. La nostra filosofia è quella di migliorare sempre il nostro modo di lavorare per ottenere sempre i massimi risultati.
Masut da Rive è frutto del lavoro di quattro generazioni che si sono succedute nella conduzione aziendale. Gestione famigliare e radici ben solide. In tempi di crisi, quanto è importante avere buone fondamenta, e che difficoltà trova una realtà medio-piccola come la vostra nel confrontarsi con un mercato che non gode di buonissima salute? Avere una struttura a conduzione famigliare è fondamentale nella gestione di un’azienda. Sia per una migliore amministrazione dei costi sia per l’ottimizzazione delle risorse umane. In tempi di crisi risulta vincente puntare su prodotti di qualità dall’ottimo rapporto qualità/prezzo. All’inizio, la gente andava alla ricerca di prodotti dai costi bassissimi. Poi però, rendendosi conto dell’altrettanto livello bassissimo della qualità di questi vini, ha iniziato a cercare il compromesso: bere bene senza spendere troppo. Nei periodi di crisi diventa più faticoso farsi spazio nei mercati. C’è tanta concorrenza. Tanti presentano buoni prodotti. Ma la forza della famiglia in questi momenti diventa un fattore che gioca a suo favore. Siamo un’azienda dai numeri piccoli, quindi per sopravvivere dobbiamo puntare esclusivamente sui prodotti di qualità.
Qual è l’insegnamento più importante che vi ha trasmesso vostro padre Silvano? Nostro padre ci ha sempre lasciato la libertà di esprimere le nostre idee, di lavorare e sperimentare a costo di incorrere in qualche incidente di percorso. Ha sempre creduto nelle cose semplici della vita e questo si è trasferito nel suo modo di lavorare in vigna e in cantina. Ci ha esortato a restare sempre con i piedi per terra, non deprimerci nelle difficoltà e non lasciarsi andare ad eccesivi entusiasmi nei momenti positivi. Per lui è fondamentale restare persone semplici e mantenere sempre un buon rapporto con gli altri. Ci ha insegnato a credere nelle proprie idee senza scendere a compromessi, scegliendo magari strade all’apparenza più facili. Se si lavora bene, si dovrà intraprendere forse una strada più lunga, ma alla fine la gente si accorgerà di te e ti apprezzerà per il modo di lavorare. E la cosa sarà sicuramente più appagante.
Ho letto che vostro padre, dopo tanto lavoro in azienda, sta ora impegnando parte del suo tempo a redigere un diario di famiglia, una raccolta di memorie e ricordi di vita e di cantina. Di cosa si tratta e come è nata questa idea? Nostro padre ci ha lasciato la conduzione dell’azienda, ma naturalmente continua a lavorare, perché niente lo lascerebbe lontano dalla vigna e dai suoi vini. Comunque nei ritagli di tempo ha iniziato a raccogliere le proprie memorie di vita e di cantina in un diario il cui contenuto però è ancora tenuto top-secret. Nostro padre ha una certa vena artistica. Ne è testimone anche il mosaico che abbellisce un pavimento all’ingresso in cantina. Ha raccolto per anni, in vigna, pietre e pezzi di materiali. Poi ha realizzato una “piccola opera” con la quale ha voluto rappresentare le vigne, i vari terreni della zona, i grappoli di uva, il mare e il sole. Tutti simboli che ruotano attorno alle fortune e alla filosofia di Masut da Rive.
La vostra riserva Semidis, proviene da vitigni con più di sessant’anni di età. Oggigiorno è sempre più difficile trovare vigne vecchie in quanto il ciclo vitale si è molto accorciato e molti esperti sono concordi nel ritenere che i grandi vini possano nascere solo da viti dai vent’anni in su di onorato servizio. Pensi anche tu che la longevità delle viti rappresenti un’ulteriore garanzia di qualità? Sicuramente rappresenta un fattore che và ad incidere sulla qualità del vino. Le viti giovani sono più vigorose, esuberanti ma non riescono a darti un vino equilibrato che mantenga le sue caratteristiche nelle varie annate. La vite a una certa età invece trova il suo completo equilibrio. Entra in sinergia con il territorio e riesce a darti uve che offriranno vini più complessi e con caratteristiche qualitative costanti nel tempo. Per garantire una buona vecchiaia alle viti, bisogna trattarle bene, rispettarle. Usare metodi di potatura non invasivi. Loro poi ti ringrazieranno donandoti prodotti di elevata qualità.
Quale vino della concorrenza ti piace e ammiri a tal punto che non ti sarebbe dispiaciuto, per assurdo, vederlo in bottiglia con l’etichetta della vostra produzione? Ci sono tanti prodotti che trovano il mio gradimento e ammiro, ma preferisco chiamarli vini dei colleghi piuttosto che della concorrenza, termine quest’ultimo che non mi piace. Senza fare torto a nessuno, sicuramente la mia scelta cadrebbe su qualche Pinot Nero di Borgogna, tipologia che amo e ammiro per i piccoli capolavori che riesce a donarci.
Quali sono i progetti futuri dell’azienda? I progetti sono sempre tanti. Una mentalità imprenditoriale deve guardare sempre avanti nonostante il periodo di crisi. Abbiamo in progetto la realizzazione di una linea di imbottigliamento, in modo da diventare autosufficienti. Abbiamo anche acquistato una vecchia stalla adiacente all’azienda perché, visto che stiamo crescendo nei numeri e nei mercati, è nostra intenzione ampliare la cantina, per poter avere spazi maggiori in cui lavorare meglio.
Hai la possibilità di invitare a cena e degustare i vostri vini con 4 personaggi famosi appartenenti a settori diversi della società. Devi però fare una scelta fra tre possibili nomination, oppure puntare su una quarta opzione. Chi scegli? Per la categoria comici: Roberto Benigni, Beppe Grillo, Luciana Littizzetto. Per la categoria donne: Belèn Rodriguez, Elisabetta Canalis, Michelle Hunziker Per la categoria cantanti: Elisa, Ligabue, Vasco Rossi Per la categoria sportivi: Valentino Rossi, Gigi Buffon, Fernando Alonso Allora preparo la tavola. Quattro sedie pronte per la vulcanica Littizzetto, la bella Canalis, la nostra brava Elisa e l’esuberante Valentino Rossi.
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