Il Consorzio di tutela della denominazione Friuli Colli Orientali e Ramandolo ha appena festeggiato le fatidiche 50 candeline e l’ha fatto con un incoming davvero ben organizzato, sia per la competenza e simpatia delle persone coinvolte, sia per il magnetismo dei suoi luoghi e sia, ma non per ultimo di importanza, per le specialità enogastronomiche. “Come Presidente del Consorzio il mio orgoglio è enorme perché rappresento il territorio dove mio padre ha fatto la storia insieme ai tanti grandi produttori che ci hanno preceduto. Il Consorzio ha cambiato marcia in questi anni ed abbiamo una squadra che lavora in maniera splendida portando grandi risultati e che voglio ringraziare profondamente. Il 50° del Consorzio è per noi un nuovo inizio ed una rinnovata carica di energia, creatività e voglia di portare avanti il nome dei Colli Orientali del Friuli – un territorio che merita il riconoscimento del suo enorme prestigio”.
Come dar torto a Paolo Valle e al suo vincente gruppo di lavoro, anche perché se si visita il loro sito (www.colliorientali.com) trovano piena conferma le parole suddette. Un biglietto da visita costruito in maniera magistrale e colmo di informazioni preziose come, per esempio, la sezione dell’area tecnica. I Colli Orientali del Friuli riproducono quindi verdi e suggestive ondulazioni che si estendono dalle pendici del monte Bernadia, a nord, fino allo Judrio, linea di confine tra le province di Udine e Gorizia. Gli ettari vitati sono circa 2300, con quasi un centinaio di aziende vitivinicole e la maggior concentrazione di vitigni autoctoni in Italia, giusto per la cronaca. Sono colline costituite da rocce marnoso arenarie deposte nell’era terziaria, ossia durante l’Eocene. Affascinante è, di fatto, la loro formazione, poiché prima che il golfo friulano fosse costituito, il mare occupava tutta l’area ondulata oggi coperta dai vigneti ed era trattenuto a nord da un costone roccioso di calcari in gran parte cretacei e contro il quale le onde sbattevano provocando un’azione demolitrice che finì col portare sul fondo marino i minuti frammenti. Questi detriti sospinti al largo hanno dato poi origine alle imponenti masse che dovevano costituire in seguito potenti intercalazioni di un complesso a sedimenti più sottili: limi, argille e sabbia che con le successive pressioni di sedimenti soprastanti diventano rispettivamente marne (limi e argille calcaree) e arenarie (le sabbie cementate).
Queste terre vantano una tradizione vinicola di oltre duemila anni di storia da quando i Romani stabiliscono la prima colonia nell’agro aquileiese nel 180 a.C. Rilievi di altitudine compresa tra i 100 e i 350 metri che vengono ribattezzati “Parco della vite e del vino”, ideali per la coltivazione della vite grazie alla ricchezza di ottimi microclimi: a nord, infatti, più freschi e umidi e a sud più miti e asciutti. Inoltre, in questi luoghi la produzione vinicola è volutamente contenuta per garantire una certa meticolosità della vendemmia manuale. Malvasia, Picolit, Pignolo, Refosco dal peduncolo rosso, Ribolla gialla, Schioppettino, Tazzelenghe, il Friulano (Tocai) e Verduzzo friulano delineano dunque un patrimonio inestimabile di fierezza e peculiarità, divenendo un ottimo accompagnamento ai piatti locali che uniscono la tradizione austriaca con quella friulana e slovena. Tra i piatti tipici possiamo infatti citare gli gnocchi con le
susine, la jota (una sorta di minestra con crauti, patate, fagioli e carne suina), la brovada (cotechino con rape bianche grattugiate e fermentate nella vinaccia), il frico (formaggio fritto croccante, talvolta preparato morbido in alcune parti della Carnia con patate e/o cipolle e renette locali), i cjalzòns (una sorta di ravioli ripieni di ricotta, erbe, spinaci, uvetta, uova, formaggio grattugiato, cotti in acqua bollente e conditi con burro fuso, ricotta affumicata e cannella mettendo in contrasto il dolce con il salato) e, dulcis in fundo, la gubana (dolce di pasta lievitata con ripieno cotto al forno, di caratteristica forma a chiocciola compatta a base di farina di frumento, zucchero, uva passa, uova, burro, olio di semi, noci, pinoli, latte, sale, scorza di limone, vaniglia), ottimo imbevuto nella grappa, rigorosamente friulana.
Lele Gobbi
Torinese, sognatore, osservatore, escursionista, scrittore. Laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l'Università di Torino e Master in “Non profit” presso la SDA Bocconi di Milano. Per otto anni si è impegnato in progetti con l'Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, occupandosi di raccolta fondi, marketing, comunicazione, relazioni esterne, degustazioni e soprattutto di organizzazione di viaggi educativi in Italia e nel mondo. Scrive per Spirito diVino, James Magazine, La Cucina Italiana, Viaggiare con Gusto, Senza Filtro. È consulente per agenzie di marketing e comunicazione. Ha viaggiato in tutti i continenti alla ricerca dei cibi più vari, dei mercati più pittoreschi e dei popoli più antichi. Ama lo sport (sci e basket), la montagna (le Alpi) e l'arte contemporanea.
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Sociologo e giornalista enogastronomico, è direttore responsabile di laVINIum - rivista di vino e cultura online e collabora con diverse testate (...)
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Laureato in Filosofia e giornalista professionista, lavora al Mattino dove da anni cura una rubrica sul vino seguendo dal 1994 il grande rilanci (...)
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Sommelier e master sul servizio vino e relazione col commensale, ha tenuto alcuni corsi in area territoriale del Pavese di approccio/divulgazion (...)
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