Il conte Francesco Marone Cinzano
Devo dire la verità, ciò che del vino mi ha davvero appassionato sin dagli inizi è stato assaggiare vecchie annate, esperienze che mi hanno spesso emozionato, soprattutto mi hanno consentito di capire che nel nostro Paese ci sono rossi e bianchi capaci di evolvere per decenni e di restituire più spesso di quanto si creda un racconto entusiasmante, una traccia palpabile di grandi terroir e di grandi uomini che hanno saputo interpretarli. Ieri sera, nella Fortezza di Montalcino, la famiglia Marone Cinzano, il cui cognome tradisce l’origine piemontese, ha voluto festeggiare i 50 anni della sua presenza a Col d’Orcia con il Brunello che quei 50 anni li ha vissuti sulla pelle, ovvero la Riserva 1973. L’azienda Col d’Orcia ha radici lontane che risalgono almeno al 1890, quando la famiglia Franceschi acquistò quella che divenne Fattoria di Sant’Angelo in Colle; nel 1958 i fratelli Leopoldo e Stefano ereditarono la proprietà che si divisero, Leopoldo dette vita alla tenuta Il Poggione, oggi condotta dagli eredi Leopoldo e Livia, mentre Stefano cambiò il nome della restante parte in Col d’Orcia, dal fiume che scorre all’interno della proprietà, sposò la figlia del futuro Re di Spagna Juan Carlos. Nel 1973 vendette la proprietà alla famiglia Marone Cinzano.
Santiago Marone Cinzano
Conosco piuttosto bene Col d’Orcia, grazie a numerose verticali a cui ho avuto l’onore di partecipare, ma un’annata così “vecchia” non mi era ancora capitata. Il Brunello di Montalcino Riserva ’73, quindi, rappresenta il primo prodotto dai Marone Cinzano. Questa Riserva, fatto a mio avviso non secondario, non era ottenuta da un singolo vigneto, cosa che è accaduta con il Poggio al Vento, nato nel 1982 per volere dell’allora direttore Edoardo Virano, per la quale prevedeva una maturazione più lunga in botti grandi, un affinamento in bottiglia di almeno un anno e la messa in commercio a 7 anni dalla vendemmia. Del resto fino agli anni ’80 le riserve si producevano da più vigneti, o quantomeno nessuno rivendicava la vigna in etichetta, c’era solo Caparzo con “La Casa”. Ma tornando a ieri sera, poteva essere un evento di carattere “istituzionale”, invece l’incontro con giornalisti italiani ed esteri è stato decisamente informale, in un’atmosfera piacevole e festosa, formula che ho apprezzato molto e che ha reso l’occasione, anche grazie al vino straordinario presentato, davvero indimenticabile. In tanti anni non avevo mai visto il conte Francesco così emozionato, ha raccontato brevemente la storia della famiglia a Montalcino, ricordando gli anni del dopoguerra, in cui il boom economico spinse la maggior parte degli abitanti a spostarsi verso le città, abbandonando l’agricoltura sempre meno redditizia. Poi la lenta risalita, i primi reimpianti, fino al vero e proprio rinnovamento negli anni ’80 dopo lo scandalo del vino al metanolo. L’emozione è salita ulteriormente quando ha augurato al figlio Santiago la direzione aziendale per i prossimi 50 anni.
Ma la vera star della serata è stata indubbiamente quell’incredibile Brunello Riserva ’73, un vino che mi ha letteralmente travolto, se non avessi saputo che era di quel millesimo avrei pensato potesse avere 20-25 anni, non di più. Mostrava la totale assenza di ossidazioni, le note terziarie erano solo accennate e non spingevano sui sentori più evoluti, ma con il passare dei minuti retrocedevano a sensazioni “fresche” di arancia, potevi ancora goderti il frutto donato dal sangiovese, e poi la persistenza infinita, anche dopo parecchi minuti dall’assaggio, il vino aveva lasciato evidente traccia del suo passaggio. Non un accenno a stanchezza, una bevibilità straordinaria grazie al perfetto equilibrio di ogni sua componente, una vera poesia per i sensi, confermata da un secondo assaggio da altra bottiglia, non identico ovviamente perché ogni contenitore fa storia a sé, ma altrettanto vivo ed emozionante (qui emergevano note di cioccolata). Un’esperienza che non dimenticherò, questo è certo, uno dei vini più coinvolgenti che abbia assaggiato in tutta la mia vita, non poteva essere festeggiata meglio la ricorrenza dei 50 anni!
Roberto Giuliani
Figlio di un musicista e una scrittrice, è rimasto da sempre legato a questi due mestieri pur avendoli traditi per trent’anni come programmatore informatico. Ma la sua vera natura non si è mai spenta del tutto, tanto che sin da ragazzo si è appassionato alla fotografia e venticinque anni fa è rimasto folgorato dal mondo del vino, si è diplomato sommelier e con Maurizio Taglioni ha fondato Lavinium, una delle prime riviste enogastronomiche del web, alla quale si dedica tutt’ora anima e corpo in qualità di direttore editoriale. Collabora anche con altre riviste web e ha contribuito in più occasioni alla stesura di libri e allo svolgimento di eventi enoici. Dal 2011 fa parte del gruppo Garantito Igp.
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Sociologo e giornalista enogastronomico, è direttore responsabile di laVINIum - rivista di vino e cultura online e collabora con diverse testate (...)
Di formazione tecnica industriale è stato professionalmente impegnato fin dal 1980 nell’assicurazione della Qualità in diverse aziende del setto (...)
Laureato in Filosofia e giornalista professionista, lavora al Mattino dove da anni cura una rubrica sul vino seguendo dal 1994 il grande rilanci (...)
Esordi giornalistici nel lontano 1984 nel mondo sportivo sul giornale locale Corriere di Chieri. La passione per l’enogastronomia prende forma a (...)
Maestro Assaggiatore e Docente O.N.A.V., Delegato per la provincia di Lecco; svolge numerose attività come Docente presso Slow Food, Scuola de L (...)
Sommelier e master sul servizio vino e relazione col commensale, ha tenuto alcuni corsi in area territoriale del Pavese di approccio/divulgazion (...)
È Sommelier e Degustatrice ufficiale A.I.S. rispettivamente dal 2003 e dal 2004; ha sviluppato nel suo lavoro di dottorato in Industrial Design, (...)
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