Degustatore: Andrea Li Calzi Valutazione: @@@@ Data degustazione: 03/2021
Tipologia: DOCG Bianco Vitigni: arneis Titolo alcolometrico: 13% Produttore: MARCHESI DI BAROLO Bottiglia: 750 ml Prezzo enoteca: da 10 a 15 euro
Il primo dei sei Roero Arneis che ho deciso di raccontare, presentato all’evento “Online Senza Confini” promosso dal Consorzio omonimo, è un outsider e arriva dritto da una cantina che va di pari passo con la storia del “vino del re, re dei vini”, sto parlano della Cantina Marchesi di Barolo di proprietà della famiglia Abbona. La sede è nel suddetto comune presso il palazzo prospiciente il Castello dei Marchesi Falletti. Una lunga storia che ha inizio più di 200 anni fa nel cuore delle Langhe, dove nacque successivamente il celebre vino piemontese. 1806: il Marchese di Barolo, Carlo Tancredi Falletti, prende in sposa a Parigi una nobildonna francese, Juliette Colbert di Maulévrier, pronipote del famoso ministro delle finanze del Re Sole. Juliette intuisce le grandi peculiarità del vino prodotto a Barolo, si deve a lei il concetto di qualità legata al prolungato affinamento, questo processo permette al vino di esprimere tutte le caratteristiche tipiche del suolo e del vitigno. Qualche anno dopo, nel 1864, viene a mancare, e con lei purtroppo anche la dinastia dei Falletti. Per non vanificare tutto ciò che aveva fatto in vita, perpetuarne il ricordo e l’attività benefica, fu creata, per volontà della Marchesa, l’Opera Pia Barolo. Una stupenda storia destinata ad incontrare le gesta di un’altra famiglia prestigiosa di Barolo: gli Abbona, proprietari della Cantina “Cavalier Felice Abbona e Figli” ai piedi del Castello dei Marchesi, ancor oggi titolari del marchio, uno dei più importanti a livello nazionale. Veniamo al Roero Arneis, perché attorno all’universo che gravita attorno al noto brand piemontese, non poteva mancare una tra le cultivar autoctone a bacca bianca per eccellenza dell’intero Piemonte. I ripidi e scoscesi vigneti delle colline del Roero forgiano uve caratterizzate da terreni prevalentemente calcarei e silicei, particolarmente ricchi di sabbie quarzose e argille finissime mescolate a strati sottili e friabili di arenaria. Suoli morbidi, permeabili, ricchi di oligoelementi in grado di assicurare al vino aromi intensi e fragranti, oltre che una spiccata sapidità. La 2019 è stata un’annata regolare, priva di fenomeni significativi in senso assoluto, i vini fino ad ora degustati stanno mostrando una carica espressiva notevole soprattutto a livello di profumi. 100% arneis, dopo la vendemmia, l’uva viene pigiata e diraspata delicatamente, lo scopo è estrarre solo le frazioni più nobili ed aromatiche della buccia, il mosto ottenuto viene posto a fermentare a bassa temperatura, in vasche termocondizionate a 20° C. Affinamento conseguente in acciaio o cemento vetrificato, da segnalare la prolungata sosta sui lieviti. Paglierino vivace, tonalità vibrante riflessi oro antico in controluce, consistente, mostra archetti fitti e piuttosto regolari. Impatto intenso, le sfumature floreali e fruttate s’alternano ritmicamente: acacia e mandarino, biancospino e mela Granny Smith, inspessite da erbe aromatiche quali salvia e timo limone; chiude un ricordo di calcare nitido ed espressivo, legato inesorabilmente al terreno dove vengono allevate le uve.
Vi è coerenza a 360°, perché anche il palato è ricco di succo e acidità, la stessa rimanda all’agrume; la notevole sapidità post deglutizione è un assist perfetto per svariati abbinamenti gastronomici. Chiude mediamente intenso, morbido, lungo e in divenire, a mio avviso non è arrivato nemmeno a metà del suo cammino. 4 chiocciole abbondanti, come la fetta di torta salata, ricotta e carciofi, che ho divorato in abbinamento; bottiglia letteralmente evaporata.
Per quasi 10 anni tra gli autori della guida I Vini d'Italia de L'Espresso, docente di materie vinose ad ALMA - La Scuola Internazionale di Cuci (...)
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Laureato in Filosofia e giornalista professionista, lavora al Mattino dove da anni cura una rubrica sul vino seguendo dal 1994 il grande rilanci (...)
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