Degustatore: Andrea Li Calzi Valutazione: @@@@ Data degustazione: 06/2022
Tipologia: DOC Rosso Vitigni: nebbiolo Titolo alcolometrico: 13,5% Produttore: LES CRÊTES Bottiglia: 750 ml Prezzo enoteca: da 30 a 35 euro
Non ho mai nascosto la mia passione per il nebbiolo, la stima e il rispetto che nutro nei confronti di quella che considero una tra le cultivar migliori al mondo. Il motivo è presto detto: l’uva piemontese per antonomasia non cresce bene ovunque, è sempre lei a decidere quando e dove regalare uve, e dunque vini, indimenticabili. Una tra queste aree vitivinicole elette, per così dire, è proprio la Valle d’Aosta, regione confinante. Tutto ciò lo sa bene Costantino Charrère, che dopo anni di sperimentazioni e continui studi è finalmente riuscito a lanciare, circa sette anni fa, il suo primo Vallée d’Aoste Nebbiolo Sommet. La zona di produzione è quella di Arnad, celebre comune dove tra le altre cose si produce a mio avviso il lardo più buono d’Italia, e Issogne, distanti l’uno dall’alto circa 5 km ed entrambi in provincia di Aosta ma in un’area molto più vicina alla provincia di Torino rispetto al capoluogo di regione. In Valle d’Aosta il nebbiolo viene tradizionalmente allevato col nome di picotendro, Les Crêtes si dedica totalmente alla vinificazione di questa varietà storica, l’intento è restituire l’identità montagnina sfruttando l’utilizzo, e dunque il recupero, di vecchi vigneti abbandonati. “Sommet” in francese significa cima, un omaggio alle montagne che abbracciano le colline valdostane tanto da forgiarne in tutto e per tutto il carattere. La produzione è piuttosto limitata, circa 4 mila bottiglie, le vigne hanno trent’anni. Troviamo da queste parti terreni alluvionali, ricchi di limo e sedimenti glaciali; vigne esposte a nord/ovest e sud/est a circa 350 metri sul livello del mare. La vendemmia manuale di questo nebbiolo avviene solitamente a fine ottobre/inizio novembre, la vinificazione è piuttosto classica: selezione delle uve e diraspatura, fermentazione a bacca intera per 10 giorni a temperatura di 23 °C con follature quotidiane; affinamento di 12 mesi in botte di rovere francese da 25Hl, più ulteriore riposo di un anno in bottiglia prima della messa in vendita. Tra il rubino smagliante e il granata caldo, si distingue per lampi color fucsia che ne implementano la luminosità. Il respiro è dolce, accattivante, il frutto goloso e nitido, pare quasi di masticarlo: ricordi di mora rossa e ciliegia, arancia sanguinella, viola e rosa selvatica, menta peperita e spezie fini su uno sfondo terroso che ricorda l’argilla bagnata e la grafite; quest’ultime dopo opportuna ossigenazione e soprattutto a 24 ore dalla mescita. Sorso slanciato, vitale, buon corpo sostenuto da una scattante progressione in termini di freschezza e densità gustativa, allungo; quest’ultimo implementato notevolmente dall’impronta salina tipica dei terreni sopradescritti. Devo ammetterlo: è la prima volta che lo assaggio e devo riconoscere che mi ha davvero stupito; qualche anno di affinamento in cantina e sono sicuro che mostrerà ancor più complessità, equilibrio d’insieme. Ad oggi sono quattro chiocciole abbondanti vicinissime alla quinta. Una buona zuppa di Cogne è quanto di più indicato circa l’abbinamento gastronomico.
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