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Stagionalità, Tradizionalità e Tipicità: tre è davvero il numero perfetto?

La spesa quotidiana è un momento in cui la salute individuale e collettiva, l’attenzione all’ambiente, il rispetto dell’equità sociale devono essere tenuti nella dovuta considerazione. Occorre recuperare tali principi in maniera più scaltra. Per gli ortaggi sicuramente, ma anche per tante, ma tante, tante altre cose.

Melagrana e melanzana a marzo
Allitterazione, allegoria e follia. Melagrana e melanzana a marzo. Marzo 2021

Anche se ormai gli ortaggi provengono sempre meno dall’orto, essi stessi rimangono gli ingredienti fondamentali di innumerevoli preparazioni gastronomiche appartenenti alle nostre tradizioni regionali. Per quale motivo allora sono così importanti? Perché consentono di donare sapore a svariate pietanze; di rendere non banali o scontate (attraverso la facoltà dell’inventiva) le insalate, le minestre, gli sformati, le torte e via dicendo; ma soprattutto perché soddisfano il nostro fabbisogno nutrizionale attraverso le vitamine, gli antiossidanti e altri importanti elementi.
Provenienza e modalità di coltivazione sono naturalmente punti cardini ineccepibili per quanto riguarda il profilo e il valore del prodotto in sé, ma è la stagionalità il principio per cui non proviamo più la corretta attrazione. Già, quel vocabolo, tanto osannato quanto dimenticato, che possiamo riassumere in un pensiero del genere: la riabilitazione di una relazione abbinata alla natura e alla sua ciclicità, cercando il più possibile di far coincidere il luogo di produzione e di maturazione con quello di consumo.
Se, per esempio, diciamo che il vestito dei giapponesi è il kimono; o che, per un altro caso, gli inglesi bevono sempre il tè alle cinque del pomeriggio; oppure ancora, che i messicani si addormentano sotto il sole cocente con in testa il sombrero; la maggior parte delle persone dovrebbe facilmente capire l’oggetto del discorso. Se fossimo infatti diretti in uno di questi Paesi o, al limite, aree geografiche, l’aspettativa di incontrare individui che svolgono le suddette attività o che indossano uno di questi oggetti, è piuttosto elevata. Altrimenti, se dovessimo imbatterci raramente in queste situazioni, allora diremmo che tale costume apparterrebbe alla sfera della particolarità o magari della stravaganza, facendo più attenzione a non menzionare la parola “tipico”. In quest’ultimo caso, però, qualcuno avrebbe la possibilità di insorgere sostenendo che in tempi passati si poteva tranquillamente assistere a questo tipo di osservazioni, discorrendo, in tal caso, di tradizionalità anziché di tipicità.
Ecco, per il discorso alimentare è lo stesso: un prodotto è tipico quando è fortemente legato al suo territorio di origine ed è replicato in maniera sensibile su quel territorio medesimo. Tradizionale invece è una pratica in un territorio definito, senza soluzione di continuità.
Non necessariamente un prodotto tipico deve essere tradizionale, ma è proprio quest’ultimo concetto che, al di fuori delle Denominazioni di origine, desidera fortemente mantenere uno stretto legame con il locale. Non a caso, per questa tipologia economica, la stagionalità diviene una risorsa imprescindibile, poiché non si tratta di produzioni o riproduzioni anonime, coltivate in serre (riprendendo il filo conduttore degli ortaggi), idroponiche, sempre presenti nei negozi e nei supermercati; bensì di frutti della terra che possiamo (e vogliamo!) trovare esclusivamente in un determinato periodo, al punto giusto di maturazione, con un gusto e un valore nutritivo assolutamente migliori. E dunque, più buoni e salutari. Insomma, più tutto!!

Lele Gobbi


Questo articolo fa parte dell’inserto de La Glottide del 22 marzo 2021 dedicato alla stagionalità degli alimenti, che potete scaricare qui.


Lele Gobbi

Torinese, sognatore, osservatore, escursionista, scrittore. Laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l'Università di Torino e Master in “Non profit” presso la SDA Bocconi di Milano. Per otto anni si è impegnato in progetti con l'Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, occupandosi di raccolta fondi, marketing, comunicazione, relazioni esterne, degustazioni e soprattutto di organizzazione di viaggi educativi in Italia e nel mondo. Scrive per Spirito diVino, James Magazine, La Cucina Italiana, Viaggiare con Gusto, Senza Filtro. È consulente per agenzie di marketing e comunicazione. Ha viaggiato in tutti i continenti alla ricerca dei cibi più vari, dei mercati più pittoreschi e dei popoli più antichi. Ama lo sport (sci e basket), la montagna (le Alpi) e l'arte contemporanea.

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