Cesare Barbero e Aldo Vola
Quello con l’azienda Pertinace, di Treiso, è stato per lungo tempo l’ennesimo appuntamento rimandato a causa di questa maledetta pandemia di cui davvero non se ne può più, mi ero ripromesso di non citarla in questo articolo ma ho cambiato idea. Il motivo è semplice: stavolta son riuscito ad aggirarla. Nulla che vada contro le regole per carità, se ne usciremo, e sono sicuro che presto ne usciremo, sarà solo grazie al rispetto maniacale delle regole e del buon senso anche perché francamente non vedo alternative. Volere è potere: dopo aver recensito, a inizi 2020, due vini di questa bella realtà vitivinicola delle Langhe (il Nebbiolo d’Alba Cantina Vignaioli 2017 e il Barbaresco Marcarini 2017), mi sono armato di tenacia e caparbietà e ho raggiunto la sede dell’azienda a Treiso in Località Pertinace.
Il periodo era quello di fine settembre, orrendamente ribattezzato “liberi tutti”. Ho approfittato dell’invito a partecipare ad un tour langarolo organizzato da Annalisa Chiavazza, brand manager & media relation della nota agenzia Well Com di Alba, anche in questo caso non posso far altro che ringraziarla per l’egregio lavoro svolto nei confronti della gestione a 360° della giornata. Della prima tappa a Piobesi d’Alba, mattinata in compagnia di Tenuta Carretta e pranzo al 21.9 di Flavio Costa, ne ho parlato lo scorso novembre in un articolo specifico, ora è tempo di concentrarsi su ciò che è avvenuto il pomeriggio. Le MGA (Menzione Geografica Aggiuntiva) Nervo, Marcarini e Castellizzano di Treiso, sono state le protagoniste indiscusse, terre di grandi nebbiolo da Barbaresco DOCG, dove dal 1973 la cantina Pertinace, ai tempi Cantina Vignaioli Elvio Pertinace, plasma vini dalla forte identità territoriale.
Vigneto Marcarini
Un lavoro svolto giornalmente con tanta costanza, impegno e passione, la classica tenacia dei vignaioli piemontesi lucidissimi e pronti al confronto, ma restii ad ogni grande cambiamento quando non strettamente necessario, soprattutto se legato alle tradizioni. Persone che lavorano sodo e sempre a testa alta, tra nebbie icona del meraviglioso paesaggio langarolo, dal 2104 Sito Unesco, gelate che caratterizzano il periodo invernale e calde giornate estive dove il sole “spacca le pietre” ma non sua maestà il nebbiolo, vitigno appassionante che in queste colline, tanti e tanti anni or sono, ha trovato una tra le sue culle d’elezione, indubbiamente la più celebre e riconosciuta in tutto il mondo. Una cooperativa composta allora da tredici soci tutti provenienti dalla zona di Treiso; ad oggi i soci sono diventati 21, per un totale di 110 ettari vitati compresi nel comune di Treiso, Barbaresco, Alba, Neviglie, Piobesi d’Alba, Magliano Alfieri e, nell’astigiano, ad Agliano Terme.
Ma è proprio Treiso il protagonista del mio scritto, questo piccolo borgo langarolo, situato sulla destra del fiume Tanaro, conta 820 abitanti; l’altitudine è paria a 410 metri sul livello del mare, gli ettari vitati sono 380,42, di cui 179,95 coltivati a Nebbiolo da Barbaresco. Il nome deriva dal toponimo latino “Treis” ovvero la terza pietra miliare della strada che, partendo da Alba Pompeia, collegava Langhe e Liguria. Il comune nacque ufficialmente nel 1957 in seguito ad un referendum che lo staccò definitivamente da parte integrante del comune di Barbaresco. Da queste parti è presente la splendida area chiamata Rocche dei Sette Fratelli, in località Canta, consiglio assolutamente una visita. “Il Sole fa buona l’uva. Il sole sulle colline delle Langhe è la nostra ricchezza”. Riporto sempre questa massima dell’azienda nei miei articoli dedicati a Pertinace, perché a mio avviso suona tutt’altro che retorica; contrariamente a contesti analoghi, sono parole ricche di significato e speranza per l’avvenire. Un inno all’energia, alla voglia di fare, al calore trasmesso dalle cose buone.
Grappoli di nebbiolo
Torniamo al tour, perché una delle cose più appassionati, certamente quella che mi è mancata di più nel 2020, è la visita ai vigneti, il poter toccar con mano la materia prima e stringerla alle persone che la curano con amore. Cesare Barbero, attuale direttore generale ed enologo presso Pertinace, dopo averci accolto in cantina, dove si è poi tenuta la degustazione che mi è stata riservata, ci ha guidato alla scoperta di due tra i cru più importanti dell’azienda: Marcarini e Nervo. Nomi che mettono sull’attenti i grandi appassionati di vino al mondo; icone vere e proprie dell’areale vitivinicolo del Barbaresco DOCG, per quei pochi che ancor oggi si ostinano ad ignorare, lo stesso è composto dal comune omonimo, quello di Treiso, Neive e parte di una frazione d’Alba denominata San Rocco Seno d’Elvio. Mentre scrivo, con un pizzico di nostalgia, affiorano nella memoria immagini indelebili: l’incontro con Aldo Vola, il rappresentante di una storica famiglia di conferitori di Pertinace, colui che con amore e grande attenzione ai vigneti, coadiuvato dal figlio Gabriele, gestisce attualmente il cru Marcarini in Treiso, dove la cantina cooperativa può contare su una superficie vitata di 3.60 ettari.
Aldo alla salda guida del suo 4×4 ci ha accompagnato alla scoperta del suddetto vigneto, un’enorme distesa di filari e vigne allevate su terreni esposti a sud-ovest a 350 metri sul livello del mare, composti da marne a strati sabbiosi. Pendenze notevoli, vere e proprie montagne russe dove una macchina normale durerebbe quanto un calice di bollicine in una calda giornata d’agosto. Questa particolare condizione permette alle radici di svilupparsi in profondità, il vino che ne deriva acquisisce profumi intensi e complessi; le pendenze vertiginose al contempo generano una serie di difficoltà nella lavorazione del vigneto. In fondo ciò che ho imparato negli anni è che non esiste un solo vino, degno di questo nome, che non nasca dal duro lavoro di chi lo produce, sicuramente con passione e attaccamento alle tradizioni, e Aldo Vola e la sua famiglia incarnano perfettamente questo spirito, ho potuto constatarlo personalmente.
Vigneto Nervo
È la volta del vigneto Nervo, altra importante MGA (Menzione Geografica Aggiuntiva) del comune di Treiso, Pertinace possiede in queste colline 4.6 ettari vitati, con esposizione a pieno sud a un altitudine che può arrivare sino a 370 metri sul livello del mare. Anche in questo caso, giunti con il 4×4 di Aldo sul posto, e percorrendo su e giù i filari, la cosa che affascina maggiormente è sempre l’incredibile pendenza. Terreni molto particolari caratterizzano questo cru, noto per la finezza e la potenza dei suoi vini, responsabile è la matrice, composta da marne bianche molto povere. Alzando lo sguardo la vista si perde: l’insieme di natura, in parte ancora incontaminata, e biodiversità piuttosto evidente, creano una totalità di fattori premianti per il territorio che confluiscono direttamente nel vino.
Purtroppo non c’è stato il tempo materiale di visitare l’MGA Castellizzano, altro cavallo di battaglia di Pertinace, sempre in Treiso sulla strada che va verso Neive, sarà un’ottima scusa per tornare presto da queste parti, possibilmente in compagnia delle stesse persone che ci hanno accompagnato con tanta cura e dedizione. Più avanti vedremo comunque un vino derivato da questa MGA. Tornati in cantina e congedato Aldo Vola, ci prendiamo giusto il tempo di una breve sosta defaticante; per inciso percorrere le pendenze di alcuni vigneti in Treiso equivale a fare trekking. Ci sediamo dunque tutti attorno al grande tavolo della sala per dare inizio alle danze. Ci è stata riservata una degustazione che comprende diversi vini della gamma, e degli stessi alcune annate non proprio recenti.
Alta Langa Brut 2014 Una denominazione che conto di approfondire sempre di più, sono stati fatti passi da gigante negli ultimi anni, ciò che ho assaggiato in tutto il 2020 mi ha davvero convinto, c’è un enorme potenziale da sfruttare in Alta Langa. Quello che presenta Pertinace, 70% pinot nero – 30% chardonnay, affina 36 mesi sui lieviti, ma può arrivare anche a 48. 12.5% vol., le uve impiegate provengono da Trezzo Tinella. Un vino diretto, senza fronzoli a partire dal colore, paglierino vivace che conserva tonalità chiare, bollicine copiose e fini. Al naso biancospino, acacia, erbe aromatiche che stimolano l’olfatto quali maggiorana e timo, una punta d’agrume e un ricordo di calcare che diviene salmastro con lenta ossigenazione. Bolla carezzevole, torna subito l’agrume che sviluppa tanta acidità su un corpo per nulla banale e una lunga scia sapida a chiudere. Già lo vedo su un fritto di paranza con tanto buon pesce fresco.
Langhe Nebbiolo 2018 Un nebbiolo 100% che mette subito le cose in chiaro, mostra quanta voglia di far bene c’è in azienda, e l’elemento per capire tutto ciò talvolta e anche la resa per ettaro, in questo caso già bassissima per la categoria, ovvero 63 Hl. Vigneti esclusivamente ubicati in Treiso (5 Ha), 10-15 giorni in vasche di acciaio inox a temperatura controllata, 12 mesi in grandi botti di rovere di Slavonia. 14% vol, granato-rubino caldo, buona consistenza e un naso che gioca su evidenti rimandi floreali e speziati che si rincorrono: pepe nero, violetta, cannella, rosa rossa, addolciti da un frutto carnoso che sa di amarena e susina, chiude un flebile ricordo di terra umida e tabacco. Trama tannica cesellata, sorso slanciato, succoso, il centro bocca rimanda al frutto dolce, vi è totale assenza di alcol percepito e un finale pulito, lungo, che invoglia la beva e fa pensare all’abbinamento con un pollo alla cacciatora cucinato a mestiere.
Entriamo nel vivo della degustazione, ma prima di iniziare a descrivere i Barbaresco degustati è doveroso da parte mia fare una precisazione. La stessa riguarda l’elemento che più di tutti mi ha colpito della filosofia di Pertinace. Come una mamma che ha molti figli e non vuol fare torto a nessuno di loro, ogni vino segue lo stesso protocollo di vinificazione. Non creando sostanziali differenze nei confronti della resa per ettaro, del tempo di macerazione o del contenitore d’affinamento, le singole peculiarità dei cru potranno emergere in maniera più evidente. È una scelta che condivido appieno, da sempre, anche se in alcuni casi è anche vero che diversificare a secondo del vigneto può dare comunque ottimi risultati. Per evitare di ripetermi nei prossimi paragrafi di seguito le caratteristiche: resa per ettaro 50 Hl, 40-60 giorni in vasche d’acciaio inox a cappello sommerso, temperatura controllata, segue un affinamento di 18 mesi in grandi botti di rovere di Slavonia. Inoltre, visto che illustrerò tutti i Barbaresco DOCG della cantina, più qualche chicca “un po’ datata”, sul finale, mi sembra corretto riportare per intero la scheda inviata dall’azienda in relazione all’andamento del millesimo in questione. “L’annata 2017 è stata molto calda e ciò ha comportato una vendemmia anticipata. Fin dai mesi invernali le temperature sono state miti. Nella stagione primaverile lo sviluppo vegetativo ha subito un’accelerazione a causa delle temperature sopra la media stagionale e alle abbondanti piogge. A partire dal mese di maggio si sono susseguite numerose giornate terse e calde, che hanno in buona misura bloccato l’insorgenza di problematiche fitosanitarie. Le temperature massime registrate durante i mesi estivi sono state sopra la media, e solo verso la fine del mese di agosto si sono presentate le tanto attese precipitazioni che hanno riequilibrato la dotazione idrica degli acini, in anticipo sui tempi dell’invaiatura. Il mese di settembre invece ha portato temperature più fresche e significative escursioni termiche, particolarmente favorevoli per lo sviluppo dei profili polifenolici nelle uve a bacca nera a ciclo vegetativo medio – lungo, come nel nebbiolo. ”Nonostante la 2017 sia stata un’annata precoce, l’andamento climatico delle settimane precedenti la vendemmia, con giornate calde e nottate fresche, ha permesso di ottenere un vino complesso e strutturato ma allo stesso tempo equilibrato e armonico”.
Barbaresco 2017 Il Barbaresco DOCG 2017, a farsi chiamare volgarmente “vino d’ingresso” o peggio “etichetta base” non ci pensa nemmeno lontanamente. Rese ancor più basse rispetto al Langhe Nebbiolo, vigneti (21 Ha) in Treiso e Barbaresco, esposti a Sud, Sud-Est, Sud-Ovest. Figlio di un’annata tra le più calde riscontrate da chi scrive, assieme all’ormai lontana 2003, è qui che entra in campo l’esperienza di una cantina storica. In annate così problematiche la vigna dev’essere seguita pedissequamente, giorno dopo giorno, soprattutto durante tutta la fase del ciclo vegetativo, così facendo sarà possibile portare a casa uve sane con livelli d’acidità ottimali o perlomeno accettabili. 14,5% vol., mostra una trama cromatica piuttosto calda, tonalità profonde tra il granato e il rubino, il naso è ricco, esuberante: mirtillo e ribes nero, un asse balsamico-speziato che sviluppa ricordi di mentolo, pepe nero, cannella e sul finale grafite e china. In bocca è voluminoso ma l’alcolicità è ben gestita, tannino piuttosto vivace, non ostenta in nessuno modo il carattere dell’annata, si nota che in vigna si è giocato in difesa per preservare l’equilibrio e la bevibilità del vino, doti che non devono mai mancare in un buon Barbaresco. In abbinamento, un buon risotto nobilitato dallo stesso vino e guarnito, post mantecatura, con scaglie di formaggio Castelmagno.
Barbaresco Castellizzano 2017 L’MGA Castellizzano in Treiso, è collocata nell’area vitivinicola orientata verso Neive, pieno sud est. Le pendenze qui sono più dolci, colline che a tratti risultano quasi pianeggianti, una matrice completamente diversa rispetto al resto dei cru citati, il terreno è più rossiccio ed è composto da sabbia, limo e argilla, queste caratteristiche donano ai vini, corpo, potenza e longevità; Pertinace ne possiede 1,20 Ha. 14,5% vol., granato più profondo, caldo, riflessi rubino evidenti e concentrazione nel bicchiere. I frutti sono leggermente più maturi e richiamano sempre dolci sensazioni di mora, mirtillo, susina rossa e una spezia penetrante e incisiva, pepe nero e chiodo di garofano su tutte; con lenta ossigenazione cacao amaro e liquirizia anticipano effluvi minerali di argilla bagnata e un lieve tocco erbaceo di timo. In bocca segue lo stesso protocollo: concentrazione di sensazioni sapido-speziate, linee sinuose, tannino dolce, buona freschezza e un corpo piuttosto pronunciato; il vino ha bisogno ancora di qualche anno per rivelare la sua vera identità, sarà un piacere attenderlo. Ad oggi incarna il massimo del suo splendore in abbinamento a un buon brasato di reale di manzo, cucinato con lo stesso Barbaresco.
Barbaresco Marcarini 2017 Il cru Marcarini in Treiso, è forse quello che più di tutti rappresenta Pertinace e la sua filosofia produttiva, e non certo perché l’azienda gli riserva un trattamento di favore, come già anticipato nelle premesse. È semplicemente la natura qui ad incontrare quelle caratteristiche che sposano alla perfezione un’uva tanto meravigliosa: marne, strati di sabbia, pendenze vertiginose, elementi che contribuiscono a forgiare fini eleganti, fini, austeri, e il Barbaresco a mio avviso, salvo dovute eccezioni, deve sempre rappresentare tutto ciò. Ma questa è la mia impressione, la lotta contro il tempo, nel nebbiolo, è una delle caratteristiche più affascinanti, dunque la mia tesi a posteriori potrà essere largamente smentita, è questo il vero fascino del mondo del vino, non certo le alte quotazioni delle etichette o le speculazioni che gravitano attorno ad esse. 14,5% vol., manto granato classico, vivace, di buona trasparenza con lampi rubino, si muove lento nel bicchiere. Il frutto maturo, in questa fase ben lontano dalla confettura, sa di amarena e ribes rosso, accompagnato da eleganti ricordi floreali di rose leggermente essiccate e violetta; affiora un accenno dolce di liquirizia, cacao amaro e tabacco in foglie; con opportuna ossigenazione il respiro diviene terroso e richiama il sottobosco alleggerito da freschi toni balsamici di menta peperita e un flebile accento di anice stellato. Notevole struttura ed estratto, tannino già ben integrato alla materia per via delle caratteristiche dell’annata, si distingue per progressione gustativa, doti di sapidità e opportuna freschezza che deterge il sorso e lo rende piacevole, invitante, scorrevole, perfetto in abbinamento ad un piatto di polenta bramata con ragù di cervo.
Barbaresco Nervo 2017 La musica è più o meno la stessa del Marcarini, tuttavia, nel terreno, la presenza di marne bianche molto più povere rispetto a quelle del precedente cru, crea un insieme di sensazioni caratterizzate da tanta finezza al naso e al contempo potenza/morbidezza al palato, elementi che si evincono chiaramente anche nell’annata 2017, dove quest’ultimo aspetto è ancor più accentuato. 14% vol., veste rubino, riflessi caldi granato, mostra consistenza e buon estratto. Esordisce al naso con toni terrosi intensi, qua e là alleggeriti da spunti floreali freschi di viola e ricordi di frutta di rovo, ribes rosso, mirtillo, ma anche anice stellato, eucalipto e tabacco in foglie, chiude una leggera scia di grafite. In bocca la sensazione pseudocalorica prevale nettamente, la freschezza tuttavia non latita affatto, accompagnata da un ricordo di frutta dolce-acida e di legni ben fusi alla materia, in un crescendo si sapidità che ben si accosta ad un piatto di pappardelle al ragù di cinghiale.
Barbaresco Marcarini 2011 Era inevitabile che Cesare Barbero avesse in serbo un paio d’assi nella manica, e con sua maestà nebbiolo andare un po’ indietro col tempo è sempre cosa buona e giusta; il Marcarini è la nostra DeLorean di “Ritorno al Futuro”. Dunque 2011, 14% vol., quasi dieci anni dalla vendemmia, un’annata che a suo tempo fu definita “molto buona e già godibile”. La verità è sempre dentro al bicchiere, in questo caso riempito da un Marcarini che si presenta elegante sin dal colore, granato vivace chiaro con buona trasparenza. Il naso è particolare, atipico, sviluppa sin dal principio toni che amo definire “dark”: peperone verde abbrustolito, pinolo tostato, china, rosolio, percezioni fumé di legna arsa e cenere, fatica ad ingentilirsi. In questa fase sta metabolizzando tutta l’essenza del terreno di cui è figlio, la cosiddetta “fase dormiente”, ma ciò che mi fa pensare ad una lunga vita nei confronti di questo vino è il palato. Un vino teso, fresco, caratterizzato da un tannino ancora protagonista e una coerenza minerale impressionante, lo si percepisce per via dell’importante sapidità, che si avverte come sempre sulla punta della lingua. Lunghissimo il finale, ha la capacità di farsi bere a secchiate, non parliamone nemmeno se accostato ad uno stracotto d’agnello con cipolle bionde.
Barbaresco Marcarini 2004 Son molto legato all’annata 2004, ho avuto la fortuna di muovere seriamente i primi passi nel mondo del vino qualche anno prima, nel 2001. Una fortuna perché le considero due tra le migliori annate del nuovo millennio, e non certo perché lo dicono i libri di storia, solo ed esclusivamente perché l’attività legata all’enogastronomia mi ha dato la possibilità, negli anni, di assaggiare parecchi di questi vini, soprattutto piemontesi. Annate regolari, fredde, da grandi Nebbiolo, caratterizzate da temperature ottimali soprattutto durante la fase del ciclo vegetativo, certamente lontane dai continui squilibri che caratterizzano il presente; ma la colpa di tutto ciò è anche dell’uomo, si sa, dunque meglio passare al vino, una materia certamente più nobile. 14% vol., 17 anni dalla vendemmia, è ciò che dovrebbe essere sempre un grande Barbaresco, una “sottile linea rossa” di confine tra l’eleganza, il fascino e la profondità. Caratteristiche che ricerco sempre nei vini e che ritrovo perfettamente nel Marcarini 2004, un vino eterno, segnato da un tannino che è seta ma ad ogni costo gioca ad imitar la stoffa. Il lungo respiro assomiglia al suono paradisiaco dei Sigur Rós, ma a tratti diviene nostalgico e intona alcuni riff di Keith Richards. Inno eterno al classicismo di Langa, ricorda attimi indelebili vissuti tra i ciabòt, in compagnia di abili vignaioli tra le nebbie che avvolgono queste colline dal fascino pressoché infinito. Scusate ma i descrittori veri e propri in questo caso suonano retorici, inappropriati, riduttivi: è un vino talmente equilibrato in tutte le sue componenti che a tratti deconcentra. Fa pensare al cinema di Federico Fellini, che in quasi tutte le vicende narrate nei suoi film, soprattutto in “8½”, a un certo punto amava inquadrare il protagonista assorto nei suoi pensieri, e il classico flashback dava esordio a ricordi intrisi il più delle volte da fantasie di ogni sorta. Non è forse questo il vero successo di un’azienda? Farci sognare attraverso un vino che ha attraversato il tempo. “Ai posteri l’ardua sentenza”.
Andrea Li Calzi
È nato a Novara, sin da giovanissimo è stato preso da mille passioni, ma la cucina è quella che lo ha man mano coinvolto maggiormente, fino a quando ha sentito che il vino non poteva essere escluso o marginale. Così ha prima frequentato i corsi AIS, diplomandosi, poi un master sullo Champagne e, finalmente, nel giugno del 2014 ha dato vita con la sua compagna Danila al blog "Fresco e Sapido". Da giugno 2017 è entrato a far parte del team di Lavinium.
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La passione per il mondo del vino inizia nel 1999, per curiosità intellettuale, seguendo vari percorsi di studio (Diploma di Assaggiatore ONAV, (...)
Per quasi 10 anni tra gli autori della guida I Vini d'Italia de L'Espresso, docente di materie vinose ad ALMA - La Scuola Internazionale di Cuci (...)
Laureato in Scienze della Formazione presso l’università di Tor Vergata a Roma, continua gli studi a Roma laureandosi in Dirigenza e coordinamen (...)
Nata a Lugo di Ravenna, sommelier AIS, laureata in Viticoltura ed Enologia presso l'Università di Bologna; ad oggi Tecnico Commerciale e docente (...)
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Sociologo e giornalista enogastronomico, è direttore responsabile di laVINIum - rivista di vino e cultura online e collabora con diverse testate (...)
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Laureato in Filosofia e giornalista professionista, lavora al Mattino dove da anni cura una rubrica sul vino seguendo dal 1994 il grande rilanci (...)
Esordi giornalistici nel lontano 1984 nel mondo sportivo sul giornale locale Corriere di Chieri. La passione per l’enogastronomia prende forma a (...)
Maestro Assaggiatore e Docente O.N.A.V., Delegato per la provincia di Lecco; svolge numerose attività come Docente presso Slow Food, Scuola de L (...)
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Sommelier e master sul servizio vino e relazione col commensale, ha tenuto alcuni corsi in area territoriale del Pavese di approccio/divulgazion (...)
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Napoletano, classe 1970, tutt'oggi residente a Napoli. Laureato in economia, da sempre collabora nell'azienda tessile di famiglia. Dal 2000 comi (...)
Ha conseguito il diploma di Sommelier AIS nel 2001. È Degustatore per la regione Lombardia e giudice per le guide Vitae e Viniplus. Ha partecipa (...)
Laureata in giurisprudenza, giurista di formazione, è giornalista dal 1996, settore turismo enogastronomico, responsabile agroalimentare PMI - p (...)
Ha iniziato la sua attività in campo enogastronomico nel 1987. Ha collaborato con le più importanti guide e riviste del settore italiane ed este (...)
Giornalista pubblicista, collabora dal 1979 con numerose testate. È direttore responsabile di InternetGourmet.it. Ha pubblicato vari libri dedic (...)
Nato nel 1974 a Roma in una annata che si ricorderà pessima per la produzione del vino mondiale. Sarà proprio per ribaltare questo infame inizio (...)
Aspirante agronomo, laurea in Scienze e tecnologie viticole ed enologiche e poi in Scienze agrarie, innamorato tanto della vite che del frumento (...)
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