Pactum e Aquila Aurea La Canosa, due vini ed un unico obiettivo: emozionare
Parola abusata, emozione. Soprattutto dal nuovo linguaggio della critica enogastronomica: tanto è gratis. Infilata nei trionfalismi di turno, complice una certa pigrizia di stile che ci immobilizza nel cercare un’equa alternativa: mica facile, però. Centrare un altro termine che esprima quella sensazione forte come un tuono, ma impalpabile come fumo. Misteriosa ed esplosiva, ecco perché ci piace tanto. Emozionarsi per la gioia e per la tristezza, ripensando a qualcuno, a qualcosa, proiettandosi verso un nuovo orizzonte. Un odore, un suono, qualunque sia il motivo, emozionarsi è il segno tangibile che siamo vivi e, tornando al tema qui più discusso, ci infatuiamo delle aziende che sono specchio delle persone. Il loro sentire diventa motore di una visione aziendale virtuosa e tutto torna. Ebbene, ci piacciono le aziende sincere e credibili.
Abbiamo avuto l’onore di fare due assaggi interessanti firmati La Canosa. Azienda vitivinicola immersa nelle colline marchigiane del Piceno e nel Parco Nazionale dei Sibillini: a proposito, si chiama così in onore del vicino borgo Poggio Canoso, uno dei quattro castelli di Rotella, edificato tra il XII e il XIII secolo dai monaci farfensi (poi benedettini), nel cuore della Val Tesino. Poggio perché letteralmente arroccato su di un poggio roccioso, mentre Canoso arriva dal latino canus, cioè invecchiato. A causa del calcare biancastro o, come riferiscono altri, il riferimento andrebbe al cane riprodotto nello stemma.
Piacevolezza e buona beva rappresentano il comun denominatore di entrambe le etichette. Identità territoriale, nel pieno rispetto delle viti, e tecnologia solo se serve a valorizzare la verità che già c’è.
Dopo una lunga attesa, proprio perché La Canosa ama fare le cose per bene, senza forzare le circostanze e ancor meno i suoi terreni, sono arrivati sul mercato “Pactum” e “Aquila Aurea”.
Pactum, Rosso Marche IGT, è l’accordo che mette insieme 5 vitigni, Montepulciano, Sangiovese, Merlot, Cabernet Sauvignon e Petit Verdot. Color rubino impenetrabile, al naso arriva subito il muschio e poi sbuffi di menta, mentre il sorso è complesso e intenso: non lo indovini all’istante, perché si svela lentamente, con tannini discreti e mai ingombranti. Viste le temperature ambientali al momento dell’assaggio, abbiamo preferito metterlo in fresco, alla francese, quasi come un bianco. E con una zuppa di pesce arricchita dai pomodorini del Vesuvio si è rivelato giustissimo. Rotondo ed elegante, senza perdere slancio e verve. Carezzevole, ma con la schiena dritta. In pratica, ciascuno dei cinque vini rossi utilizzati per l’ensemble finale è un prodotto a sé. Affinati separatamente, annate differenti che hanno fatto anche legno, ma con criterio: niente predomina e tutto si accorda.
Aquila Aurea, Verdicchio dei Castelli Jesi Classico Riserva DOCG 2022. Suolo minerale, dunque sapidità incisiva. Giallo tenue, con guizzi dorati, profuma di agrumi e fiori bianchi. Sorso possente, ma svettante. Pieno di sé, in ottimo equilibrio. Con una freschezza totale che non passa inosservata, complice il suo finale persistente. Lo abbiamo accompagnato ad un aperitivo robusto a base di formaggi freschi, immaginandolo perfetto anche accanto agli amati crudi di mare.
Nota per il consumatore e valida per entrambe le etichette, sono due vini dal formidabile rapporto qualità-prezzo: circa 20 euro, in enoteca.
Nadia Taglialatela
La Canosa
Contrada San Pietro, 6 – Fraz. Castel di Croce 63071 Rotella (AP)
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